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Autore: determamfidd    30/09/2016    2 recensioni
I primi baci di varie coppie di Sansûkh.
Genere: Comico, Fluff, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het, Slash | Personaggi: Bifur, Bombur, Nuovo personaggio, Ori
Note: Traduzione | Avvertimenti: nessuno
- Questa storia fa parte della serie 'Le Appendici di Sansukh'
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La storia potrebbe contenere degli spoiler minori per alcune coppie di Sansûkh. La storia originale può essere trovata qua.

Nanammâ: baciarsi

«Io lo faccio» disse Lóni, e bevve un altro enorme sorso dal suo boccale «Io lo faccio.»

«Come vuoi» disse Gimli, e diede una pacca sulla spalla di Lóni «Potresti volerti pulire la faccia, sei pieno di birra.»

Lóni imprecò e si asciugò la barba con un tovagliolo. «Va meglio?»

Gimli lo fissò. «Hai sistemato il più del danno, aye.»

«Danno?» disse Lóni, allarmato «Gimli, ti prego, dimmi davvero, sono...»

Gimli ghignò e bevve un altro sorso. Non era nemmeno ubriaco, il bastardo. Maledetta la resistenza di tutti i Barbefiamma. «Sei a posto, ragazzo. In tutta la tua bellezza, che non è mai stata molta. Vai allora!»

Perché il suo migliore amico era questo selvaggio? «Sei un vero bastardo» ringhiò Lóni, e bevve un altro sorso. E un altro. «Io lo faccio. Io vado da lui, buona sera Frár, dico, e lo bacio.»

«Certo che lo farai»

«Ha accettato la collana» annuì Lóni «Ha detto che gli piaceva. Io lo faccio.»

«Ti credo» Gimli si mise comodo e sistemò un piede sopra il ginocchio, e iniziò a preparare la sua pipa «Vai, allora.»

Lóni fissò il suo boccale. «Ma se è troppo presto? Non lo conosco tanto bene. Non ho nemmeno deciso una data per la cena, né il ballo.»

«Scusami?»

Lóni alzò lo sguardo.

Frár si abbassò e lo baciò: labbra morbide, asciutte e calde. Un bacio breve, ma che fece tuonare il sangue di Lóni nelle sue orecchie.

«Buonasera, Lóni» disse nella sua profonda, calma, meravigliosa voce.

«Eeeeee io me ne vado allora» disse Gimli, e diede un'altra pacca a Lóni alzandosi «Eccoti qua! L'hai fatto!»

Lóni non lo sentì nemmeno alzarsi.


Hrera guardò la stanza. Era bellissima, ovviamente.

Poteva sentire Thrór (il suo nuovo marito, Thrór figlio di Dáin, Re Sotto la Montagna, il signore di tutto il popolo di Durin e un Longobarbo) che si muoveva nella stanza accanto. Il letto era grande e riccamente decorato, un'alta pila di cuscini e un copriletto completamente decorato.

La porta si aprì, e lei si voltò. Le sue gigantesche rigide gonne cerimoniali si mossero appena dopo di lei, scivolando sui lisci pavimenti di marmo. Erano quasi accecanti da guardare, tanto coperte di gioielli erano.

Il Re la guardò con stanchezza, ancora vestito della sua armatura formale e corona e enorme manto di pelliccia. «Lady Hrera» disse, e chinò la testa «Tutto è di vostro gradimento, spero?»

«Oh, piantala, ti comporti come se non ci fossimo mai incontrati prima» esclamò lei.

Gli occhi di Thrór si illuminarono, e lui fece un piccolo 'ha'. Poi fece spallucce. «La giornata è stata piuttosto formale.»

«Suppongo di sì» lei si guardò attorno «È così che è normalmente?»

Lui si guardò attorno come se vedesse la stanza per la prima volta. «Non ci ho mai fatto attenzione, non da anni. Mi piace l'oro, però, a te no?»

«Intendo tutti quei cuscini» disse lei, e tirò su col naso «Soffocherò! C'è spazio per dei Nani in quel letto?»

Lui parve un po' imbarazzato, e si voltò per giocherellare con il fermaglio del suo mantello. «Mi sento a disagio? Il letto è grande, vedi, e tende ad essere freddo...»

Lei marciò avanti e gli allontanò le mani, slacciandogli il pesante manto rigido e poggiandolo su una sedia. «Ebbene, non è più così. Liberati di... metà, sì, almeno metà. Abbassa la testa.»

