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Autore: Elleji    04/10/2016    4 recensioni
Sanji sta partendo per un lungo viaggio con la sua ragazza, quando la sua vita sembra aver preso una grande svolta. C'è qualcuno che però rimane indietro, sull'orma dei suoi passi...
Genere: Angst, Malinconico, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Yaoi | Personaggi: Roronoa Zoro, Sanji, Un po' tutti, Z | Coppie: Sanji/Zoro
Note: AU, OOC | Avvertimenti: nessuno
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Le parti in corsivo costituiscono i flashback

I would like to leave this city 

This old town don't smell too pretty and 

I can feel the warning signs 

Running around my mind 
 

- Buongiorno!
Zoro si siede senza dire niente, lo sguardo semi perplesso sul grande bicchiere d’aranciata di fronte a lui.
- Ho ordinato al posto tuo, eri in ritardo. E non ti permetterei di bere alcol a metà mattina.
Non era in ritardo, Zoro. Non si sarebbe permesso di arrivare tardi a un appuntamento del genere perchè non sa come vestirsi o che scarpe abbinare. Ma quel maledetto quartiere gli è quasi del tutto sconosciuto e lui si rifiuta di portare appresso una cartina della città dove vive da ormai quasi un anno.
Così è finita che si è quasi perso, ma ha ritrovato la strada da solo senza suggerimenti il che è meglio del solito. Ma per tutta la mattina, da quando si è svegliato, non è riuscito a sciogliere i lineamenti ed è rimasto con quella dura e fredda espressione corrucciata sul viso quindi sembra non stia alla grande, e in effetti no, non sta alla grande.
Sanji invece è tranquillo, parecchio. Ha un sorrisetto quasi automatico sul volto, che scatta ogni volta che smette di parlare, gli occhi divertiti e siede comodamente sulla sedia di ferro, coi capelli dorati scompigliati dalla leggera brezza fresca di maggio inoltrato.
Sorseggia un lungo caffè freddo e guarda Zoro dritto negli occhi.
- E allora?
- Allora, lo sai. Domani parto. É un formalissimo addio.
Zoro rigira il suo bicchiere tra le mani e osserva l’interlocutore impensierito. Poi distoglie lo sguardo e contempla l’arancione della sua spremuta, che non vuole assaggiare.
- Credevo che avremmo festeggiato.
- Chi, noi due?  –  chiede Sanji e scoppia a ridere.
Zoro non è capace di fare altrettanto ma mormora un ironico “idiota”.
Sanji si riprende.
- No, c’è un cambio di programma. Nami deve passare stasera dai suoi, in campagna, così dormiamo lì e domattina andiamo direttamente in aeroporto.
Zoro non risponde. Un’ora in più, un’ora in meno, non gliene frega niente.
- Ho già salutato gli altri  –  prosegue Sanji  –  tu sei l’ultimo.
- Quale onore  –  commenta Zoro con la voce più neutrale possibile.
- Fai il serio.  –  D’improvviso lo sguardo di Sanji perde allegria, e la voce diventa fredda.  
Zoro lo guarda interrogativo, ma non c’è nessuna domanda che potrebbe fare alla quale non ha già una risposta ed è tutta una commedia, lo sa benissimo. Una presa per il culo, a partire dalla spremuta fino al diverso tono di voce. Una commedia dai risvolti drammatici.
- Ti scriverò.
Zoro ride.
- Non ti risponderò mai.
- Magari vienici a trovare, a Natale. Abbiamo già invitato Rufy e Robin, ma ci serve un intermediario. Facci sapere.
- E tu salutami Nami. E non fate stronzate. 

Di stronzata ne ha già fatta una, Sanji, troppo grande per essere comparata alle banalità.
Partire per due anni. Andarsene, sparire. Affittare casa a San Francisco con la sua neo fidanzata (“sì, stiamo insieme da poco, ma ci conosciamo da tutta la vita e, come sappiamo bene, da tutta la vita ho parecchio interesse nei suoi confronti”) e abbandonare tutto.
La prima cosa odiosa è che l’idea era stata di Nami, e se i primi giorni Sanji era totalmente contrario e non accettava discussioni, all’improvviso aveva completamente cambiato idea e si era parecchio eccitato per questo fatto e in tre mesi avevano organizzato  tutto come una perfetta  coppietta fomentata del cazzo.
La seconda cosa odiosa, è che questa idea è una buonissima idea, agli occhi di Zoro; probabilmente avrebbe fatto lo stesso se avesse avuto qualcuno da amare.
Ma ovviamente gli si sta ritorcendo contro, come tutto ciò che è bello nella sua vita. Gli si ritorce contro, finché non diventa un incubo con la quale deve imparare a convivere.

