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Autore: Nami93_Calypso    30/09/2016    5 recensioni
MazeRunnerAU
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Immaginate di svegliarvi al buio, non vedete niente ma percepite che la stanza si muove verso l’alto, forse è un ascensore.
Non sapete come siete arrivati lì e, soprattutto, perchè. Ma, cosa ancor più inquietante, non ricordate nulla: chi siete, quanti anni avete, da dove venite, qual è il vostro aspetto fisico. Ricordate unicamente il vostro nome.
Quando finalmente la stanza si ferma degli adolescenti vi danno il benvenuto nella Radura, il posto in cui loro vivono e hanno creato una società dopo esser giunti lì esattamente come voi, con quell’ascensore e senza ricordi.
Vi guardate intorno e l’unica cosa che vedete sono alte mura di cemento che circondano l’intera Radura.
È quello che è successo ai protagonisti di questa storia.
Chi sono?
Come sono arrivati lì?
Li ha mandati qualcuno?
Perchè non ricordano nulla?
Riusciranno ad andarsene?
Genere: Avventura, Suspence | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: ASL, Mugiwara, Nefertari Bibi, Trafalgar Law, Un po' tutti
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
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Angolo di Calypso
Buon giorno a tutti!
Torno dopo alcuni mesi di inattività qui su EFP (la real life ha preso il sopravvento) e spero che qualcuno si ricordi ancora di me ahah
Soprattutto torno con una storia a cui tengo tanto: l’avevo iniziata prima dell’estate e l’ho terminata adesso e sono davvero orgogliosa di quello che sono riuscita a tirare fuori.
Ma bando alle ciance.
La storia è una fandomAU di Maze Runner perchè io amo le fandomAU e amo Maze Runner. Per chi non lo conoscesse è una trilogia di genere young adult di tipo distopico/fantascientifico (eh sì, amo anche tutto ciò che sia anche solo lontanamente distopico).
È un’opera davvero molto bella, la consiglio a tutti, i personaggi sono divini: spero che con questa storia possa farvi incuriosire e magari spingere qualcuno a leggerlo :) così annegherà anche lui/lei nei feels.
Insomma, in questa fan fiction ci saranno azione, confusione, avventura, tanta confusione, amicizia, esseri umani spinti al limite della sopportazione e, perchè no, anche un po’ di amore (anche se non è l’aspetto centrale della storia).
Spero di essere riuscita a mantenere la caratterizzazione dei personaggi nonostante la situazione sia totalmente diversa. Per questo mi rimando a un vostro parere.
Per chi conosce Maze Runner: spero di aver reso almeno un po’ giustizia all'idea di Dashner, di essere riuscita a trasmettere l’atmosfera, la situazione, l’ambientazione e spero che apprezziate i parallelismi dei vari personaggi. Mi sono attenuta maggiormente al libro
Per chi non conosce Maze Runner: spero che la storia possa appassionarvi e tenervi col fiato sospeso (e se così fosse non sarebbe merito mio bensì di Dashner che ha creato quest’opera).
Ultimo ma non per importanza ringrazio la beta namirami che si è sorbita l’intera storia in anteprima e che mi ha reso davvero contentissima con le sue parole di incoraggiamento :)
Come al solito ho fatto le note più lunghe del capitolo e mi sembra di aver detto un sacco di baggianate perciò ora vi lascio alla storia.
Buona lettura!



La Radura

Si svegliò di soprassalto. Si trovava in una stanza buia e in movimento. Com’era possibile che una stanza si muovesse? Per di più verso l’alto? Sembrava quasi il movimento di un ascensore.
Quel pensiero le fece venir male alla testa, come se avesse ricevuto una martellata. Non seppe spiegarsi la sensazione.
Si alzò appoggiando la schiena a un muro per non perdere l’equilibrio. Tentò di guardarsi intorno ma inutilmente, il buio era troppo intenso per poter distinguere qualunque cosa.
Il rumore che la stanza produceva salendo era assordante tanto da ferirle le orecchie.
Incapace di usare la vista e l’udito decise di usare il tatto. Tenendo le mani appoggiate ai muri si mise a camminare seguendo le pareti alla ricerca di qualcosa, qualsiasi cosa: una porta, una finestra, un interruttore. Di nuovo quel dolore lancinante alla testa.
Mentre svolgeva quell’operazione i suoi piedi andavano a sbattere contro alcuni oggetti: scatoloni di cartone, barattoli, casse di legno.
