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Autore: _MorgenStern    04/10/2016    0 recensioni
La Metropoli non li ama, la Periferia non è abbastanza.
La legge non è giusta, i sentimenti non seguono ragione.
Scappare è estenuante, vivere è una sfida.
Non conoscono la libertà, ma possono crearla.
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[Droid!Shiro/Keith]
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{ Una CyberPunk!AU di Voltron che aggiorna. Ogni tanto.
Rating soggetto a modifiche.
Ispirata principalmente alle canzoni di Scandroid. }
Genere: Azione, Science-fiction | Stato: in corso
Tipo di coppia: Yaoi | Personaggi: Kogane Keith, Takashi Shirogane, Un po' tutti
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
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Beware the shadows of the drones
Destruction wrapped in pretty silicon
They’ve taken everyone I’ve known
And now I walk these empty streets alone

 

 

Sa che non deve fermarsi, ne è perfettamente consapevole, non se lo può permettere.
Ha appena superato una pattuglia e ciò significa che incontrerà la prossima tra due vicoli, appena più a est di quella che si è lasciato alle spalle.
Un altro respiro profondo – l’ultimo, se lo ripromette – ed abbandona la sicurezza dell’edificio che lo sta nascondendo per correre tra la miriade di ombre che non dovrebbero esserci.
La Metropoli non è stata progettata per averne, ma quella in cui il giovane sta cercando di sopravvivere un’altra notte non è la Metropoli, ne è solo la periferia: qui non ci sono i brillanti neon colorati ad illuminare tutti gli angoli, un Guardiano davanti ad ogni entrata per dare gentili indicazioni o dissuadere dal tentare un’intrusione e soprattutto non c’è tranquillità.
Non se sei un fuorilegge.
Keith non si considera esattamente un fuorilegge, perché non ha mai realmente compreso quale sia la legge; sa che per vivere deve mangiare e che per mangiare deve avere soldi, e che questi ultimi si hanno in cambio di merce, basi alimentari, manifatture, pezzi di ricambio, informazioni. Che non sia lui a produrre ciò con cui guadagna è un dettaglio secondario.
Senza una famiglia è difficile sapere qual è la tua strada, vivere in un mondo che non ti vuole e che non vuoi, perché la Metropoli è la città più accogliente del pianeta, ma solo se sei Cittadino. La periferia non è nemmeno considerata abitata e guardandosi intorno Keith non fatica a crederlo: sono appena passate le 22.00 ma il coprifuoco ha già spento ogni luce, ogni forma di vita. Si sente qualche rumore lontano in base al vento, a volte anche la musica dei locali Cittadini, ma mai una voce.
E se senti un sibilo, stai per morire.
Lui non vuole morire, specialmente se ad ucciderlo è un’autorità che non rispetta, che distrugge la sua vita e che gli fa rischiare la pelle, di nuovo, come ogni notte, mentre è diretto a uno dei magazzini di deposito del quartiere L. Ha sentito di una nuova produzione di placche di copertura, in un materiale decisamente migliore dell’ultimo, e di sicuro non tornerà a casa senza una scansione di quella roba. Rubarla è secondario: anche solo averne la struttura può portare a un guadagno considerevole, considerato che le placche sono in sperimentazione per una delle strutture della Metropoli.
“Sperimentazione” è uno dei termini che comprendono in genere un’esplosione, la morte di una dozzina di Periferici e un miglioramento nei materiali della spedizione successiva, ma le nuove informazioni sono sempre utili.

