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Autore: Maryleescence    04/10/2016    0 recensioni
A volte la vita quotidiana può essere teatro di gioia e amore, ma anche tristezza e solitudine. Si tratta di un grande spettacolo che ci porta a riflettere sulle sue sfaccettature. La vita è la protagonista di questa raccolta. Vi siete mai commossi davanti ad essa? Queste sono le storie di tantissimi personaggi. Alcuni rispecchiano la nostra situazione, altri meno. Vorrei lasciarvi solo l'emozione di poterli ascoltare.
Genere: Drammatico, Romantico, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: Raccolta | Avvertimenti: Tematiche delicate
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Oltre il baratro.

1° parte

 
Marianne Watson spalancò gli occhi, ridestandosi dal sonno profondo. Fece un sogno meraviglioso: Philip era lì, proprio davanti a lei. Le sorrideva e si rincorrevano tra i campi di spighe di grano. Al tatto erano così morbide e setose, ma soprattutto lei era così felice; forse si trattava di una sensazione che non avvertiva da tempo.
Racchiuse quelle immagini nel suo cuore: erano i pochi momenti che le erano rimasti con Philip da quando era rimasta sola tra quelle quattro mura che, a poco a poco,  sembravano sprofondarle addosso. Tra i suoi sogni ricorreva spesso la sua figura, quasi come una luce che rischiara il suo cammino. Lui era in grado di regalarle sempre momenti indimenticabili e di pura spensieratezza. Quando le era accanto, lei dimenticava automaticamente qualsiasi cosa, quasi come se il dolore, la preoccupazione e la paura che lei costantemente provava, svanissero in un magico istante d’amore; un momento che esisteva solo per loro, mascherato da sguardi dolci e profondi.
Marianne ricordava ancora la sensazione provata nello sfiorare delicatamente le sue mani e di sentire il calore della sua pelle sotto i polpastrelli. Erano ricordi molto teneri, ma che allo stesso tempo le attanagliavano l’anima. Quanto avrebbe voluto tornare indietro per rivivere tutto d’accapo: non si pentiva delle sue scelte anche se per molti potevano risultare sbagliate o ridicole.
Ella non si rese neanche conto che, nel mentre, si era incantata a fissare da chi sa quanto tempo quel soffitto bianco sbiadito e un po’ sporco. Da qualche parte era caduto qualche pezzo d’intonaco, se lo ricordava bene, ma il suo sguardo non riusciva a trovare il tassello mancante perché era completamente immobile. In quei occhi blu, profondi quasi quanto il mare, si rispecchiava un abisso senza fine. Dentro di essi si poteva scrutare il vuoto e l’aridità che le erano rimaste nel cuore e che stavano lacerando ciò che di buono e di vitale era rimasto in lei.
Sì, proprio lei, la Marianne Watson che tutti sapevano avere un animo nobile e sensibile. Quella parte di lei appariva quasi addormentata nei profondi strati del suo essere. Era come se un cumulo di disperazione e tristezza la sormontasse, non lasciandole via di scampo.
Riuscì a girarsi sul lato destro del letto e lo vide vuoto. Allungò un braccio, avvertendo la federa e il lenzuolo completamente freddi. Ecco che la malinconia le strinse il cuore in una morsa. Lui non c’era e chi sa quando sarebbe tornato. Le lacrime riempirono i suoi occhi e incominciarono a cadere sul cuscino. Marianne appoggiò una mano sul petto: si sentiva quasi soffocare dagli spasmi. Si sentì crogiolare su quel letto, quasi come se la sua anima si stesse plasmando tra quelle lenzuola, fino a non rimanerne più nulla.
Afferrò il cuscino di Philip e lo annusò alla ricerca di qualcosa che potesse ricordarle lui, ma nulla. Non vi era alcuna traccia del suo vissuto in quella casa.
