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Autore: revin    04/10/2016    0 recensioni
La vita da reclusa è molto più dura di quella che Gwen avrebbe potuto immaginare, soprattutto in un penitenziario di massima sicurezza interamente dominato da uomini. Fox River è un inferno al quale sembra impossibile poter sopravvivere. Ma Gwen ha una missione da compiere... la vendetta.
Genere: Azione | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Un po' tutti | Coppie: Michael/Sara
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Michael risalì in superficie con il suo viso sorridente, l'espressione soddisfatta. Le nostre facce al contrario erano scure, esitanti. 
  • Ragazzi ci siamo. E’ per stasera!  -  lo sentimmo esclamare entusiasta.
Non riuscii a reggere il suo sguardo e abbassai gli occhi a terra quando il suo sorriso si piegò all’in giù.
  • Michael… c’è un problema…  -  mormorò lentamente Charles.
     
  • Che cos’è successo? Dov’è mio fratello?
Fu Fernando a spiegargli cosa fosse accaduto in sua assenza e fu quasi un dolore fisico per me assistere alla sua reazione, il suo dolore soffocato, la delusione, la preoccupazione, la rabbia.
Non sarebbe dovuto succedere, non a quel punto, non adesso che mancava così poco alla fuga.
Restammo a lungo in silenzio, in cerca di una soluzione, ma il problema era complicato e non c’era più molto tempo. Tra poco meno di 48 ore, Lincoln sarebbe stato condotto sulla sedia elettrica e prima dell’ultimo incontro concesso ai familiari, al condannato non sarebbe stato concesso di lasciare la cella d’isolamento dov’era stato spedito a causa della sua ultima prodezza. Il piano era stato pensato perché tutto il gruppo partisse dalla stanzetta delle guardie, ma ormai era chiaro che Lincoln non potesse più arrivare né a quella stanza, né all’infermeria.
Era terribilmente frustrante spremere le meningi come limoni e non riuscire a ricavarne alcunché, e il peggio era che le cattive notizie sembravano non avere fine. Poco prima della fine del turno infatti, Bagwell era riapparso, raggiungendoci con la solita faccia da schiaffi… e purtroppo non solo con quella.
  • Ci sono novità ragazzi. Uno dei partecipanti alla “grande fuga” ha appena dato fourfait!
La sua mancanza di tatto gli era quasi costato il linciaggio. Dopo la sua entrata in scena, Michael gli aveva lanciato addosso un’occhiata truce che avrebbe potuto disintegrare anche il granito, ma immediatamente tutti e cinque c’eravamo resi conto che T-Bag non potesse sapere di Lincoln.
  • Di chi parli?  -  gli chiese Michael stranito.
  • Del mafioso ovviamente. Non avete sentito l’elicottero?
Effettivamente avevo percepito il rumore di un elicottero in lontananza avvicinarsi sempre più, poco dopo che Lincoln era stato portato via. Il rumore delle pale rotanti, persistente per una manciata di minuti, si era fatto sempre più tenue, finché si era annullato del tutto. Nessuno di noi aveva avuto il coraggio di uscire a vedere cosa fosse appena successo. Poi era riapparso Michael, Fernando aveva spiegato cosa era accaduto a Lincoln e la sofferenza dipinta sul volto del mio amico mi aveva fatto completamente dimenticare dell’elicottero.
  • Che cos’è successo?  -  chiese Sucre.
  • Qualcuno ha tentato di accoppare il caro John. Chissà, forse quei polli mafiosi suoi amici sono tornati nel pollaio per vendicarsi.  -  rispose spiccio il pedofilo.
Non sembrava che la cosa l’avesse scosso più di tanto, dato il modo in cui ne parlava. Mi chiesi se esistesse qualcosa al mondo che potesse scuoterlo, escludendo il suo orgoglio da galeotto incallito.
  • Beh, poco male.  -  riprese.  -  Era quello che volevamo, no? Convincere qualcuno a tirarsi indietro. Adesso siamo in sei…
  • Veramente siamo in cinque.  -  precisò C-Note.  -  Lincoln è fuori gioco.
Lo fissai inorridendo.  -  Complimenti per il tatto, sul serio.  -  dissi nauseata, prima di voltarmi verso Michael per assicurarmi che stesse bene.
Il ragazzo però sembrava non aver sentito.  -  Dobbiamo rimandare la fuga.  -  disse asciutto.