Lui chinò il capo ubbidientemente, e lei gli osservò la corona per un momento prima di togliergliela delicatamente dai capelli. «Che cosa orribile. Levati quell'armatura – grande martello di Telphor, chi indossa un'armatura per sposarsi? Longobarbi. Poi vieni e aiutami a uscire da questa prigione di seta che mi impedisce di camminare.»

Le labbra di lui si alzarono, e lui sorrise. Il suo volto severo e segnato dalle preoccupazioni si rilassò, leggermente. «Sì, cara.»

Lei batté le palpebre. «Cara?» Lui non l'aveva mai chiamata così.

«Mmm» Lui le mise una mano sul viso e si sporse in avanti. Si fermò appena prima che le sue labbra toccassero quelle di lei, esitando. Insicuro di nuovo.

«Oh, non osare fermarti lì, Thrór di Erebor» esclamò lei, e lo baciò fermamente.

Quando lui indietreggiò lei disse: «bene, quello sarebbe dovuto succedere molto tempo fa, e sarebbe successo non fosse stato per il tuo esitare. Ora – fuori da quell'armatura!»

Lui stava sorridendo in quel modo dolce e sorpreso iniziando a lottare con le cinghie. Lei stava iniziando a sospettare che a lui piacesse il tuo dirgli cosa fare. «Qualsiasi cosa tu voglia, mia cara.»


«Tieni»

Dwalin alzò lo sguardo dai rapporti. Stavano finendo gli scudi da addestramento. Alcune delle nuove reclute sentivano fosse una questione d'orgoglio farli a pezzi, non importa quanto Dwalin gli abbaiasse contro. Lo scopo era colpire quello dietro lo scudo, non mettere in mostra le tue abilità di taglialegna.

Si strofinò la fronte. Forse stava lavorando troppo.

«Non mangi da nove ore» disse Orla nella sua bassa, severa voce «Ti ho portato del cibo.»

Lui si sentì immediatamente famelico. «Non sentivo il borbottare del mio stomaco sopra il borbottare della mia testa!» disse, e prese il piatto coperto. Odori insoliti ne salirono: le spezie Nerachiave di lei erano qualcosa di misterioso nella Montagna. La sua bocca immediatamente iniziò a salivare. «Orla, potrei baciarti.»

Lei non mosse un muscolo, ma la stanza improvvisamente divenne molto piccola e priva d'aria, e tutti i suoi istinti di guerriero iniziarono a urlare. «No, è un modo di dire» iniziò lui, e alzò la mano «Non devi-»

«Va bene» disse lei rigidamente.

Lui batté le palpebre. «Cosa?»

Il mento di lei si alzò, occhi scuri pieni di sfida. «Baciami.»

Per un momento lui poté solo sedere e fissarla. Robusta e forte e abile, lei era un Nana molto corteggiata. Cosa per Mahal vedeva in un vecchio Nano masticato con solo un occhio buono?

Lei parve indovinare i suoi pensieri, perché l'improvvisa espressione irritata non fu nascosta molto bene. «Baciami» disse, ancora più piano. Pericolosamente.

La bocca di Dwalin si chiuse – non si era nemmeno accorto del momento in cui si era aperta – e si leccò le labbra. Poi si alzò e le cinse cautamente la vita con una mano, e la baciò.

A malapena dovette chinare la testa. Lei era alta quanto lui, e forte quanto lui. Poteva percepire quella forza sotto la mano sulla vita di lei: lo spesso strato di muscoli sulla sua schiena e l'energia nelle braccia che si avvolsero attorno alle sue spalle. Fra loro due, tutta quella abilità, tutti quei muscoli e potenza.

Lei lo baciò così dolcemente.

Lui si tirò indietro, scosso. Chi era lui, perché gli venisse mostrata dolcezza?

Lei gli mise una mano sul collo e baciò la macchia nera e vuota sotto il suo occhio di vetro. «Mi devi un dono» mormorò «Io ho cucinato per te.»

«Non ho ancora mangiato» disse lui, scioccato tanto da non riuscire a pensare.

Le labbra di lei tremarono, e lui improvvisamente desiderò più di ogni altra cosa al mondo vederla sorridere, solo una volta. Come sarebbe stato un sorriso sul quel bellissimo, scuro, inscrutabile viso? «Shelekika hakhd ra targ.»


