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Autore: valeria78    05/10/2016    1 recensioni
Regina è una professoressa di letteratura dai modi freddi e distaccati. Emma è una studentessa sognatrice che ama la poesia e vuol diventare giornalista. Dal loro incontro, tra i banchi dell'Università di Boston, nasce una storia d'amore che va oltre ogni barriera, capace di superare ogni ostacolo che la vita porrà loro dinanzi.
Genere: Drammatico, Erotico, Suspence | Stato: completa
Tipo di coppia: FemSlash | Personaggi: Emma Swan, Regina Mills, Un po' tutti
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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E come promesso ecco anche il quinto!!!

 

CAPITOLO CINQUE

Arrivò il venerdì sera e poi il sabato ed Emma cercò di gettarsi il più possibile nel lavoro per non pensare a Regina e a quell’uomo misterioso. Lavorò tutta la sera regalando sorrisi ai clienti e ottenne una buona mancia tanto che “la nonna” come la chiamavano Ruby ed Emma, la signora anziana proprietaria del ristorante, si congratulò con lei.

“Dovresti essere gelosa un po’ più spesso se poi sul lavoro rendi così bene” la punzecchiò Ruby mentre si stavano cambiando di abito nel camerino. L’orologio segnava le 01.00 di domenica mattina.

Emma non rispose, era curva e si stava allacciando le Converse.

Ruby le si avvicinò e le mise una mano sulla spalla, la ragazza alzò lo sguardo mostrando il volto tirato e con una gran voglia di piangere.

“Ne vuoi parlare?” chiese la mora.

Emma aveva raccontato a Ruby quello che era successo fuori dal locale: il bacio di Regina e quella frase che non l’aveva più abbandonata e continuava a risuonarle nella mente.

“Non puoi fasciarti la testa prima di essertela rotta” disse l’amica sedendosi davanti alla giovane donna. “Parla con Mary Margaret se non te la senti di chiederlo direttamente alla prof. Lei saprà chi è quell’uomo”.

“Non so – disse Emma scuotendo la testa – non voglio metterla in difficoltà”.

“Allora parla con Regina” concluse Ruby. Prese lo zaino della bionda e glielo porse. “Andiamo rubacuori, facciamoci una bella dormita”.

Le due tornarono a casa. Emma mangiò appena qualche boccone delle lasagne che avevano acquistato il giorno prima in rosticceria, sebbene fossero il suo piatto preferito, e se ne andò a letto, ma non riuscì a prendere sonno.

Passò la domenica mattina in palestra, il pomeriggio a fare qualche pulizia in casa cercando di non pensare a Regina e quando arrivò la sera decise che il lunedì non sarebbe andata a lezione, non se la sentiva di incontrare la donna. Si sdraiò sul letto e mandò un messaggio a Mary Margaret.

Mary, ciao, domani non verrò a lezione non mi sento bene.

Attese la risposta dalla ragazza che arrivò dopo circa un quarto d’ora.

Va bene Emma, mi dispiace che tu non stia bene, niente di serio spero.

No, niente di serio, grazie J.

La bionda guardò lo schermo del cellulare, poi lo lasciò cadere sul comodino e prese la pallina che le aveva regalato Henry fissandola e sospirando.

 

****************

“Tutto bene Mary?” chiese Regina avvicinandosi alla nipote e vedendo che armeggiava con il cellulare.

La ragazza sollevò il volto e sorrise: “Sì Regina tutto bene era solo un messaggio…”. La prof annuì e fece per allontanarsi.

“… di Emma” concluse Mary e la donna si immobilizzò, il sorriso che aveva sulle labbra scomparve e si fece largo un’espressione mista tra il curioso e l’allarmato.

Quella sera Regina aveva organizzato un party a casa sua, aveva invitato Zelena, il marito della sorella e Mary Margaret, sua madre Cora, Graham, l’uomo misterioso, ed Henry che si divertiva a mostrare le sue palline ai presenti.

“Come mai ti ha scritto Emma?” chiese la zia.

“Oh, domani non verrà a lezione, non si sente bene” disse e distolse lo sguardo sorridendo nel vedere come Henry corresse dietro alle palline.