  • Ehi no, non scherziamo, noi non rimandiamo proprio niente!  -  replicò subito in disaccordo C-Note.
Ecco, ci siamo. Prevedevo fulmini e tempeste all’orizzonte.
  • Allora non hai capito, l’evasione è rimandata se prima non tiro fuori mio fratello da quel buco.
  • Non si rimanda proprio niente invece. Mi dispiace tanto per tuo fratello, che Dio lo benedica, ma ormai è spacciato. Non lo faranno più uscire di là se non per condurlo alla sua esecuzione.
Ero scioccata. Mai vista o sentita tanta insensibilità.
Di lì a poco, com’era ovvio che accadesse, esplose un dibattito fuori misura che vide Michael precipitare nel bel mezzo di un ammutinamento. Per quanto trovassi ingrato quel comportamento da parte del gruppo, infondo non era poi così inaspettato. Anche T-Bag e gli altri appoggiarono il voltafaccia di C-Note e Michael si ritrovò improvvisamente solo contro tutti. D'altronde, avrebbe dovuto prevedere quel risvolto della medaglia quando aveva deciso di fare comunella con dei galeotti.
  • Per quanto mi riguarda, io me ne andrò da qui oggi stesso.  -  proclamò C-Note con evidente spudoratezza.  -  E’ un’occasione imperdibile. Ogni giorno aumenta il rischio che le guardie ci scoprano e io non voglio rischiare tutto per tentare di salvare un solo uomo.
  • Se si tratta di ora o mai più, io scelgo di evadere.  -  continuò Westmoreland a disagio.  -  Anche a me dispiace per Lincoln, credimi, ma ormai non c’è più niente che tu possa fare Michael. Le cose sono andate così. Vieni con noi.
Anche Charles aveva espresso il suo punto di vista. L’attenzione passò rapidamente a Sucre che si limitò a rimanere in silenzio, credo, per una questione di rispetto nei confronti del suo compagno di cella, e a T-Bag che, al contrario, espresse più che apertamente le sue intenzioni di voler proseguire col piano, con o senza il suo ideatore.
La maggioranza venne raggiunta e la decisione presa, ma il caparbio ingegnere edile non sembrò intenzionato a farsi metter in ombra dai suoi compagni.
  • Manderete tutto all’aria… il percorso non è finito!
  • Dobbiamo solo arrivare all’infermeria, togliere l’inferriata alla finestra, scavalcare il reticolato e oltrepassare il muro. Sei stato tu a dire che sarebbe stato facile. Hai fatto proprio un bel lavoro.
Il tono ironico e volutamente provocante del pedofilo arrivò dritto a destinazione, tanto da far perdere le staffe a Michael che gli si gettò addosso, spingendolo contro il muro di cartongesso. La parete instabile oscillò appena non essendo ancora stata fissata a dovere.
Sucre e C-Note dovettero intervenire per dividerli.
  • Fattene una ragione, ragazzo. Tenteremo la fuga durante il turno pomeridiano.  -  rimpolpò la dose quest’ultimo.
  • In pieno giorno? Così rovinerete tutto e vi farete scoprire. Sapete che vi dico, io non vi permetterò di distruggere tutto. Ve lo impedirò.
I toni ricominciavano a surriscaldarsi e non ero certa che sarei riuscita a trattenere il mio amico.
  • E che cosa farai? Denuncerai quello che tu stesso hai progettato?
Quando Michael, con aria minacciosa, fece un passo avanti in direzione del palestrato afroamericano che aveva di fronte, io lo afferrai per la camicia, tirandolo dalla parte opposta. Evidentemente aveva deciso di farsi massacrare di botte per perorare la propria causa, ma non glielo avrei permesso.
Mancava un battito di ciglia perché si scatenasse una rissa.
  • Adesso piantatela tutti quanti.  -  sbottai intromettendomi. Ero stufa di quella congiura. 
  • Il discorso non ti riguarda, dolcezza.  -  cercò di liquidarmi C-Note.
  • Dici? Eppure io sono a conoscenza di quello che accade qui dentro esattamente come lo siete voi. Mi sembra che abbiate espresso tutti il vostro parere, potreste anche concedere a Michael una tregua.  -  poi, voltandomi verso il mio amico, gli dissi conciliante  -  Forza, usciamo. Il turno è quasi finito. Andiamo a schiarirci le idee.
