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Autore: pandafiore    30/09/2016    4 recensioni
{OneShot - What if}
{CATONISS, accenni Everlark}
Dal testo:
"I miei piedi nudi sbattevano contro il pavimento freddo del centro di Addestramento. Era notte fonda, il giorno seguente sarei entrata nell'Arena dei 74esimi Hunger Games, e in quel preciso istante avrei dovuto essere al caldo sotto le lenzuola, nel tentativo - seppur così vano - di chiudere gli occhi e riposare qualche ora.
Ma non avevo sonno.
Non avevo proprio sonno, e continuavo a girovagare lentamente tra i vari appartamenti dei distretti; chi mi aspettavo di trovare? Il ragazzo biondo che aveva dichiarato il suo amore per me in diretta nazionale? Quell'assassina di Clove, che se mi avesse trovato mi avrebbe tagliato la gola ancora prima che io potessi dire "cit"? O forse, nella parte più profonda ed irrequieta del mio subconscio, volevo incontrare ancora una volta quegli occhi di ghiaccio, quelle labbra serrate che celavano così tanti misteri? Non era forse vero che avrei voluto sapere tutto di lui, Cato?"
{DEDICATO A JackiLoveCatoniss4ever}
Genere: Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Cato, Katniss Everdeen
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
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OneShot

 

Ci vediamo in finale, allora.





I miei piedi nudi sbattevano contro il pavimento freddo del centro di Addestramento. Era notte fonda, il giorno seguente sarei entrata nell'Arena dei 74esimi Hunger Games, e in quel preciso istante avrei dovuto essere al caldo sotto le lenzuola, nel tentativo - seppur così vano - di chiudere gli occhi e riposare qualche ora.
Ma non avevo sonno.
Non avevo proprio sonno, e continuavo a girovagare lentamente tra i vari appartamenti dei distretti; chi mi aspettavo di trovare? Il ragazzo biondo che aveva dichiarato il suo amore per me in diretta nazionale? Quell'assassina di Clove, che se mi avesse trovato mi avrebbe tagliato la gola ancora prima che io potessi dire "cit"? O forse, nella parte più profonda ed irrequieta del mio subconscio, volevo incontrare ancora una volta quegli occhi di ghiaccio, quelle labbra serrate che celavano così tanti misteri? Non era forse vero che avrei voluto sapere tutto di lui, Cato?
E stranamente non avevo paura che mi uccidesse, che mi tormentasse o che mi malmenasse come avrebbero fatto altri Favoriti, perché avevo letto nei suoi occhi qualcosa di strano, di quasi familiare. Non sapevo cosa fosse, sapevo solo che desideravo rivederlo. Ho sempre odiato vivere tormentata dai dubbi, dalle incertezze; se posso chiarire lo faccio, e quel giorno io avrei provato a scoprire quali segreti celasse Cato Hadley, il tributo del distretto Due.

Un due scritto in grande, su un metallo prezioso che non conoscevo, mi si parò davanti agli occhi, e capii che ero arrivata a destinazione. Alzai un braccio, intenta a bussare, ma mi bloccai con il pugno a mezz'aria. In fondo io non ci avevo mai parlato, non sapevo niente di lui, e lui altrettanto. Perché mai avrei dovuto volerlo vedere?
Sicuramente avrà voluto riposare prima dei Giochi, lui non sarà stato agitato come me, mi avrebbe cacciato e... e la mia mano bussò tre volte sul legno scuro e pregiato del suo appartamento.

Dei passi pesanti... due, tre, quattro. Dovevo scappare, che diavolo ci facevo lì?
...cinque, sei. Perché ci ero andata? Perché non ero ancora scappata? Dovevo andarmene, nel giro di poche ore sarebbe iniziata l'Arena, avrei conosciuto l'inferno, sarei morta.
-Ciao.- La voce bassa, e percepii solo quella, perché non osavo alzare gli occhi. Strinsi le maniche della felpa tra le dita ed incrociai le braccia al petto, mordendomi nervosamente le guance, non sapendo cosa fare, cosa dire.
-Scusami, io...- Balbettai -...io non dovevo venire. Scusa. Scusa, ciao.- Girai sui tacchi e iniziai ad incamminarmi verso l'ascensore, stordita; ma dei passi affrettati mi inseguivano, e presto una mano nerboruta bloccò il mio braccio, costringendomi a voltarmi. Quasi mi faceva male, nell'affondare così le dita nella carne. Forse vuole uccidermi. Pensai, ma non avrebbe avuto alcun senso. Tanto avrebbe potuto tranquillamente farlo a partire dal giorno seguente.

