“Ed ora,
passiamo agli uomini.”
Respirò profondamente mentre la Paylor si avvicinava alla
boccia che conteneva
i nomi dei ragazzi, alla destra del palco. Mentre gran parte delle
ragazze
poteva finalmente riprendere a respirare normalmente, ora spettava a
loro
passare forse il peggior quarto d'ora della loro vita, tra il battito
accelerato, il respiro irregolare e sudando freddo.
Wilhelm posò gli occhi su sua sorella, rendendosi conto che
era la più piccola
tra le 10 ragazze che erano state estratte. Conosceva di vista alcune
di loro,
come le sue coetanee Amanda Lace e Astrid Walsh... ma erano tutte
più grandi
della sua piccola Carly.
Il ragazzo lanciò una fugace occhiata in direzione di sua
madre, chiedendosi se
fosse preoccupata per lui o cosa stesse provando, ora che sua figlia
era
ufficialmente tra la lista dei Tributi dell'ultima edizione dei
Giochi... ma la
donna sembrava impassibile, come se stesse guardando un film o uno
spettacolo
di marionette e non i suoi figli che venivano mandati al patibolo
insieme ad un
gruppo di altri adolescenti innocenti.
La mano della Paylor vagò per pochi secondi nella grande
boccia, tirandosi
frettolosamente fuori il primo nome: sembrava che volesse far finire in
fretta
la Mietitura... probabilmente nemmeno lei si stava divertendo, aveva
sentito
che la donna avesse provato ad imporsi per far saltare la 76esima
edizione
degli Hunger Games.
Mentre la Paylor stava per leggere il primo nome, Wilhelm non si
sorprese nel
ritrovarsi quasi a sperare di venire estratto: almeno così
avrebbe potuto
difendere sua sorella... e non la prospettiva di morire per farlo non
lo
terrorizzava più di tanto, visto che per lei era
già stato sbattuto fuori di
casa e si era ritrovato a vivere in strada.
“Il primo Tributo maschio di quest’anno
è... Sean Thorn.”
Wilhelm si accigliò leggermente, accorgendosi di conoscere
quel nome... e
quando lo associò ad un volto si ricordò di
quello che era stato suo compagno
di scuola fino a quattro anni prima, quando aveva dovuto smettere di
studiare.
Da quel che ricordava Sean non era un tipo molto loquace,
benché avesse un viso
che trasmetteva fiducia e quasi simpatia... E forse per questo andavano
d'accordo un tempo, visto che ad entrambi non piaceva molto parlare
degli
affari propri.
Wilhelm seguì con lo sguardo Sean farsi largo tra gli altri
ragazzi per
raggiungere il palco, rimanendo pressoché impassibile come
suo solito: sembrava
quasi non l'essere stato estratto non l'avesse turbato più
di tanto, o almeno
così stava dimostrando esternamente.
Quando il ragazzo salì sul palco la Paylor non disse nulla,
limitandosi a
infilare di nuovo la mano nella boccia di vetro e afferrando il primo
bigliettino che le capitò a tiro, non avendo nessuna voglia
di tirare quella
storia per le lunghe anche se, volendo, avrebbe potuto prolungarla per
ore.
Wilhelm, come tutti gli altri eccetto Sean che teneva lo sguardo fisso
davanti
a se senza curarsi di nessuno, guardò la Presidentessa
spiegare il foglietto ed
esitare per un istante prima di leggere il nome ad alta voce:
“David Whittemore.”
Qualcosa ronzò nel cervello di Wilhelm sentendo quel nome,
forse più
fastidiosamente che per Sean: conosceva quel nome, anche molto bene...
Provo quasi una sensazione fastidiosa allo stomaco mentre guardava un
ragazzino
di 12 anni avvicinarsi al palco senza però dare segni di
disperazione come
avrebbero fatto molti suoi coetanei, o anche ragazzi più
grandi... no, David
sembrava davvero rilassato mentre si avvicinava al palco con i capelli
scuri
spettinati come suo solito, quasi come se l'avessero estratto per il
suo turno
ad un gioco.