Regina si allontanò portando un vassoio colmo di piatti sporchi in cucina, lo pose sul tavolo e si appoggiò al lavello, preoccupata. Emma stava male. Cosa poteva avere? Pensò. Forse quel bacio l’aveva sconvolta o forse era quello che le aveva detto, che le piaceva ma che tra loro non avrebbe mai funzionato. Si portò il ciuffo dietro l’orecchio e rimase a fissare il vuoto. Aveva già saltato tre lezioni e quella di domani sarebbe stata la quarta, se continuava così non avrebbe potuto accedere all’esame finale.

Graham fece capolino da dietro la porta: “Un penny per i tuoi pensieri” disse e sorrise alla donna.

Regina ricambiò il sorriso non troppo convinta.

“Che hai? Qualche preoccupazione?” chiese l’uomo.

Regina sospirò: “Spero di non aver commesso un errore” disse.

Graham le si avvicinò e le cinse la vita con le mani, per tutta risposta la mora alzò il sopracciglio: “Regina che fa un errore? Beh non sarebbe una novità” e rise.

La donna si scostò costringendo l’uomo a lasciare i suoi fianchi.

“Sembri molto preoccupata” e corrugò la fronte.

“Passerà” disse tagliando corto la mora.

Henry arrivò correndo e prendendo Graham per mano: “Andiamo, dobbiamo sfidare la nonna alla Play!” urlò.

L’uomo si girò verso Regina e poi corse dietro al piccolo nel salotto. La mora rimase da sola pensando a Emma.

 

********************

Emma aveva passato tutta la mattina a pensare a Regina a come avrebbe reagito non vedendola a lezione. Forse non le importava granché, in fondo aveva tanti alunni a cui fare lezione.

Erano le quattro di lunedì pomeriggio, la bionda se ne stava distesa sul letto leggendo un libro con le gambe accavallate. Ruby era andata a fare la spesa al supermercato e conoscendola sarebbe rientrata tra tre ore o giù di lì, doveva flirtare con tutti i giovani aitanti e single che incontrava tra gli scaffali di detersivi e pacchi di caffè.

Qualcuno suonò alla porta. La bionda corrugò la fronte, chi poteva essere?

Scese dal letto scalza e si avvicinò allo spioncino, guardò e vide Regina davanti alla porta. Cosa doveva fare? Rimase in silenzio.

La donna suonò di nuovo.

“Andiamo signorina Swan so che è in casa, ho visto il Maggiolino parcheggiato qui sotto” disse la mora attraverso la porta.

Qualcuno dall’interno dell’appartamento trafficò con la serratura e poi Emma comparve timidamente aprendo la porta.

“Non potevo essere uscita senza macchina?” chiese, poi spalancò la porta permettendo a Regina di entrare.

“Scusi il disordine” sussurrò.

“Ho visto di peggio” sentenziò la donna, guardandosi attorno.

Emma osservò Regina, bellissima come sempre, incontrò le sue labbra, i suoi occhi e rimase spiazzata come al solito. Afferrò alcuni abiti che erano sparsi sul divano e raccolse alcune cartacce urtando un quaderno che cadde a terra aperto, senza che vi facesse caso.

“Posso offrirle un caffè?” chiese la ragazza.

Regina si sedette sul divano e sbirciò il quaderno: “Sì grazie” disse e sorrise perché sul quaderno il suo nome era scritto a penna varie volte e poi cancellato, e più sotto era annotata una poesia.

Emma si accorse che Regina stava guardando qualcosa, si sporse e afferrò il quaderno chiudendolo e gettandolo sul tavolo della cucina. Arrossì.

“Come sta?” chiese la mora accavallando le gambe.

“Bene, perché?”.

“Ah sono contenta, quindi deduco che domani sarà a lezione”.

Emma si girò per andare a spegnere la caffettiera e sussurrò un timido: “Può darsi”.

Versò il caffè in due tazze, chiese a Regina se voleva lo zucchero, lei rispose di no e le porse la tazza, quindi si sedette, un po’ controvoglia, sul lato opposto del divano mantenendo una certa distanza dalla donna.

