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Autore: SafeAndSound_    01/10/2016    3 recensioni
Poteva impedire tutto questo, Draco? Forse sì. Forse poteva.
"Perché dovresti impedire la sua tortura? Non sei forse stato torturato anche tu da lei, in tutti questi anni? Non ti ha umiliato? Non ti ha forse fatto innamorare di lei? Non hai forse il cuore straziato anche tu?"
Era diverso. Era un altro tipo di tortura.
Genere: Introspettivo, Malinconico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Draco Malfoy, Hermione Granger | Coppie: Draco/Hermione
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: II guerra magica/Libri 5-7
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Titolo: Amemus et vivemus
Rating: Verde
Genere: Introspettivo, malinconico, sentimentale
Tipo/i di coppia: het
Coppia/e: Draco/Hermione
Pacchetto utilizzato: Primula




Amemus et vivamus



La neve continua a scendere sul tetto di Malfoy Manor, delicata e silenziosa, come tutto ciò che circonda la villa. Niente è fuori posto, tutto è immobile.
Un rumore improvviso rompe il candido silenzio, un botto per terra, come un corpo che cade.
«Non è una scena troppo forte per un bambino, Lucius?» un tono stranamente rassegnato segue quel suono.
«Ma no, cosa vuoi che sia!» la voce che risponde è invece soddisfatta e fiera, «il piccolo Draco diventerà un grande e impavido uomo e servo del Signore».
Si può essere allo stesso tempo uomo e servo? Per Lucius Malfoy la risposta è sicuramente affermativa.
“un uomo fortunato e grato”, aggiungerebbe.
Chissà cosa avrebbe da dire il piccolo Draco, invece, che osserva il corpo inerme a terra con occhi sbarrati e un'espressione confusa dipinta in faccia, le mani incrociate sul petto come a difendersi dal proprio padre... o da quello che sta per accadere.
Lucius guarda suo figlio di soli sette anni che lo guarda a sua volta, gli sorride – è un ghigno, più che altro – e con un colpo di bacchetta risolleva il corpo – era una donna anziana, prima di diventare solo un corpo – risvegliandolo.
Gli occhi vuoti della donna si muovono spaventati da padre a figlio.
«Tocca a te, figliolo» il ghigno ora occupa tutta la faccia di porcellana di Lucius, «cruciala».
Lo dice come si direbbe a un bambino di lanciare la pluffa, come se fosse la cosa più normale e giusta da fare a quell'età.
Draco, stessa faccia di porcellana, leggermente rovinata dalla paura e da quelle che sembrerebbero occhiaie, rimane immobile al suo posto, la bacchetta in tasca che si nasconde.
«Avanti, Draco» stavolta il tono è fermo, gelido, spazientito.
Avanti, Draco, tortura quella che potrebbe essere tua nonna; quasi sicuramente è la nonna di qualcuno. Torturala, rendi tuo padre fiero.
È difficile dire chi sia la vera vittima, se la donna o il bambino.
Sta di fatto che la paura del padre supera l'innocenza, e Draco tira fuori la bacchetta, sussurra un lieve ma deciso «crucio» e la donna, dopo urla e spasmi, cade a terra, e insieme a lei si spenge anche l'infanzia e di conseguenza la purezza di Draco Malfoy.

