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Autore: Lory221B    29/09/2016    9 recensioni
La vita trascorreva tranquilla al 221B. Sherlock cercava nuovi modi per non annoiarsi e John evitava che i passatempi ricreativi del marito distruggessero l'appartamento. Poi, una mattina come tante, la figlia di John si presentò in Baker Street, con una lieta e sconvolgente notizia.
(johnlock) (non tiene conto degli eventi della quarta stagione)
Genere: Commedia, Fluff | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Altro personaggio, Irene Adler, John Watson, Mary Morstan, Sherlock Holmes
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Nodi al pettine


Biondo, aveva 56 anni come Sherlock eppure sfoggiava una perfetta chioma bionda che ondeggiava al vento come il principe azzurro di Shrek.

John aveva assottigliato lo sguardo e non poteva fare a meno di pensare che quel tizio avrebbe potuto essere basso, appesantito dagli anni e calvo, invece era alto, biondo e dimostrava meno anni di quelli che aveva.

John, invece, aveva i capelli quasi del tutto bianchi, restava sempre una testa in meno di Sherlock come altezza e le sue rughe dimostravano tutti gli anni che aveva. La storia stava diventando un incubo ogni minuto, sapeva che non c’era nessun motivo di essere geloso del primo ragazzo che aveva osato uscire con Sherlock, che non c’era motivo di essere infastidito dal fatto di non essere stato il primo biondo della vita del detective, che era altamente infantile pensare di sfidarlo a rugby per placcare quel damerino, e chi se ne importava se era un prete anglicano, eppure era geloso, infastidito e voleva placcarlo.

Più avanzava più stringeva lo sguardo, serrava i pugni e calcava ogni passo fino a raggiungere il gruppetto.

Quando il biondo, che Sherlock aveva sussurrato a John chiamarsi Victor, allargò il sorriso sfoggiando una perfetta dentatura da divo di Hollywood e si avvicinò a Sherlock abbracciandolo, a John cadde la mascella, per la decima volta da quando Grace aveva annunciato il proprio matrimonio.

« Sherl, quanto tempo! » affermò Victor, in maniera gioviale « Che look da rock star! »

La scena aveva un ché di comico, vista dagli occhi degli altri presenti che fissavano il prete anglicano abbracciare il detective, mentre quest’ultimo si divincolava imbarazzato come una trota appena pescata. Ma non per John, non c’era niente di comico, lui aveva visto soltanto due braccia che stringevano suo marito e una voce fastidiosa che chiamava il moro con un nomignolo che non gli era permesso usare.

Quando finalmente il detective riuscì a svicolarsi dall’abbraccio e a sistemarsi il vestito, era pronto per presentare l’uomo a John, ma il dottore non gli diede il tempo e con piglio autoritario allungò il braccio, ponendosi tra Sherlock e Victor « Piacere, sono John Watson, padre della sposa e marito di Sherlock » affermò come se avesse appena ordinato di invadere un paese limitrofo, calcando la parola marito.

« Padre Victor ci stava giusto raccontando di aver conosciuto Sherlock all’Università » fece Mary, lanciando un’occhiata divertita a John.

Victor strinse la mano al dottore con una certa forza, come in una silenziosa sfida, o almeno così volle vederla John, che mantenne lo sguardo fisso sul nuovo arrivato, finché Irene non invitò tutti ad entrare per parlare di altri dettagli inerenti al matrimonio.

Sherlock lanciò uno sguardo sconvolto al marito, per l’ennesima scenata immotivata, scuotendo anche il capo in disapprovazione.

John non cambiò espressione, di certo non si sentiva in colpa, avrebbe mandato al diavolo tutti molto volentieri e non potevano considerarlo esagerato se era infastidito da tutta la situazione.

