Storie originali > Fantasy
Segui la storia  |       
Autore: Ayduin    03/10/2016    0 recensioni
I Draghi si sono ormai estinti e con essi la loro Dinastia, di cui Veer e suo figlio Arian sono gli unici eredi ancora in vita. Pensavano di aver trovato rifugio da se stessi, dalla propria identità, una volta dispersi nel globo terrestre, lontani dai giochi di potere, inganno e passione che si sono sempre svolti nei retroscena di corte. Eppure la Shàkbara non si è estinta, l'antica energia dell'universo li reclama, la loro stessa terra d'origine pare attrarli a sè con un legame indissolubile, e quando un giorno Vissia entra in contatto con essa per errore, non avranno altra scelta se non quella di affrontare un passato più presente che mai. Ma dietro le apparenze maggiormente innocue si celano grandi segreti e non sarà sufficiente essere abili nella guerra, scaltri nelle azioni e fedeli ai propri ideali per sopravvivere. Una tempesta si sta addensando grave e nera sul cuore di ciascuno, e nessuno è così fortunato da esserne al sicuro.
Genere: Drammatico, Fantasy, Introspettivo | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna, Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
 <<    >>
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
Thora Koshra era un dedalo di porte e corridoi che si dipanavano identici tra loro, un luogo in cui perdersi fisicamente e mentalmente nei propri deliri. Veer stava vagando seguendo solo il proprio istinto, inconscio di dove fosse realmente diretto, le gambe si muovevano come animate da volontà propria, inciampando esclusivamente nella sua renitenza mentale nel proseguire oltre ogni varco che già aveva superato. Si sentiva stanco, confuso e frustrato, in preda ad una lotta interiore tra presente e passato che pareva restia a concedere un vincitore ed un vinto. Lo stava lentamente stremando, prosciugandogli anche la forza di rimanere in piedi, in poco tempo sarebbe crollato a terra e lì rimasto fintanto che qualcuno non fosse giunto a richiamarlo dai propri incubi. Il dolore lancinante della carne viva esposta all'aria stava allentando la propria morsa, ma nella sua testa si stava addensando una foschia che lo stordiva ancora di più della sofferenza fisica. I rimpianti seppelliti in tumuli di pietra si stavano risvegliando dal proprio sonno per trascinarlo in una voragine di perdizione, i ricordi s'ammassavano pesanti sulla sua schiena, piegandola. Avrebbe preferito rimanere dov'era rimasto per cinque anni, rinunciando per sempre alla propria natura, avrebbe sacrificato tutto pur di non dover fare i conti con quello che aveva commesso, con quello che era successo per colpa della propria avida ingordigia e cieca rabbia. Preferiva essere un codardo piuttosto che un idiota come era stato. Raccolse la propria testa fra le mani e si tirò indietro i capelli sudati che si erano appiccicati sul volto, alzò lo sguardo e la vide davanti a sé, nella penombra delle fiaccole che si erano andate via via diradando mentre si immergeva nelle viscere della fortezza. Una comune porta di legno dietro cui si nascondeva uno dei tanti segreti della sua gioventù dannata. Non poteva essere altri che quella porta, i leggeri segni incisi sulla superficie molle dell'albero morto erano troppo evidenti perchè si stesse sbagliando, pur nella sua labile lucidità. Si accostò ad essa, calcandone la ruvidità con i polpastrelli ed annusandone l'acre odore di marcio che si spandeva nelle vicinanze. Era vecchia, quella porta, estremamente vecchia e l'umidità elevata della parte più sotterranea del castello non l'aveva risparmiata, si era fatta spezzabile con un calcio ed ammuffita, inadatta a rimanere la custode delle sue azioni. Volle ugualmente aprirla e con una spinta fu spalancata: Maitreya non si era nemmeno preso il disturbo di chiuderla a chiave, sarebbe stato inutile serrare una stanza vuota. Ed era vero, le pareti di scura pietra, viscide, erano spoglie e prive di grazia, non raccontavano la storia che avevano visto e