“Cosa vorrebbe dire può darsi?” chiese Regina spazientita. “Se fa troppe assenze non potrà sostenere l’esame con me”.

La bionda guardò il liquido dentro la tazza. “Forse non voglio sostenere l’esame con lei” e alzò lo sguardo sfidando la mora.

“Come sarebbe?” disse acida la prof, stringendo la tazza.

Emma giocò con il cucchiaio, abbassando lo sguardo.

“È per via di quel misterioso uomo che tra noi non potrà mai esserci niente?” sbottò alla fine la giovane donna.

Regina aggrottò la fronte, non capiva di chi stesse parlando.

“Quale uomo?”.

Emma sentì la gelosia farsi strada e raggiungerle le gote, la testa.

“Quello che venerdì mattina le ha messo una mano sulla spalla e con cui si è allontanata”.

Regina spalancò gli occhi: “Mi ha spiata?”.

La bionda urlò di no: “Era fuori, in giardino, io ero lontano e l’ho vista”.

La mora pose la tazza sul tavolo e respirò: “Signorina Swan, non starà per fare una scenata di gelosia, vero?”.

Emma scosse il capo, ma era più forte di lei, doveva sapere, doveva liberarsi di quel tarlo che le rodeva la mente, che le rodeva il cuore e lo fece, sbottò, alzò la voce e sputò fuori tutta la frustrazione che aveva accumulato in quei giorni.

“E anche se fosse? – disse facendosi rossa in volto – lei mi ha baciata, Regina, mi ha detto che io le piacevo e poi mi ha fulminata, mi ha tolto l’unica speranza che avevo dicendomi che non avrebbe mai potuto funzionare tra noi, non mi ha detto altro – Emma si alzò dal divano e girò per il salotto – Mi ha illuso, mi ha fatto credere che tra noi ci potesse essere qualcosa”.

“Oh, io non l’ho mai fatto - disse Regina sbalordita per la furia della giovane – quell’uomo è…”.

“Sì, eccome – urlò la bionda, impedendo all’insegnante di concludere la frase – quegli sguardi, quegli ammiccamenti, il suo modo di fare, lei è attratta da me e lo ha confessato apertamente. Mi ha spezzato il cuore e ora esigo che mi dica se ha una relazione con quell’uomo!” si zittì ed ebbe paura.

Regina la guardò con aria di sfida, un ghigno cattivo disegnato sulle sue labbra. Il cuore di Emma batteva forte, si sentiva persa eppure si sentiva più leggera.

La mora si alzò: “Questa conversazione non sta avvenendo” disse e si diresse verso la porta, mise la mano sulla maniglia e la aprì, ma Emma si oppose richiudendola con la mano. La prof si girò verso Emma meravigliata per quel gesto e furiosa al tempo stesso.

“Io ti amo” disse la bionda ponendo enfasi sul “ti amo”.

Regina rimase allibita.

“Ti amo dal primo momento che sono entrata in quell’aula e tu mi hai fulminato con lo sguardo, ti amo da quando mi hai sorpreso a salire sullo scaffale della biblioteca per prendere uno stupido libro. Ti amo da quando mi hai offerto ospitalità. Amo il tuo sguardo impenetrabile, il tuo essere così scostante, così maledettamente pungente, a volte così tanto da fare male. Amo le tue mani, la tua voce roca e sensuale, la tua cicatrice sul labbro, il tuo rossetto rosso che vorrei assaporare ogni istante. Amo le tue gambe e i tuoi tacchi alti, i tuoi occhi che sembrano spogliare le persone e scavare dentro la loro anima. Amo quella tua fottutissima gonna di pelle nera che risalta il tuo fondoschiena che è la cosa più divina che abbia mai visto e amo il lembo di pelle che lasci appena visibile quando indossi quelle camice così provocanti che vorrei strappartele di dosso e far saltare tutti i bottoni!”. Si zittì ancora una volta. Regina la guardò sbalordita, non disse niente, aprì la porta ed Emma stavolta la lasciò fare. Uscì e si allontanò discendendo le scale. La bionda rimase immobile, lo sguardo perso nel vuoto. Si chiuse la porta alle spalle, scivolò a terra, si prese le ginocchia tra le mani e pianse, pianse fin quasi a sentirsi male.