John affrettò il passo e praticamente corse dietro Irene: era stufo di tutto e voleva stare lontano da Victor, dalla figlia che lo aveva trascinato in questa folle situazione, da Christopher che se avesse affermato ancora una volta quanto era annoiato lo avrebbe preso a schiaffi, da Mary che non faceva altro che deriderlo e da Sherlock  che col suo fare sfuggente non lo stava rassicurando. Stava esagerando? Sì. Stava sragionando? Sì, ma non era nei suoi piani del week end tutto quello che stava accadendo e un momento di solitudine poteva solo giovargli.

Solitudine che durò il tempo di essere preso per un braccio da Irene « Dottor Watson, non sarai nuovamente geloso senza motivo? » fece lei, sempre affascinante nonostante avesse ormai raggiunto il mezzo secolo.

« Chiedo scusa? »

 « Guardiamoci negli occhi » fece lei, ridendo.

« Non sono dell’umore » rispose, scansandosi.

« Dottor Watson, penso che vent’anni fa ho fatto di tutto per farti capire quanto tu e Sherlock eravate fatti per stare assieme, mancava solo un disegnino. Pensi che tenterei di portartelo via, adesso, con mio figlio che sta per sposare tua figlia? » chiese, apparentemente seria.

A John mancava soltanto di essere l’oggetto dell’ironia della Donna « Non avresti comunque possibilità » rispose lui secco.

« Bene, sono contenta di sentirtelo dire »

John la fissò stranito, ma non capì perché ne fosse contenta.

Dietro di loro, parecchi metri più indietro, Sherlock e Mary camminavano fianco a fianco in silenzio, finché il detective non lo ruppe in maniera inaspettata, borbottando qualcosa di incomprensibile.

« Non ho capito cosa hai detto, Sherlock »

« Non ti sembra che Christopher assomigli a qualcuno che conosciamo? » chiese lui, che evidentemente studiava Christopher da un po’ di tempo.

Mary scoppiò a ridere « Direi proprio di sì, assomiglia a qualcuno che conosciamo »

Il detective rimase sorpreso, ma non era strano che avesse notato anche lei qualcosa che stonava, sapeva quanto fosse sveglia Mary ed anzi, ci contava « Tu hai capito chi? C’è qualcosa, ma non capisco cosa »

« Sherlock è uguale a te! » commentò lei, godendosi la faccia stupita del detective, che si fermò sul posto. Ripensò a tutte le follie delle ultime ore, dal malore improvviso del marito, ai capelli strappati, a John che si calava dalla stanza di Christopher.

« Dimmi che John non sta facendo il matto perché pensa questo! »

« E’ identico a te. Capelli, occhi, zigomi.. »

« Non sarebbero fatti tuoi, ma per chiarezza e per la millesima volta, non ho fatto sesso con Irene. Inoltre, Christopher ha capelli, colore degli occhi e zigomi di Irene. Voi avete deciso di seguire una teoria e vedete solo le cose che vi si adattano, ma non notate che ha il viso più tondo e la forma degli occhi molto diversi dai miei. La bocca nemmeno lontanamente somiglia alla mia, ha le labbra sottili e non ha preso nemmeno da Irene, per cui ha la bocca del padre. Avete ragione che il padre non è Pomposo Senior, perché le date non coincidono, lei lo ha conosciuto che evidentemente era già in cinta, ma non sono io il padre »

Mary si sentì leggermente in colpa « Però le date coincidevano con il tuo salvataggio, quando siete rimasti soli » affermò incerta.

« L’ho salvata e messa sul primo aereo per l’Europa, io ne ho preso un altro per Londra. Però hai ragione, il padre deve essere qualcuno che frequentava in quel periodo »

« Poi, parla come te, perennemente annoiato » continuò lei, per giustificare l’avergli attribuito una paternità non sua.

Sherlock sembrò molto colpito dall’ultima affermazione, la bionda poteva vedere che gli ingranaggi del cervello del detective erano in piena attività. Come uno schiaffo la verità colpì Sherlock, mentre davanti a sé vorticavano diverse immagini del molto possibile padre del ragazzo.