Si alzano, Sanji paga, Zoro posa il suo bicchiere pieno e gli dà una pacca sulla spalla.
- Buona fortuna, cuoco  –  mormora con la voce leggermente più incrinata di prima.
Forse Sanji si aspetta qualcosa di più, un abbraccio, qualche raccomandazione, ma entrambi sanno che non c’è niente che Zoro debba insegnare a Sanji e Sanji non ha saputo insegnare a Zoro ad essere un po’ più affettuoso in determinate circostanze.
Zoro se ne va senza voltarsi e sa di avere gli occhi dell’altro puntati addosso; forse Sanji è dispiaciuto, forse è sconcertato, forse è disperato perchè l’ha sempre amato e non glielo ha mai detto. In ogni caso, si aspettava qualcosa di più, anche se si trattava di Zoro.
Zoro non si gira perchè sa che se lo fa non reggerebbe il peso del dolore che la vita gli sta scaraventando addosso.
S’incammina senza seguire nessun percorso, vaga a caso, ma continua imperterrito cercando di scordarsi dov’è, dove è stato, cerca procrastinare il pianto che inevitabilmente ci sarà. Forse non oggi, non domani, ma ha due anni di tempo per farlo.
La prima cosa che gli ostacola il percorso è un tabacchi. Entra senza pensarci, perchè è evidentemente lì che la strada voleva condurlo.
Quando si ritrova davanti al tabaccaio, si guarda nervoso intorno e scorge qualcosa di familiare. La marca di sigarette di Sanji. Le indica con un dito timido e poco dopo è di nuovo fuori a inseguire la sua strada solitaria.
Continua per una mezz’ora così. cammina tra vicoli, piazze, strade trafficate, non distinguendo un posto dall’altro, non concentrandosi su nulla. Ha lo sguardo perso davanti a sé, il minimo di attenzione necessaria a non essere investito.
Quando è abbastanza stanco da volersi fermare, si trova sotto ad un ponte. Ha appena sceso la scalinata che conduce alla strada e meccanicamente va a sedersi su un gradino. Fruga la mano in tasca ed estrae il pacchetto ancora sigillato.
Non ha mai fumato, lui. Gli ha sempre fatto schifo. Sanji, invece, lui aveva sempre una sigaretta in bocca. Zoro ha letto da qualche parte che fumare aiuta a tranquillizzarsi. Forse è vero. In questo caso, ne ha bisogno.
Il primo tiro lo fa tossire convulsamente.

- Tieni, prova un tiro.
- Non ci pensare nemmeno, Torciglio.
- E dai. Sono sicuro che ti piacerebbe.
- Non voglio finire come te, cuoco, pronto a morire per una sigaretta.
- Sempre meglio che bere sake per colazione!
Si erano guardati in cagnesco. Poi Sanji aveva preso la paglia fumante e l’aveva poggiata delicatamente fra le labbra del verde. Il suo dito aveva impercettibilmente sfiorato un labbro sottile di Zoro, che aveva lottato per trattenere un sussulto. Aveva lasciato che Zoro tirasse e poi se n’era riappropriato. Zoro aveva aspirato e tossito per cinque minuti buoni. Sanji aveva riso parecchio.

Zoro ha abbandonato la sigaretta tra due dita, il fumo si libra nell’aria mentre lui è immerso in un ricordo.
É rimasto solo, Zoro. Ora non ha più nessuno. Non ha mai avuto nessuno, veramente, da quando i nakama si erano stabiliti in questa metropoli e avevano cominciato a vedersi irrimediabilmente sempre meno.
Rufy vive in un appartamento in periferia, ed è una sorta di cavia umana in un laboratorio scientifico dove studiano le proprietà gommose del suo corpo. Si diverte, ed è sempre di buonumore.
Franky e Robin vivono insieme ormai. Fino a poco tempo prima, la loro coinquilina era Nami. Poi si è trasferita con Sanji in un appartamentino molto piccolo. Vivevano facendo l’amore e mangiando quello che lui preparava, poi una vecchia amica americana di Nami l’aveva contattata e le aveva proposto di raggiungerla a San Francisco.
Avevano entrambi abbandonato il lavoro, dopo la notizia. E ora sarebbero andati via.
Chopper è infermiere e studia medicina, Usopp si è messo in proprio e costruisce di tutto, Brook è quasi del tutto sparito ma fa parte di una band che si sta facendo un nome nella musica.
Zoro prima viveva con Sanji, e quello forse è stato il periodo più bello. Erano arrivati ad un punto che quasi si volevano bene, ogni tanto chiacchieravano del lavoro o degli amici o delle tipe che Sanji si scopava il sabato sera; più spesso litigavano.