Aprii la porta e attesi di vederlo uscire dalla stanzetta, prima di fare lo stesso e seguirlo in direzione del cortile.
Per un po’ camminammo dritto davanti a noi. Non mi veniva niente in mente da poter dire per rompere il silenzio e rendere più leggero il fardello depositatosi sulle spalle del mio amico tatuato. Ero sempre stata un disastro con le parole quando si era trattato di trovare la cosa giusta da dire e con Michael era ancora più difficile, come difficile era la situazione che si era venuta a creare. Mi sentivo così… inutile.
  • Che cosa devo fare secondo te? -  mi domandò all’improvviso senza voltarsi a guardarmi.
Che cosa si poteva rispondere ad un uomo che stava per perdere il fratello?
  • Non lo so.
  • Tutti hanno detto la loro, tu sei l’unica a non aver espresso nessuna opinione.
  • Vuoi una frase di circostanza o vuoi sapere che cosa farei se fossi al tuo posto?
Quando i suoi occhi tristi incontrarono i miei, capii che una frase qualunque sarebbe andata bene lo stesso. Aveva solo bisogno che lo distraessi dai suoi pensieri. Nient’altro.
  • So già che faresti al mio posto… tu sceglieresti di evadere.
Scrollai le spalle.  -  Probabile. Anch’io come te sarei disperata all’idea di perdere mio fratello… o mia sorella…  -  Per un istante pensai a Cloe e mi chiesi cos’avrei provato se al posto di Lincoln ci fosse stata lei. -  …Michael, so che la decisione non è semplice, ma riflettici un attimo. A meno che non accada un miracolo, Lincoln verrà legato a quella sedia che tu decida di evadere o no. Che cosa farai dopo? Avrai i tuoi 5 anni da scontare e sarai fortunato se non faranno risalire quel buco a te perché in caso contrario, ti verrebbero aggiunti altri 10 anni. Vuoi sul serio rimanere a Fox River per altri 15 anni?
 
Michael non rispose, era tornato a guardare dritto davanti a sé con aria assorta.
  • In ogni caso non trovo giusto che gli altri escano da qui senza di te. E’ il tuo piano.
  • Secondo te c’è un modo per contattare Lincoln o parlargli anche solo per pochi secondi?
Avevo la netta sensazione che non avesse sentito nemmeno una parola di ciò che avevo detto.
  • Sinceramente non ne ho idea. Probabilmente Pope avrà disposto che venga tenuto in isolamento fino alla sua esecuzione, e visto che è anche in punizione, non gli concederanno alcuna visita.
  • Mmm…
Immaginavo le rotelle del suo cervello ruotare vorticosamente, in piena attività.
  • Michael, che cosa stai architettando?
  • Solo un modo per far arrivare Lincoln in infermeria.
  • Impossibile. Essere spedito in isolamento comprende anche il ricevere cure mediche in cella, in modo da non dover essere portati in infermeria.
Le rotelle del suo cervello stavano fumando. Ne ero certa.
  • Penso di aver trovato un modo che ci permetta di evadere stanotte e di includere anche mio fratello… però avrò bisogno del tuo aiuto, Gwen.
***

Non avevo avuto il coraggio di tirarmi indietro quando Michael mi aveva esposto il suo piano, nonostante lo considerassi folle e del tutto a mio sfavore. Io desideravo che l’evasione riuscisse, soprattutto da quando mi ero resa conto che Lincoln potesse essere davvero innocente, e date le circostanze ero ben felice di offrire il mio aiuto, ma questo non comprendeva l’esporsi in prima persona e peggiorare la propria situazione.
Stavo rischiando parecchio e Michael lo sapeva, ma ovviamente non poteva preoccuparsene dato che quella era la sua ultima speranza prima di veder friggere il fratello sulla sedia elettrica.
Mentre Green Rizzo mi scortava dalla mia cella alla stanza del direttore Pope, ripensai a ciò che avrei dovuto fare.
Fino a quel momento il direttore si era dimostrato ben disposto nei miei confronti, concedendomi dei favori che probabilmente non avrebbe mai concesso se fossi stata un uomo o se non fossi stata la figliastra del suo amico di college.