vissuto, esattamente come il pavimento, colorato da pochi steli di paglia che parlavano di una menzogna. Quel luogo poteva facilmente essere scambiato per un deposito ormai in disuso, una stanza innocua, seppur solo all'apparenza. Veer chiuse la porta alle proprie spalle e si sedette a terra, in attesa di riacquisire il senno momentaneamente perduto, ed immaginò come si sarebbe sentito se fosse stato lui costretto in quelle quattro anguste mura, anno dopo anno, con le ultime memorie del mondo esterno macchiate di morte. Si sentì un verme a non aver avuto la pietà di ammazzarlo, quel povero diavolo, ma di aver seguito il volere di Maitreya, riducendolo alla stregua di un pezzo del mobilio. Tutto per sete di vendetta nemmeno personale. Fu sul punto di piangere quando una figura s'intromise nella sua disperazione, ironicamente bussando sul legno con le nocche. Attese che entrasse, senza rispondere, convinto che si trattasse di Arian o Vissia che, vedendolo fuori di sé, l'aveva seguito. Invece fu la serva fidata di Maitreya a fare capolino dall'entrata, una donna buona e di poche parole, riverente e ben disposta ad obbedire. Chinò leggermente il capo, forse accennando un sorriso, ma il buio era troppo fitto per dirlo con certezza e la mancanza di fessure che dessero all'esterno complicava la vista già intralciata dall'illuminazione scarsa.
« Mi è stato detto di seguirvi. L'ho fatto e se lo desiderate posso lasciarvi solo, ora. » disse, la voce impastata dall'età avanzata.
Veer la ringraziò e con un cenno della mano la congedò dal suo compito, ritrovandosi nuovamente in totale solitudine a naufragare tra le proprie pene ma, perlomeno, non aveva versato una singola lacrima.



« Dov'è lui? » Aveva trascorso le ultime ore in completo silenzio, l'unico suono udibile era stato quello della propria anima che va in frantumi, un suono secco come cocci di bottiglia che cozzano col pavimento. L'aveva tormentato, insieme alle proprie memorie. Era riuscito a tornare in piedi dopo un tempo indefinito, in cui anche respirare gli aveva provocato spasimi di sofferenza, solo grazie al desiderio di appianare i propri dissidi e per farlo era stato costretto ad alzarsi e trovare Maitreya.
« Lui chi? » stava guardando le pagine ingiallite di un tomo dall'aria importante, seduto alla scrivania della sua stanza. Non era immerso nella lettura, l'aveva capito, stava cercando un modo per non guardarlo negli occhi.
« Lo sai chi, Maitreya. » gli chiuse il libro senza badare della sua reazione, voleva vederlo in faccia mentre trattavano di un argomento così delicato, vedere se fosse ancora capace di provare un qualsiasi sentimento verso il prossimo.
« Ho avuto un colloquio con Mihir. » sviò, tirando indietro la sedia e dirigendosi verso uno scaffale colmo di volumi per sistemare quello che aveva tra le mani.
« Non ignorare ciò che dico. »
« Dice di essere certo che i canali siano ben sigillati. » Trovò uno spazio sufficientemente largo per sistemarlo e con un piccolo sforzo lo inserì, completando la piccola e ben fornita libreria che adornava la stanza, donandole un aspetto più elegante.
« Maitreya dove diamine è lui? »
« Evidentemente quella ragazza l'hai voluta tu qui. » gli rivolse un sorriso sardonico e tornò a sedersi, incrociando le gambe.
« Rispondi! » urlò, noncurante se qualcuno potesse sentirlo. Aveva i nervi a pezzi, non controllava più né cosa dicesse né cosa facesse, l'ultima cosa che voleva prima di affondare in un materasso qualsiasi, era vederlo. Sapere se fosse ancora vivo o la pietà l'avesse graziato, scusarsi per ciò che gli aveva fatto.
« E' morto, l'ho ucciso con le mie stesse mani. Oh quanto è stato piacevole vedere la vita lasciare quel dannato corpo, scrutare quegli occhi maledetti spegnersi. Non ho mai provato nulla di più gratificante dell'ammazzarlo, nemmeno torturarlo mi ha mai dato tanta soddisfazione. » alzò un palmo e glielo mostrò « Vuoi piangerci sopra? » rise per davvero, di gusto, vedendo l'espressione dipintasi in viso a Veer.