È stato quasi fin troppo semplice arrivare alla porta secondaria dello stabile, ed è fin troppo semplice trovare quella della Camera Scarti; il metallo che la ricopre è deformato dalla poca abilità nel manovrare un mezzo di raccolta e questo la dice lunga sulle condizioni del magazzino e sulle sue norme di sicurezza.
La chiave universale emette un bagliore praticamente invisibile tra le dita di Keith, modificata per essere il più discreta possibile, e apre senza troppi problemi il sistema della blindata.
Tre secondi netti, un altro bagliore e Keith la lancia nel buio che ha davanti, attendendo il rumore metallico della caduta, il pugnale già in mano nel caso qualcuno fosse nella Camera.
Silenzio.
Bagliore.
I suoi passi sono preceduti dalla luce della torcia ma sono ugualmente silenziosi, nonostante il ragazzo sappia che la chiave universale si accende solo una volta accertatasi della disattivazione dei sistemi di sicurezza e dell’assenza di forme intelligenti nell’ambiente. Non è che non si fidi dei dispositivi di Pidge, è solo che preferisce non farsi trovare impreparato.
Con un sospiro, si permette di abbassare la guardia e con essa anche il fazzoletto scuro che tiene sul volto, disattivando la corrente elettrica che corre sulla lama del pugnale.
Metà del lavoro è fatta.
Ripetendo la sequenza della chiave che ha usato nella Camera, Keith si sposta verso il settore produttivo, illuminando cauto la silenziosa vastità degli ambienti – deve rubare un visore, una di queste volte. Le placche vengono liberate dalla loro cella con un’altra chiave, che differisce dalla prima solo per il colore dei led, e l’estrattore codifica tutte le informazioni necessarie per la riproduzione del materiale.
Veloce e discreto, Keith si trova a dover rinunciare a un campione, che può sempre recuperare in un secondo momento e ad un prezzo maggiore.

Uscire e riattivare gli allarmi richiede molto meno tempo dell’entrata e in pochi minuti si trova già diretto a casa, le dita che sfiorano il comunicatore che ha su un orecchio per inviare il segnale di riuscita d’estrazione a Pidge.
Casa, caffè e relax mentre pianificano il prossimo prelievo suona terribilmente bello.
Il rumore che lo fa tornare alla realtà lo è molto meno: riconosce senza nemmeno pensarci la sequenza di bip che compongono una chiamata da pattuglia a centrale e calcola in meno di un secondo che sono vicini. Troppo. E che lui non è schermato da niente, non ha nemmeno un muro dietro cui sperare di non essere scansionato.
Cazzo.
L’adrenalina gli serve per spostarsi più in fretta di quanto già non farebbe, i sensi stimolati che lo aiutano a non attirare l’attenzione sulla sua fuga, e si ritrova miracolosamente un deposito abbandonato davanti. Sa per certo che non ci sono allarmi, sa che può nascondersi lì dentro e sperare di non aver fatto rumore.
Respirare in silenzio è difficile con la velocità con cui chiedono aria i suoi polmoni, ma questo non gli impedisce di rimanere cauto, rannicchiato sotto una finestra, e di guardarsi intorno.

Buio.
Silenzio.
Bagliore.

No, un momento.

Non avrebbe dovuto esserci nessun bagliore: nessuno dei rottami lì dentro ha la possibilità di illuminarsi, dato che tutto ciò che può farlo è funzionante e ciò che è funzionante è già stato rubato…
Keith non si muove, non ancora, curioso ma non dimentico del pericolo che ha appena scampato – o meglio, che spera di aver scampato.

Niente sibilo.
Niente bagliore.

Lascia passare un intero minuto, in completa immobilità e rigoroso silenzio, prima di convincersi di essere al sicuro e rilassare i muscoli, appoggiando le ginocchia a terra e accendendo la torcia per puntarla verso il pavimento e raggiugere la zona dove è certo di aver visto la luce poco prima.
La solita quantità di metallo di scarto, arrugginito e deforme che si vede scorrere accanto agli stivali è estenuante, ma il riflesso puro che riceve una volta raggiunto il punto che stava cercando lo lascia confuso.
Ed è ancora più confuso quando, allargando il raggio della torcia, illumina un corpo intero, immobile, letteralmente attaccato a quel metallo così bianco che rischia di fare riflesso fino ai visori di tutte le maledette pattuglie del quartiere.
Le dita si muovono da sole, come scollegate dal cervello che al momento è molto più occupato a processare le informazioni visive: l’intensità della torcia viene ridotta, quasi spenta, e il comunicatore attivato.

“Hunk. Vieni qui. Ho trovato una cosa.”







 


{ Primo capitolo della titanica impresa in cui mi sono lanciata con piena sconsideratezza. Il rating dovrebbe alzarsi con l'avanzare dei capitoli, ma potrebbe volerci un po'.

Chapter Lyrics: Scandroid - Empty Streets }

  
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