 

******************

Regina entrò nella sua Mercedes e chiuse gli occhi. Stava tremando. Si calmò e respirò lentamente. Non poteva credere a quello che era successo nell’appartamento di Emma Swan, le cose che la giovane donna le aveva detto l’avevano colpita e affondata. Non aveva mai sentito nessuno parlarle così apertamente confidandole i suoi sentimenti con tale trasporto. Chi era Emma Swan? Chi era davvero quella ragazza che le stava strappando una certezza dietro l’altra, quelle certezze dietro cui si era nascosta per troppi anni. Emma stava lentamente penetrando dentro la sua armatura, dentro quella corazza che si era costruita con tanta fatica e la stava abbattendo.

Cosa doveva fare? Si chiese. Provava qualcosa per lei, lo sapeva perfettamente, ma sapeva anche che se avesse dato libero sfogo ai suoi sentimenti sarebbe stata Emma a rimetterci perché era una studentessa e lei la sua insegnante, i suoi compagni di scuola l’avrebbero ferita in tutti i modi possibili e lei non voleva questo, voleva proteggerla perché….

“Perché ti amo anche io, Emma Swan” sussurrò Regina. Si asciugò una lacrima che le rigò il viso e partì con la macchina.

 

******************

Regina entrò nell’aula 4B e salutò gli alunni in maniera distratta. Disse ai ragazzi di prendere il libro di poesie che avrebbero continuato da dove avevano interrotto il giorno prima. Quando alzò il volto dalla sua cartella notò che Emma si trovava alla sua postazione, secondo banco accanto a Mary Margaret. Quella presenza la prese alla sprovvista, stava per fare un cordiale sorriso alla ragazza ma poi pensò che non sarebbe stato il caso, fece quindi finta di niente e iniziò la lezione. Per le due ore che seguirono, Emma non tolse gli occhi di dosso a Regina neppure per un secondo. La mora se ne accorse e stranamente si sentì in soggezione, quello sguardo sembrava urlare, sembrava volerle dire che era stata una stronza, che aveva ferito una persona che l’amava. Spiegò alcuni autori, fece leggere qualche passo.

“Che cos’è l’amore se non una tomba. Che cos’è l’amore se non un eterno dolore per l’anima. Anche se i miei sguardi non ti raggiungono, se non ti fanno palpitare, io non smetterò mai di sperare che tu un giorno possa amarmi”.

Regina si tolse gli occhiali e guardò gli studenti. “Qualcuno se la sente di commentare?”. Solito silenzio. “Nessuno ha qualcosa da dire al riguardo?”. La prof scrutò i volti dei presenti.

“Bene, allora continu…”.

“Sono solo puttanate”. A quelle parole si sollevò un brusio, Mary Margaret spalancò la bocca guardando Emma.

“Come ha detto signorina Swan?” chiese Regina guardandola, sebbene avesse capito perfettamente.

“Dico che sono solo boiate!”.

“Moderi i termini, Swan!” la richiamò con voce dura la donna.

Emma si sentì ancora più ferita dal modo in cui Regina l’aveva appena rimproverata. “Perché continuare ad amare una persona che fa di tutto per farti soffrire? – cominciò la bionda con un’espressione di disprezzo – a cosa serve? Bisogna essere dei masochisti. Non ti ama punto e basta!”.

Regina poggiò gli occhiali sulla cattedra e incrociò le mani all’altezza del petto in un modo talmente lento che Emma fu invasa ancora di più da una rabbia tremenda.

“È un eterno dolore solo se lo vuoi – era evidente che la giovane donna stesse parlando direttamente alla mora – l’amore è una tomba solo se trovi una cazzo di persona sbagliata che ti rovina la vita!” sbottò.

“Fuori da quest’aula!” urlò Regina alzando il braccio e indicando la porta.