Mi voltai, ed incrociai per la prima volta i suoi occhi; erano d'un azzurro così chiaro da sembrare trasparente, come il ghiaccio che si solidifica sotto la neve; facevano addirittura paura, oltre che inquietudine.
-Cosa vuoi?- Mi domandò con una mezza smorfia, tirandomi verso la sua stanza; avrei voluto strattonare il braccio e scappare, ma non riuscivo a farlo. Non so il perché. Come quando Peeta, pochi giorni prima, aveva detto a Caesar che era innamorato di me; volevo reagire subito, ma ero come bloccata, ogni mio muscolo atrofizzato e la mente avvolta dalla foschia più densa.

Scrollai le spalle come risposta, perché nemmeno io sapevo cosa volessi; da lui, soprattutto. Non volevo scoprire cosa celasse Cato, i suoi segreti? No, non ero più tanto sicura di volerlo, a dire la verità.
-Avanti, siediti sul letto.- Era praticamente un ordine, e per il momento eseguii, decidendo nella mia mente che se mi avesse trattata ancora una volta così, gli avrei risposto per le rime.
-Adesso mi dici cosa ci facevi in giro a quest'ora.- Notai lo sforzo nel voler apparire più dolce, ma il risultato era veramente pietoso.
La domanda mi sorse spontanea, dal fondo della gola, e salì fino alle corde vocali senza che io riuscissi a bloccarla:-Tu mi odi?-
Qualche brevissimo istante di silenzio.
-Oh, certo che ti odio.-
-E perché?- Lo incalzai, ma lui scrollò semplicemente le spalle. Molto probabilmente era perché di lì a poco avrebbe dovuto uccidermi, e credo si debba odiare una persona, per assassinarla.
-Cos'è che odi di me? Io non ti ho fatto niente.- Mormorai, cercando i suoi occhi. Mi sedetti a gambe incrociate, e lui mi imitò, ponendosi assieme a me al centro del materasso.
-Odio molte cose di te.- Questa risposta mi spiazzò. Bello, come inizio di una conversazione!
-Tipo?-
-Tipo il fatto che sei dannatamente bella. E non solo in fiamme, su quel carro, io intendo sempre. Ma dovrò lo stesso ucciderti.- Per un attimo, il mio cuore si fermò, come il mio respiro. -Odio anche il fatto che tu sia di Peeta, e che...-
-Io non sono di Peeta.- Io non ero di nessuno. Io ero del bosco, dell'aria, del vento tra le foglie, delle gocce di rugiada sui petali dei fiori, la mattina all'alba. Io appartenevo ai suoni della foresta, alla sua terra umida, al suo profumo, al canto dei suoi uccelli, delle Ghiandaie. Io non ero di nessuno, se non della libertà intrinseca nel bosco.
-Odio un po' tutto di te, Katniss.- Concluse con un mezzo sorriso, spezzando il filo dei miei pensieri.
-E allora perché mi guardi così?- Gli chiesi quindi, aleggiando con lo sguardo come lui faceva con me: dagli occhi alle labbra, dalle labbra agli occhi. Terribilmente vicino.
-Così come?-
-Così. Come se...- Mi bloccai, con le guance che iniziavano a cuocersi.
-...Come se volessi baciarti?- Concluse per me, e rimasi totalmente spiazzata. Mi allontanai di colpo dal suo viso e lo guardai strano, tentando di decifrare la sua ambiguità.
-Katniss, non spaventarti.-
-Smettila di dirmi cosa devo fare.- Ribattei a testa bassa, orribilmente confusa.
Un sorriso sghembo gli padroneggiava la bocca, e decisi di alzarmi; ma scoprii ben presto che era come se fossi legata al letto con delle manette sui polsi e sulle caviglie, perché non riescivo a muovermi; mi mancava il soffio vitale che attraversasse i miei muscoli, e li spronasse a scappare. O forse, in fondo, non volevo davvero scappare?
-Katniss, io ti odio per il semplice fatto che da domani dovrò ucciderti.- Sussurrò all'improvviso, allungando una mano e attorcigliandosi una mia ciocca di capelli scura tra le dita. Rimasi immobile e, soprattutto, zitta. -Ma se tu lo vuoi...- Mormoró a voce bassissima, avvicinandosi al mio viso. -Solo se tu lo vuoi...- La distanza tra le nostre labbra era millimetrica, percepivo il suo respiro caldo ed avvolgente, mentre una grande mano mi contornava il viso, per sorreggerlo. -...ora posso amarti.-
-Amarmi?- Biascicai, senza fiato né voce.
-Amarti. Voglio amarti, Katniss. Ma solo per una notte.- Mi morsi un labbro, abbassando lo sguardo dai suoi occhi, sin troppo penetranti. -Ci stai?- Sussurrò, sfiorando la punta del mio naso col suo.
Il giorno seguente sarei entrata nell'inferno. Dal giorno seguente, la mia condanna a morte sarebbe stata segnata. Avevo promesso a Prim di vincere, e ci avrei provato, certo. Ma tanto non ce l'avrei fatta, insomma i favoriti avevano dei muscoli mostruosi! ...e lo sguardo mi cadde su un braccio di Cato; era largo come la mia vita... Allungai le dita a sfiorarne i muscoli in tensione, i solchi e i dossi, sfiorando la pelle chiara.
-Katniss...- Fu più un gemito roco che altro, e le sue labbra erano sulle mie. Fu un bacio lento, caldo, bagnato; il mio primo bacio in assoluto. E lui era praticamente uno sconosciuto. Ma perché non avrei dovuto provare queste emozioni, prima di andare al patibolo?
Maledizione, volevo viverla la vita, almeno per quegli istanti in cui ancora ce ne avevo una!