Michael contava sul fatto che anche questa volta Pope si lasciasse convincere a concedermi l’ennesimo favore, ma io non ero molto ottimista in proposito. Non solo temevo che si sarebbe rifiutato, ma cosa ben peggiore, temevo che potesse insospettirsi per la strana richiesta.
La vita di Lincoln dipendeva dalla concessione di Pope e io mi sentivo come sui carboni ardenti, mentre superavamo uno dopo l’altro i cancelli blindati fino ad arrivare all’ala sud del penitenziario. 
  • Ciao Gwyneth  -  mi accolse immediatamente Becky vedendomi arrivare.  -  Ci rivediamo, eh?
  • Già.  -  sospirai.
Ero l’unico detenuto in tutta Fox River che avesse incontrato Henry Pope nel suo ufficio per ben quattro volte nell’arco di un mese. Era un po’ come essere tornata all’università, puntualmente richiamata nell’ufficio del Rettore.
  • Il direttore ti riceverà subito.
  • Ok… e per caso…ahm, sai anche dirmi di che umore è oggi?
La donna parve presa alla sprovvista.  -  Il solito credo.
 
Pochi secondi dopo Rizzo mi liberò dalle manette perché potessi fare il mio ingresso nell’ufficio di Pope.
L’uomo, già seduto dietro la sua scrivania, mi schioccò un’occhiata micidiale appena mossi il primo piede in avanti. Non era certamente felice di vedermi e non tardò a lungo a farmelo notare.
  • A quanto pare le parole “Spero di non rivederla più nel mio ufficio, signorina Hudson” per te non hanno alcun significato.  -  sbuffò seccato.  -  Che cos’è successo questa volta?
Invece di rispondere subito alla sua domanda, cercai di acquietare le acque, per quanto fosse possibile.
  • So di averle arrecato un notevole disturbo signor direttore, e mi dispiace. Non so se ha saputo, il mio avvocato ha ottenuto una revisione della pena imputatami. Tra un mese lascerò Fox River.
  • Si aprano le porte dell’inferno se deciderò di far entrare un’altra ragazzina nel mio penitenziario!  -  esclamò, sollevando le braccia al cielo.  -  Perlomeno sei ancora viva e vegeta e questo mi sembra già un grosso risultato. Allora, cosa posso fare per te Gwyneth che non abbia già fatto?
Feci un passo in avanti, ma non mi azzardai a sedermi visto che non era stato lui a invitarmi a farlo.
  • Ecco… forse le sembrerà una strana richiesta, ma come ben saprà domani sera Lincoln Burrows verrà giustiziato per i suoi crimini e io… beh ecco, io vorrei chiederle se per caso non fosse possibile ottenere un permesso per vederlo…voglio dire, per dirgli addio.
L’uomo non nascose la propria sorpresa.  -  In effetti è una strana richiesta. Che cosa c’entri tu con Lincoln Burrows?
  • Durante questo periodo a Fox River ho avuto modo di conoscere Lincoln, abbiamo fatto amicizia. Purtroppo lui è stato portato via durante il turno di lavoro. Io non credevo che sarebbe arrivato ad aggredire una guardia. Sono sicura che si sia lasciato prendere dal panico, lui non è pericoloso…
  • E’ stato condannato a morte.  -  sottolineò l’uomo, ovvio.
  • Lo so, ma lui è stato molto gentile con me e io vorrei solo poterlo salutare.
  • Signorina Hudson…
Lo interruppi prima che potesse opporsi.  -  So cosa sta per dire, aggredire una guardia è pur sempre un reato grave e il fatto che l’esecuzione sia fissata per domani non gli dà il diritto di diventare violento…
  • Signorina Hudson…
  • …ma cerchi di mettersi nei suoi panni. E’ stata la disperazione a spingerlo a comportarsi in questo modo. Lui non avrebbe voluto fare del male a nessuno.
  • Gwyneth, quello che mi stai chiedendo è impossibile. Lincoln Burrows non potrà uscire dall’isolamento, né potrà ricevere alcuna visita, con eccezione fatta per il prete e per la dottoressa Tancredi. Il detenuto potrà usufruire delle ultime ore serali di domani per poter trascorrere del tempo insieme al fratello, ma non posso concedere lo stesso permesso a te non essendo né un parente, né un conoscente stretto. Mi dispiace molto per Burrows e mi dispiace molto anche per te, che abbiate fatto amicizia è una bella cosa, ma questo è un penitenziario e queste sono le sue regole.
