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Autore: Dahu    01/10/2016    1 recensioni
Un disertore dell'Astra Militarum arriva nel più malfamato quartiere di Volgarft, su Vostroya.
È in fuga da un'istituzione draconica che consuma gli uomini al suo servizio senza nulla offrire, è in fuga da se stesso, in cerca di una libertà che non potrà mai avere.
Ma non si può fuggire da se stessi, un violento destino è pronto a riprendersi il vecchio soldato, mentre il Lupo trama fra le gelide ombre.
Genere: Avventura, Drammatico, Science-fiction | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Altro personaggio
Note: nessuna | Avvertimenti: Contenuti forti, Tematiche delicate, Violenza
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La neve scendeva pigramente, i fiocchi che si mescolavano alle ceneri delle fabbriche, accumulandosi già sporchi per coprire con il loro lurido manto le strade di Volgarft.
Le alte fiamme che si sprigionavano dalle torri degli altiforni gareggiavano con le luci al neon di squallidi locali nell’illuminare la fredda notte invernale.
Sotto l’unico lampione funzionante di tutta la strada, era ferma un’autopattuglia dell’Adeptus Arbitres, alla quale era appoggiato un giovane che aveva preferito un caldo cappello di lana all’elmetto regolamentare.
-Sigaretta sergente?-
Chiese l’arbitres rivolto ad un collega più anziano, che ostentava un monumentale paio di baffi a manubrio bianchi di neve.
L’uomo grugnì una risposta incomprensibile, mentre gettava un’occhiata svogliata al sedile posteriore dell’auto, sul quale giacevano due caschi da arbitres ed altrettanti fucili a pompa.
-Ehy Valodia-
Borbottò il sergente, troppo piano perché il terzo uomo, al quale si era rivolto, lo potesse sentire.
Questi indossava l’equipaggiamento previsto nella sua interezza e pareva una statua di sale, immobile con il fucile a pompa stretto tra le mani inguantate.
Il sergente sbuffò ed allungò una mano per prendere la sigaretta che il giovane gli porgeva, quindi ne trasse una profonda boccata, prima di avviarsi a passi pesanti verso il collega poco prima interpellato.
-Valodia-
Questa volta il terzo arbitres si voltò impercettibilmente, senza perdere di vista la strada che stava sorvegliando.
-Si sergente?-
La voce del sergente uscì roca, più a causa dell’aria inquinata di Vostroya che non per il vizio del fumo.
-La pianti di fare l’idiota? Levati dalla testa quella bacinella e vieni a fumare con noi che è meglio…-
Valodia scosse la testa.
-Negativo sergente, non siamo autorizzati a togliere il casco durante l’attività di pattuglia, siamo qui per controllare i documenti!-
Il vecchio arbitres si voltò in cerca dell’aiuto del collega, il quale si limitò ad aprire le braccia in un gesto sconsolato, come a dire che non c’era nulla da fare con quella recluta.
-Valodia, sono le tre del mattino e siamo a Grudtal, il peggior quartiere di Volgarft, che è la peggior città di questo schifo di continente, considerato dai vostroyani il buco del deretano del pianeta… E non è che Vostroya sia questa bellezza… Quindi chi credi che voglia andarsene a spasso, sotto questa nevicata poi?!-
-Lui sergente-
Rispose con voce atona l’uomo.
Seguendo lo sguardo di Valodia, il sergente individuò una figura incappucciata che avanzava a passi lenti verso di loro, come se non li avesse visti.
-Starà cercando una ragazza a pagamento, tutti ne avremmo bisogno in una notte come questa… Non fermarlo a meno che non sia una spogliarellista che torna dal lavoro, in quel caso mi faccio carico della perquisizione-
Il giovane arbitres scoppiò a ridere, mentre Valodia non diede segno di aver sentito.
Nel frattempo l’uomo si era avvicinato abbastanza da entrare nella pallida luce del lampione.
Indossava un pesante giaccone verde oliva ed una felpa nera con il cappuccio tirato sul viso, che ne nascondeva i lineamenti.