Sospirò, chiedendosi perché avessero permesso a
dei ragazzini di prendere parte
ai Giochi: David aveva 12 anni, sua sorella 13... a parer suo,
avrebbero dovuto
gareggiare solo quelli della sua età e i diciottenni, non
certo ragazzini così
giovani.
Non che David non sapesse cavarsela... Il giovane Whittemore era in
gamba,
nessuno lo sapeva meglio di Wilhelm Grace: avevano quasi fatto amicizia
negli
ultimi anni quando lui si era ritrovato senza casa... David per vivere
rubava
da quando aveva imparato a parlare e in breve tempo aveva insegnato
qualche
trucco anche al suo nuovo “amico”, anche se non si
erano mai definiti
apertamente come tali.
Ma un conto era rubare nelle case dei ricchi Capitolini... E un altro
era
sopravvivere all’Arena.
La Paylor rivolse a David, il più giovane tra gli estratti,
un’occhiata quasi
carica di scuse... ma il ragazzino le rivolse un debole sorriso, quasi
a
volerle dire che sapeva che non era colpa sua... quasi come volendole
dire che
sì, la perdonava.
*
Quel ragazzino non poteva avere più di 13 anni, anche se
c'era qualcosa che lo
faceva sembrare più grande... sembrava che avesse passato la
vita ad
arrangiarsi, senza contare mai su nessuno.
Si disse però di non pensarci e di continuare a concentrarsi
sulla Mietitura,
visto che aveva ancora diversi nomi da estrarre.
Prese il terzo biglietto quasi dal fondo della boccia, ordinandosi
mentalmente
di non estrarre un ragazzino di 12 anni... se proprio doveva mandare
qualcuno
al patibolo, avrebbe preferito farlo con ragazzi più grandi
e maturi che
avrebbero saputo cavarsela meglio di dei poco più che
bambini.
La donna spiegò il biglietto, accigliandosi per un istante
mentre leggeva il
nome: Grace... conosceva quel cognome, aveva sentito spesso di un
Governatore
che aveva misteriosamente perso la vita qualche anno prima. Ma le
sembrava davvero
familiare, anche se ci mise un istante a capire perché:
aveva estratto una
ragazza con quello stesso cognome... la ragazzina che era stata
chiamata per
prima.
Aveva forse estratto il fratello?
“Wilhelm Grace.”
Quasi pregò che si trattasse di una triste coincidenza,
mentre guardava un
ragazzo di 17 o 18 anni avvicinarsi al palco, le labbra contratte in
una
smorfia difficile da interpretare.
Poi però senti qualcosa, un inconfondibile suono che la fece
voltare e che le
confermò quello che temeva: voltandosi vide la giovane
Silver Grace con gli
occhi chiari lucidi mentre si premeva una mano sulla bocca quasi a
voler
ammortizzare i singhiozzi.
La ragazza in piedi accanto a lei, Astrid, le rivolse
un’occhiata carica di
comprensione e malinconia mentre le metteva una mano su una spalla
quasi a
voler cercare di consolarla.
Wilhelm salì sul palco puntando gli occhi sulla sorellina,
guardandola come se
morisse dalla voglia di abbracciarla. La Paylor fece un cenno al
ragazzo quando
lui sposto gli occhi su di lei, annuendo con un cenno del capo. Wilhelm
le
sorrise con sincera gratitudine prima di raggiungere la sorella in due
falcate
e stringerla in un abbraccio, mentre nella piazza non poche persone si
erano
commosse.