A un certo punto la stanza sembrò rallentare, di colpo, talmente all’improvviso che perse l’equilibrio e si fece scivolare lungo la parete per tornare seduta sul pavimento tremolante.
Dopo pochi secondi tutto si fermò e tutt’intorno si fece silenzio.
Titubante tentò di rialzarsi nel tentativo di continuare la sua ricerca ma delle voci sopra di lei la fecero pietrificare. Ancora quel dolore incomprensibile alla testa.
Si mise a osservare il soffitto con un misto di paura e curiosità finchè non vide aprirsi una fessura da cui entrò una luce talmente abbagliante da doversi coprire gli occhi, accecata. Dal soffitto, insieme alle voci, entrò aria fresca e odore di erba.
-Scendo io- udì una voce dall’alto.
Dopo pochi secondi vide la sagoma di un corpo calarsi dal soffitto fino a toccare il pavimento. Era l’unica cosa che riusciva a distinguere nella sua momentanea cecità.
-Ma che caspio…- sentì dire alla persona, un ragazzo.
Percepì ancora quel dolore simile a una martellata ma questa volta capì a cosa fosse dovuto: non ricordava nulla. Non ricordava nessuna persona conosciuta.
Perché? Com’era possibile?
Un senso di panico le attanagliò il petto perché, cosa ancor più terrificante, non ricordava nulla di sé se non il suo nome.
Era una sensazione stranissima. Ricordava cosa fosse un ascensore, ma non di esserci mai stata o quando. Ricordava cosa fosse e a cosa servisse un interruttore, ma non ricordava un particolare momento in cui l’avesse utilizzato. Ricordava il suo nome, ma non quanti anni avesse o da dove arrivasse.
Presa dal panico a mala pena si rese conto di quello che le accadeva intorno.
-Law, cosa succede?- disse qualcuno dall’alto.
Il ragazzo nella stanza rimase immobile.
-È una ragazza- mormorò piano.
-Cosa? Ma non è possibile!- ribattè l’altro, incredulo.
-Ti ho detto che è una ragazza- ripetè quello con tono quasi inespressivo, questa volta avvicinandosi a lei.
La ragazza iniziò a mettere a fuoco maggiori dettagli. La persona che le si stava avvicinando era alta e slanciata, capelli scuri. Si chinò su di lei, coprendo la fonte di luce.
Un’ondata improvvisa di panico si impossessò di lei che si mise a strisciare sul pavimento per potersi allontanare il più possibile da quello sconosciuto.
-Chi sei? Cosa mi avete fatto?- domandò, gli occhi pieni di terrore.
-Ascolta…- iniziò l’altro ma fu subito interrotto.
-Perché sono qui? Non ricordo nulla!- a furia di strisciare arrivò all’angolo della stanza.
Il moro la osservò. Era palesemente terrorizzata non solo dalla situazione ma anche da lui.
Sospirando si rimise in piedi.
-Andate a chiamare Nami!- si rivolse alle persone sopra di loro.
Si allontanò dalla ragazza per evitare di aggravare maggiormente la situazione.
Lei si limitò a rimanere nell’angolo a osservare ogni suo movimento, terrorizzata e impaurita.
Non sapeva di cosa essere più spaventata: se del non ricordare nulla, dell’essersi svegliata in una stanza buia, o di quel ragazzo inquietante.
-… Becca solo quattro mesi fa!- la voce di una ragazza giunse dall’alto e pochi secondi dopo si calò dal soffitto.
-Che succede?- chiese, rivolta al ragazzo ma posando gli occhi sulla ragazza nell’angolo. Tremava, impaurita.
-Cosa le ha fatto?!- chiese ancora, portando le mani sui fianchi e fulminandolo con lo sguardo.
-Niente! È meglio se ci pensi tu- fece quello avvicinandosi alla botola per uscire fuori.
-Già, scommetto che l’hai spaventata con la tua faccia di caspio!- lo rimproverò la ragazza mentre quello usciva all’aperto.
Lei sospirò scuotendo lievemente il capo –Come hanno fatto per un anno intero senza di me?- domandò sottovoce a sé stessa.
Per tutto il tempo la ragazza rimase a guardarla, non sapendo cosa pensare o provare.
La vide avvicinarsi e mise a fuoco una cascata di capelli arancioni. La nuova arrivata si accovacciò a qualche passo da lei, rivolgendole un sorriso gentile.
