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Autore: Yugi95    04/10/2016    4 recensioni
Immaginate di scoprire che la realtà, in cui avete da sempre vissuto e conosciuto, non sia altro che una parte di un qualche cosa di più grande. Immaginate di scoprire un nuovo mondo di cui ignoravate persino l'esistenza e che adesso è lì, dinanzi a voi, pronto a rivelare i propri segreti. La Dimensione Magica nasconde un terribile segreto, una storia così scellerata che si è addirittura voluta dimenticare. Per Bloom e le sue amiche sarà quasi impossibile risolvere il mistero. Nuovi e vecchi nemici, provenienti dalle tenebre più profonde dell'universo magico, sono pronti a colpire e, questa volta, non ne risentirà solo il corpo ma anche l'anima. Tuttavia una luce, fioca e debole, brilla nell'oscurità. La luce racchiude l'unica speranza di salvezza, ma, per poter ardere, ha bisogno di essere alimentata dai venti dell'amicizia, della fiducia e dell'amore. La battaglia finale è alle porte e l'esito dello scontro deciderà non solo le sorti di Magix ma di tutti i mondi conosciuti.
Genere: Avventura, Dark, Fantasy | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Nuovo personaggio, Winx
Note: AU, Missing Moments, OOC | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Winx Club - Cassiopea's Chronicles'
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Prologo
 

Era una calda mattina d’inizio aprile e la vita scorreva tranquilla nel “Bosco dei cento petali”. La primavera aveva ormai raggiunto il suo massimo splendore, la fitta vegetazione del bosco non era mai stata così rigogliosa: prati, piante e alberi erano un tripudio di colori e profumi delicati. Il cielo terso era solcato da rondini vivaci e passerotti inesperti, mentre l’aria fresca e pulita riempiva i polmoni degli animali della selva. Tutto era quiete, tutto era armonia, tutto era serenità, ma il tutto, si sa, non dura in eterno.
«Ragazzi forza tenete il passo. Ecco siamo arrivati mettetevi tutti intorno a me» disse il ranger del parco, mentre le professoresse aiutavano i loro ragazzi ad eseguire i suoi ordini.
Il gruppo si dispose intorno ad un’enorme pietra rotonda ricoperta da strane scritte ed incastonata nel terreno, mentre la guida della scolaresca vi ci si posizionava sopra in modo tale che tutti lo guardassero.
 «Brendon non azzardare ad allontanarti! Vieni subito qui» urlò una delle professoresse ad un paffuto ragazzino di undici anni dai capelli neri come la pece.
«Mi dispiace professoressa, mi era sembrato di sentire una voce che mi chiamasse» si scusò Brendon.
«Non accampare scuse, muoviti e mettiti vicino a me così ti tengo d’occhio» gli ordinò la donna.
Il ranger prese la parola: «Allora ragazzi, chi sa dirmi l’origine del nome di questo bosco?».
Dalla folla si alzò timidamente la mano di una ragazza dai lunghi capelli castani, abbelliti dalla presenza di un fermaglio a forma di farfalla. L’uomo, allora, le fece un cenno d’approvazione, permettendole di spiegare:
 «Si chiama “Bosco dei cento petali” perché la leggenda narra che tantissimo tempo fa un prode cavaliere, in partenza per una battaglia, regalò ad una bellissima principessa, sua amata, una rosa magica avente cento petali. Il cavaliere spiegò alla fanciulla che, una volta caduti tutti i petali, sarebbe tornato da lei. Purtroppo gli anni passarono, ma la rosa non perse nessuno dei suoi petali, quindi la principessa, capito che il suo amore non sarebbe mai più tornato, si lasciò morire per il dolore».
 «Bravissima mia cara!» esclamò, contento, il ranger aggiungendo goffamente: «Scusami come hai detto di chiamarti?».
«Mi chiamo Elizabeth» rispose arrossendo la studentessa.
 «Bravissima Elizabeth!» ripeté la guida, poi, rivolgendosi nuovamente ai ragazzi, domandò loro: «Adesso, invece, chi sa dirmi come si chiama il posto in cui ci troviamo?».
Questa volta a prendere la parola fu un alto ragazzino dai capelli biondi:
 «Questa è la “Trappola del Demone”. Si narra che la pietra non sia altro che un sigillo, che serve ad imprigionare una potente creatura demoniaca».