La Presidentessa osservò i due fratelli per un attimo ma poi
si voltò,
rivolgendosi di nuovo alla dannata boccia e decidendo di lasciarli
fare:
qualche Pacificatore, gli unici rimasti in tutta Panem erano ancora a
Capitol,
fece per andare dai due e separarli come avrebbero fatto in qualsiasi
altra
edizione dei giochi... ma un’occhiata quasi minacciosa della
donna li inchiodò
seduta stante, ordinandogli di non provare nemmeno a muoversi e alzare
un dito
su quei ragazzi: non era riuscita ad evitare i Giochi, ma non avrebbe
tollerato
altra violenza al di fuori dell’Arena.
La Paylor mise di nuovo una mano dentro la boccia, cercando di ignorare
i
singhiozzi trattenuti a stento della ragazzina alle sue spalle, che era
stretta
tra le braccia del fratello che le stava accarezzando i capelli biondi,
mormorandole qualcosa all’orecchio.
E menomale che dovremmo
imparare dagli errori degli altri...
Una smorfia comparve sul volto della Paylor mentre tirava fuori
l'ennesimo
nome, riuscendo quasi a sentire con orrore la gelida risata di Snow, la
stessa
che tutta Panem aveva udito appena prima che morisse: sapeva che forse
era una
dei pochi a pensarlo, ma sentiva quasi Snow ridere, prendendo in giro
la donna
che aveva combattuto con tutta se stessa contro il regime di Capitol
City... e
ora eccola lì, ad estrarre i nomi dei Tributi.
“Black Hole.”
Gli occhi scuri della donna saettarono sul fiume di ragazzi che la
fronteggiavano, cercando il “fortunato” che aveva
appena estratto. Vide un
ragazzo dai capelli neri farsi strada tra i coetanei dopo aver esitato
per un
attimo, come se in un primo momento avesse pensato di aver sentito
male.
Non voleva nemmeno pensare a come dovesse essere venire estratti per i
Giochi... per sua fortuna, lei non aveva mai dovuto passarci.
Guardò il ragazzo avvicinarsi con passo leggermente
titubante, anche se si
accorse che Black stava facendo di tutto per sembrare calmo e
più sicuro di
quanto in relata non fosse... a molto non piace sembrare deboli,
dopotutto. E
per molte persone la paura era sinonimo di debolezza, anche se lei non
si era
mai trovata d'accordo: a suo parare, la paura era indice di
intelligenza.
Black salì sul palco senza guardare nessuno, lanciando solo
un’occhiata in
tralice in direzione della Paylor prima di fermarsi accanto a David,
mentre
Wilhelm era ancora vicino alla sorellina.
Ripensando alla coppia di fratelli che aveva fatto versare
già qualche lacrima
la Presidentessa si chiede se per caso la madre dei due non stesse
progettando
di ucciderla... lancio una fugace occhiata in direzione delle famiglie
e si
chiede quale tra quelle donne fosse quella a cui aveva appena tolto i
figli, ma
riabbassò in retta lo sguardo per concentrarsi di nuovo sui
biglietti tra i
quali avrebbe dovuto sceglierne ben altri sei.
Quanto sarebbe durata ancora, quell’orribile mattinata?
La mano della donna finì quasi con un gesto automatico
dentro la boccia,
soffermandosi sui biglietti in cima al mucchio: afferrò uno
dei primi che le
capitò a tiro, chiedendosi se per caso non avrebbe potuto
tirarne fuori una
manciata e leggerli tutti di seguito, così da accelerare
notevolmente i
tempi... a Snow erano sempre piaciute le cose teatrali, ma se fosse
stato per
lei la Mietitura avrebbe avuto fine già da un pezzo.
Spiegò il
biglietto prima di leggere ad alta voce l’ennesimo nome,
mentre davanti a lei
tutti gli adolescenti presenti trattenevano momentaneamente il fiato.
*
“Julian
Bradshaw.”
Sentì lo
stomaco
fare quasi un salto mortale quando udì il suo nome, anche se
in un primo
momento rimase in una specie di stato di trance, come se stesse
elaborando di
essere stato davvero estratto per i giochi.
