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Autore: Signorina Granger    29/09/2016    13 recensioni
INTERATTIVA || Conclusa
I Vincitori hanno votato: dopo la terza Edizione della Memoria ce ne sarà un'ultima... solo che a sfidarsi non saranno i ragazzi dei Distretti, bensì quelli di Capitol City.
Dicono che la vendetta vada servita fredda... e gli abitanti dei Distretti hanno aspettato per più di settant'anni; perciò che gli ultimi Hunger Games abbiano inizio, possa la fortuna essere sempre a vostro favore.
Genere: Azione, Drammatico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Tributi di Fanfiction Interattive
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Capitolo 1: La Mietitura (Parte II)




Ed ora, passiamo agli uomini.”


Respirò profondamente mentre la Paylor si avvicinava alla boccia che conteneva i nomi dei ragazzi, alla destra del palco. Mentre gran parte delle ragazze poteva finalmente riprendere a respirare normalmente, ora spettava a loro passare forse il peggior quarto d'ora della loro vita, tra il battito accelerato, il respiro irregolare e sudando freddo.

Wilhelm posò gli occhi su sua sorella, rendendosi conto che era la più piccola tra le 10 ragazze che erano state estratte. Conosceva di vista alcune di loro, come le sue coetanee Amanda Lace e Astrid Walsh... ma erano tutte più grandi della sua piccola Carly.

Il ragazzo lanciò una fugace occhiata in direzione di sua madre, chiedendosi se fosse preoccupata per lui o cosa stesse provando, ora che sua figlia era ufficialmente tra la lista dei Tributi dell'ultima edizione dei Giochi... ma la donna sembrava impassibile, come se stesse guardando un film o uno spettacolo di marionette e non i suoi figli che venivano mandati al patibolo insieme ad un gruppo di altri adolescenti innocenti.

La mano della Paylor vagò per pochi secondi nella grande boccia, tirandosi frettolosamente fuori il primo nome: sembrava che volesse far finire in fretta la Mietitura... probabilmente nemmeno lei si stava divertendo, aveva sentito che la donna avesse provato ad imporsi per far saltare la 76esima edizione degli Hunger Games.

Mentre la Paylor stava per leggere il primo nome, Wilhelm non si sorprese nel ritrovarsi quasi a sperare di venire estratto: almeno così avrebbe potuto difendere sua sorella... e non la prospettiva di morire per farlo non lo terrorizzava più di tanto, visto che per lei era già stato sbattuto fuori di casa e si era ritrovato a vivere in strada.

“Il primo Tributo maschio di quest’anno è... Sean Thorn.”


Wilhelm si accigliò leggermente, accorgendosi di conoscere quel nome... e quando lo associò ad un volto si ricordò di quello che era stato suo compagno di scuola fino a quattro anni prima, quando aveva dovuto smettere di studiare.
Da quel che ricordava Sean non era un tipo molto loquace, benché avesse un viso che trasmetteva fiducia e quasi simpatia... E forse per questo andavano d'accordo un tempo, visto che ad entrambi non piaceva molto parlare degli affari propri.

Wilhelm seguì con lo sguardo Sean farsi largo tra gli altri ragazzi per raggiungere il palco, rimanendo pressoché impassibile come suo solito: sembrava quasi non l'essere stato estratto non l'avesse turbato più di tanto, o almeno così stava dimostrando esternamente.

Quando il ragazzo salì sul palco la Paylor non disse nulla, limitandosi a infilare di nuovo la mano nella boccia di vetro e afferrando il primo bigliettino che le capitò a tiro, non avendo nessuna voglia di tirare quella storia per le lunghe anche se, volendo, avrebbe potuto prolungarla per ore.

Wilhelm, come tutti gli altri eccetto Sean che teneva lo sguardo fisso davanti a se senza curarsi di nessuno, guardò la Presidentessa spiegare il foglietto ed esitare per un istante prima di leggere il nome ad alta voce:


“David Whittemore.”

Qualcosa ronzò nel cervello di Wilhelm sentendo quel nome, forse più fastidiosamente che per Sean: conosceva quel nome, anche molto bene...
Provo quasi una sensazione fastidiosa allo stomaco mentre guardava un ragazzino di 12 anni avvicinarsi al palco senza però dare segni di disperazione come avrebbero fatto molti suoi coetanei, o anche ragazzi più grandi... no, David sembrava davvero rilassato mentre si avvicinava al palco con i capelli scuri spettinati come suo solito, quasi come se l'avessero estratto per il suo turno ad un gioco.