10 anni dopo, la neve si è trasformata in ghiaccio e si è spostata negli occhi di Draco, e al posto dell'anziana donna c'è una ragazza della sua stessa età, i capelli ricci e gli occhi sperduti, la solita fierezza che sta svanendo.
Hermione Granger.
L'unica cosa rimasta immutata è suo padre, leggermente invecchiato, in piedi davanti a lui, che gli ordina di stare a guardare e, nel caso, di torturarla.
Torturare la Granger.
Torturare Hermione, la ragazza che lo aveva sempre destabilizzato, mandato in confusione, la ragazza che aveva ammirato di nascosto per tutti quegli anni, testarda, coraggiosa, intelligente, e bella, bella, bella, ora era lì, in ginocchio e in lacrime, le labbra serrate e i pugni stretti.
Suo padre le faceva domande a cui pretendeva invano una risposta.
«Per l'ultima volta, Granger, dove si trova il vostro quartier generale?» scandiva ogni sillaba, sibilando quasi, gli occhi ridotti a due fessure.
Lei, la giovane grifondoro, puntava gli occhi a terra e rimaneva in silenzio, facendo aumentare l'ira di Lucius Malfoy.
La domanda fu ripetuta altre volte, accompagnata dall'ormai terribilmente familiare “crucio” e seguita dalle urla strazianti della prigioniera.
Poteva impedire tutto questo, Draco? Forse sì. Forse poteva.
Perché dovresti impedire la sua tortura? Non sei forse stato torturato anche tu da lei, in tutti questi anni? Non ti ha umiliato? Non ti ha forse fatto innamorare di lei? Non hai forse il cuore straziato anche tu?
Era diverso. Era un altro tipo di tortura.
«Draco, uccidila»
L'ordine arrivò all'improvviso, spietato, come la voce con cui era stato dettato.
Il giovane serpeverde – o il giovane mangiamorte? - divenne ancora più pallido del solito, come colpito improvvisamente da una malattia. «Ucciderla, padre?»
L'uomo si limitò a guardarlo truce. Bastava come risposta.
Rimase a bocca aperta per un attimo, i neuroni a fuoco, finché non riuscì a dire, in tono piuttosto pacato, reverente come sempre: «sa cose che potrebbero esserci molto utile, non sarebbe un po'... controproducente?»
Il signor Malfoy ci pensò su per quella che sembrò una vita intera. Una vita di ansia, paura e dolore – non molto dissimile da quella che stava vivendo Draco.
«Hai ragione, ma sarà meglio che si muova a parlare. Riportala nelle segrete.»
Draco deglutì e si avvicinò alla ragazza, arrivando a toccarle un braccio. Da quanto non le stava così vicino? Non ricordava di preciso la situazione, ma ricordava l'odore che emanava, totalmente diverso dalla puzza di sudore e dolore.
«No – Lucius interruppe i suoi pensieri – ci penso io a farla rialzare.»
Con un ghigno sprezzante e il solito incantesimo fece risollevare la prigioniera con una scossa, e le intimò di seguire suo figlio in catene.
Draco si incamminò, controllando più spesso del dovuto se lei lo seguisse – lo vedeva, lei? - e quando non sentì più gli occhi penetranti del padre addosso si mise accanto a lei.
Poté guardarla meglio, purtroppo, forse: i capelli appiccicati alla testa erano sporchi di sangue, e così lo erano anche i polsi stretti dalle catene; le occhiaie le incorniciavano gli occhi vuoti.
Sentì il suo cuore spezzarsi, e temette che il rumore fosse così forte da essere sentito anche da lei – ma lo sentiva, lei?
Era ancora una ragazza, o era solo una prigioniera, ormai?
Non diceva nulla, a malapena respirava.
Hermione. La sua – dio, che violazione delle regole dire che era sua! - Hermione, quella che aveva sempre qualcosa di spregevole da dirgli. C'era ancora, sotto tutta quella sofferenza? La strega più brillante della sua età era ancora lì da qualche parte?
Le domande aumentavano, e così aumentava l'odio per suo padre, per la sua famiglia, per il Signore Oscuro.
Il Signore Oscuro?
È forse un Signore?
No, è un bastardo.
Si fece aprire la cella destinata alla ragazza da un elfo domestico, e gli ordinò di lavarla e portarle qualcosa da mangiare.
La creatura magica sembrò perplessa, ma fece come gli era stato ordinato, e Draco se ne andò, con non poco sforzo.
Ti odia. Se fossi al posto suo, ti lascerebbe morire.
Non è vero. Non è così. Non è come me.
E tu non sei come credi di essere.

Il giorno dopo la tortura si ripeté, ma Hermione cadde più difficilmente. Non disse nulla, e Draco la riportò nella cella, sebbene il padre fosse meno convinto di tenerla viva del giorno prima.
Mentre attraversavano gli immensi corridoi di Malfoy Manor Hermione parlò per la prima volta da quando era stata portata in casa sua, due giorni prima.
«Grazie per quello che hai fatto ieri, Malfoy» marcò il suo cognome come a sottolineare l'assurdità del gesto.
Il giovane fu colto dalla sorpresa, così continuò a camminare in silenzio per ancora qualche momento.
«Come hai fatto a farti catturare, Granger?»
Erano davanti alla sua cella. Lui non si mosse, lei lo guardò accigliata. «Cosa vuol dire, come ho fatto?»
La sua voce era rauca dalle urla, e quella di Draco era spezzata dall'emozione. «Sei veloce, furba, una grande strega. Non mi aspettavo di certo di vedere te, quando hanno detto che avrebbero portato un prigioniero»
Le aveva mai detto qualcosa di simile? Un complimento?
Ma era vero, era stato sorpreso. Sopreso di vederla e sorpreso di non essere egoisticamente felice, perché sapeva cosa avrebbe significato. Era inutile continuare con le offese. Non doveva più difendersi da niente.
Hermione puntò i suoi occhi, con più luce di quanta ce n'era il giorno prima, ma con la stessa stanchezza, in quelli esasperati di lui. Si sorprese delle sue parole, si sorprese del fatto che non fossero più di ghiaccio, si sorprese di sentirsi riscaldata.
Ci pensò il dolore ai polsi a riportarla a terra.
«È successo tutto molto in fretta, ho dei ricordi molto sfocati. Soprattutto dopo le recenti torture». Spostò lo sguardo sulle sbarre che la stavano aspettando.
Draco deglutì, e stava per ordinare all'elfo che intanto aveva aperto la cella di portarle da mangiare, quando sentì la voce di suo padre richiamarlo dalle scale, e poi dei passi scendere.
Scappò subito, perché era questo che sapeva fare meglio, il giovane Malfoy, l'uomo e servo del Signore di cui suo padre si vantava così tanto.