Il ragazzo
deglutì
a fatica prima di muovere un passo incerto, spostando gli occhi chiari
dal
palco e voltandosi in cerca di suo fratello, quasi nella speranza che
incontrando il suo sguardo avrebbe avuto il coraggio e la forza di
affrontare
gli Hunger Games.
Aaron si era
voltato a sua volta verso di lui ma i loro occhi tanto simili
s’incontrarono
solo per un istante prima che il minore s’incamminasse verso
il palco senza
emettere una sillaba.
Non aveva visto
alcun segno di lacrime negli occhi del fratello…
compassione, solo un mucchio
di compassione.
Non volendo
nemmeno provare a cercare sua madre con lo sguardo Julian si
avvicinò al palco
sentendo le gambe orribilmente molli, come se non sarebbero riuscite a
reggerlo
ancora a lungo.
La Paylor lo
osservava con attenzione ma il sedicenne cercò di un farci
caso, salendo i
gradini e raggiungendo i suoi compagni di sventura, che lo osservavano
di
rimando.
Con suo sommo
sollievo, visto che difficilmente sarebbe stato in grado di formulare
frasi di
senso compiuto in quel momento, la Presidentessa non disse nulla e non
gli
restò che avvicinarsi ai ragazzi, posti in fila uno accanto
all’altro nella
parte del palco alla destra della Paylor.
Tutti e quattro
gli rivolsero un’occhiata in tralice ma nessuno
osò aprire bocca, anche se di
certo stavano tutti pensando le stesse cose… Cioè
che presto avrebbero tutti
dovuto ammazzarsi a vicenda, se ci tenevano a sopravvivere.
Julian, dal palco,
posò di nuovo gli occhi su suo fratello maggiore che lo
stava osservando di
rimando. Non riuscì a capire a cosa stesse pensando Aaron,
ma dal canto suo
trovava la situazione carica di un’ironia davvero crudele:
era stato estratto
proprio lui, che era sempre stato abbastanza contrario ai Giochi e che
aveva
sempre sperato che i Distretti trovassero una pace con
Capitol…
Era sempre stato
un ragazzo tranquillo e piuttosto pacifico… e ora era nella
lista degli ultimi
Tributi degli Hunger Games, perciò entro meno di una
settimana avrebbe dovuto
uccidere delle persone, o lasciarsi ammazzare se non l’avesse
fatto.
Mentre la Paylor
tirava fuori un altro bigliettino Julian spostò gli occhi
sulle famiglie dei
ragazzi, tutte raggruppate ai lati del palco. Scorse subito sua madre,
rivolgendo alla donna che piangeva silenziosamente un debole sorriso;
gli
dispiaceva non poter andare ad abbracciarla, ma sfortunatamente non
poteva
scendere dal palco.
“Louis
Peterson.”
*
Sentendosi
chiamare Louis si trattenne dal sbuffare ed imprecare contro la sua
sfortuna, decidendo
saggiamente di non cominciare ad attirare l’antipatia di
tutta Capitol già
dalla Mietitura: anche se non gli piaceva per nulla, la sua vita in
parte
dipendeva dai suoi concittadini che tanto odiava che avrebbero potuto
aiutarlo
una volta nell’Arena.
Il ragazzino
s’incamminò verso il palco senza guardare nessuno
in particolare, tenendo però
la testa alta quasi a mo’ di sfida verso le persone che
avevano organizzato
quella pagliacciata, una specie di vendetta per tutto quello che i
Capitolini,
o meglio i loro governatori, avevano fatto passare ai Distretti per
anni e
anni.
Salendo sul palco
Louis sentiva lo sguardo di tutta Capitol, anzi, di tutta Panem, su di
sé…
Probabilmente anche suo fratello maggiore Daniel lo stava osservando, e
anche i
loro rispettabili e benestanti genitori.