“Ti prego piccola mia, non piangere” le avrebbe detto in quel momento, ma era la stessa frase che le disse prima di partire per la seconda grande guerra. Erano proprio nel corridoio precedente all’uscio. Lui era bellissimo e indossava la divisa militare. Marianne gli accarezzò i capelli biondi e corti; i loro sguardi s’incrociarono e lei non potette fare a meno che specchiarsi in quegli occhi azzurri che tanto la facevano sciogliere. Philip le accarezzò il volto asciugandole le lacrime che sembravano quasi solcare quella pelle candida.
“Tornerò presto te lo prometto…” le disse, mentre una bufera gli si scatenava nell’anima. Anche lui aveva paura di non fare più ritorno. Quelle parole risuonarono amare poiché l’insicurezza era ben palpabile, ma lo avrebbe fatto per lei. Non vi era nulla di più gratificante del ritornare a casa dopo aver visto l’orrore e la morte stampata sul volto di migliaia di uomini e riabbracciare l’amore. Marianne per lui era come una linfa vitale che l’aiutava a portare avanti il peso di una vita fin troppo complicata e austera. Le sensazioni che provava nello stare con lei andavano oltre alla parola amore: era quasi come se le loro anime fossero plasmate in una sola e cantassero all’unisono la gioia dello stare insieme.
Si abbracciarono forte, ma in particolare Marianne non riusciva a lasciarlo andare. Nella sua mente quel momento era l’eternità tanto sperata. Inalò a pieni polmoni il suo dolce profumo e il suo ricordo lo avrebbe portato nel cuore.
Quell’immagine svanì davanti ai suoi occhi, quasi come se qualcuno l’avesse soffiata via. Lei, invece, si ritrovò ancora lì, sdraiata sul letto a fissare quel soffitto che tanto la faceva tornare indietro nei meandri della sua mente, alla ricerca dei ricordi più disparati. Abbracciò forte il cuscino di Philip e sperò in cuor suo che fosse lui.
Guardò l’orologio e si accorse che aveva passato più di mezz’ora tra quelle lenzuola a pensare. Si asciugò le lacrime che vane erano cadute sul suo volto e si mise a sedere. Davanti a lei si estendeva un’ampia stanza, dove alla sua sinistra era presente un comodino di legno su cui erano intagliate delle rose; al suo interno essa era solita tenere alcuni piccoli ricordi che caratterizzavano la sua esistenza. Alla sua destra era presente una finestra da cui filtravano i raggi del sole e si estendeva la bellissima spiaggia di Portobello. Marianne amava affacciarsi, sentire la brezza marina pizzicarle il volto e osservare in lontananza le onde che s’infrangevano sulla riva. Solo udirne il rumore per lei era così rilassante. Ciò le ricordava la sua infanzia e le giornate passate a giocare a costruire castelli di sabbia.
Si ritrovava spesso con sua madre Margaret, la quale era una bellissima donna dai lunghi capelli castani e dai profondi occhi blu, molto simili ai suoi. Quando Marianne era solo una tenera bambina di otto anni, erano proprio lì, su quella spiaggia, a raccogliere le conchiglie che tanto amava collezionare, anzi forse ancora le conservava. Sua madre le stringeva la mano ed ecco che il terrore di quel tempestoso mare in continuo subbuglio le passava immediatamente. Con lei si sentiva al sicuro.
“Papà ci raggiungerà?” chiese Marianne alzando il capo e volgendolo verso la madre. Margaret accennò un sorriso e si fermò a guardare la figlia: il suo sguardo raccontava tutt’altro che l’apparente felicità che voleva mostrare. La piccola capì che il padre non sarebbe stato lì con loro e di questo né soffriva parecchio.
Lui non c’era mai. Era quasi come un fantasma che quieto sormontava le loro vite, guardandole da lontano. Il signor Thomas Watson passava le sue giornate chiuso nel suo studio tra scartoffie da firmare e documenti da leggere. Non aveva tempo per la sua famiglia. Marianne lo ricordava sempre come un uomo molto freddo e scostante, non solo con lei, ma anche con sua madre. Tra loro non vi era un rapporto, era già tanto se durante la giornata si scambiassero qualche sguardo.
