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Autore: WhiteOphelia    02/10/2016    0 recensioni
La foresta di Divjakës* era buia e fredda[...] La luce filtrava leggera dalle alte chiome scure, la nebbia sottile che le circondava le vesti alle caviglie così simile a quella fine nebulosa che sembrava sempiterna nel cuore della Foresta Proibita, ad Hogwarts, ed Helena ricordava quanto magica fosse la natura e quanto le mancasse il profumo di casa.
Il suo crimine, però, restava commesso, ed imperdonabile; la sua casa un ricordo da tenere segreto nel cuore, una memoria da rivedere nei giorni bui e freddi, come quello che l'abbracciava al momento.
Genere: Drammatico, Introspettivo, Malinconico | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Barone Sanguinario, Helena Corvonero
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Dai Fondatori alla I guerra
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Of White, and Grey, and Blood


[...]Passa, fantasma bianco, sul lungo fiume nero;
Da mille anni e più la sua dolce follia
Mormora una romanza al vento della sera.

- Ophélie, Arthur Rimbaud
 

 

Dama Grigia, la chiamavano.
Donna senza nome, né identità.
Fantasma silenzioso.
Pallida giovane dai lunghi capelli corvini, macchia notturna che si scaglia densa su pelle di luna e fini e seriche vesti che d'argento tingono ogni suo passo.
Helena, il suo vero nome. Corvonero, la sua casa. Invidia, la sua vergogna.
Amore, la sua maledizione.
Sangue, il suo destino.

 

