- Ragazzi ci siamo. E’ per stasera! - lo sentimmo esclamare entusiasta.
- Michael… c’è un problema… - mormorò lentamente Charles.
- Che cos’è successo? Dov’è mio fratello?
Non sarebbe dovuto succedere, non a quel punto, non adesso che mancava così poco alla fuga.
Restammo a lungo in silenzio, in cerca di una soluzione, ma il problema era complicato e non c’era più molto tempo. Tra poco meno di 48 ore, Lincoln sarebbe stato condotto sulla sedia elettrica e prima dell’ultimo incontro concesso ai familiari, al condannato non sarebbe stato concesso di lasciare la cella d’isolamento dov’era stato spedito a causa della sua ultima prodezza. Il piano era stato pensato perché tutto il gruppo partisse dalla stanzetta delle guardie, ma ormai era chiaro che Lincoln non potesse più arrivare né a quella stanza, né all’infermeria.
Era terribilmente frustrante spremere le meningi come limoni e non riuscire a ricavarne alcunché, e il peggio era che le cattive notizie sembravano non avere fine. Poco prima della fine del turno infatti, Bagwell era riapparso, raggiungendoci con la solita faccia da schiaffi… e purtroppo non solo con quella.
- Ci sono novità ragazzi. Uno dei partecipanti alla “grande fuga” ha appena dato fourfait!
- Di chi parli? - gli chiese Michael stranito.
- Del mafioso ovviamente. Non avete sentito l’elicottero?
- Che cos’è successo? - chiese Sucre.
- Qualcuno ha tentato di accoppare il caro John. Chissà, forse quei polli mafiosi suoi amici sono tornati nel pollaio per vendicarsi. - rispose spiccio il pedofilo.
- Beh, poco male. - riprese. - Era quello che volevamo, no? Convincere qualcuno a tirarsi indietro. Adesso siamo in sei…
- Veramente siamo in cinque. - precisò C-Note. - Lincoln è fuori gioco.
Il ragazzo però sembrava non aver sentito. - Dobbiamo rimandare la fuga. - disse asciutto.
- Ehi no, non scherziamo, noi non rimandiamo proprio niente! - replicò subito in disaccordo C-Note.
- Allora non hai capito, l’evasione è rimandata se prima non tiro fuori mio fratello da quel buco.
- Non si rimanda proprio niente invece. Mi dispiace tanto per tuo fratello, che Dio lo benedica, ma ormai è spacciato. Non lo faranno più uscire di là se non per condurlo alla sua esecuzione.
Di lì a poco, com’era ovvio che accadesse, esplose un dibattito fuori misura che vide Michael precipitare nel bel mezzo di un ammutinamento. Per quanto trovassi ingrato quel comportamento da parte del gruppo, infondo non era poi così inaspettato. Anche T-Bag e gli altri appoggiarono il voltafaccia di C-Note e Michael si ritrovò improvvisamente solo contro tutti. D'altronde, avrebbe dovuto prevedere quel risvolto della medaglia quando aveva deciso di fare comunella con dei galeotti.
- Per quanto mi riguarda, io me ne andrò da qui oggi stesso. - proclamò C-Note con evidente spudoratezza. - E’ un’occasione imperdibile. Ogni giorno aumenta il rischio che le guardie ci scoprano e io non voglio rischiare tutto per tentare di salvare un solo uomo.
- Se si tratta di ora o mai più, io scelgo di evadere. - continuò Westmoreland a disagio. - Anche a me dispiace per Lincoln, credimi, ma ormai non c’è più niente che tu possa fare Michael. Le cose sono andate così. Vieni con noi.
La maggioranza venne raggiunta e la decisione presa, ma il caparbio ingegnere edile non sembrò intenzionato a farsi metter in ombra dai suoi compagni.
- Manderete tutto all’aria… il percorso non è finito!
- Dobbiamo solo arrivare all’infermeria, togliere l’inferriata alla finestra, scavalcare il reticolato e oltrepassare il muro. Sei stato tu a dire che sarebbe stato facile. Hai fatto proprio un bel lavoro.
Sucre e C-Note dovettero intervenire per dividerli.