Si chiese che cosa
stessero provando, specialmente i genitori con cui aveva sempre avuto
un
rapporto abbastanza conflittuale, visto che a differenza del fratello
non si
era rivelato un figlio modello e amante delle regole o della
disciplina.
Anche la Paylor lo
stava osservando quasi con curiosità mentre saliva i gradini
per salire sul
palco, trovandosi davanti alla donna con più potere in tutta
Panem… guardando
la donna Louis si chiese perché, se era la Presidentessa,
non fosse riuscita ad
evitare quella stupida, inutile storia. Era sempre stato piuttosto
scettico
rispetto al Governo di Panem ma forse le cose non erano poi
così cambiate: in
fin dei conti erano sempre allo stesso punto, all’ennesima
Mietitura.
“Quanti anni
hai?”
“15.”
Il ragazzo le
rivolse un’occhiata carica quasi di sfida, che
però non venne ricambiata
nemmeno lontanamente: la Paylor invece lo guardò quasi come
a volersi scusare,
come se volesse dirgli che gli dispiaceva sul serio.
Forse non andava
matta dell’idea di aver estratto un ragazzino di 15 anni,
così come non lo era
stata quando aveva chiamato David Whittemore che era ancora
più giovane di lui.
Senza aggiungere
altro Louis si mise in fila accanto a Julian, che ad occhio sembrava
avere un
anno o due in più rispetto a lui. I due si scambiarono
un’occhiata in tralice
ma nessuno aprì bocca mentre la Paylor infilava di nuovo la
mano nella boccia,
pescando un bigliettino sul fondo e sperando di finire in fretta quella
lenta tortura
che, per i suoi gusti, stava andando avanti ormai da troppo.
*
Guardò la
Presidentessa
spiegare il biglietto quasi frettolosamente prima di leggere il nome ad
alta
voce:
“Cyrus
Dennim.”
Per
l’ennesima volta
Caius sentì il frammento di un macigno sollevarglisi dallo
stomaco, facendogli
provare una lieve sensazione di sollievo: ancora una volta non era
stato
chiamato… forse, con un po’ di fortuna, sarebbe
riuscito a scamparla.
Il ragazzo si
voltò verso il suo coetaneo che era appena stato chiamato,
osservando Cyrus
muoversi tra la folla per raggiungere il palco. Era quasi strano non
vederlo
sorridere o carico della sua solita allegria, in effetti…
Non che fossero mai
stati amici, ma un po’ gli dispiaceva comunque…
Caius era pienamente
consapevole di non essere la persona più sensibile del
mondo, ma conosceva
abbastanza quel ragazzo da dover per forza dispiacersi almeno un
po’ per lui.
Anche se meglio tu che
io…
Caius seguì
il
moro con lo sguardo, guardandolo salire sul palco a capo chino e senza
far
trasparire grandi emozioni dalla sua espressione quasi apatica, come se
non
stesse provando nulla... O forse si stava sforzando per dare quella
impressione.
Era stati compagni
di scuola per anni, ma non erano mai stati amici… troppo
diversi per poter
andare d’accordo, probabilmente.
La Paylor rivolse
al ragazzo una fugace occhiata mentre Cyrus si metteva silenziosamente
in fila
accanto ai compagni, puntando lo sguardo sulla base del palco senza
guardare
nessuno, nemmeno i suoi genitori.
Senza voler
perdere altro tempo la Paylor abbassò nuovamente lo sguardo
sulla boccia di
vetro, non emettendo un fiato prima di infilarci la mano dentro,
tuffando la
mano nel mucchio di bigliettini per poi estrarne uno dopo pochi istanti.
Mentre lo spiegava
Caius si ritrovò a deglutire nervosamente, pregando
silenziosamente affinché
non ci fosse scritto sopra il suo nome.
Non era la persona
migliore del mondo, ma non meritava nemmeno di finire
nell’Arena… anche se, a
pensarci bene, gran parte dei presenti non lo meritava affatto.
“Kalem
Schweinson.”