La foresta di Divjakës* era buia e fredda. L'aria gelida che soffiava dal mare in quel novembre di ghiaccio aveva posato un velo di luna sulle alte punte dei fitti alberi che chiudevano alla vista il rifugio silenzioso nel quale aveva trovato asilo da poco meno di due lune.
La luce filtrava leggera dalle alte chiome scure, la nebbia sottile che le circondava le vesti alle caviglie così simile a quella fine nebulosa che sembrava sempiterna nel cuore della Foresta Proibita, ad Hogwarts, ed Helena ricordava quanto magica fosse la natura e quanto le mancasse il profumo di casa.
Il suo crimine, però, restava commesso, ed imperdonabile; la sua casa un ricordo da tenere segreto nel cuore, una memoria da rivedere nei giorni bui e freddi, come quello che l'abbracciava al momento.
Il Diadema era leggero, nella sua mano sinistra.
Guardava quelle pietre risplendere, Helena, e pensava al dolore che alla propria madre aveva inflitto, tutto per gelosia.
Lo zaffiro in centro, quella splendida pietra blu dalle mille luci, rifletteva il colore degli occhi della stessa Helena, e come quei occhi, nei suoi abissi più profondi vi si trovava solo tristezza - e solitudine.
Fu il rumore di un ramo spezzato a risvegliare Helena dai suoi tristi pensieri.
Un ramo, il crack del legno a risuonare nelle vuote mura di pietra che davano vita al piccolo cottage, divenuto la sua casa negli ultimi tempi, a ridestare la giovane e, con lei, anche la paura che qualcuno l'avesse trovata, mandata dalla madre o dalle autorità per il furto commesso.
Veloce, prese il pesante mantello appeso al retro della porta d'ingresso; infilò svelta il pesante drappeggio, prese veloce la sua bacchetta e strinse nella sua mano il diadema, prima di uscire lesta dalla piccola finestra che dava sulla parte più fitta della foresta.
Corse veloce, minuti interminabili, fino a quando il profilo del suo rifugio non venne mangiato dalle fronde cospicue degli alberi, quegli alti fusti sempre più fitti, man mano il cuore della foresta veniva rivelato.
Le scarpe argentee volavano veloci sull'erba ormai spenta, il terreno in quella parte della foresta era secco a causa degli alberi, troppo fitti per far entrare anche solo un po' di umidità.
Il buio era ormai accecante ed Helena dovette fermarsi a causa di mancata visibilità.
Ponderò sull'utilizzare la sua bacchetta, sul richiamare il proprio Patronus e farsi fare strada od utilizzare un Lumos, ma la luce, seppur tenuta al minimo, sarebbe stata troppo intensa nel buio tanto fitto, un faro luminoso in quella foresta oscura.
A tentoni riuscì a trovare un tronco riverso, sul quale si sedette per riprendere fiato.
Il silenzio inquietante della foresta sembrava quasi risucchiare la vita stessa della giovane Helena, il suono angoscioso del nulla sembrava congelare l'aria ancor di più, così come il sangue che scorreva veloce nelle vene della Corvonero.
Il silenzio era così assordante che il rumore stesso dei suoi respiri stava, piano, piano, facendo impazzire la giovane.
Fu una piccola luce, fascio inconspicuo se non fosse per il buio assoluto, a far alzare di scatto la ragazza, frenesia a scivolare sulla sua lattea pelle mentre cercava un nascondiglio per il diadema. E proprio quando la luce sembrava averla quasi toccata, un'incurvatura, un piccolo vuoto, all'interno di un grosso tronco trovò spazio fra le sua mani tremanti.
Rapida, Helena vi nascose il diadema, per poi spostarsi veloce, incurante delle tenebre che risucchiavano tutto il suo corpo.
Passarono pochi attimi infiniti, prima che Helena venisse abbagliata dalla punta di una bacchetta, ed il viso del suo persecutore venisse alla luce.
«Sir Waldo*, che strana coincidenza trovarla qui, in Albania. Viaggio per affari?»
Le parole della giovane erano dolci e pacate, sebbene il leggero tremore ne svelava, al contrario, il trepidare di colei che le pronunciava.
Sir Waldo guardava Helena con occhi altezzosi e pretenziosi.
La sua voce rispose con tono condiscendente, come se la persona con cui stesse parlando fosse un bambino capriccioso e non in grado di comprendere l'intelligenza e superiorità di colui che gli stava di fronte.
«Nay, Miss Helena. Son qui per ritirar la vostra persona e riportarla al cospetto della vostra creatrice, su suo stesso ordine.»
Helena, che fino a quel momento aveva cercato di apparire dimessa, alzò il mento e lo sguardo le s'infuocò.
Come osava, questo pomposo, manigoldo e vile infingardo!
Sir Waldo notò il cambiamento nelle fattezze della donna a lui di fronte ma, convinto nei suoi ideali e valori, gonfiò il petto e guardo alla donna dall'alto in basso, cercando di farle capire chi fosse a comandare.
«Sono rammaricata nel venir a conoscenza di tale incombenza, ma i vostri servigi, Sir Waldo, non saranno necessari. E volete conoscerne il motivo?» chiese esageratamente dolce Helena.
L'uomo, convinto nel suo essere giusto, alzò un sopracciglio a mo' di risposta, dando il suo assenso.
Lo sguardo di Helena s'indurì e la sua voce divenne fredda a cattiva.
«Perché non ho nessuna intenzione di essere scortata da alcuna parte con voi, né di trascorrere alcun tempo nella presenza di un pomposo manigoldo e lestofante quale voi siate. Ora, se vogliate scusarmi.» e, finito il piccolo monologo, Helena alzò le sue gonne e girò sui suoi tacchi, pronta a tornare al suo cottage.