- Fattene una ragione, ragazzo. Tenteremo la fuga durante il turno pomeridiano. - rimpolpò la dose quest’ultimo.
- In pieno giorno? Così rovinerete tutto e vi farete scoprire. Sapete che vi dico, io non vi permetterò di distruggere tutto. Ve lo impedirò.
- E che cosa farai? Denuncerai quello che tu stesso hai progettato?
Mancava un battito di ciglia perché si scatenasse una rissa.
- Adesso piantatela tutti quanti. - sbottai intromettendomi. Ero stufa di quella congiura.
- Il discorso non ti riguarda, dolcezza. - cercò di liquidarmi C-Note.
- Dici? Eppure io sono a conoscenza di quello che accade qui dentro esattamente come lo siete voi. Mi sembra che abbiate espresso tutti il vostro parere, potreste anche concedere a Michael una tregua. - poi, voltandomi verso il mio amico, gli dissi conciliante - Forza, usciamo. Il turno è quasi finito. Andiamo a schiarirci le idee.
Per un po’ camminammo dritto davanti a noi. Non mi veniva niente in mente da poter dire per rompere il silenzio e rendere più leggero il fardello depositatosi sulle spalle del mio amico tatuato. Ero sempre stata un disastro con le parole quando si era trattato di trovare la cosa giusta da dire e con Michael era ancora più difficile, come difficile era la situazione che si era venuta a creare. Mi sentivo così… inutile.
- Che cosa devo fare secondo te? - mi domandò all’improvviso senza voltarsi a guardarmi.
- Non lo so.
- Tutti hanno detto la loro, tu sei l’unica a non aver espresso nessuna opinione.
- Vuoi una frase di circostanza o vuoi sapere che cosa farei se fossi al tuo posto?
- So già che faresti al mio posto… tu sceglieresti di evadere.
Michael non rispose, era tornato a guardare dritto davanti a sé con aria assorta.
- In ogni caso non trovo giusto che gli altri escano da qui senza di te. E’ il tuo piano.
- Secondo te c’è un modo per contattare Lincoln o parlargli anche solo per pochi secondi?
- Sinceramente non ne ho idea. Probabilmente Pope avrà disposto che venga tenuto in isolamento fino alla sua esecuzione, e visto che è anche in punizione, non gli concederanno alcuna visita.
- Mmm…
- Michael, che cosa stai architettando?
- Solo un modo per far arrivare Lincoln in infermeria.
- Impossibile. Essere spedito in isolamento comprende anche il ricevere cure mediche in cella, in modo da non dover essere portati in infermeria.
- Penso di aver trovato un modo che ci permetta di evadere stanotte e di includere anche mio fratello… però avrò bisogno del tuo aiuto, Gwen.
Non avevo avuto il coraggio di tirarmi indietro quando Michael mi aveva esposto il suo piano, nonostante lo considerassi folle e del tutto a mio sfavore. Io desideravo che l’evasione riuscisse, soprattutto da quando mi ero resa conto che Lincoln potesse essere davvero innocente, e date le circostanze ero ben felice di offrire il mio aiuto, ma questo non comprendeva l’esporsi in prima persona e peggiorare la propria situazione.
Stavo rischiando parecchio e Michael lo sapeva, ma ovviamente non poteva preoccuparsene dato che quella era la sua ultima speranza prima di veder friggere il fratello sulla sedia elettrica.
Mentre Green Rizzo mi scortava dalla mia cella alla stanza del direttore Pope, ripensai a ciò che avrei dovuto fare.
Fino a quel momento il direttore si era dimostrato ben disposto nei miei confronti, concedendomi dei favori che probabilmente non avrebbe mai concesso se fossi stata un uomo o se non fossi stata la figliastra del suo amico di college.
Michael contava sul fatto che anche questa volta Pope si lasciasse convincere a concedermi l’ennesimo favore, ma io non ero molto ottimista in proposito. Non solo temevo che si sarebbe rifiutato, ma cosa ben peggiore, temevo che potesse insospettirsi per la strana richiesta.
La vita di Lincoln dipendeva dalla concessione di Pope e io mi sentivo come sui carboni ardenti, mentre superavamo uno dopo l’altro i cancelli blindati fino ad arrivare all’ala sud del penitenziario.