Marianne non aveva mai scrutato qualche litigio tra di loro, o almeno erano stati bravi a nasconderglielo. Sicuramente, non andava fiera del rapporto che vi era tra lei e suo padre. Thomas non amava passare del tempo con lei e quando lo faceva, lei si ritrovava a giocare da sola, mentre lui si soffermava a leggere un giornale. Era invidiosa degli altri bambini perché ogni giorno le raccontavano che il loro padre lo rappresentavano quasi come un re su un piedistallo. Marianne a Thomas non gli avrebbe regalato neanche lo scettro o una misera pietra della corona. Quando le chiedevano del padre, per lei era come parlare di uno sconosciuto. Eppure sua madre cercava sempre di rassicurarla su ciò; non voleva che la figlia avesse una brutta immagine del padre. Marianne, però, capiva. Avvertiva l’ostilità nascere tra di loro ogni volta che s’incrociavano tra i corridoi di quella dimora, come anche l’amarezza delle parole di Margaret che tanto risuonavano vane e futili.
Ricordava ancora quando una volta decise di affrontarlo. Erano entrambi seduti sul divano davanti al camino. Fuori dalla finestra si poteva scrutare la neve che si era ormai delicatamente appoggiata sul terreno. Marianne l’adorava; le ricordava un po’ il suo carattere così freddo esteriormente, ma così tanto bisognoso di calore e amore interiormente. Thomas si limitava a leggere uno dei romanzi polverosi della sua libreria, mentre lei fissava il fuoco scoppiettare nel camino; invidiava la sua forza perché essa non ne era dotata. Si voltò e lo fissò con uno sguardo ricco di odio e risentimento. Se avesse potuto lo avrebbe distrutto con le sue mani. Osservò i suoi pochi capelli scuri che gli sormontavano il cranio – si stava, infatti, avvicinando alla calvizia – e i suoi occhi verdi circondati da lenti spesse e rotonde. Dei baffi sancivano il contorno delle sue labbra sottili e ogni tanto se li accarezzava, come se di prezioso al mondo ci fossero solo loro.
“Cosa ti ho fatto per meritare il tuo odio?” chiese Marianne.
Lui la guardò e subito dopo ritornò a leggere il romanzo dal punto su cui si era interrotto. La evitava e ciò le dava profondamente fastidio. Aveva bisogno di risposte che lui continuava a negarle. Sentì la rabbia scorrerle nelle vene e, con un gesto fugace, gli strappò il libro dalle mani.
“Sono seria. Cos’ho fatto per meritare ciò?” ribatté.
I loro sguardi s’incrociarono e Marianne potette leggere al suo interno l’indifferenza e il vuoto; a lui non importava nulla delle sue ragioni.
Thomas si alzò, riprese il suo libro e se ne andò, voltandole le spalle.
“Io non ti considero mio padre e non lo farò mai! Sei un essere spregevole” gli urlò facendo un ultimo tentativo.
Lui si fermò per qualche istante e si voltò a guardarla. Lei sperava che quelle parole avessero mosso almeno una parte di lui, ma non fu così. Thomas si rivoltò e sparì dalla sua visuale dopo aver svoltato l’angolo del corridoio. Marianne si sentì così vuota. Scoppiò in lacrime, stendendosi sul divano. Si chiedeva perché il fato ce l’avesse così tanto con lei; pensava di non meritare tutto questo dolore. Era bisognosa d’amore; un amore che nessuno era capace di colmare.
In quel momento, però, i pensieri di Marianne s’interruppero; si ritrovava nuovamente in quella camera da letto dove ormai era trascorsa un’ora da quando aveva incominciato a contemplare la sua vita. Quello era il suo nido d’amore.
Il telefono trillò e lei corse lungo il corridoio per rispondere.
“Marianne, tesoro, come stai?” riconobbe quella voce come una di quelle più dolci che ebbe mai udito. Era Margaret. Non aveva mai smesso di cercarla da quando si era sposata con Philip.
“Ciao mamma, direi tutto bene e tu come stai?” mentì.