Peccato, però, che la giovane non riuscì a fare nemmeno due passi prima che una grossa mano troppo calda le si chiuse dolorosamente attorno ad un braccio.
«Voi verrete con me, Miss Helena, con le buone o con le cattive. Vostra madre vi vuole a casa, dove io la convincerò a lasciarvi sposare col sottoscritto, in un atto di totale benevolenza verso la vostra ingrata persona.» sputò l'uomo rabbioso.
Helena, però, non si fece scoraggiare.
Con la rabbia ad alimentare il suo coraggio, la giovane Corvonero strattonò il proprio braccio e si girò verso l'uomo, pronta a dirgliene quattro.
«Voi siete il più abbietto, villano, miserabile, vile pusillanime che io abbia mai avuto il dispiacere d'incontrare. Credete d'esser tanto astuto ed intelligente, ma le vostre virtù non son nemmeno degne d'esser chiamate tali! Siete goffo, rozzo ed ignorante. Credete d'aver tutta la conoscenza di questa terra, ma non riuscite a distinguere nemmeno ciò che è giusto da ciò che è sbagliato. Siete un mostro miserabile, e se davvero pensate che io mi possa anche solo sporcare con la vostra presenza, allora siete anche un giullare. L'invidia che provate verso la libertà che ho ricevuto, vi rende ancora più triste e pietoso di ciò che siete usualmente. Voi, caro Sir Waldo, siete solo un mentecatto, abominevole rifiuto di una società che credete ai vostri piedi ma che, di fatto, non fa altro che prendersi gioco di voi e delle vostre maniere condiscendenti e della vostra mente ottusa. Io non vi sposerò mai. Mai. Come vi rifiutai in passato, vi rifiuto ancora oggi, perché nessuna donna dovrebbe essere costretta a subire la vostra crudeltà, nemmeno la più facile di costumi.» il fiato le usciva corto ed in piccoli rivoli grigi nell'aria fredda di quella notte, ma Helena, così presa dalla sua passionale filippica, non si accorse del tremore delle mari dell'uomo a lei di fronte, così come non si accorse del pugnale che veloce si scagliò contro il suo petto, una, due, tre volte.
La forza con cui l'uomo si avventò sul fragile corpo era devastante: Helena cadde a terra, sangue scarlatto a colarle dalle pallide labbra, vesti argentee ad imbrattarsi del colore della vita, e della morte.
«Voi, sciocca ragazzina dalla lingua troppa lunga, come osate! Come osate insultar con volgare lemma la mia persona! Ingiuriare, oltraggiare e vilipendere me, Sir Waldo di Galles, uomo più colto e raffinato di tutte le corti inglesi! Me, uomo d'intelletto, bontà e generosità! Voi, o sciocca furfante, avreste fatto bene a cedere alle mie richieste. Cosa di più volete, villana! Una donna ha il proprio posto dietro al proprio consorte, anzi, no, ai suoi piedi! Prostrate ai piedi del superiore uomo!» la pazzia stava offuscando lo sguardo ed il raziocinio del moro che, senza nemmeno accorgersene, aveva continuato a pugnalare ormai il corpo senza vita di Helena che, stesa sull'erba scusa, sembrava galleggiare in una pozza d'acqua scura e calda, dall'odore metallico ed il sapore di rimorso.
Fu solo un bagliore, la luna ad oltrepassare fugace e per solo un attimo, l'alta coltre di natura che diede all'uomo il bagliori di coscienza che lo fece fermare.
Quello zaffiro - blu, come gli occhi di Helena - incastonato nel pugnale che ancora brandito nella sua mano insanguinata, rifletteva la luce di una luna quasi spenta, solo una falce visibile, affacciatasi lesta per un attimo fulmineo, prima di sparire nuovamente dietro le fronde, alte, scure e minacciose, e far ripiombare la piccola radura di nuovo nel buio ed in quel fascio di luce che la bacchetta di noce, a terra, stagliava contro la figura bianca ed immobile della donna che amava.
Un bagliore, un luccichio veloce, e Sir Waldo perse la presa sull'abbagliante stiletto, arma di morte che aveva portato il Cupo Mietitore al suo cospetto e che, con dita scheletriche, aveva portato via la bella Helena dalle sua mani di sangue.
Quella luna, pallida e quasi scomparsa, quella notte vite due vite perdere il respiro in quella scura foresta.
Una accanto all'altra, le due figure si toccavano le mani, come mai avevano fatto in vita.
Solo la morte sembrava averle unite, e l'aldilà le avrebbe nuovamente divise, con catene a ricordare il delitto compiuto, e tristezza e rammarico ad invadere il cuore.

 


 

*Parco Nazionale Pishat e Divjakës (albanese: Parku Kombëtar Pishat e Divjakës)
Non-canon
Non avendo informazioni ufficiali relative alla foresta nella quale Helena si rifugia, ho deciso di utilizzare parte di quello che oggi è un famoso Parco Nazionale albanese.
*Sir Waldo è il nome dato al Barone Sanguinario nella versione Gallese.
Il feudalesimo - e quindi i vari titoli feudali come quello di Barone - non vengono introdotti in Inghilterra e nelle sue isole prima del 1066. Calcolando che i fatti narrati siano in linea temporale avvenuti tra il X e l'XI secolo - la data di morte del Barone ed Helena è riportata solo con XI secolo, quindi abbiamo un arco temporale che va dal 1001 al 1100, e dove 1066 prende circa due terzi dell'arco stesso, rendendo le probabilità che il Barone avesse ottenuto tale titolo di una su tre, con una probabilità maggiore, dunque, del caso contrario - non si sa se il titolo Barone fosse appropriato o meno. Per questo ho preferito restare sul sicuro utilizzando il termine Sir.

   
 
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