- Ciao Gwyneth - mi accolse immediatamente Becky vedendomi arrivare. - Ci rivediamo, eh?
- Già. - sospirai.
- Il direttore ti riceverà subito.
- Ok… e per caso…ahm, sai anche dirmi di che umore è oggi?
Pochi secondi dopo Rizzo mi liberò dalle manette perché potessi fare il mio ingresso nell’ufficio di Pope.
L’uomo, già seduto dietro la sua scrivania, mi schioccò un’occhiata micidiale appena mossi il primo piede in avanti. Non era certamente felice di vedermi e non tardò a lungo a farmelo notare.
- A quanto pare le parole “Spero di non rivederla più nel mio ufficio, signorina Hudson” per te non hanno alcun significato. - sbuffò seccato. - Che cos’è successo questa volta?
- So di averle arrecato un notevole disturbo signor direttore, e mi dispiace. Non so se ha saputo, il mio avvocato ha ottenuto una revisione della pena imputatami. Tra un mese lascerò Fox River.
- Si aprano le porte dell’inferno se deciderò di far entrare un’altra ragazzina nel mio penitenziario! - esclamò, sollevando le braccia al cielo. - Perlomeno sei ancora viva e vegeta e questo mi sembra già un grosso risultato. Allora, cosa posso fare per te Gwyneth che non abbia già fatto?
- Ecco… forse le sembrerà una strana richiesta, ma come ben saprà domani sera Lincoln Burrows verrà giustiziato per i suoi crimini e io… beh ecco, io vorrei chiederle se per caso non fosse possibile ottenere un permesso per vederlo…voglio dire, per dirgli addio.
- Durante questo periodo a Fox River ho avuto modo di conoscere Lincoln, abbiamo fatto amicizia. Purtroppo lui è stato portato via durante il turno di lavoro. Io non credevo che sarebbe arrivato ad aggredire una guardia. Sono sicura che si sia lasciato prendere dal panico, lui non è pericoloso…
- E’ stato condannato a morte. - sottolineò l’uomo, ovvio.
- Lo so, ma lui è stato molto gentile con me e io vorrei solo poterlo salutare.
- Signorina Hudson…
- Signorina Hudson…
- …ma cerchi di mettersi nei suoi panni. E’ stata la disperazione a spingerlo a comportarsi in questo modo. Lui non avrebbe voluto fare del male a nessuno.
- Gwyneth, quello che mi stai chiedendo è impossibile. Lincoln Burrows non potrà uscire dall’isolamento, né potrà ricevere alcuna visita, con eccezione fatta per il prete e per la dottoressa Tancredi. Il detenuto potrà usufruire delle ultime ore serali di domani per poter trascorrere del tempo insieme al fratello, ma non posso concedere lo stesso permesso a te non essendo né un parente, né un conoscente stretto. Mi dispiace molto per Burrows e mi dispiace molto anche per te, che abbiate fatto amicizia è una bella cosa, ma questo è un penitenziario e queste sono le sue regole.
- Torna nella tua cella Gwyneth e se ci tieni davvero a quell’uomo, prega per la sua anima perché ne avrà bisogno. - continuò, dando per scontato che la nostra conversazione fosse finita.
Avevo fatto del mio meglio, avevo supplicato Pope perché mi permettesse di arrivare a Lincoln e lui non aveva voluto piegarsi. Che altro avrei dovuto fare se non del mio peggio?
Avevo promesso a Michael che lo avrei aiutato a salvare suo fratello. Non potevo tradirlo.
- C’è dell’altro? - mi chiese ancora, impaziente di liberarsi di me.
Abbandonata ogni traccia di cortesia e comprensione, adesso ero pronta a passare alle maniere forti.
- E’ buffo che lei lo chieda. - L’espressione sul viso del direttore si fece improvvisamente indispettita. - Stavo riflettendo su quello che diceva del pregare per l’anima di Lincoln perché, a ben pensarci, se c’è qualche anima per cui bisognerebbe pregare, questa non è certo quella sua. Voglio dire, quel pover’uomo domani notte renderà conto dei suoi peccati davanti a Dio e non dovrà più preoccuparsi degli uomini in Terra che lo hanno giudicato, come invece dovrebbero fare coloro che restano e che hanno la coscienza sporca, le pare?