Non avrebbe cambiato idea, ne ero certa. Da una parte avrei voluto girare i tacchi e tornarmene nella mia cella. Ammiravo Henry Pope, era un brav’uomo, il classico incorruttibile. Era un buon direttore e con me si era comportato in maniera quasi paterna da quando ero arrivata a Fox River. Se solo avessi avuto un’alternativa, non mi sarei mai messa contro di lui, non solo perché avrei dovuto trascorrere in quel posto un altro mese e non sarebbe stato intelligente inimicarmi l’unico uomo rimasto dalla mia parte fino a quel momento, ma anche perché provavo nei suoi confronti una sorta di rispetto profondo e sincero. 
  • Torna nella tua cella Gwyneth e se ci tieni davvero a quell’uomo, prega per la sua anima perché ne avrà bisogno.  -  continuò, dando per scontato che la nostra conversazione fosse finita.
Non mi mossi. Restai in piedi a fissarlo, indecisa se restare o andarmene.
Avevo fatto del mio meglio, avevo supplicato Pope perché mi permettesse di arrivare a Lincoln e lui non aveva voluto piegarsi. Che altro avrei dovuto fare se non del mio peggio?
Avevo promesso a Michael che lo avrei aiutato a salvare suo fratello. Non potevo tradirlo.
  • C’è dell’altro?  -  mi chiese ancora, impaziente di liberarsi di me.
Prendendo finalmente una decisione, raggiunsi la sedia di fronte a quella del direttore e mi sedetti con un’accavallata strategica che mi permise di marcare un atteggiamento sicuro e deciso.
Abbandonata ogni traccia di cortesia e comprensione, adesso ero pronta a passare alle maniere forti.
  • E’ buffo che lei lo chieda.  -  L’espressione sul viso del direttore si fece improvvisamente indispettita.  -  Stavo riflettendo su quello che diceva del pregare per l’anima di Lincoln perché, a ben pensarci, se c’è qualche anima per cui bisognerebbe pregare, questa non è certo quella sua. Voglio dire, quel pover’uomo domani notte renderà conto dei suoi peccati davanti a Dio e non dovrà più preoccuparsi degli uomini in Terra che lo hanno giudicato, come invece dovrebbero fare coloro che restano e che hanno la coscienza sporca, le pare?
L’uomo ci rifletté un attimo, palesemente spiazzato. Ero sicura che l’improvviso cambiamento di tono e di atteggiamento in me lo avesse confuso.
  • Non so che cosa dire  -  mormorò semplicemente.
  • Lo immaginavo. Le faccio una domanda. Lei prega per la sua anima, direttore?
Il disagio si trasformò in turbamento.  -  Beh…si.
Gli sorrisi diabolica.  -  Bene, perché suppongo che a causa di quella vecchia faccenda di Toledo gravi su di lei un pesante fardello, dico bene?  -  Feci una pausa strategica.  -  Come diavolo le è venuto in mente di tradire sua moglie con una prostituta messicana? E quel povero ragazzino… aveva solo 17 anni. Che morte orribile.
 
La reazione dell’uomo, come avevo immaginato, proruppe in pochi istanti e qualcosa baluginò nei suoi occhi mentre il viso gli diventava rosso di rabbia.
  • Di che cosa stai parlando?!
  • Suvvia direttore, sa benissimo di cosa sto parlando. E’ stato Keith Sawyer ad occuparsi della faccenda quando due anni fa lei gli chiese di rintracciare suo figlio, nato da un rapporto occasionale con una prostituta dei bassifondi. Dando un’occhiata ai vecchi casi ai quali il mio patrigno aveva lavorato ho trovato un fascicolo denominato “Toledo”. Non immagina neanche la mia sorpresa quando ho trovato la cartelletta con sopra il suo nome.
La mia espressione, così come il mio tono, avevano cancellato qualunque cenno di rispetto e delicatezza per risuonare impassibile di fronte all’uomo sprezzante che mi sedeva di fronte.
Pope era letteralmente fuori di sé. Aveva il mento di fuori e le vene del collo tese come corde.
  • Maledetta figlia di puttana!!! Hai fatto ricerche su di me!  -  sibilò a denti stretti, stringendo entrambe le mani al tavolo della scrivania.
Non mi lasciai impressionare.  -  Dimentica chi ha deciso di includere nel suo penitenziario.