Sospirò, chiedendosi perché avessero permesso a dei ragazzini di prendere parte ai Giochi: David aveva 12 anni, sua sorella 13... a parer suo, avrebbero dovuto gareggiare solo quelli della sua età e i diciottenni, non certo ragazzini così giovani.

Non che David non sapesse cavarsela... Il giovane Whittemore era in gamba, nessuno lo sapeva meglio di Wilhelm Grace: avevano quasi fatto amicizia negli ultimi anni quando lui si era ritrovato senza casa... David per vivere rubava da quando aveva imparato a parlare e in breve tempo aveva insegnato qualche trucco anche al suo nuovo “amico”, anche se non si erano mai definiti apertamente come tali.

Ma un conto era rubare nelle case dei ricchi Capitolini... E un altro era sopravvivere all’Arena.


La Paylor rivolse a David, il più giovane tra gli estratti, un’occhiata quasi carica di scuse... ma il ragazzino le rivolse un debole sorriso, quasi a volerle dire che sapeva che non era colpa sua... quasi come volendole dire che sì, la perdonava.


                                                                                        *


Quel ragazzino non poteva avere più di 13 anni, anche se c'era qualcosa che lo faceva sembrare più grande... sembrava che avesse passato la vita ad arrangiarsi, senza contare mai su nessuno.
Si disse però di non pensarci e di continuare a concentrarsi sulla Mietitura, visto che aveva ancora diversi nomi da estrarre.

Prese il terzo biglietto quasi dal fondo della boccia, ordinandosi mentalmente di non estrarre un ragazzino di 12 anni... se proprio doveva mandare qualcuno al patibolo, avrebbe preferito farlo con ragazzi più grandi e maturi che avrebbero saputo cavarsela meglio di dei poco più che bambini.

La donna spiegò il biglietto, accigliandosi per un istante mentre leggeva il nome: Grace... conosceva quel cognome, aveva sentito spesso di un Governatore che aveva misteriosamente perso la vita qualche anno prima. Ma le sembrava davvero familiare, anche se ci mise un istante a capire perché: aveva estratto una ragazza con quello stesso cognome... la ragazzina che era stata chiamata per prima.

Aveva forse estratto il fratello?

“Wilhelm Grace.”


Quasi pregò che si trattasse di una triste coincidenza, mentre guardava un ragazzo di 17 o 18 anni avvicinarsi al palco, le labbra contratte in una smorfia difficile da interpretare.

Poi però senti qualcosa, un inconfondibile suono che la fece voltare e che le confermò quello che temeva: voltandosi vide la giovane Silver Grace con gli occhi chiari lucidi mentre si premeva una mano sulla bocca quasi a voler ammortizzare i singhiozzi.

La ragazza in piedi accanto a lei, Astrid, le rivolse un’occhiata carica di comprensione e malinconia mentre le metteva una mano su una spalla quasi a voler cercare di consolarla.

Wilhelm salì sul palco puntando gli occhi sulla sorellina, guardandola come se morisse dalla voglia di abbracciarla. La Paylor fece un cenno al ragazzo quando lui sposto gli occhi su di lei, annuendo con un cenno del capo. Wilhelm le sorrise con sincera gratitudine prima di raggiungere la sorella in due falcate e stringerla in un abbraccio, mentre nella piazza non poche persone si erano commosse.

La Presidentessa osservò i due fratelli per un attimo ma poi si voltò, rivolgendosi di nuovo alla dannata boccia e decidendo di lasciarli fare: qualche Pacificatore, gli unici rimasti in tutta Panem erano ancora a Capitol, fece per andare dai due e separarli come avrebbero fatto in qualsiasi altra edizione dei giochi... ma un’occhiata quasi minacciosa della donna li inchiodò seduta stante, ordinandogli di non provare nemmeno a muoversi e alzare un dito su quei ragazzi: non era riuscita ad evitare i Giochi, ma non avrebbe tollerato altra violenza al di fuori dell’Arena.

La Paylor mise di nuovo una mano dentro la boccia, cercando di ignorare i singhiozzi trattenuti a stento della ragazzina alle sue spalle, che era stretta tra le braccia del fratello che le stava accarezzando i capelli biondi, mormorandole qualcosa all’orecchio.


E menomale che dovremmo imparare dagli errori degli altri...