A quelle parole tutti i ragazzi, professoresse incluse, fecero un passo indietro terrorizzati. Il ranger scoppiò a ridere e, cercando di tranquillizzare i presenti, disse:
 «Siete davvero preparati ragazzi, poche persone conoscono la storia di questo posto. Scommetto, però, che nessuno di voi sa il nome del demone, o sbaglio?».
Poiché rimasero tutti in silenzio, la guida, abbozzando un sorriso compiaciuto, continuò:
 «Decifrando le scritte sulla pietra gli archeologi hanno scoperto il nome di questo fantomatico essere: Belial. Secondo le leggende fu uno dei più potenti demoni mai esistiti, alcune lo identificano come il signore delle legioni dell’oscurità».
Ci fu un momento di stupore generale poi, un ragazzino accanto al ranger chiese:
 «È possibile che possa liberarsi? Cioè c’è pericolo?».
 Tutti scoppiarono in una grossa risata liberatoria, al termine della quale la guida del parco spiegò alla scolaresca:
 «Ragazzi la pietra è ovviamente una mera scultura artistica, non c’è alcun indizio che possa far pensare che sia una storia vera. Tuttavia se proprio ci tenete a saperlo per poter liberare un demone, qualora esistano, le storie narrano che si debba fare un patto di sangue con esso. In pratica dovreste offrire il vostro corpo alla creatura, la quale ne prenderà possesso. Adesso, però, andiamo c’è altro da visitare in questo bosco».
Detto ciò il ranger si mise davanti ai ragazzi e gli fece strada lungo il sentiero, che si inoltrava nel bosco. Brendon chiudeva il gruppo insieme ad Elizabeth e al ragazzino biondo.
 «Ragazzi mi spiegate come facevate a sapere tutte queste cose? Io neanche sapevo dell’esistenza di questo bosco» chiese, meravigliato, il ragazzino dai capelli neri.
«Basta leggere un qualsiasi libro di miti e leggende antiche» rispose, secca, Elizabeth.
 «Capisco!» sibilò l’altro in preda all’imbarazzo, poi, volendo cambiare discorso, disse: «Comunque piacere: io sono Brendon. Voi come vi chiamate?».
«Io sono Max, piacere» replicò il biondo, poi aggiunse: «Lei si chiama Elizabeth, lo ha detto prima dopo aver raccontato la storia».
«Scusate ragazzi ma con i nomi sono una frana» si giustificò Brendon.
Alla ragazza, però, non importava, non vedeva l’ora di ricongiungersi alle sue amiche e di lasciare perdere quei due sconosciuti. Annoiata dalla situazione si mise a camminare più veloce, ma, dopo essersi passata stizzita una mano tra i capelli, si arrestò di colpo.
«Dov’è? Dov’è il mio fermaglio?» esclamò, preoccupata, la ragazza, poi si rivolse furiosa a Brendon e Max: «Lo avete preso voi? Confessate!».
I due ragazzi giurarono di non aver preso niente.
 «Allora deve essermi caduto alla pietra» pensò ad alta voce Elizabeth e superati i due corse in direzione opposta al gruppo tornando indietro.
«Ma dove va? Dobbiamo seguirla e riportarla indietro» intervenne, risoluto, Brendon.
 Max annuì ed insieme le corsero dietro, dimenticandosi di avvertire gli altri. Intanto Elizabeth aveva già ritrovato il fermaglio ai piedi della pietra e, una volta preso da terra, se lo rimise trai capelli. I ragazzi arrivarono alla radura poco dopo e, estremamente preoccupati per la loro nuova amica, le chiesero all’unisono:
«Si può sapere perché sei tornata indietro? Sei impazzita?».
«Lo avevo perso» rispose Elizabeth indicando il fermaglio, aggiungendo: «È un oggetto molto importante per me, non potevo lasciarlo qui. Comunque vi ringrazio per la premura di essermi corsi dietro, spero che abbiate avvisato le prof o il ranger».
I due si guardarono inebetiti. Elizabeth, allora, avendo capito che entrambi se ne fossero dimenticati, starnazzò:
«Non posso crederci, siete due pusillanimi! Mi spiegate come facciamo a ritrovare la strada adesso?».
«Non preoccuparti ragazzina, ci pensiamo noi a te adesso!»