Risatine.

«Shhh, shhh, ci sentiranno!»

Altre risatine.

«Mmmmm, ohhh Bom, tu... sì...»

«Shhh, Alrís! Bofur è nell'altra stanza!»

Respiri pesanti, dei gemiti, e ancora risatine.

«Aaaaah, Alrís... Ah, ah – shhh, mia dolcezza, abbassa la voce!»

«Bombur, Nano delizioso, tu non hhhhmmmmmm, mi stai molto incoraggiando a... aaaaahhhhh... abbassare la voce quando tu.... aaaah!... fai quello! Oh, fallo sì sì sì Mahal sì...»

BANG BANG BANG

«SE VOI DUE NON LA PIANTATE E MI LASCIATE DORMIRE, IO VENGO E MI METTO A SUONARE IL FLAUTO E VEDIAMO COSA NE PENSATE VOI!»


«Ti piace?» Il Principe Ereditario sembrava piuttosto nervoso.

Bomfrís accettò la faretra con mani tremanti. Era, semplicemente, l'oggetto più bello che lei avesse mai visto in vita sua. «Se mi piace, chiede» disse, sbuffando forte. Poi si mise la mano sul naso. «Ciò era... ignoralo, non l'ho fatto.»

Lui ghignò, e oh, se era bello. Spalle larghe e robuste, capelli neri che ricadevano ovunque lucidi come ali di corvo, quel sorprendente rosso nella sua barba, e quegli accesi occhi blu. «Ti ho sentita» disse piuttosto soddisfatto, e persino la sua voce era bella. Non era per nulla giusto, nella modesta opinione di Bomfrís.

Lei suonava roca come una cornacchia a confronto.

Lui si fece avanti e tracciò le cinghie della spalla della faretra. «Queste mi hanno dato qualche problema, ad essere onesto. Non sono belle come vorrei» disse, guardando cupo le piccole ali di corvo stilizzate che tenevano unite le pelli «Potrei riprovarci, se-»

Lei si strinse la sua bella faretra. «No, stai indietro, tu me l'hai data ed è mia, e non lascerò che tu venga a farmi notare tutti i difetti. È perfetta.»

Lui indietreggiò. «Oh, aye?»

Lei annuì fermamente. «Mia. Non osare.»

Lui fece un largo sorriso allora, come se non si fosse aspettato che a lei piacesse tanto. Era stupido? Lei si stava innamorando di un bell'idiota o qualcosa di simile? Come faceva a non vedere che era il regalo più perfetto che chiunque le avesse mai dato? «Grazie, Bomfrís.»

«Grazie a me?» lei scosse la testa meravigliata «Grazie a te, tu sei quello che l'ha fatta, ed è meravigliosa. È davvero meravigliosa, Thorin.»

Lui si illuminò quando lei disse il suo nome, si illuminò davvero. Era così – così lusingato. Non si metteva mai in mostra. Come poteva un Principe Ereditario della Linea di Durin essere talmente timido?

Beh, lei doveva cambiare questo fatto. Lui era rimasto fin troppo a lungo nell'ombra dei titani.

D'impulso, lei si sporse in avanti e colpì la sua bocca con la propria. La bocca di lui era più morbida di come se l'era aspettata, e il suo respiro era una rapida brezza calda sul suo volto.

Quando lei si allontanò, lui sembrava completamente e totalmente stravolto.

Con le guance in fiamme, lei iniziò a parlare il più rapidamente possibile. «È più corta di quella vecchia che usavo, che è buono perché ora riuscirò a trovare ed estrarre le frecce più rapidamente» disse, e la sua voce le suonava strana e acuta «Sto lavorando con la mia velocità; mostrerò a quell'Elfo altezzoso una cosa o due, ed è importante mostrare agli altri che possiamo resistere ummmmmph-»

Thorin era balzato in avanti come la marea, le mani fra le basette di lei per accarezzarle la mascella, e la sua bocca si incastrò con quella di lei come il coperchio di un barattolo. Lei si bloccò per un momento, goffa e nel panico, e poi lui premette più forte contro la sua bocca, insistente e desideroso.

Beh, lei non poteva lasciare che questo rimanesse senza risposta.