Una smorfia comparve sul volto della Paylor mentre tirava fuori l'ennesimo nome, riuscendo quasi a sentire con orrore la gelida risata di Snow, la stessa che tutta Panem aveva udito appena prima che morisse: sapeva che forse era una dei pochi a pensarlo, ma sentiva quasi Snow ridere, prendendo in giro la donna che aveva combattuto con tutta se stessa contro il regime di Capitol City... e ora eccola lì, ad estrarre i nomi dei Tributi.


“Black Hole.”


Gli occhi scuri della donna saettarono sul fiume di ragazzi che la fronteggiavano, cercando il “fortunato” che aveva appena estratto. Vide un ragazzo dai capelli neri farsi strada tra i coetanei dopo aver esitato per un attimo, come se in un primo momento avesse pensato di aver sentito male.

Non voleva nemmeno pensare a come dovesse essere venire estratti per i Giochi... per sua fortuna, lei non aveva mai dovuto passarci.

Guardò il ragazzo avvicinarsi con passo leggermente titubante, anche se si accorse che Black stava facendo di tutto per sembrare calmo e più sicuro di quanto in relata non fosse... a molto non piace sembrare deboli, dopotutto. E per molte persone la paura era sinonimo di debolezza, anche se lei non si era mai trovata d'accordo: a suo parare, la paura era indice di intelligenza.

Black salì sul palco senza guardare nessuno, lanciando solo un’occhiata in tralice in direzione della Paylor prima di fermarsi accanto a David, mentre Wilhelm era ancora vicino alla sorellina.

Ripensando alla coppia di fratelli che aveva fatto versare già qualche lacrima la Presidentessa si chiede se per caso la madre dei due non stesse progettando di ucciderla... lancio una fugace occhiata in direzione delle famiglie e si chiede quale tra quelle donne fosse quella a cui aveva appena tolto i figli, ma riabbassò in retta lo sguardo per concentrarsi di nuovo sui biglietti tra i quali avrebbe dovuto sceglierne ben altri sei.

Quanto sarebbe durata ancora, quell’orribile mattinata?


La mano della donna finì quasi con un gesto automatico dentro la boccia, soffermandosi sui biglietti in cima al mucchio: afferrò uno dei primi che le capitò a tiro, chiedendosi se per caso non avrebbe potuto tirarne fuori una manciata e leggerli tutti di seguito, così da accelerare notevolmente i tempi... a Snow erano sempre piaciute le cose teatrali, ma se fosse stato per lei la Mietitura avrebbe avuto fine già da un pezzo.

 

Spiegò il biglietto prima di leggere ad alta voce l’ennesimo nome, mentre davanti a lei tutti gli adolescenti presenti trattenevano momentaneamente il fiato.

 

                                                                                *

 

“Julian Bradshaw.”

 

Sentì lo stomaco fare quasi un salto mortale quando udì il suo nome, anche se in un primo momento rimase in una specie di stato di trance, come se stesse elaborando di essere stato davvero estratto per i giochi.

Il ragazzo deglutì a fatica prima di muovere un passo incerto, spostando gli occhi chiari dal palco e voltandosi in cerca di suo fratello, quasi nella speranza che incontrando il suo sguardo avrebbe avuto il coraggio e la forza di affrontare gli Hunger Games.

 

Aaron si era voltato a sua volta verso di lui ma i loro occhi tanto simili s’incontrarono solo per un istante prima che il minore s’incamminasse verso il palco senza emettere una sillaba.

 

Non aveva visto alcun segno di lacrime negli occhi del fratello… compassione, solo un mucchio di compassione.

Non volendo nemmeno provare a cercare sua madre con lo sguardo Julian si avvicinò al palco sentendo le gambe orribilmente molli, come se non sarebbero riuscite a reggerlo ancora a lungo.

 

La Paylor lo osservava con attenzione ma il sedicenne cercò di un farci caso, salendo i gradini e raggiungendo i suoi compagni di sventura, che lo osservavano di rimando.

 

Con suo sommo sollievo, visto che difficilmente sarebbe stato in grado di formulare frasi di senso compiuto in quel momento, la Presidentessa non disse nulla e non gli restò che avvicinarsi ai ragazzi, posti in fila uno accanto all’altro nella parte del palco alla destra della Paylor.

 

Tutti e quattro gli rivolsero un’occhiata in tralice ma nessuno osò aprire bocca, anche se di certo stavano tutti pensando le stesse cose… Cioè che presto avrebbero tutti dovuto ammazzarsi a vicenda, se ci tenevano a sopravvivere.