Quella notte sembrava infinita. Sebbene tutto fosse silenzioso, i pensieri nella testa di Draco erano abbastanza forti da assordarlo.
Hermione non aveva mangiato, e la mattina seguente sarebbe stata torturata di nuovo, e probabilmente suo padre si sarebbe spinto oltre.
Non poteva permetterlo, non poteva assolutamente.
Col cuore che scoppiava e con un incantesimo silenziatore uscì dalla sua stanza e si diresse nelle segrete della casa che aveva imparato a odiare.
Stando attento a non commettere errori, pietrificò le guardie e scese.
La luce della sua bacchetta spaventò Hermione che non lo aveva sentito arrivare e che ovviamente non dormiva. Stava sdraiata per terra, le mani incatenate sul petto e la faccia rigata dalle lacrime.
Non l'aveva mai vista piangere, prima di quei giorni.
Si era sempre chiesto come sarebbe stato vederla vulnerabile e sopraffatta dai sentimenti, e ora che lo sapeva desiderava non vederla mai più in quello stato. Di nuovo sentì il cuore spezzarsi.
«Che c'è?» a malapena sentì la sua voce.
Si rese conto che non aveva nessuna scusa pronta, e poi si disse che era inutile continuare con le scuse.
«Oggi non hai mangiato nulla»
Si avvicinò ancora di più alla cella, fino a toccare le sbarre con le dita bianche e delicate. Hermione cercò di alzarsi in piedi, fallendo più di una volta, così che alla fine rinunciò, si accasciò di nuovo per terra e cominciò a singhiozzare. Non importava più nulla nemmeno a lei. Quello che era stato prima della guerra non era più.
«Devi andare via di qui, Hermione»
L'aveva chiamata per nome, e a entrambi sembrò che le sbarre non ci fossero più. Ma c'erano, e mentre Hermione diceva che non riusciva a trovare un modo per scappare, Draco si chiese se lei avesse mai provato quello che provava lui, o se ci fosse andata vicino almeno una volta.
«Se non ci fossero così tante guardie sia davanti al portone che fuori...»
Hermione si chiedeva se potesse fidarsi di lui, Draco si chiedeva se si sarebbe innamorato di lei anche se lei non gli avesse dato del filo da torcere per tutti quegli anni, e mentre lei cedeva e decideva di fidarsi, lui constatava che gli sarebbero bastati anche due minuti.
«Cercherò di trovare un modo», le disse alla fine.
«Perché mi stai aiutando?»
«Perché ti stai fidando?»


Quel mercoledì varie voci provenivano dalla cucina di Malfoy Manor.
Quella di Lucius, spaventata e piena di rispetto, quella di Narcissa, più spaventata e meno reverente di quella del marito, quella di un terzo uomo e quella sibilante e crudele del Signore Oscuro.
«Sarà meglio che tu riceva delle informazioni in fretta, caro Lucius – disse, anzi, sibilò, Voldemort, - o lo considererò un tuo fallimento. Di nuovo.»
«Vedrà che saprò qualcosa oggi stesso, mio Signore» balbettò Lucius, guardando la moglie che manteneva lo sguardo fisso a terra, e poi riprendendo il controllo della sua voce, disse: «altrimenti la ucciderò»
Il suo Padrone incrociò le mani, non smettendo di osservarlo.
«Certo, per loro sarebbe una grande perdita, ma lo sarebbe anche per noi, non trovi?», poi, addolcendo falsamente il tono: «entra pure, mio caro Draco, non vedo perché nascondersi dietro la porta».
Il giovane entrò, sapendo che fosse inutile scappare, con un leggero rossore sulle guance.
«Stavi forse origliando, signorino Malfoy?»
«No, assolutamente. Stavo per – «No, assolutamente, Signore» – lo corresse freddamente Voldemort, al che Draco arrossì ancora di più e si corresse subito, pentito di essersi fatto scoprire nella sua infedeltà – stavo per entrare, quando ho sentito delle voci e ho pensato che fosse meglio non disturbare.»
Voldemort annuì, toccandosi il mento con le dita lunghe e verdognole, mostruose, colpevoli di chissà quante morti e ferite.
«Adesso andate a prendere la prigioniera, e vedete di farla parlare».