Zoro è innamorato di Sanji dalla prima volta che l’ha visto. Poi l’ha anche conosciuto. Così, quando Sanji gli aveva detto che era a secco di soldi e aveva chiesto se fosse potuto restare per un po’ a casa sua aiutandolo con le spese, Zoro non aveva saputo dire di no. Amava stare con lui, anche se non poteva toccarlo, parlargli e viverci come avrebbe voluto. La loro era diventata quasi una routine, fino al giorno in cui è successo.

Il cuoco aveva fatto irruzione nel salotto coi capelli scompigliati e il volto disperatamente felice.
- Indovina con chi ho un appuntamento sabato!
Zoro si era girato a guardarlo dal divano sul quale era sprofondato e aveva preso un sorso dalla sua birra.
- Dovrei conoscere questa malcapitata?
- Assolutamente. La conosci eccome! Tutto questo è straordinario  –  aveva esclamato mentre lanciava la giacca per terra e si riavviava i capelli.
Zoro si era fermato a guardarlo. Quel corpo esile e armonioso, quel viso arrossato dal freddo, quei capelli  d’oro e quegli occhi luminosi. Solo una persona era capace di renderlo così.
Nami  –  mormorò senza che Sanji lo sentisse. 
- Dai, ti do’ una mano. É meravigliosa…
- Nami.
- …Ha i capelli rossi…
- Nami.
- Esatto! Nami! Renditi conto! L’ho incontrata per strada e le ho offerto un caffè. Ci credi se ti dico che è più bella di prima? Lavora qui vicino! In una libreria, mi sembra…
Zoro l’aveva visto perdersi in un fiume di parole. Da quel momento l’aveva perso definitivamente.

I pochi giorni che avevano continuato a vivere insieme sono anche inutili da ricordare. Ho invitato Nami a cena, esco con Nami, indovina chi ha scopato con Nami?, lei vuole che andiamo a vivere insieme… Zoro aveva letteralmente passato le giornate in palestra a sotterrare il dolore emotivo con quello fisico. Poi, la notizia. Partiamo. San Francisco, massimo quattro mesi e siamo lì.
Il verde aveva procrastinato il dolore fino ad ora. E ora, non osava nemmeno tentare di ricordarsi cosa era appena successo. 

La sigaretta è finita e si è spenta da sola quando si scuote dai suoi pensieri. La lancia nel fiume, insieme al pacchetto pieno. Non è roba per lui. Non vuole avere un tumore quando tornerà Sanji con Nami incinta del terzo figlio, non tra due, ma sicuramente tra non meno di cinque o sei anni. Per allora, vuole avere una vita vera. Vuole poter rinfacciare a Sanji che l’ha amato, intensamente e troppo a lungo, ma che ora sta bene anche senza di lui. Vuole poterlo far soffrire di rimando, ma in questo momento non sa come fare. Sa solo che è follemente innamorato, che è un idiota, che quasi certamente passerà il Natale in casa da solo, poi sa che San Francisco è una bella città per vivere con Sanji, e sa che dovunque sia se ci fosse Sanji andrebbe bene. Ma sa anche che Nami non va bene per Sanji, perchè lei non lo ama, altrimenti avrebbe accettato prima le sue advances insopportabili, sa che non durerà tra loro due e che è orgoglioso del suo amare incontrollabile e incondizionato per il biondo.
Gli occhi brillano di lacrime, ma è bravo a ricacciarle indietro.
Sanji tra poco sarà dall’altra parte del mondo, ma sa che lo rivedrà per forza e che un giorno avrà senz’altro il coraggio di sputargli in faccia quanto lo ama e lo ha sempre amato.
C’è tempo per piangere.

 

So here I go 

I’m still scratching around the same old hole 

My body feels young but my mind is very old 

So what do you say? 

You can't give me the dreams that are mine anyway 

You're half the world away 

Half the world away 

Half the world away 

I’ve been lost I've been found 

But I don’t feel down

No I don’t feel down…

Buona sera! Sono l'autrice di una storia che forse qualcuno di voi ha letto e, come sa, è rimasta inconclusa. Volevo scusarmi sinceramente per questo fatto e assicurare chiunque fosse interessato che l'ho abbandonata semplicemente perchè la storia non mi piaceva più, non avevo idea di come portarla avanti perchè, a differenza di questa, sin dall'inizio non mi regalava parecchi spunti. Avevo inizialmente un'idea precisa di come portarla avanti ma poi l'ho cambaita più volte e... Beh, ora come ora la lascio così. Penso semplicemente che scrivere debba essere un piacere, e non voglio riprendere a scrivere di malavoglia quella storia per non lasciarla incompleta.
In ogni caso, questa storia, ben diversa dall'altra, è ispirata da una canzone (quella che ho all'inizio e alla fine) che si chiama "Half The World Away" degli Oasis, ed è una delle mie canzoni preferite. Ascoltatela se non la conoscete! 
Un grande saluto 
Elleji.

   
 
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