 

Julian, dal palco, posò di nuovo gli occhi su suo fratello maggiore che lo stava osservando di rimando. Non riuscì a capire a cosa stesse pensando Aaron, ma dal canto suo trovava la situazione carica di un’ironia davvero crudele: era stato estratto proprio lui, che era sempre stato abbastanza contrario ai Giochi e che aveva sempre sperato che i Distretti trovassero una pace con Capitol…

Era sempre stato un ragazzo tranquillo e piuttosto pacifico… e ora era nella lista degli ultimi Tributi degli Hunger Games, perciò entro meno di una settimana avrebbe dovuto uccidere delle persone, o lasciarsi ammazzare se non l’avesse fatto.

 

Mentre la Paylor tirava fuori un altro bigliettino Julian spostò gli occhi sulle famiglie dei ragazzi, tutte raggruppate ai lati del palco. Scorse subito sua madre, rivolgendo alla donna che piangeva silenziosamente un debole sorriso; gli dispiaceva non poter andare ad abbracciarla, ma sfortunatamente non poteva scendere dal palco.

 

“Louis Peterson.”

 

                                                                               *

 

Sentendosi chiamare Louis si trattenne dal sbuffare ed imprecare contro la sua sfortuna, decidendo saggiamente di non cominciare ad attirare l’antipatia di tutta Capitol già dalla Mietitura: anche se non gli piaceva per nulla, la sua vita in parte dipendeva dai suoi concittadini che tanto odiava che avrebbero potuto aiutarlo una volta nell’Arena.

 

Il ragazzino s’incamminò verso il palco senza guardare nessuno in particolare, tenendo però la testa alta quasi a mo’ di sfida verso le persone che avevano organizzato quella pagliacciata, una specie di vendetta per tutto quello che i Capitolini, o meglio i loro governatori, avevano fatto passare ai Distretti per anni e anni.

 

Salendo sul palco Louis sentiva lo sguardo di tutta Capitol, anzi, di tutta Panem, su di sé… Probabilmente anche suo fratello maggiore Daniel lo stava osservando, e anche i loro rispettabili e benestanti genitori.

 

Si chiese che cosa stessero provando, specialmente i genitori con cui aveva sempre avuto un rapporto abbastanza conflittuale, visto che a differenza del fratello non si era rivelato un figlio modello e amante delle regole o della disciplina.

 

Anche la Paylor lo stava osservando quasi con curiosità mentre saliva i gradini per salire sul palco, trovandosi davanti alla donna con più potere in tutta Panem… guardando la donna Louis si chiese perché, se era la Presidentessa, non fosse riuscita ad evitare quella stupida, inutile storia. Era sempre stato piuttosto scettico rispetto al Governo di Panem ma forse le cose non erano poi così cambiate: in fin dei conti erano sempre allo stesso punto, all’ennesima Mietitura.

 

“Quanti anni hai?”

 

“15.”

 

Il ragazzo le rivolse un’occhiata carica quasi di sfida, che però non venne ricambiata nemmeno lontanamente: la Paylor invece lo guardò quasi come a volersi scusare, come se volesse dirgli che gli dispiaceva sul serio.

Forse non andava matta dell’idea di aver estratto un ragazzino di 15 anni, così come non lo era stata quando aveva chiamato David Whittemore che era ancora più giovane di lui.

 

Senza aggiungere altro Louis si mise in fila accanto a Julian, che ad occhio sembrava avere un anno o due in più rispetto a lui. I due si scambiarono un’occhiata in tralice ma nessuno aprì bocca mentre la Paylor infilava di nuovo la mano nella boccia, pescando un bigliettino sul fondo e sperando di finire in fretta quella lenta tortura che, per i suoi gusti, stava andando avanti ormai da troppo.

 

                                                                                 *

 

Guardò la Presidentessa spiegare il biglietto quasi frettolosamente prima di leggere il nome ad alta voce:

 

“Cyrus Dennim.”

 

Per l’ennesima volta Caius sentì il frammento di un macigno sollevarglisi dallo stomaco, facendogli provare una lieve sensazione di sollievo: ancora una volta non era stato chiamato… forse, con un po’ di fortuna, sarebbe riuscito a scamparla.

 

Il ragazzo si voltò verso il suo coetaneo che era appena stato chiamato, osservando Cyrus muoversi tra la folla per raggiungere il palco. Era quasi strano non vederlo sorridere o carico della sua solita allegria, in effetti… Non che fossero mai stati amici, ma un po’ gli dispiaceva comunque… Caius era pienamente consapevole di non essere la persona più sensibile del mondo, ma conosceva abbastanza quel ragazzo da dover per forza dispiacersi almeno un po’ per lui.