Ormai era solita dire che stava bene quando in realtà soffriva. Lei preferiva chiudersi perché pensava che nessuno sarebbe mai riuscito a comprenderla; nessuno sarebbe mai riuscito a colmare quel vuoto che si portava nel cuore.
“Si dai, tutto bene. Si va avanti figlia mia. Ti va se oggi ci vediamo? Magari vengo da te e beviamo un thè insieme come i vecchi tempi>>.
Marianne non aveva voglia di vedere nessuno. Voleva rimanere ancora sola in quella casa mentre troppi pensieri le si affollavano nella mente. Da quanto ormai non andava a prendere una boccata d’aria? Quattro o cinque giorni? Non se lo ricordava. La maggior parte delle volte era costretta ad uscire per comprare beni di prima necessità e, ogni volta che percorreva le strade di Portobello, le veniva in mente Philip. Lui amava passeggiare accanto a lei e ricordava bene ogni volta che le pagava la cena al ristorante. In particolare, rimembrava quando lui, proprio nel locale che sapeva essere dietro l’angolo, dopo aver mangiato pietanze a dir poco squisite, le appoggiò un piccolo cofanetto blu sul palmo della mano. Marianne fu sorpresa da quel gesto, tanto che rimase inerme a fissarlo.
“Che aspetti? Aprilo” la incitò.
Lei accennò un sorriso e quando aprì il cofanetto scorse un anello con tre pietre luccicanti. I suoi occhi si riempirono di gioia e commozione e rimase particolarmente impietrita nel fissarlo. Lo accarezzò con i polpastrelli scoprendone la robustezza e raffinatezza. Philip le strinse la mano e fu in quell’istante che le sembrò di perdere il contatto con la realtà.
“Marianne Watson, vuoi sposarmi?” le chiese sorridendo.
Lei sentì le mani tremare e quasi non potette credere alle sue orecchie; lui gliel’aveva chiesto davvero. Quante volte aveva pensato a quel momento ma mai aveva pensato potesse essere così emozionante. In preda alle lacrime e all’emozione che la facevano tremare, lei annuì e lui fu felice di prendere quell’anello e metterglielo al dito. Ora finalmente sarebbero stati insieme per sempre e si sarebbero plasmato nell’amore che ognuno provava nei confronti dell’altro.
“Marianne mi ascolti? Sei ancora in linea?” chiese Margaret, distraendola nuovamente dal suo mondo interiore. Lei vi si rifugiava in continuazione per scappare dal dolore che la vita reale comportava. Ormai viveva solo di ricordi; erano l’unica cosa che le potesse infondere speranza e benevolenza.
“Sì scusa. Per oggi va bene” disse controvoglia.
Se Margaret non le avesse proposto quell’incontro, che cosa avrebbe fatto quella giornata? Forse avrebbe scritto come al solito. Amava farlo; si metteva a nudo su quelle pagine bianche perché nella realtà nessuno guardava ciò che vi era dietro al suo aspetto. Forse avrebbe passato la giornata anche a guardare le foto che si trovavano nello scatolone impolverato sotto la scrivania. Lo faceva spesso, odiava dimenticare.
“Bene cara, allora sarò lì per le tre e un quarto se per te non è un problema”.
“Nessun problema. Allora ci vediamo dopo…”
“Sì a dopo cara. Ti voglio bene” disse sua madre riagganciando.

Spazio dell'autrice.


Finalmente dopo due lunghi anni sono tornata con una nuova storia, o meglio una raccolta di racconti: li dividerò in parti così da agevolare la vostra lettura e il mio operato. Ho sperimentato un nuovo modo di approcciarmi alla scrittura e spero sia gradito :) Fatemi sapere cosa ne pensate e soprattutto correggetemi in caso di errori o di sviste. Sono pronta a crescere anche grazie a voi! Il mio obiettivo è farvi emozionare e portarvi nella vita dei miei personaggi; spero di riuscirci davvero :) Buona lettura!

Maryleescence.
   
 
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