Eccolo, un altro
grosso frammento del macigno che si portava appresso da almeno due
giorni si
sollevò, liberandolo di un ulteriore peso.
Caius tirò quasi un sospiro di sollievo,
alzando lo sguardo sul palco e
contando i ragazzi che erano già stati estratti: contando
Schweinson, erano in
8… Quindi ne mancavano soltanto altri due da estrarre.
Lo sguardo del
ragazzo si spostò dal palco, andando a posarsi sul ragazzo
alto e dai capelli
chiarissimi che si stava facendo largo tra la folla quasi con
nonchalance, come
se non gli facesse né caldo né freddo
l’essere stato estratto alla Mietitura.
In effetti Kalem
non si stava propriamente facendo largo… era più
corretto dire che molti
ragazzi si stavano spostando dalla sua traiettoria per farlo passare
senza che
lui lo chiedesse minimamente.
E come
compatirli…
Anche se non lo conosceva direttamente, Caius aveva sentito parlare
moltissimo
di quello strano ragazzo, che aveva solo un anno in più di
lui.
Giravano un
mucchio di voci su quel ragazzo che si comportava come se non gli
importasse
realmente di nessuno ma che si circondava solo di persone ricche e di
buona
famiglia probabilmente per secondi fini… Caius aveva sentito
le storie più disparate,
anche riguardo un qualche omicidio… Ma non aveva mai tenuto
ad andare dal
diretto interessato a chiedergli conferme, visto che Kalem Schweinson
aveva il
dono di far sentire a disagio e fuori posto praticamente chiunque con
un
semplice sorriso gelido.
Kalem salì
sul
palco, rivolgendo un mezzo sorrisetto beffardo alla Paylor senza aprire
bocca,
sistemandosi silenziosamente accanto a Cyrus.
Quest’ultimo lanciò al compagno
un’occhiata incerta, come se non fosse
proprio contento di essere vicino a lui… Anzi, sembrava che
Cyrus non fosse
affatto felice che Kalem fosse nei Giochi in generale, visto tutto
quello che
aveva sentito a sua volta su di lui.
L’attenzione
di
Caius però si spostò da quello strano ragazzo,
portandola nuovamente sulla Paylor
che si stava accingendo a nominare il penultimo Tributo.
Caius
sospirò,
ritrovandosi ancora una volta a pregare da quando si era
svegliato… Ma in quell’occasione
la dea bendata sembrò abbandonarlo.
*
“Caius
Gold.”
Un altro nome era
stato estratto, un altro Tributo chiamato ad andare
nell’Arena e prendere parte
ai Giochi della Fame… E Aaron Bradshaw si ritrovò
ancora una volta a tirare
mentalmente un sospiro di sollievo.
Ormai mancava un
solo nome da estrarre… Non aveva mai sperato così
ardentemente in qualcosa come
quel giorno, mentre pregava di non sentirsi chiamare dalla Paylor.
Gli occhi azzurri
di Aaron non indugiarono a lungo sul coetaneo che era appena stato
nominato,
andando invece a posarsi ancora una volta su suo fratello. Julian
però non lo
stava guardando, i suoi occhi grigio-azzurri erano posai dritti su
Caius, che
stava avanzando verso il palco con le labbra contratte in una smorfia e
tenendo
lo sguardo dritto davanti a sé, come se non volesse mostrare
alcuna debolezza.
Gli dispiaceva
immensamente
per suo fratello… E se da una parte voleva finire nei Giochi
per aiutarlo e
proteggerlo come aveva sempre fatto, dall’altra
l’idea di lasciare
completamente sola la madre già vedova quasi lo
terrorizzava: non avrebbe
sopportato di immaginarsi la donna completamente sola e in lacrime
davanti ad
uno schermo, mentre guardava i figli morire attraverso uno schermo e
senza
poter fare nulla.