 

Anche se meglio tu che io…

 

Caius seguì il moro con lo sguardo, guardandolo salire sul palco a capo chino e senza far trasparire grandi emozioni dalla sua espressione quasi apatica, come se non stesse provando nulla... O forse si stava sforzando per dare quella impressione.

 

Era stati compagni di scuola per anni, ma non erano mai stati amici… troppo diversi per poter andare d’accordo, probabilmente.

 

La Paylor rivolse al ragazzo una fugace occhiata mentre Cyrus si metteva silenziosamente in fila accanto ai compagni, puntando lo sguardo sulla base del palco senza guardare nessuno, nemmeno i suoi genitori.

Senza voler perdere altro tempo la Paylor abbassò nuovamente lo sguardo sulla boccia di vetro, non emettendo un fiato prima di infilarci la mano dentro, tuffando la mano nel mucchio di bigliettini per poi estrarne uno dopo pochi istanti.

 

Mentre lo spiegava Caius si ritrovò a deglutire nervosamente, pregando silenziosamente affinché non ci fosse scritto sopra il suo nome.

Non era la persona migliore del mondo, ma non meritava nemmeno di finire nell’Arena… anche se, a pensarci bene, gran parte dei presenti non lo meritava affatto.

 

“Kalem Schweinson.”

 

Eccolo, un altro grosso frammento del macigno che si portava appresso da almeno due giorni si sollevò, liberandolo di un ulteriore peso.  Caius tirò quasi un sospiro di sollievo, alzando lo sguardo sul palco e contando i ragazzi che erano già stati estratti: contando Schweinson, erano in 8… Quindi ne mancavano soltanto altri due da estrarre.

 

Lo sguardo del ragazzo si spostò dal palco, andando a posarsi sul ragazzo alto e dai capelli chiarissimi che si stava facendo largo tra la folla quasi con nonchalance, come se non gli facesse né caldo né freddo l’essere stato estratto alla Mietitura.

 

In effetti Kalem non si stava propriamente facendo largo… era più corretto dire che molti ragazzi si stavano spostando dalla sua traiettoria per farlo passare senza che lui lo chiedesse minimamente.

E come compatirli… Anche se non lo conosceva direttamente, Caius aveva sentito parlare moltissimo di quello strano ragazzo, che aveva solo un anno in più di lui.

 

Giravano un mucchio di voci su quel ragazzo che si comportava come se non gli importasse realmente di nessuno ma che si circondava solo di persone ricche e di buona famiglia probabilmente per secondi fini… Caius aveva sentito le storie più disparate, anche riguardo un qualche omicidio… Ma non aveva mai tenuto ad andare dal diretto interessato a chiedergli conferme, visto che Kalem Schweinson aveva il dono di far sentire a disagio e fuori posto praticamente chiunque con un semplice sorriso gelido.

 

Kalem salì sul palco, rivolgendo un mezzo sorrisetto beffardo alla Paylor senza aprire bocca, sistemandosi silenziosamente accanto a Cyrus.  Quest’ultimo lanciò al compagno un’occhiata incerta, come se non fosse proprio contento di essere vicino a lui… Anzi, sembrava che Cyrus non fosse affatto felice che Kalem fosse nei Giochi in generale, visto tutto quello che aveva sentito a sua volta su di lui.

 

L’attenzione di Caius però si spostò da quello strano ragazzo, portandola nuovamente sulla Paylor che si stava accingendo a nominare il penultimo Tributo.

Caius sospirò, ritrovandosi ancora una volta a pregare da quando si era svegliato… Ma in quell’occasione la dea bendata sembrò abbandonarlo.

 

                                                                               *

 

“Caius Gold.”

 

Un altro nome era stato estratto, un altro Tributo chiamato ad andare nell’Arena e prendere parte ai Giochi della Fame… E Aaron Bradshaw si ritrovò ancora una volta a tirare mentalmente un sospiro di sollievo.

 

Ormai mancava un solo nome da estrarre… Non aveva mai sperato così ardentemente in qualcosa come quel giorno, mentre pregava di non sentirsi chiamare dalla Paylor.

 

Gli occhi azzurri di Aaron non indugiarono a lungo sul coetaneo che era appena stato nominato, andando invece a posarsi ancora una volta su suo fratello. Julian però non lo stava guardando, i suoi occhi grigio-azzurri erano posai dritti su Caius, che stava avanzando verso il palco con le labbra contratte in una smorfia e tenendo lo sguardo dritto davanti a sé, come se non volesse mostrare alcuna debolezza.