Risposi al bacio, che diventò qualcosa di intenso - forse troppo intenso -, di passionale - forse troppo passionale - , di rude - forse troppo rude; forse un bacio che era semplicemente troppo.
Cato mi stava dando qualcosa che non avrei mai avuto nella vita, mi stava terrorizzando in un modo meraviglioso, e non mi importava se sarebbe durato solo una notte, almeno quella notte la volevo passare bene.
Mi fece sedere sulle sue gambe, e percepii nitidamente la sua eccitazione contro il mio corpo, e una minuscola parte di me ci godette. Ero io a fare quell'effetto? Ero io che gli facevo provare tutto quello?
I suoi baci scesero, più ustionanti di prima, sulla mia mandibola, e lambirono il mio collo come una carezza di velluto. Il mio fiato ansimava, mentre il mio petto si alzava e si abbassava in modo spasmodico, senza sapere il ritmo che doveva seguire, perché persino il tamburellio costante del cuore era diventato qualcosa di informe ed iperagitato.
Le mie mani si chiusero attorno al suo viso, e gli accarezzai la guancia con le labbra, mentre lui scostava la felpa enorme che avevo indosso, per baciare la spalla scoperta; intrecciai le dita tra i suoi capelli biondi e avvicinai ancora di più i nostri toraci, che quasi si scontrarono, mentre i suoi palmi scorrevano sul tessuto ruvido dei miei indumenti, scoprendone i profili. All'improvviso le sue mani premettero attorno alla mia vita stretta, e mi sollevarono dal suo corpo, inducendomi a sdraiarmi.
Appoggiai la schiena sulla testiera di ottone, e cercai il suo sguardo, ritrovandolo così famelico da farmi fremere. -Sta' ferma.- Ringhiò, prendendomi i polsi con una mano e portandomeli sopra la testa, attaccati alla parete. Con le braccia bloccate, non riuscivo a divincolarmi, ma non ero nemmeno certa di volerlo realmente.