Immediatamente si spinse contro di lui, la sua bocca che praticamente attaccava quella dell'altro. Le sue mani premettero contro la tunica elegante, sentendo il calore di sangue, pelle e tessuti sotto. Lui indietreggiò sorpreso alla mossa improvvisa. «Bomfrís, cosa» iniziò, ma lei fece un suono irritato e gli saltò in braccio. Quello lo fece stare zitto molto in fretta.

Le sue vecchie gonne macchiate ricaddero attorno a loro come un fiore mentre lei gli afferrava la testa e premeva di nuovo le sue labbra contro le proprie. I suoi occhi la osservavano, e lei chiuse i propri per non dover vedere lo sguardo di completa adorazione su quel bel volto.

Sì. Decisamente più morbida di come se l'era aspettata.


Bifur esitò sulla porta, la mano alzata per bussare.

Ori stava borbottando fra sé e sé, strofinandosi un braccio. Era strano che Bifur non avesse mai provato desiderio prima. Aveva pensato di esserne incapace, quando era vissuto.

Era iniziato come amicizia, si disse. Solo amicizia. Erano amici.

Amici intimi.

Sembrava che Bifur fosse uno di quei Nani per i quali il desiderio nasceva solo grazie alla vicinanza.

Ori sembrava infelice, e si lasciò ricadere davanti alla scrivania e giocherellò con la penna per un momento. Poi la rimise giù. Poi la riprese in mano e ci giocherellò di nuovo, il volto sconsolato.

«Stai bene?» Bifur fece un passo nella stanza, e poi si fermò. Anche se Ori aveva passato molte ore a insegnargli e ad aiutarlo a comunicare, non era educato entrare nel laboratorio di un altro Nano senza permesso.

Ori alzò lo sguardo, e sembrò che tutti i suoi muscoli contratti si rilassassero. «Bifur» disse, e c'era vera gratitudine nei suoi occhi «Entra, per favore... sono solo. Non so come faremo a farlo. Un'altra rotazione. Fíli e Kíli hanno bisogno di aiuto, non possono osservare da soli, ma non posso togliere Nori da Erebor al momento e Frís sta già coprendo per Náli che sta guardando Gondor, di nuovo, e Thorin non la smette di sparire a Granburrone ogni tanto. È pazzesco!»

«Shhh, sanmelek» disse Bifur, e si fece avanti per massaggiare il collo di Ori «Vieni con me. Lascia stare per un momento, puoi farlo dopo. Parlerò io con Náli, eh? Mahtabnisi betâs.»

Ori fece un lungo, tremante respiro, e poi lasciò ricadere la testa contro lo stomaco di Bifur. «Sono stanco.»

«Adrân safkitabi 'aimukhurb» mormorò Bifur, e dolcemente fece alzare Ori in piedi e tolse la penna dalle sue mani improvvisamente deboli «Devi dormire.»

«Mi serve una nuova testa, al limite» gemette Ori, e poi appoggiò la testa sulla spalla di Bifur mentre il Nano più vecchio lo portava via dallo studia verso l'unica altra porta, ovviamente la stanza da letto di Ori. «Grazie, Bifur.»

Bifur fece un piccolo suono di dissenso. «No, niente grazie.»

Ori gemette quando vide il letto nell'angolo della stanza. «Oh, mio letto, mi sei mancato tanto. Ciao, letto» Si lasciò ricadere, ancora vestito, di faccia sulla coperta e gemette nel cuscino «Letto.»

«Aye, è un letto» disse Bifur, divertito. Mise una mano sui capelli morbidi di Ori (sentendo l'odore degli inchiostri che mescolava e del fumo del fuoco che bruciava allegramente nel suo studio), accarezzandoli per un momento dolce e tranquillo, e poi disse: «Zann galikh.»

«Mmmm. Rimani qui» mormorò Ori nel cuscino, e poi si girò e lo pregò con lo sguardo.

«Dovresti dormire» disse Bifur, e Ori fece una smorfia.

«Lo so, lo so. Rimani lo stesso. Dormi»

Bifur esitò per un momento, ma alla fine si levò gli stivali e si arrampicò sul letto di fianco al suo intelligente piccolo innamorato. «Solo dormire» disse fermamente.

«Dormire» confermò Ori con voce assonnata, sbadigliando. Si sedette per premere un bacio assente contro l'angolo della bocca di Bifur. «Notte, Bifuruh.»

Si rigirò e si addormentò in secondi.

Bifur ghignò al soffitto per un lungo, lungo tempo prima di riuscire ad appisolarsi.

FINE

   
 
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