« Non è vero. » scansò malamente la provocazione di Maitreya e si allontanò fino a toccare il muro della parete con le spalle, cosicché non potesse cadere, nemmeno qualora avesse perso anche il briciolo di ragione che ancora lo sosteneva.
« Già, ma vorrei averlo fatto. » si ricompose, anche se un sogghigno beffardo gli increspava ancora le labbra. Assaporava la disperazione altrui come un nettare, traendone un beneficio indescrivibile, il suo umore migliorava improvvisamente perchè il mondo pareva prostrarsi ai suoi piedi e non v'era nulla di più appagante per Maitreya dell'essere superiore all'universo intero. Un Dio impassibile che guarda l'altrui dolore senza esserne parte.
« Te lo chiedo un'ultima volta: dov'è? »
« Ti odia, proprio come odia anche me. Ti ucciderebbe se potesse, non avrebbe alcuna esitazione. Perchè vuoi vederlo? Pensi di trarre ristoro a scusarti? Le scuse non gli ridaranno gli anni che insieme gli abbiamo tolto. » sembrò compiaciuto della propria risposta tanto che osò avvicinarsi a Veer fino a sentire il suo fiato condensarsi sul petto.
« Perfavore, devi dirmelo. » cercava di guardarlo negli occhi ma seppur con tutta la sua volontà, lo sguardo ricadeva sempre sulla sua bocca a causa della vicinanza. Sperava che vi potesse uscire il nome che così insistentemente gli aveva domandato, magari appena sospirato. Credeva nel rapporto che aveva condiviso con Maitreya, credeva nella sincerità che minuziosamente l'aveva costruito, credeva ancora che lui non fosse diventato il mostro che a poco a poco si stava rivelando prima della sua partenza.
« E perchè dovrei? » con indice e pollice di una mano gli prese il mento e posò l'altra vicino al suo orecchio, sulla parete, per non lasciargli possibilità di andarsene senza il suo permesso.
« Perchè ne ho bisogno. » stava tremando, se ne rese conto tentando di allontanare la presa di Maitreya. Faceva freddo, era vero, nell'Ostro anche l'estate era fredda, ma il suo tremore non era causato dalla temperatura. Era più un malessere interiore che gli scuoteva persino le viscere.
« Andiamo. » decise infine di porre un limite alla loro vicinanza, lasciando la propria morsa, e si allontanò, muovendosi verso l'uscita « Ma se mai tornassi da lui senza prima aver avuto il mio consenso, giuro che lo soffoco con le tue stesse mani dopo avertele tagliate. »



Veer conosceva ad occhi chiusi ogni angolo, ogni svolta di quel castello. Lui e Maitreya avevano trascorso mesi interi della loro infanzia ad esplorarlo da cima a fondo, in cerca di qualunque passaggio fosse precluso agli occhi, di qualunque nascondiglio si celasse nell'ombra, di qualunque segreto esso racchiudesse come una crisalide. Ma le gallerie che stavano attraversando con solo una torcia ad illuminarle gli erano estranee, sconosciute, e non perchè il buio che dominava per quelle vie, nero come la notte che si apprestava all'esterno, non lasciasse modo di orientarsi, piuttosto perchè non vi era mai passato, non esistevano ai suoi tempi. Erano incredibilmente recenti e l'ambiente pulito, intatto, ne era una dimostrazione più che valida.