I suoi baci risalirono sulla mia bocca, le nostre lingue tornarono assieme, e fu solo quando le sue dita si infiltrarono sotto la mia felpa, che iniziai a tremare davvero. -Che fai?- Gli domandai con la gola che bruciava, senza più saliva, tentando di togliermi dalla sua presa. Nella mia voce c'era ogni nota di paura.
-Stai tranquilla. Calmati, e smettila di scalciare.- Ma non ci riuscivo, non mentre mi mordeva un seno e sentivo il mondo crollare. -Cato...- Dissi lamentosa.
-Sshh, basta.-
-No, Cato, non...-
-Zitta.- Mi tappò la bocca con la mano libera, mentre mi faceva quasi male al seno.
I suoi baci scesero al di sotto del mio ombelico, e solo uno stupido non avrebbe capito le sue intenzioni. -Cato!- Gridai, mordendogli la carne che mi imponeva il silenzio, e liberandomi di almeno quel vincolo. -Basta!- Ansimai, tentando di sbrigliarmi dalle sue grinfie, ma con i polsi bloccati mi era praticamente impossibile.
-Hai detto tu che lo volevi, ora...-
-Ora niente.- Sibilai, strattonando le braccia, ma una sua mano era grande quanto la mia testa, quindi ci faceva volentieri anche due giri attorno ai miei polsi. -Mollami.-
Un bagliore strano gli attraversò gli occhi, illuminati solo dalla luce argentata della luna che entrava dalla finestra. Doveva mollarmi, io non volevo tutto quello, io non volevo andare così oltre, volevo solo non pensare, dimenticare per un momento le atrocità che mi attendevano il giorno seguente, ma non volevo fare così tanto.
Avevo paura. Avrebbe potuto schiacciarmi con il suo peso, se solo lo avesse voluto.
-Perché mi hai fatto capire che lo volevi, se poi vuoi scappare Katniss?-
-Io non volevo questo.-
-Ah no? E cosa volevi scusa? Due bacetti così, come due bambini? Domani andiamo contro la morte, Katniss, con siamo più dei bambinetti!- Alzai gli occhi al cielo, perché non meritava nemmeno una risposta; ragazzo senza valori, senza principi né anima.
-Mi lasci andare o no?-
-Vattene. Vattene via, ho sbagliato.- Finalmente mi molló i polsi, e i miei arti caddero di colpo, quasi flosci, indolenziti, con i polsi che bruciavano. Me li strofinai appena, riabbassandomi la felpa e sistemandomi i capelli. Feci orecchie da mercante, e mi incamminai verso l'uscio.
-Aspetta.- Mi bloccai sulla soglia, con i piedi scalzi che rabbrividivano per il passaggio dalla moquette al marmo.
-Che vuoi?- Voltai appena la testa, e lo guardai con la coda dell'occhio. Lo vidi alzarsi ed avvicinarmisi, con passo agile.
-Emm... Non... non volevo costringerti.-
-Adesso me lo dici? Dopo che mi hai bloccato i polsi alla testiera del letto? Ma cosa sei, bipolare?- Sbottai, ma tenendo la voce bassa, prima che qualcuno ci sentisse. Iniziai ad incamminarmi, a passo anche spedito, ma due mani forti mi presero improvvisamente per le braccia e mi tirarono, facendomi ritrovare con la schiena affondata nel suo petto, e il suo viso tra i miei capelli, come se ne bramasse il profumo.
Mi irrigidii e feci finta di niente, non sapendo in quale altro modo reagire.
-Katniss...- Il mio nome tra le sue labbra era qualcosa di incredibilmente strano; Peeta lo diceva in modo più dolce, Prim lo sussurrava con genuinità, mia madre con durezza, Gale lo diceva come un compagno di caccia, e tutti gli altri non ci mettevano particolari emozioni, era sempre e solo un suono monotono e ripetitivo. Cato invece... Cato sembrava carico di parole non dette, annesse al mio nome.
-Cato, cosa vuoi da me?-
-Sei tu che sei venuta nel mio alloggio, dovrei chiedertelo io.- Ridacchiò contro il mio collo, ed io chiusi gli occhi, abbandonandomi al suo abbraccio da dietro.
-Io non lo so perché sono venuta.-
-Passeresti la notte con me?- Sgranai gli occhi. Ma era mezzo pazzo?!
-Ma... no. Cioè, no...-
-No, non nel senso di prima! Non pensare male, semplicemente passa la notte con me.-
-Solo se mi prometti una cosa.- Mormorai, decidendo di giocarmela a mio favore.
-Dipende. Cosa?- Mi girai tra le sue braccia, trovai i suoi occhi di ghiaccio, e mi ci immersi fino in fondo.
-Cercherai di non uccidermi fino alla fine. Perfavore. Io voglio tornare a casa.- Sbuffò, e ovviamente non era d'accordo. Era pur sempre un Favorito, si era allenato tutta la vita per quei giochi, non avrebbe buttato tutto in vacca per una ragazzina sconosciuta... o quasi.
-Anch'io voglio tornare a casa, Katniss.-
-Lo so! Lo so... io... io sto solo dicendo che dormirò con te sta sera, se nell'Arena non mi ucciderai. Perfavore. Tanto mi ucciderà Clove, Glimmer, o qualcun altro. Ma perfavore, non uccidermi, a meno che tu non sia costretto, perché saremo in finale assieme; ma a quel punto ce la giocheremo.- Almeno così sarei stata al sicuro da un Favorito, e speravo con tutta l'anima che accettasse.
-Katniss, non ti avrei uccisa comunque. Nemmeno al bagno di sangue.-
-Davvero?- Mi venne un groppo al cuore.
-Davvero. Ora puoi dormire con me? o devo implorarti in ginocchio?-
Lo seguii nella sua stanza, e mi richiusi la porta alle spalle. Lo lasciai entrare nel letto sfatto ma, prima di raggiungerlo, gli chiesi:-Quindi non mi odi più?-
-No, io ti odierò sempre.-
Sorrise, e ci rimasi di pietra. -Dai, Katniss, vieni qui, sto scherzando.- Restia, entrai nel letto.
Minuti infiniti di silenzio, mentre affondavo il naso sulla sua maglietta e ne inspiravo il profumo buono e forte.
Poi, di nuovo la sua voce:-Katniss, promettimi che nemmeno tu tenterai di uccidermi.-
-Non ci riuscirei nemmeno. Sei il doppio di me, almeno.- Risposi, facendolo ridere.
-Ma seriamente. Perché se provi ad uccidermi, io sono costretto ad uccidere te.- Un brivido mi percorse, a queste sue parole. -Comunque se arriviamo in finale noi due, dovrai pur uccidermi in qualche modo... no?-
Stetti in silenzio, con gli occhi chiusi e l'anima in subbuglio, avvinghiata ad un corpo che nemmeno conoscevo, ma tranquillizzata dal calore che emanava, seppur estraneo, ma comunque infinitamente familiare.