  • Già, ed è così che mi ripaghi? Ricattandomi?
  • Nessuno qui ha parlato di ricatti. Personalmente non ho nulla contro di lei, tutt’altro. Le mie intenzioni sono di finire di scontare la mia condanna da detenuta modello. Non ho alcun interesse a divulgare le informazioni di cui sono in possesso… a meno di non esserne costretta, è ovvio.
  • E dici che non si tratta di ricatto.
Feci spallucce.  -  Io voglio vedere Lincoln Burrows, tutto qui, e lei vuole impedirmelo sulla base di una stupida precauzione di sicurezza che non sarebbe neanche entrata in atto se Lincoln stamattina non avesse aggredito Geary. -  replicai tagliente.
  • Stiamo parlando di un condannato a morte, per Dio! Ti rendi conto che non ho concesso questo permesso neanche a suo fratello? Ricattare un funzionario statale è un reato ancora più grave dell’aggressione ad una guardia. Potrei denunciarti per questo.
  • Potrebbe si, ma io non credo che lo farà.  -  risposi sicura, marcando la mia posizione di controllo.  -  Credeva davvero che sarei arrivata in un penitenziario di massima sicurezza maschile munita di sola buona volontà e sfacciataggine? Ovviamente no. Non amo ricevere sorprese dalle persone di cui mi circondo. Ancor prima di mettere piede a Fox River, avevo già tutte le informazioni che mi servivano sui detenuti, sul personale e ovviamente su di lei. Devo dire che la sua è stata una delle letture più interessanti… quindi la prego, non faccia l’errore di mettersi contro di me. Ho piegato personaggi molto più in alto di lei, gliel’assicuro, e l’ex governatore Carl Adelphi potrebbe confermarglielo.
Era davvero furioso. Sentivo i suoi denti scricchiolare persino dal posto in cui mi trovavo, ma non mi intimidiva affatto.
  • Mia moglie sa tutto della storia di Toledo.  -  ci tenne a precisare, convinto di sminuire il ricatto.
  • Buon per lei.
Per un attimo mi parve che l’uomo tentennasse.  -  Mi stai dicendo che se non ti permetterò di vedere Burrows, renderai pubblica la faccenda di Toledo?
  • Le sto dicendo che odio essere contrariata.
  • Non posso credere che tu mi stia facendo questo. Ho messo a rischio la mia carriera per ammetterti nel mio carcere e limitare al minimo i rischi, e tu hai il coraggio di presentarti qui, nel mio ufficio, a ricattarmi?  -  Rise amaramente, scuotendo il capo da una parte all’altra.  -  E dire che Keith mi aveva avvertito che fossi un tipetto singolare… vuoi sentire le esatte parole con le quali ti ha descritta il tuo patrigno? Ti ha definita un soggetto sociopatico, paranoico e fortemente manipolatore.
  • Keith mi conosce proprio bene!  -  esclamai sarcastica.
  • Quando sei entrata nel mio ufficio la prima volta, credevo che il mio amico avesse esagerato, ma adesso so che aveva ragione. In 40 anni di carriera ne ho visti passare assassini e psicopatici nel mio carcere, ma tu sei di gran lunga la più subdola.
Sollevai entrambe le sopracciglia nella sua direzione, fingendomi oltraggiata.
  • Ma sentite da che pulpito! Lei ha tradito sua moglie con una prostituta dalla quale ha avuto un figlio, lo ha abbandonato lavandosene le mani e lasciando che morisse a soli 17 anni per overdose, e quella subdola sarei io?
Sbattendo un pugno sul tavolo, Pope scattò in piedi con occhi pieni di odio e di risentimento.
  • Non te la darò vinta, piccola stronza!  -  sbraitò, alzando la voce.  -  Vuoi spiattellare il mio passato ai media? Fa pure, ma sappi che anch’io ho le mie carte da giocare e non esiterò un attimo a sbatterti fuori e rivelare la tua vera identità, e allora vedremo quale delle due notizie farà più scalpore.
Non potevo credere alle mie orecchie. Allora era proprio vero che anche l’uomo più integro, se messo alle strette, tirava fuori le unghia.
  • Davvero vuole giocare questo gioco contro di me?  -  Non aveva proprio capito con chi aveva a che fare.  -  D’accordo, faccia pure.  -  esclamai fresca come una rosa.