- Non so che cosa dire - mormorò semplicemente.
- Lo immaginavo. Le faccio una domanda. Lei prega per la sua anima, direttore?
Gli sorrisi diabolica. - Bene, perché suppongo che a causa di quella vecchia faccenda di Toledo gravi su di lei un pesante fardello, dico bene? - Feci una pausa strategica. - Come diavolo le è venuto in mente di tradire sua moglie con una prostituta messicana? E quel povero ragazzino… aveva solo 17 anni. Che morte orribile.
La reazione dell’uomo, come avevo immaginato, proruppe in pochi istanti e qualcosa baluginò nei suoi occhi mentre il viso gli diventava rosso di rabbia.
- Di che cosa stai parlando?!
- Suvvia direttore, sa benissimo di cosa sto parlando. E’ stato Keith Sawyer ad occuparsi della faccenda quando due anni fa lei gli chiese di rintracciare suo figlio, nato da un rapporto occasionale con una prostituta dei bassifondi. Dando un’occhiata ai vecchi casi ai quali il mio patrigno aveva lavorato ho trovato un fascicolo denominato “Toledo”. Non immagina neanche la mia sorpresa quando ho trovato la cartelletta con sopra il suo nome.
Pope era letteralmente fuori di sé. Aveva il mento di fuori e le vene del collo tese come corde.
- Maledetta figlia di puttana!!! Hai fatto ricerche su di me! - sibilò a denti stretti, stringendo entrambe le mani al tavolo della scrivania.
- Già, ed è così che mi ripaghi? Ricattandomi?
- Nessuno qui ha parlato di ricatti. Personalmente non ho nulla contro di lei, tutt’altro. Le mie intenzioni sono di finire di scontare la mia condanna da detenuta modello. Non ho alcun interesse a divulgare le informazioni di cui sono in possesso… a meno di non esserne costretta, è ovvio.
- E dici che non si tratta di ricatto.
- Stiamo parlando di un condannato a morte, per Dio! Ti rendi conto che non ho concesso questo permesso neanche a suo fratello? Ricattare un funzionario statale è un reato ancora più grave dell’aggressione ad una guardia. Potrei denunciarti per questo.
- Potrebbe si, ma io non credo che lo farà. - risposi sicura, marcando la mia posizione di controllo. - Credeva davvero che sarei arrivata in un penitenziario di massima sicurezza maschile munita di sola buona volontà e sfacciataggine? Ovviamente no. Non amo ricevere sorprese dalle persone di cui mi circondo. Ancor prima di mettere piede a Fox River, avevo già tutte le informazioni che mi servivano sui detenuti, sul personale e ovviamente su di lei. Devo dire che la sua è stata una delle letture più interessanti… quindi la prego, non faccia l’errore di mettersi contro di me. Ho piegato personaggi molto più in alto di lei, gliel’assicuro, e l’ex governatore Carl Adelphi potrebbe confermarglielo.
- Mia moglie sa tutto della storia di Toledo. - ci tenne a precisare, convinto di sminuire il ricatto.
- Buon per lei.
- Le sto dicendo che odio essere contrariata.
- Non posso credere che tu mi stia facendo questo. Ho messo a rischio la mia carriera per ammetterti nel mio carcere e limitare al minimo i rischi, e tu hai il coraggio di presentarti qui, nel mio ufficio, a ricattarmi? - Rise amaramente, scuotendo il capo da una parte all’altra. - E dire che Keith mi aveva avvertito che fossi un tipetto singolare… vuoi sentire le esatte parole con le quali ti ha descritta il tuo patrigno? Ti ha definita un soggetto sociopatico, paranoico e fortemente manipolatore.
- Keith mi conosce proprio bene! - esclamai sarcastica.
- Quando sei entrata nel mio ufficio la prima volta, credevo che il mio amico avesse esagerato, ma adesso so che aveva ragione. In 40 anni di carriera ne ho visti passare assassini e psicopatici nel mio carcere, ma tu sei di gran lunga la più subdola.