Da una spalla gli pendeva uno zaino di tipo militare, che appariva piuttosto vuoto.
-Alt! In nome dell’Imperatore!-
Disse Valodia con voce stentorea.
Il sergente imprecò.
Con gesto svogliato gettò il mozzicone mezzo fumato e si voltò verso il nuovo venuto che, come se non avesse udito l’ordine, continuava a camminare.
Valodia fece scattare il sistema d’armamento del fucile a pompa e lo puntò verso l’uomo ringhiando.
-Fermo dove sei! Nel nome dell’Imperatore se fai un altro passo apriremo il fuoco!-
L’uomo si fermò e parlò con una voce fortemente accentata, che ne tradiva la provenienza extra mondo.
-Ma non vi stancate mai di nominare l’Imperatore? Si può sapere che accidenti volete?-
Sentendo una tale reazione il sergente s’irrigidì e portò istintivamente la mano destra alla fondina cosciale, nella quale trovava posto la sua pistola laser.
-Ce l’hai un documento?-
Chiese avvicinandosi al civile, il quale non aveva tolto le mani dalle tasche del giaccone ed appariva perfettamente calmo.
-Secondo te?-
Il sergente serrò i denti; l’impertinenza dello sconosciuto lo irritava, non era così che un cittadino avrebbe dovuto rivolgersi ad un esponente dell’Adeptus Arbitres.
Tuttavia la risposta del fermato era sensata, a Grudtal quasi nessuno aveva un documento d’identità.
-Sei armato?-
L’uomo sollevò lo sguardo, permettendo così al sergente di vedergli il viso.
Era un volto ossuto, incorniciato da una corta barba castana e sfregiato da un’unica lunga cicatrice che partiva dall’occhio sinistro e segnava tutta la guancia, come la scia di una lacrima, idea sottolineata anche dalla fila di peli bianchi che ne indicavano il percorso sotto la barba.
Furono gli occhi a colpire il sergente; due occhi marroni totalmente inespressivi, intensi ma allo stesso tempo distaccati, come se quanto stava accadendo non rivestisse alcuna importanza per l’uomo.
-Ho due mani-
Il sergente masticò amaro, ma si sforzò di non aggredire il civile.
-Cos’hai nello zaino?-
La voce del fermato era tagliente come una lama.
-Un curioso-
Il giovane arbitres imprecò in vostroyano stretto ed impugnò il manganello.
-Adesso gli do io una lezione a questo figlio di…-
Il sergente alzò una mano per interrompere il sottoposto che si stava già facendo avanti verso l’uomo.
C’era qualcosa in quello sguardo che non gli piaceva affatto, forse il lampo di divertimento che vi aveva visto, o forse quella calma innaturale.
Qualunque cosa fosse il turno era quasi finito e lui voleva solo tornare a casa.
-Lasciamolo andare… Per questa volta te la cavi così, ma non farti più vedere in questo quartiere.-
L’uomo si strinse nelle spalle, quasi a sottolineare il suo disinteresse per quanto si era detto e riprese a camminare, sempre seguito dalla canna del fucile a pompa che Valodia non smetteva di puntargli.
Solo quando si fu allontanato di alcune decine di metri il giovane arbitres ruppe il silenzio.
-Sergente ma perché cavolo lo abbiamo lasciato andare?! Quello puzzava come un bagno pubblico!-
Il sergente annuì gravemente.
-Quello puzzava di disertore, mercenario o pazzo, tre categorie con cui non voglio avere nulla a che fare….-
L’uomo con il cappuccio spinse di lato una porta di ferro e si ritrovò in una stanza semibuia, percorsa da raggi di luce verde che illuminavano un paio di belle ragazze in abiti succinti, impegnate in una pole dance.
Il locale era piuttosto frequentato, ma lui individuò un tavolino discosto e fuori vista, proprio accanto alle corte scale che dalla strada permettevano di scendere nella stanza.
Con un sospiro scese i pochi gradini; quanti problemi per riuscire a bersi una dannata birra.
Su Volgarft scendeva la neve.
   
 
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