L’uomo, colto alla sprovvista, non seppe cosa ribattere.
  • La notizia che una ragazza è stata trasferita in una sezione carceraria maschile è già trapelata ai media, direttore, ed era esattamente quello che volevo.  -  Gli sorrisi priva di ogni emozione.  -  Quando uscirò da qui, dimostrerò la mia innocenza e sarò io stessa a rendere pubblica la verità e, come si suol dire… chi ha diffamato, verrà diffamato. Perciò se lei vuole vuotare il sacco subito io non la fermerò, anche se ho la sensazione che vada più a sfavore suo che mio.
Sfidavo chiunque a non considerarlo un discorso convincente e ad effetto. Era ovvio che ormai avessi raggiunto il mio scopo. Mancava poco perché il direttore capitolasse una volta per tutte e all’improvviso, inspiegabilmente, fissando l’uomo che mi sedeva di fronte, mi sentii malissimo.
Era come se a quell’uomo tutto d’un pezzo in un istante fosse stata risucchiata la dignità ed era colpa mia, ero stata io a ridurlo in quello stato.
“Non potevo fare altrimenti. L’ho fatto per Lincoln” ripetei a me stessa per alleggerire il senso di colpa, ma era davvero quello il motivo? Chi volevo prendere in giro? Pope aveva ragione, ero subdola, manipolatrice. Ero fatta così.
  • Mi dispiace per come sono andate le cose, direttore.  -  proseguii lentamente.  -  Non voglio screditarla o giudicarla. Sono solo triste per Lincoln… voglio potergli dire addio.
  • Immagino sia una novità per te, avere degli amici intendo. E’ così che ti comporti con tutti quelli che si preoccupano per te? Pugnalandoli alle spalle?
Sospirai, incassando il colpo. Me l’ero meritata.
  • Non sono quello che crede.  -  ma per quanto ci provavo, anch’io facevo fatica a credere alle mie stesse parole.
  • GUARDIA!!!  -  chiamò forte affinché Rizzo, ancora in attesa nell’anticamera, lo sentisse. Il secondino non si fece attendere e comparve dopo due secondi.  -  Green, accompagna la signorina Sawyer nella sua cella e dì a Geary di venire nel mio ufficio, subito.  -  poi rivolgendosi nuovamente a me, aggiunse  -  Ti permetterò di vedere Burrows, ma solo per 5 minuti, 5 minuti esatti. Ti accompagnerà Geary e resterà con te e Burrows per tutta la durata dell’incontro. Inoltre, sarai perquisita da capo a piedi sia prima che dopo, all’uscita. Questi sono gli accordi.
  • Avete paura che gli lasci una delle mie forcine e che tenti di evadere?  -  Il tentativo di sarcasmo fallì miseramente.  -  D’accordo, per me va bene.
A quel punto lasciai la poltrona. La conversazione era finita, ma il direttore mi stava ancora fissando in cagnesco.
  • Adesso sparisci di qua e non azzardarti a mettere più piede nel mio ufficio.  -  sibilò l’uomo, alzandosi anch’egli per darmi le spalle.
Al mio fianco, Rizzo mi lanciò uno sguardo interrogativo che cercai di ignorare porgendogli i polsi perché mi ammanettasse come da prassi. Quindi lasciammo l’ufficio per tornare nel Braccio dei detenuti.
Mentre percorrevamo i lunghi corridoi, superando uno dopo l’altro i cancelli blindati, ripensai a quello che avevo appena fatto per il bene di un detenuto che conoscevo a malapena. Non sarei più potuta tornare nell’ufficio di Pope, il direttore era stato chiaro, non ero più la benvenuta. Nell’ultimo mese, oltre che sull’aiuto di Michael e Lincoln, avevo potuto contare anche sull’appoggio di Pope e invece adesso, oltre a perdere i miei due amici avrei dovuto fare a meno anche della protezione del direttore del penitenziario. Proprio un bell’affare!
Quello che mi preoccupava davvero al momento era la reazione di Keith. Temevo che non avrebbe capito e che non mi avrebbe mai perdonata per aver ricattato Pope. L’affetto che nutrivo nei confronti di Keith e Meredith era la sola cosa che importasse. Loro non avrebbero mai dovuto sapere del gesto sconsiderato che aveva appena compiuto.
   
 
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