-Ce la fai ad alzarti? Almeno usciamo da qui. Sai, fuori si sta meglio-
Lei annuì ma non si mosse.
-Ti assicuro che non ti faremo del male. Noi siamo stati tutti nella tua stessa situazione- aggiunse, nel tentativo di rassicurarla.
Si alzò e le porse la mano per aiutarla ad alzarsi. Lei la prese e la imitò.
-Ricordi qualcosa?- le chiese, prima di avvicinarsi alla botola.
-Solo il mio nome- fece l’altra, scuotendo il capo –Bibi-
La rossa le sorrise –Piacere, Bibi. Io sono Nami-
Le due ragazze si avviarono alla botola dove due corde penzolavano dal soffitto.
Nami mise il piede in un cappio all’estremità della corda e afferrò Bibi saldamente prima di ordinare di issarle su.
Raggiunto il soffitto un ragazzo dai capelli verdi afferrò Bibi per le braccia e l’aiutò a uscire.
Una volta fuori la turchina si godette l’aria fresca sul viso e, con la vista ormai quasi completamente adattata alla luce, si guardò intorno.
Si trovavano nel mezzo di uno spiazzo di cemento circondato da quattro alte mura poste a quadrato ognuna delle quali aveva una fessura nel mezzo. Ai quattro angoli individuò un bosco, una fattoria con tanto di animali e orti, un edificio in legno abbastanza grande e un campo. Le bastarono un paio di giri su se stessa per registrare l’intero ambiente tanto era piccolo.
La testa prese a girarle vorticosamente, come se quella vista e tutte quelle informazioni insieme fossero troppo per il suo cervello svuotato.
Appena anche Nami fu uscita le si avvicinò: con lei si sentiva al sicuro.
Smise di guardare il luogo in cui si trovava e si soffermò sulle persone. Erano circondate da una folla composta da una trentina di adolescenti e, oltre a loro due, gli altri erano tutti ragazzi. Vide il ragazzo moro che per primo era sceso nella stanza poco distante che la fissava con sguardo indagatore a braccia incrociate, quello coi capelli verdi che l’aveva aiutata a issarsi fuori, un ragazzino con un sorriso smagliante la cui espressione gioiosa quasi stonava con tutto il resto e un ragazzo robusto e pallido dai capelli rossi che la fissava in cagnesco rimanendo al limitare della piccola folla.
Bibi si sentì ancora più spaventata da quello sguardo e si fece ancor più vicina a Nami. Lei se ne accorse e si rivolse a Law e al ragazzo dai capelli verdi.
-Facciamo che per oggi me ne occupo io- disse.
Quelli non fecero altro che annuire e intimare agli altri di allontanarsi finchè le due ragazze non rimasero sole.
-Dove siamo?- chiese subito la turchina, in cerca di risposte.
-È un po’ complicato da spiegare… e forse è meglio se ne parliamo domani- fece la rossa ma, a uno sguardo poco convinto dell’altra aggiunse –Ascolta, qui con noi non sei in pericolo. Tutti noi ci siamo svegliati come te, in quella Scatola, senza ricordi. Non ti faremo del male- Nami osservò la sua interlocutrice prima di proseguire, accertandosi che stesse capendo.
-Per ora sappi solo che finchè rimani nella Radura e fai quello che devi fare tutto andrà bene-
-Radura?- domandò l’altra, confusa.
-Dentro queste mura- precisò la rossa.
-E cosa c’è fuori?- chiese l’altra, guardandosi intorno.
-Nulla di buono- le disse Nami –Ma fidati di me, è meglio se ne parliamo domani. Non fa bene alla tua mente e al tuo spirito ricevere troppe informazioni il primo giorno-
La rossa continuò a fissarla intensamente mentre l’altra si guardava intorno circospetta.
Si stava domandando come avrebbe reagito: ogni pive che era arrivato lì si era comportato in modo diverso dall’altro. Chi piangeva per giorni, chi impazziva, chi faceva milioni di domande, chi pensava che lo stessero solo prendendo in giro, chi ammutoliva e non mangiava per giorni. La rossa la guardava, cercando di prevedere la sua reazione.
Dal canto suo Bibi si sentiva confusa, impaurita, stravolta, sfinita. Il poco che aveva visto e sentito le stava già procurando un forte mal di testa. Non sapere chi era, dove fosse e il perché la stava spaventando più di tutto ma sentiva che poteva fidarsi di quella ragazza. Decise di darle ascolto.