 

Gli dispiaceva immensamente per suo fratello… E se da una parte voleva finire nei Giochi per aiutarlo e proteggerlo come aveva sempre fatto, dall’altra l’idea di lasciare completamente sola la madre già vedova quasi lo terrorizzava: non avrebbe sopportato di immaginarsi la donna completamente sola e in lacrime davanti ad uno schermo, mentre guardava i figli morire attraverso uno schermo e senza poter fare nulla.

 

Quando Caius fu sul palco accanto a Kalem Schweinson la Paylor respirò profondamente, infilando la mano nella boccia per l’ultima volta, finalmente.

Tutti nella piazza trattennero il fiato mentre la donna spiegava il foglietto, parlando ad alta voce prima di leggere il nome a voce alta:

 

“Signore e signori, l’ultimo Tributo dell’ultima edizione degli Hunger Games…”

 

Pronunciò la parola “ultima” con un’enfasi degna di nota, marcandola esplicitamente come se volesse far capire a determinate persone che non ce ne sarebbero state altre, che quella era davvero l’ultimissima edizione dei Giochi della Fame.

 

Aaron era consapevole di avere il battito cardiaco notevolmente accelerato rispetto alla norma, così come probabilmente moltissimi suoi compagni… Sentì quasi le famiglie pregare silenziosamente di non sentire il nome di un figlio o un fratello mentre la Paylor posava gli occhi dritti sul gruppo di ragazzi, pronunciando il nome senza guardare il biglietto per la prima volta:

 

“… è Aaron Bradshaw.”

 

Molte teste si voltarono nella sua direzione e nello giuro di pochi attimi Aaron percepì un mucchio di cose: vide distintamente suo fratello impallidire mentre un debole sorriso sarcastico gli increspava il volto, sapendo che i giochi erano fatti e che avrebbe potuto aiutare suo fratello, anche se significava lasciare sola sua madre.

 

Già, sua madre.

 

Mentre si avvicinava al palco sentì un urlo strozzato che di certo apparteneva a Selene Wilkes, ma non osò voltarsi e continuò dritto per la sua strada, mentre sentiva tutti gli altri ragazzi sospirare di sollievo e tornare a sorridere per la prima volta da quando si erano svegliati, mentre i genitori dei ragazzi illesi versavano quasi lacrime di gioia.

 

Si chiese quasi che cosa avesse fatto di male sua madre per meritare un destino simile, avendo entrambi i figli negli Hunger Games… Julian lo stava osservando pallido e preoccupato e Aaron ricambiò il suo sguardo, ordinandosi di non guardare la madre perché sapeva che sarebbe stato molto difficile restare impassibile e quasi disinvolto davanti alle lacrime che le rigavano copiosamente il bel volto.

 

Aaron sentì la compassione di un mucchio di concittadini investirlo quasi come un’onda mentre la Paylor si voltava verso di lui, spostando gli occhi scurissimi da lui a Julian per un’istante.

La donna però non commentò l’aver mandato al patibolo una seconda coppia di fratelli, schiarendosi appena la voce prima di rivolgersi nuovamente al pubblico di Capitol e a tutto il resto di Panem:

 

“Felici Hunger Games, Panem.”

 

 

 

 

 

 

 

 

 

……………………………………………………………………………………….

Angolo Autrice:

 

Buonasera!  Sono finalmente riuscita a finire anche la seconda parte… grazie mille per le recensioni, spero che vi sia piaciuto anche questo capitolo :)

Nel prossimo capitolo ci saranno i saluti con le famiglie degli OC e tra un paio di sarà ovviamente la Sfilata… Se avete qualche idea per gli abiti scrivetemi pure!

 

Per chiarire gli ultimi punti, vi comunico che alla fine sceglierò io il vincitore, ma voi potrete, se vorrete, aiutare il vostro (o anche altri) OC scrivendomi determinati oggetti da fargli avere nell’Arena… diciamo che farete da sponsor per i personaggi. Non accetterò però tutto quello che mi chiederete, selezionerò cosa mandare e a chi in base alle preferenze complessive, per questo potete chiedere di “aiutare” non solo il vostro ma anche altri personaggi.

 

Spero di essere stata chiara… Detto ciò vi saluto, dovremmo “rivederci” entro fine settimana con il seguito!

 

Signorina Granger

   
 
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