Quando Caius fu
sul palco accanto a Kalem Schweinson la Paylor respirò
profondamente, infilando
la mano nella boccia per l’ultima volta, finalmente.
Tutti nella piazza
trattennero il fiato mentre la donna spiegava il foglietto, parlando ad
alta
voce prima di leggere il nome a voce alta:
“Signore e
signori, l’ultimo Tributo dell’ultima
edizione degli Hunger Games…”
Pronunciò
la
parola “ultima” con un’enfasi degna di
nota, marcandola esplicitamente come se
volesse far capire a determinate persone che non ce ne sarebbero state
altre,
che quella era davvero l’ultimissima edizione dei Giochi
della Fame.
Aaron era consapevole
di avere il battito cardiaco notevolmente accelerato rispetto alla
norma, così
come probabilmente moltissimi suoi compagni…
Sentì quasi le famiglie pregare silenziosamente
di non sentire il nome di un figlio o un fratello mentre la Paylor
posava gli occhi
dritti sul gruppo di ragazzi, pronunciando il nome senza guardare il
biglietto
per la prima volta:
“…
è Aaron Bradshaw.”
Molte teste si
voltarono nella sua direzione e nello giuro di pochi attimi Aaron
percepì un
mucchio di cose: vide distintamente suo fratello impallidire mentre un
debole
sorriso sarcastico gli increspava il volto, sapendo che i giochi erano
fatti e
che avrebbe potuto aiutare suo fratello, anche se significava lasciare
sola sua
madre.
Già, sua
madre.
Mentre si
avvicinava al palco sentì un urlo strozzato che di certo
apparteneva a Selene
Wilkes, ma non osò voltarsi e continuò dritto per
la sua strada, mentre sentiva
tutti gli altri ragazzi sospirare di sollievo e tornare a sorridere per
la prima
volta da quando si erano svegliati, mentre i genitori dei ragazzi
illesi
versavano quasi lacrime di gioia.
Si chiese quasi
che cosa avesse fatto di male sua madre per meritare un destino simile,
avendo entrambi
i figli negli Hunger Games… Julian lo stava osservando
pallido e preoccupato e
Aaron ricambiò il suo sguardo, ordinandosi di non guardare
la madre perché sapeva
che sarebbe stato molto difficile restare impassibile e quasi
disinvolto
davanti alle lacrime che le rigavano copiosamente il bel volto.
Aaron sentì
la
compassione di un mucchio di concittadini investirlo quasi come
un’onda mentre
la Paylor si voltava verso di lui, spostando gli occhi scurissimi da
lui a
Julian per un’istante.
La donna
però non
commentò l’aver mandato al patibolo una seconda
coppia di fratelli, schiarendosi
appena la voce prima di rivolgersi nuovamente al pubblico di Capitol e
a tutto
il resto di Panem:
“Felici
Hunger
Games, Panem.”
……………………………………………………………………………………….
Angolo Autrice:
Buonasera! Sono finalmente riuscita a
finire anche la
seconda parte… grazie mille per le recensioni, spero che vi
sia piaciuto anche
questo capitolo :)
Nel prossimo
capitolo ci saranno i saluti con le famiglie degli OC e tra un paio di
sarà
ovviamente la Sfilata… Se avete qualche idea per gli abiti
scrivetemi pure!
Per chiarire gli
ultimi punti, vi comunico che alla fine sceglierò io il
vincitore, ma voi
potrete, se vorrete, aiutare il vostro (o anche altri) OC scrivendomi
determinati oggetti da fargli avere nell’Arena…
diciamo che farete da sponsor
per i personaggi. Non accetterò però tutto quello
che mi chiederete,
selezionerò cosa mandare e a chi in base alle preferenze
complessive, per
questo potete chiedere di “aiutare” non solo il
vostro ma anche altri
personaggi.
Spero di essere
stata chiara… Detto ciò vi saluto, dovremmo
“rivederci” entro fine settimana
con il seguito!
Signorina
Granger