 « Grazie, Mary. Se mi vuoi scusare, devo andare a fare sentire in colpa John » si congedò Sherlock, mentre l’ex signora Watson si mordeva un labbro, non sapendo se essere più preoccupata per la deduzione di Sherlock o più in colpa per aver rivelato i dubbi di John, che lei stessa aveva instillato.

Il detective camminò a passo svelto per raggiungere Irene e John, che sembrava stessero ancora bisticciando sulla gelosia immotivata di John e sugli ammiccamenti per niente involontari di Irene nei confronti di Sherlock. Il moro superò John senza degnarlo di uno sguardo, cose che il marito non mancò di notare, senza però comprendere il motivo dell’improvviso astio, e prese Irene per un braccio « Dobbiamo parlare » affermò soltanto.

Watson notò l’impercettibile panico che aveva attraversato gli occhi di Irene e l’evidente fastidio in quelli di Sherlock. Per un attimo pensò che avesse capito che c’era effettivamente lei, dietro ai furti su cui erano stati chiamati ad indagare, ma questo non avrebbe giustificato lo sguardo gelido che gli aveva riservato.

Doveva esserci dell’altro e lo capì subito, quando voltandosi vide lo sguardo pensieroso di Mary. Sherlock doveva aver colto tutti gli indizi e sapeva quello che lui stava cercando di scoprire, per forza, era Sherlock Holmes, era ovvio che avrebbe capito le sue macchinazioni per scoprire la paternità di Christopher. Gliela avrebbe fatta pagare, ne era certo. Avrebbe tenuto il muso, sicuramente, avrebbe avuto pretese assurde per qualche giorno e poi tutto sarebbe ritornato a posto; avrebbe, però, continuato a rimembrare quella storia in ogni occasione, ricordandogli di quella volta che non si era fidato di lui. La gelosia era momentaneamente scomparsa, soppiantata dal senso di colpa per non essersi fidato.
Allungò il collo, per vedere quello che si stavano dicendo Sherlock e Irene,  ma vedeva solo lo sguardo indagatore del marito e la nuca della Adler, che sembrava voltata in una direzione diversa rispetto a quella del detective.

Cercò di spostarsi, ma Sherlock lo intercettò con lo sguardo e si trovò ad arrossire come se fosse ancora un bambino e fosse stato sorpreso dai genitori nel commettere una marachella.

Grace si avvicinò piano al padre, aggrappandosi a lui come se sentisse il bisogno di essere rassicurata.

« Papà, va tutto bene? Mi sembri davvero fuori fase »

« Tesoro, possiamo parlare un attimo? »

« Certo, vieni facciamo due passi » suggerì lei.

Uscirono nuovamente all’aperto, a John non sembrava di aver fatto altro da quando erano arrivati alla villa, se non entrare ed uscire, e si sedettero su una panchina, una delle tante che circondava quell’enorme villa. Watson ancora faticava a capire cosa la figlia ci trovasse in Christopher e in quelle persone, così distanti dalla realtà in cui era abituata a vivere la famiglia allargata Watson.

« Grace, lo sai ti voglio bene e mi basta che tu sia felice » esordì lui, non potendo più trattenersi, né assecondare il piano di Mary di non contraddire la figlia perché l’avrebbe solo spinta verso il futuro sposo.

« Ma? » chiese lei, irrigidendosi.

« Ma sei sicura di quello che stai facendo? Questa gente che non c’entra niente con noi: Christopher che è così, non so come definirlo, snob? E poi, hai solo diciotto anni, tutta la vita davanti, perché tanta fretta? »

« Se qualcuno ti avesse detto la stessa cosa di Sherlock, avresti desistito? Sono sicura che avresti detto che è un gran rompiscatole, ma che è la persona migliore del mondo » rispose calma, come avrebbe fatto Mary per tranquillizzarlo e in quello John poté notare quanto le assomigliasse.