Mi risvegliai per una voce fastidiosa - forse di un mentore - che annunciava di prepararsi, e realizzai subito che non avrei assolutamente dovuto farmi trovare lì. Sbarrai gli occhi e mi alzai di scatto, quasi schiacciando Cato, ancora in dormiveglia. -Cazzo!- Borbottai, inciampando per scendere dal letto.
-Che hai?- Una voce calda dietro di me, e per poco non mi venne un collasso. Sbuffai, e lo guardai male.
-Oh, calmati.-
-Cato, tra poco saremo nell'Arena, ed io sono qui a cincischiare! ...ah, non puoi capire!- Mi sistemai rapidamente la felpa, e aprii la porta della camera, richiudendola immediatamente, avendo intravisto un'ombra. -Come faccio a tornare nel mio alloggio?- Sibilai, appiattendomi contro la parete, con la maniglia conficcata nel fianco.
-Tra due minuti saranno tutti a fare colazione, ce la puoi fare.- Sorrise sghembo, a pochi centimetri da me, poggiando una mano sulla mia vita. Annuii.
-Posso farlo un'ultima volta, Kat?-
-Eh? Cosa?- E mi ritrovai il suo sapore sulla bocca, il suo profumo sulla lingua, i suoi denti sul mio labbro inferiore. Mi baciò dolcemente, in un modo che non credevo nemmeno gli appartenesse.
-Mi raccomando,- Sussurrai sulle sue guance -Rispetta il patto, Cato. Non uccidermi, fino alla finale.-
Sorrise, e mi baciò di nuovo. Era strano, era caldo, sentii un nuovo fermento nello stomaco.