« L'ho fatta costruire io, questa parte, insieme ad un nuovo mastio che sapesse di me. » parve rispondere in poche parole ai dubbi che gli erano sorti, quasi potesse percepire cosa pensasse, ma dopotutto doveva semplicemente aver notato la sua espressione sbigottita ed interpretata nel modo giusto. Non si scambiarono più nemmeno una parola dopo quella frase, le scale della torre che avevano cominciato a percorrere mozzavano loro il fiato per quanto risultassero ripide e numerose, inoltre la salita era un reiterato girare su se stessi a causa della sua forma a chiocciola e non rendeva certo il tutto più agibile. Più di una volta Veer dovette fermarsi per riprendere aria nei polmoni e non rotolare per tutta l'altezza che già aveva coperto, ma Maitreya non l'attese, instancabile, riusciva persino ad accelerare l'andatura dopo un tratto attraversato più lentamente. Era palese quanto fosse in forma rispetto a lui, ritiratosi nella comodità troppo a lungo per tornare al pari di Maitreya in un solo giorno. In cima ad uno spropositato numero di gradini apparve un piano proprio quando Veer aveva ormai perso le speranze di vederne uno, le pareti fino a quel momento gli erano sembrate farsi sempre più strette di quanto non fossero realmente e poter di nuovo avere a disposizione uno spazio sufficiente per respirare fu un sollievo. Sentì il proprio peso gravarsi solo sulle articolazioni delle gambe e temette di aver raggiunto il limite della sopportazione, di non riuscir più ad andare oltre. Maitreya attese pochi minuti, poi si rimise a camminare, costringendo Veer ad oltrepassare la soglia che pensava di aver toccato per non rimanere disperso, al buio, in un luogo di cui non sapeva nemmeno l'esistenza. Con uno sbuffo di disperazione, lo seguì e fu certo di vedere sul viso della sua guida un sinistro compiacimento, come se la sua stanchezza fosse una punizione più che meritata per averlo scomodato ad accompagnarlo fin lì.
« Non è eccessivo? » osservò a voce alta, analizzando quanto si erano distanziati dalla parte principale di Thora Koshra. Non solo erano strisciati in gallerie che dovevano vantare una profondità assai notevole, ma erano dovuti tornare al livello del terreno per poi elevarsi ben oltre la sua superficie, tutto questo quasi completamente nel buio tetro rischiarato solo dal fuoco di una fiaccola che sperava non si estinguesse troppo in fretta e senza nemmeno una guardia ad impedire passaggi non approvati. Doveva essere certo Maitreya che nessuno si sarebbe inoltrato fin lì, se mai fosse riuscito a superare il labirinto di cunicoli che lo precedevano. Tutto troppo complesso, perdersi là dentro significava morirci.
« Avevano iniziato a girare voci nel castello di grida durante la notte, grida disumane provenienti dai sotterranei. Troppe persone iniziarono a credere nei fantasmi ed altrettante a dubitare che ci fosse qualcuno a generarle che non fosse uno spettro. » alzò le spalle « Troppo pericoloso lasciare che i dubbi crescano. E far costruire il mastio più alto dell'intero castello sotto il mio nome, troppo allettante. » sfilò dal collo una corda che vantava avere legate tre chiavi, Maitreya ne prese una ed aprì la serratura che avevano di fronte. Li investì un'ondata di freddo che s'insinuò fin nel midollo di Veer: era difficile mantenere il calore in una fortezza così estesa anche con le più avvedute precauzioni, in quella torre non c'era neppure un fuoco che sciogliesse il gelo. Quell'anima dannata doveva star morendo ghiacciata.
« E' qui dentro. » Maitreya si arrestò davanti ad un uscio decorato con intarsi di metallo pochi metri più avanti e vi picchiettò sopra le nocche, mentre si accingeva ad infilare la chiave nella toppa, senza però girarla, imprecò « Non ho intenzione di assistere alla scena del tuo tentato strangolamento, vai dentro da solo. » Afferrò dalla parete vicina una fiaccola spenta e l'accese con la propria, dandola in mano a Veer. Si scostò poi di lato ed accennò alla chiave, facendogli capire che sarebbe stato lui a doverla muovere. Tentennò, ma seppe raccogliere il coraggio necessario per muoversi e, trattenendo il respiro, entrò, accompagnato da un tintinnio di catene
« Ci rivediamo, Dhoveerdhan. »
   
 
Leggi le 0 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<    >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Storie originali > Fantasy / Vai alla pagina dell'autore: Ayduin