Ai tre gli si gelò il sangue, quando capirono chi avesse pronunciato quelle parole. Dal folto della vegetazione si fecero strada tre ragazzi di circa sedici-diciassette anni, che si avvicinarono minacciosamente al gruppetto di amici.
 «Cosa volete?» chiese Brendon, tremando come una foglia.
 «Vogliamo divertirci un po’ con la vostra amica, quindi fatevi da parte altrimenti dovrete assistere allo spettacolo in una pozza di sangue» rispose uno dei tre.
Elizabeth era pietrificata dal terrore, sembrava non respirasse neanche.
 «Noi non c’è ne andiamo! È meglio che non vi avviciniate altrimenti ci mettiamo a gridare» urlò Max, cercando di farsi coraggio.
 «Come volete: ragazzi date una lezione a questi due prodi cavalieri» ordinò il leader del trio.
Max e Brendon non ebbero il tempo di fare nulla, il primo fu buttato a terra e riempito a calci fino a svenire, al secondo andò peggio. Brendon fu scaraventato con una tale violenza sulla pietra che gli si ruppero due costole. Il ragazzino urlò di dolore, ma i suoi assalitori, non curandosi minimamente della cosa, lo pestarono a sangue. Uno dei due, infine, con un calcio gli ruppe il naso e lo lasciò agonizzante sulla pietra, che nel frattempo s’impregnava di rosso vivo. Elizabeth era rimasta sola ed impotente, non riusciva neanche ad urlare per lo spavento mentre quei tre balordi le si avvicinavano. Brendon osservava la scena in lacrime. Non poteva aiutare la ragazza ed era angosciato dal pensiero di ciò che i tre avrebbero potuto fare alla sua amica. Ad un tratto però si ricordò della pietra, della leggenda, di Belial; il ragazzo, sperando con tutto sé stesso che quelle frottole avessero un minimo fondo di verità, bisbigliò senza forze:
 «Ti prego aiutami a fermarli, aiutami a salvarla. Ti offro il mio sangue, il mio corpo, la mia anima».
Subito dopo, raccogliendo le sue ultime energie, urlò: «Ti prego Belial aiutami!».
Non successe nulla. I ragazzi si girarono verso Brendon e uno di loro esclamò: «È completamente impazzito».
 I tre risero e ripresero lentamente a circondare Elizabeth, volevano che la ragazza scappasse, pensando che rendesse la cosa ancora più divertente. Elizabeth, però, non si mosse, era come se la ragazza avesse accettato quell’atroce destino.
 Brendon la vide e, chiudendo gli occhi colmi di lacrime, sussurrò un’ultima volta:
«Ti prego».
 D’un tratto si sentì un rumore sordo, i tre aggressori si fermarono di nuovo infastiditi. Questa volta anche Elizabeth si girò e il suo stupore fu grande. La pietra si era crepata e dalle sue spaccature iniziò ad uscire un liquido nero e viscoso, che avvolse Brendon. Non appena la sostanza ricoprì tutto il suo corpo, il ragazzo prese fuoco. Le sue urla di dolore erano agghiaccianti. Il cielo sopra la radura si fece cupo, gli uccelli scappavano dai loro nidi e in lontananza gli animali ringhiavano feroci. Anche Max si svegliò in preda al panico e, quando realizzo cosa stesse accadendo, rimase sbigottito. Brendon fu alzato a mezz’aria, mentre un vortice di fiamme nere gli si avvolgeva tutt’intorno. I tre aggressori erano terrorizzati, lo stesso valeva per Elizabeth che, accortasi di Max, si era andata ad accovacciare vicino a quest’ultimo. D’un tratto le fiamme si estinsero, Brendon smise di urlare e il suo corpo toccò nuovamente terra. Il ragazzo aveva la testa china e le braccia poste lungo i fianchi, sembrava star bene: non vi erano segni di bruciature, anzi tutte le ferite, causate dal pestaggio, erano scompare. Anche il suo aspetto fisico era cambiato: era diventato un po’ più alto ed era dimagrito.
«Cosa sarà successo» chiese agli amici uno dei tre ragazzi.
«Non lo so. Avviciniamoci con prudenza» rispose un altro.
 I tre si avvicinarono con cautela a Brendon per poi arrestarsi dopo pochi passi. Il ragazzo aveva alzato gli occhi da terra, il suo era uno sguardo lucido ma privo di espressione. Un sorriso maligno si disegnò sul suo volto, mentre un’aura nera lo avvolgeva da capo a piedi.