-Ok…- disse, un po’ incerta.
-Bene così- fece l’altra, sorridendo amabilmente –Hai fame?- le chiese.
Quella ci pensò su un attimo –Più che altro ho sete- disse.
-Dai, vieni- le fece cenno col capo di seguirla verso il grande edificio che aveva notato prima.
-Ma domani mi direte tutto?- le chiese seguendola.
-Certo pive, ormai sei una di noi-
-Pive?!- chiese Bibi, un po’ confusa dal gergo tanto strano. Aveva già sentito un paio di parole che non facevano parte del suo vocabolario.
La rossa rise prima di risponderle –Non preoccuparti, è solo il nostro strambo modo di parlare. Prima che te ne accorga ti avrà contagiato-
Bibi la seguì con un’alzata di spalle. Poco dopo arrivarono in una stanza che aveva tutta l’aria di essere una cucina. Nami sbirciò dentro prima di entrare.
-Per fortuna Sanji non c’è…- fece tra sé mentre cercava qualcosa da bere e da mangiare per Bibi.
-Nami!- una ragazza dai capelli rosa col viso sporco di terra arrivò di corsa e affannata da un’altra porta che dava alla cucina -È vero?- domandò, incredula. Bibi la fissò, quasi spaventata dal suo ingresso improvviso.
-Guarda tu stessa- le fece lei indicando Bibi alle sue spalle.
La nuova arrivata la guardò e gli occhi rosa come i suoi capelli si spalancarono per la sorpresa.
-Caspio!- disse in un soffio –Ma è presto!- fece, tornando a guardare la rossa.
-Lo so- disse lei, semplicemente e Bibi potè giurare di aver visto un’ombra di preoccupazione oscurarle gli occhi.
-Che c’è che non va?- domandò la turchina accigliata mentre tutte e tre prendevano posto a un tavolo dove Nami aveva disposto il pranzo per lei.
La rosa guardò l’altra, in attesa che rispondesse.
-Il fatto è che qui arriva solo una ragazza all’anno- fece, appoggiando i gomiti al tavolo –Io sono arrivata al primo anno, Rebecca al secondo- fece indicando la rosa al suo fianco.
-E io al terzo?- chiese Bibi mandando giù un boccone di pane-
-No- replicò subito l’altra –Rebecca è arrivata solo quattro mesi fa-
Bibi continuò a mangiare, in silenzio, prima di proseguire la conversazione.
-Ed è una cosa così strana?- chiese, sollevando lo sguardo.
-Vedi, qui raramente avvengono dei cambiamenti, e quando succedono non promettono nulla di buono- spiegò la rossa. Ancora quell’ombra di preoccupazione che fece tremare Bibi.
La turchina continuò a mangiare mentre tutte e tre rimanevano in silenzio. Il suo cervello continuava a girare cercando di mettere insieme i vari pezzi che aveva a disposizione. Era difficile tenere tutto a mente e infatti qualcosa le era sfuggito, qualcosa che anche prima le era stato detto.
-Hai detto… che tutti siete arrivati qui come me in quella… Scatola. Cosa vuol dire?-
-Ogni mese, insieme alle provviste, arriva un ragazzo nuovo. Nessuno di noi ha ricordi della vita precedente e nessuna ha idea del perché si trovi qui-
Calò nuovamente il silenzio. Tutti erano come Bibi, nessuno ricordava il proprio passato. Un senso di tristezza la travolse. Ma, quantomeno, iniziò a sentirsi maggiormente al sicuro insieme a loro e sentiva di potersi fidare. Non le stavano mentendo.
Quando ebbe finito di mangiare si rese conto di quanto si sentiva frastornata ed esausta. In più continuava a farle male la testa ad ogni nuova informazione che riceveva o a ogni cosa che vedeva.
-Vuoi riposarti un po’?- le chiese Rebecca, gentilmente, quasi leggendole nel pensiero.
Lei si limitò ad annuire.
-Accompagnala nella nostra camera, Becca- a quella frase di Nami la rosa si alzò, pronta a ubbidire –Domani qualcuno ti farà fare il tour- aggiunse guardando la turchina.
Quella, senza aggiungere altro, si alzò e seguì l’altra su per una rampa di scale verso una camera da letto; ma prima che potesse varcare la porta della cucina Nami la richiamò.
-Ah, Bibi-
La turchina si voltò a guardarla, sollevando le sopracciglia.
-Benvenuta nella Radura-

 
   
 
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