« Grace, non è nemmeno paragonabile la mia storia con la tua, non è stata l’euforia del momento a farci sposare, abbiamo dovuto soffrire parecchio per arrivare al matrimonio »

« Solo perché tutta la tua vita è stata un gran casino costernata da varie scelte sbagliate, non significa che lo sarà anche la mia » rispose alzando il tono di un’ottava « Se fossi stato un po’ più coraggioso e onesto con te stesso, avresti sposato Sherlock già la prima notte che lo hai incontrato, io sono diversa da te e dalla mamma, non voglio una vita adrenalinica, voglio una vita normale »

John incassò il colpo, si sentì addolorato da quello che si nascondeva dietro l’ultima affermazione. Sherlock aveva ragione, come sempre: Grace sognava la famiglia felice con casa, figli e un cane in giardino e lui non aveva idea di come fosse quel tipo di vita. Sua figlia era sicuramente più saggia di lui e più matura di una ragazza della sua età. Cercò di abbozzare un principio di scuse, ma Grace abbandonò la panchina per correre dentro alla villa.

John odiava sempre di più quel posto, ogni secondo che passava. Rimase seduto su quella panchina per un tempo indefinito, non trovando il coraggio di ritornare dentro per affrontare la figlia e il marito. Come si era cacciato in quella girandola di problemi? Non poteva dare tutta la colpa ad Irene Adler, si era tuffato nei pasticci da solo.

Qualche sospiro dopo, Sherlock apparve accanto a lui, silenzioso come sempre, al punto che John aveva a malapena sentito il rumore del marito che si sedeva sulla panchina.

« Giornataccia, eh? » ironizzò il detective.

« Scusami » rispose, allungando una mano verso il detective, che lui prontamente strinse.

« Mi stai dicendo che smetterai di comportarti da squilibrato? » chiese Sherlock, sfoggiando un atteggiamento stranamente tranquillo, per niente arrabbiato, cosa che preoccupò ulteriormente John. Aveva forse dedotto qualcosa di peggio, che lo avrebbe sconvolto, pertanto cercava di non calcare la mano?

Il dottore cercò di mantenere la calma, di giustificarsi, in attesa delle novità  « Si tratta di mia figlia e di te, siete entrambi coinvolti e io sragiono, non è tanto strano per me »

« John… »

« Dico davvero, lo so, esagero, la mia gelosia è irrazionale e la mia preoccupazione per Grace è… »

« Paterna e più che sensata. Mentre, non credermi è piuttosto offensivo. Christopher non può essere mio figlio perché non sono stato con Irene. Strapparmi i capelli per il test del DNA è stato anche fastidioso. Detto questo, hai un capello di pomposo Jr.? » affermò senza mai riprendere fiato.

« Sì, perché? » chiese John, perplesso dallo strano atteggiamento di Sherlock.

« Ottimo, Mycroft dovrebbe avere un qualche campione con cui confrontare quello di Christopher »

John esibì la sua classica espressione infastidita di quando il detective aveva capito tutto mentre lui era ancora fermo a molti indizi prima « Cosa mi sono perso? »

« Avevi ragione, non è figlio di Pomposo Sr., e dalla reazione di Irene alle mie domande sono certo di sapere di chi è. Ma viste le possibili implicazioni, sarà meglio essere certi al cento per cento » rispose, rendendo John ancora più confuso.

« Di chi stiamo parlando? Lo conosco? »

« Lo hai visto in almeno due occasioni. Tre anzi, ma si spacciava per qualcun altro »

« Chi, Sherlock? »

« Qualcuno che era tremendamente annoiato, almeno quanto me »

John era certo che non sarebbe sopravvissuto al week end.


**** ****
Angolo autrice:
Ciao a tutti e grazie come sempre per essere arrivati fino a qui, in questa storia senza stress...almeno per me, per John è abbastanza stressato :-D
Chiudiamo per un po' con la gelosia di John, spero la storia sia sempre piacevole :)
Alla prossima e buona visione de L'abominevole sposa su Paramount :)

   
 
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