Quando Hermione fu portata nella sala e vide che era presente anche Lord Voldemort, arrossì. Ma non di timore, bensì di rabbia.
Il colpevole di tutto. Della guerra, dei morti, del suo dolore, del destino di Draco.
Lo guardò dritto negli occhi, recuperando la sua fierezza.
Non sarebbe morta da debole.
«Signorina Granger, - cominciò Lucius, - la prego di porre fine alla sua tortura e di dirci dove si trova il quartier generale dell'Esercito di Silente».
Hermione rimase in silenzio, puntando lo sguardo fisso e deciso in un punto impreciso sotto gli occhi di tutti i presenti.
Tutti la scrutavano allo stesso modo, sprezzanti, in attesa, crudeli.
Tutti tranne gli occhi di Draco; i suoi occhi la proteggevano.
Tra i presenti si fece avanti Bellatrix Lestrange, che si mise di fronte a Hermione, ripetendo la domanda con un ghigno crudele, aspettando ovviamente che non rispondesse per poter cominciare con le maledizioni.
Draco deglutì, esasperato, desiderando che qualcuno lo portasse via da lì, che li portasse via tutti, via tutti da quella casa, da quel pianeta, via Voldemort, via la guerra, via i pregiudizi e i desideri di suo padre, via l'orgoglio, via il dolore di Hermione, via tutti da tutto, tutto da tutto.
Hermione fu colpita dalla maledizione cruciatus, urlò, cadde a terra contorcendosi, ma poi si rialzò, e allora Draco desiderò che sua madre si mettesse tra lui e gli altri, come dieci anni prima, dicendo che quella scena era troppo forte per qualunque essere umano con un minimo di umanità, e poi si insultò mentalmente, si disse che era l'essere più debole e inutile presente nel mondo magico e non solo, forse anche nel mondo dei babbani e nel mondo in generale, e decise di fare qualcosa per cambiare le cose, per una volta nella vita.
«Provo io» disse con voce ferma e pacata, ma che non ammetteva repliche. Prese il posto di sua zia con modi spaventosamente calmi ed eleganti, e tirò fuori dalla tasca la sua bacchetta, puntandola contro il corpo della ragazza che amava, che lo guardava confusa e spaventata, tradita, pentita e sorpresa al tempo stesso, talmente concentrata a capire cosa volesse fare che aveva messo l'orgoglio da parte.
Sarà lui a ucciderti. E non per la prima volta.
«Ripeto la domanda, Granger, e sarà la tua ultima possibilità – il tono freddo a contrasto con gli occhi che ardevano, - se non risponderai, te ne andrai. - seguì una breve pausa in cui la guardò con uno sguardo che diceva che avrebbe fatto tutto tranne ucciderla, cercando di farle capire, - Dove si trova il vostro quartier generale?»
Aspettò qualche secondo, e poi, cercando di farsi vedere e sentire solo da lei – che ora lo vedeva, lo sentiva e lo capiva – sussurrò: «ora».
Nel giro di qualche secondo puntò la bacchetta verso il soffitto, verso le catene di Hermione spezzandole, fece partire qualche esplosione, e nella confusione che seguì si concentrò solo sull'assicurarsi che Hermione uscisse dal portone della sua villa che ora non odiava nemmeno più, e poi cadde a terra, il dolore alla testa dovuto ai colpi ricevuti che aveva avuto la meglio sulla soddisfazione.


La neve cade silenziosa sul tetto e sulle strade che circondano Malfoy Manor, che però non sembra più la solita fortezza di un tempo, i muri che la difendevano sono spariti e sembra aver perso la solita aria grottesca che aveva, emanando un'insolita aria di armonia.
All'interno, in una delle stanze principali, dove cinque anni prima si era sentito imprigionato, Draco si sveglia di soprassalto, sudato e tremolante, e fa per prendere la bacchetta quando una mano, morbida e liscia, gli prende la sua.
«Tutto bene, Draco?»
Riconosce la voce, e, girandosi, riconosce anche l'ombra gonfia dei suoi capelli e il luccichio degli occhi.
«Hermione.»
È quasi una domanda, in realtà; si mette a sedere stropicciandosi gli occhi, ancora incredulo.
«Un altro incubo?»
Hermione avvicina il suo viso al suo per poi accarezzargli la guancia. Draco sospira al tocco, cominciando a riprendersi da quello stato di confusione.
Annuisce, «ogni volta è come riviverlo».
Stavolta è Hermione a sospirare; non dice nulla, si appoggia ancora di più a lui, cingendogli la vita con le braccia, e così rimangono, in silenzio e abbracciati, consapevoli che, da quel giorno, sia i loro incubi che i loro sogni, come loro, si davano la mano.

  
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