 «Libero, finalmente libero» furono le prime parole di Brendon: «Voglio sangue. Voglio il loro sangue».
I tre adolescenti indietreggiarono ma ormai era troppo tardi: il ragazzo avrebbe avuto la sua vendetta. Brendon balzò in avanti urlando e si avventò su uno dei tre. Lo stese a terra e, ridendo follemente, iniziò a colpirlo sul torace più e più volte finché non si senti il rumore dello sterno, che andava in mille pezzi, seguito dai rantoli del ragazzo che moriva per collasso dei polmoni. Gli altri due cercarono di scappare invano. Il primo fu afferrato per un braccio da Brendon, il quale, dopo aver preso anche l’altro arto, lo costrinse in ginocchio e, tirando entrambe le braccia facendosi forza con il piede a martello sulla schiena della vittima, le staccò di netto. Il terzo, infine, si trovò il demone dinanzi che, abbozzando un sorrisetto da maniaco, gli trapassò con la mano il torace e gli strappò il cuore per poi dargli un morso. Erano irriconoscibili, Brendon li aveva maciullati. Elizabeth e Max si abbracciavano tremanti, non potevano credere a quello a cui avevano assistito. Il demone si girò verso di loro minaccioso ma non fece in tempo a fare nulla che collassò al suolo.
Poco dopo il ranger e il resto della scolaresca trovarono i ragazzi e lo scempio causato da Brendon. Elizabeth e Max spiegarono che, tornati indietro per cercare il fermaglio della ragazza, avevano assistito, nascosti nel folto della vegetazione, all’aggressione dei tre adolescenti da parte di un gruppo di orsi e che Brendon fosse svenuto per lo shock. Le ferite di Max, invece, furono giustificate con una semplice caduta. Sebbene la storiella fosse poco credibile, le professoresse, il ranger e la polizia rimasero troppo scioccati da quel macabro spettacolo per poter credere a qualche cosa di diverso. I corpi degli aggressori furono portati via, mentre Brendon, ancora incosciente, fu accompagnato insieme agli altri due in ospedale. Sull’ambulanza Elizabeth e Max si tenevano per mano e guardavano il corpo privo di sensi di Brendon.
«Cosa facciamo Max?» chiese, preoccupata, la ragazza.
 Max aspettò un po’ ed infine le disse «Lui ci ha salvato, avrà anche commesso una follia, ma ci ha salvato senza neanche conoscerci. Adesso tocca a noi gli staremo vicino sono sicuro che non ci farà mai del male».
Terminato di parlare strinse Elizabeth in un abbraccio e con la mano libera prese quella di Brendon.
 
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Note dell’autore: Salve a tutti! Mi presento sono Yugi95 e questa è la prima storia, che pubblico in assoluto. Fin da piccolo ho sempre adorato immaginare ed inventare situazioni, che mi permettessero in qualche modo di vivere le avventure delle mie favole o libri preferiti. Crescendo mi sono reso conto che l’immaginazione non mi bastava più, sentivo il bisogno di dar vita a queste mie fantasie. Di conseguenza iniziai a scrivere storie brevi, completamente inventate, o rapidissime fanfiction sulle tematiche più disparate. Tempo fa venni a conoscenza di questo sito ed iniziai ad interessarmi alle storie, che vi trovavo, apprezzando la bravura e il coraggio di chi si metteva in gioco scrivendo le proprie storie. Ho deciso di ambientare la mia prima fanfiction nell’universo delle Winx per due motivi. Innanzitutto le fanfiction delle Winx sono state le prime storie, che ho letto su EFP, adorando profondamente le saghe e i modi di scrivere dei diversi autori. Quest’ultimi hanno rappresentato per me una grande fonte d’ispirazione, non soltanto per le tematiche, che ho deciso di affrontare nella storia ma anche per la caratterizzazione dei personaggi vecchi e nuovi. In secondo luogo ho deciso di scegliere le Winx come comprimari della fanfiction perché da bambino adoravo guardare in compagnia di mia sorella questo cartone animato. Spero tanto che la mia piccola storia possa piacervi e di non avervi infastidito troppo con queste note ;D. Un saluto generale e arrivederci al prossimo capitolo :D :D :D.
               
   Yugi95 
 
 
   
 
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