- Ma sentite da che pulpito! Lei ha tradito sua moglie con una prostituta dalla quale ha avuto un figlio, lo ha abbandonato lavandosene le mani e lasciando che morisse a soli 17 anni per overdose, e quella subdola sarei io?
- Non te la darò vinta, piccola stronza! - sbraitò, alzando la voce. - Vuoi spiattellare il mio passato ai media? Fa pure, ma sappi che anch’io ho le mie carte da giocare e non esiterò un attimo a sbatterti fuori e rivelare la tua vera identità, e allora vedremo quale delle due notizie farà più scalpore.
- Davvero vuole giocare questo gioco contro di me? - Non aveva proprio capito con chi aveva a che fare. - D’accordo, faccia pure. - esclamai fresca come una rosa.
- La notizia che una ragazza è stata trasferita in una sezione carceraria maschile è già trapelata ai media, direttore, ed era esattamente quello che volevo. - Gli sorrisi priva di ogni emozione. - Quando uscirò da qui, dimostrerò la mia innocenza e sarò io stessa a rendere pubblica la verità e, come si suol dire… chi ha diffamato, verrà diffamato. Perciò se lei vuole vuotare il sacco subito io non la fermerò, anche se ho la sensazione che vada più a sfavore suo che mio.
Era come se a quell’uomo tutto d’un pezzo in un istante fosse stata risucchiata la dignità ed era colpa mia, ero stata io a ridurlo in quello stato.
“Non potevo fare altrimenti. L’ho fatto per Lincoln” ripetei a me stessa per alleggerire il senso di colpa, ma era davvero quello il motivo? Chi volevo prendere in giro? Pope aveva ragione, ero subdola, manipolatrice. Ero fatta così.
- Mi dispiace per come sono andate le cose, direttore. - proseguii lentamente. - Non voglio screditarla o giudicarla. Sono solo triste per Lincoln… voglio potergli dire addio.
- Immagino sia una novità per te, avere degli amici intendo. E’ così che ti comporti con tutti quelli che si preoccupano per te? Pugnalandoli alle spalle?
- Non sono quello che crede. - ma per quanto ci provavo, anch’io facevo fatica a credere alle mie stesse parole.
- GUARDIA!!! - chiamò forte affinché Rizzo, ancora in attesa nell’anticamera, lo sentisse. Il secondino non si fece attendere e comparve dopo due secondi. - Green, accompagna la signorina Sawyer nella sua cella e dì a Geary di venire nel mio ufficio, subito. - poi rivolgendosi nuovamente a me, aggiunse - Ti permetterò di vedere Burrows, ma solo per 5 minuti, 5 minuti esatti. Ti accompagnerà Geary e resterà con te e Burrows per tutta la durata dell’incontro. Inoltre, sarai perquisita da capo a piedi sia prima che dopo, all’uscita. Questi sono gli accordi.
- Avete paura che gli lasci una delle mie forcine e che tenti di evadere? - Il tentativo di sarcasmo fallì miseramente. - D’accordo, per me va bene.
- Adesso sparisci di qua e non azzardarti a mettere più piede nel mio ufficio. - sibilò l’uomo, alzandosi anch’egli per darmi le spalle.
Mentre percorrevamo i lunghi corridoi, superando uno dopo l’altro i cancelli blindati, ripensai a quello che avevo appena fatto per il bene di un detenuto che conoscevo a malapena. Non sarei più potuta tornare nell’ufficio di Pope, il direttore era stato chiaro, non ero più la benvenuta. Nell’ultimo mese, oltre che sull’aiuto di Michael e Lincoln, avevo potuto contare anche sull’appoggio di Pope e invece adesso, oltre a perdere i miei due amici avrei dovuto fare a meno anche della protezione del direttore del penitenziario. Proprio un bell’affare!
Quello che mi preoccupava davvero al momento era la reazione di Keith. Temevo che non avrebbe capito e che non mi avrebbe mai perdonata per aver ricattato Pope. L’affetto che nutrivo nei confronti di Keith e Meredith era la sola cosa che importasse. Loro non avrebbero mai dovuto sapere del gesto sconsiderato che aveva appena compiuto.