Tirai la maniglia, e mi immersi fuori, nell'inferno; le nostre dita ancora intrecciate.
E fu con la mano stretta alla mia, che mi sussurrò delle ultime, micidiali parole:-Ci vediamo in finale, allora.-

E l'unica cosa che mi chiesi, fu chi avrebbe ucciso chi, tra noi due.

***

Peeta mi stava indicando una X sulla mano di Cato. Dovevo decidere. O tornavo a casa da sola, o salvavo Peeta. Perché se avessi fatto ciò che più mi premeva - colpire Peeta, salvare Cato -, Cato sarebbe caduto con lui, non sarei riuscita a salvarlo. Poi pensai di colpire Cato in un punto qualsiasi, ma Peeta sarebbe morto con lui... quindi potevo solo colpire dove mi diceva Peeta, e sperare di riuscire a salvare almeno quest'ultimo.

Perché Cato stava agendo così? Perché mi minacciava tramite Peeta? Perché? Era forse geloso? Perché altrimenti avrebbe voluto che io uccidessi anche Peeta, assieme a lui? Forse per assicurarsi che fossi io a vincere.
Ma no. I vincitori potevano essere due dello stesso distretto, lo aveva detto l'annuncio.
Dovevo salvare Peeta.
Dovevo uccidere Cato.
Non lo volevo fare, sapevo che lui non era così sadico, così follemente assetato di sangue come sembrava. Le sue carezze, i suoi baci, nonostante ormai fossero lontani e sormontati da altri baci, ed altre carezze - quelle con Peeta, per le telecamere - , io non riuscivo a dimenticarli. Non riuscivo a cancellare il sapore delle sue labbra sulle mie.

Ma alla fine, piuttosto che perderli entrambi scagliando male la mia freccia, decisi di puntare la mano di Cato, e salvare almeno il mio compagno di distretto.
Una lacrima amara, cattiva, ruvida e corrosiva solcò il mio volto, mentre le grida di Cato mi riempivano i timpani.
Avrei giurato di aver sentito un "Ti prego!" provenire da là sotto, così mi sporsi appena per vedere. Per vedere qualcosa di orribile, ripugnante. Quel corpo che non troppo tempo prima, accarezzavo sotto le mie dita sottili, quel corpo che riusciva ad infondermi pace, in quell'istante era dilaniato dagli ibridi. Non volli nemmeno pensarci: senza guardare, incoccai la freccia, la lanciai al costato di Cato, e finalmente i suoi urli neri terminarono.
Volevo solo piangere, ma sarei apparsa debole, e non era questo ciò che mi serviva.
Non in quel momento, che avevano appena annunciato un cambio di regole, che il vincitore poteva essere soltanto uno, che capii di aver sacrificato Cato per niente. Volevo salvare almeno Peeta, ma di lì a poco sarei stata costretta ad ucciderlo. O mi avrebbe uccisa lui? No, lui mi amava troppo per porre fine alla mia schifosa vita, senza capire che forse mi avrebbe fatto un favore.
Poi, ebbi il lampo di genio.
Tirai fuori le bacche, e contai fino a tre.

Fu questione di pochi istanti, praticamente un nonnulla, prima che io e Peeta venissimo dichiarati entrambi vincitori dei 74esimi Hunger Games.
Esalai un sospiro di sollievo, senza sapere - ingenuamente - cosa mi aspettasse. Avevo ucciso Cato, e lui sarebbe riapparso in ogni mio incubo, assieme a tutte le altre mie vittime.
Avevo sfidato involontariamente Snow, e lui non sarebbe apparso nei miei incubi. No. Lui sarebbe stato il mio incubo.







Note d'Autore...
Vorrei dedicare questa Catoniss alla mia dolce Jacki, che con la sua bella scrittura è stata in grado di farmi shippare come non mai la Catoniss. Inoltre, per lei oggi è un giorno molto speciale. ❤
Grazie dolcezza, ti voglio un gran bene. ❤
Baci xx

   
 
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