“Emma” sussurrò Mary Margaret non riuscendo a credere a quanto stava accadendo. Una lacrima cadde sul quaderno aperto della bionda e allargò l’inchiostro sbiadendo proprio la parola amore.

La giovane si asciugò le guance furtivamente, raccolse le sue cose e uscì dall’aula a testa bassa tra gli sguardi attoniti degli altri compagni di classe.

Regina cercò di riacquistare il controllo.

“Riprendiamo la lezione” disse, inforcò gli occhiali ma il suo unico desiderio era di abbandonare quell’aula.

 

************

Emma corse lungo il viale alberato del campus, con la testa bassa e urtò per errore un ragazzo.

“Ehi sta attenta!” disse.

“Scusami” rispose Emma e il ragazzo notò che stava piangendo.

Il giovane era insieme a un gruppo di altri ragazzi, si voltò per guardare dove fosse andata la biondina e disse ai suoi amici che li avrebbe raggiunti tra un attimo.

Vide Emma seduta su una panchina con la testa tra le mani.

“Posso?” chiese il ragazzo. La giovane alzò lo sguardo timidamente e si asciugò gli occhi, poi vide che lui le porgeva un fazzoletto di carta. Lo prese e si soffiò il naso.

Il giovane si sedette davanti alla ragazza, tra loro un tavolo di legno, e le porse la mano.

“Mi chiamo Killian Jones e tu sei?”.

Emma guardò la mano del giovane. “Emma Swan” si limitò a dire e tirò su con il naso.

I due si strinsero la mano.

“Come mai piangi?” chiese il ragazzo.

“Niente di particolare”.

Killian rise: “Non è che uno piange così. Oggi cosa faccio, ma niente di particolare, piango” disse con voce canzonatoria strappando un sorriso alla giovane.

“Dai, non piangere ti rovinerai il trucco”.

Emma rise e lasciò che quel giovane sconosciuto provasse a tirarla su di morale.

 

***************

Regina gettò il suo cappotto sul divano, si tolse le scarpe e le buttò in un angolo. Era furiosa, furiosa per il modo in cui si era comportata Emma. Si versò da bere e si sedette sul sofà. Guardò l’orologio, Robin sarebbe arrivato con Henry tra mezz’ora e lei doveva cercare di calmarsi.

Come aveva potuto rivolgersi in quel modo a lei? E soprattutto davanti ai suoi studenti. Non era da Emma, doveva essere proprio esasperata. Quello che le aveva detto a lezione, era un rimprovero nei suoi confronti. Aveva letto tanta rabbia in quegli occhi verdi. Si sentiva in colpa, ma era anche arrabbiata per quel comportamento. Decise che avrebbe fatto una doccia per rilassarsi. Salì al piano di sopra, entrò in camera e trovò la maglia che la bionda aveva indossato la notte che aveva dormito a casa sua, non l’aveva ancora lavata. Si sedette sul letto e la strinse tra le mani, la guardò e poi la avvicinò al viso, ne respirò il profumo, l’odore di Emma. Sospirò, la piegò e la depose dentro l’armadio. Si recò in bagno, aprì il rubinetto della doccia e fece uscire l’acqua calda.

 

****************

Killian si sistemò i capelli guardando nello specchietto della sua moto e poi mandò un messaggio alla bionda.

Sono sotto casa tua.

Cercò di assumere una postura eretta e di sembrare rilassato.

“Quindi ora te la fai con un ragazzo?” chiese Ruby mentre Emma leggeva il messaggio. “Emma a che gioco stai giocando?” disse l’amica prendendola per un braccio e attirando la sua attenzione.

“Non sono io che ho deciso di giocare sporco” disse la ragazza mentre rispondeva al messaggio di Killian.

“Ti caccerai in un guaio grosso come una casa” la rimproverò la mora. “Non è da te” disse.

“Ah sì? E cos’è da me?” chiese la giovane donna mentre incrociava le braccia al petto.

“Tu pensi prima di agire, rifletti sulle conseguenze che una determinata azione può causare, finirai per rimetterci tu” disse infine Ruby e si fece scura in volto.

La bionda scosse la testa, afferrò il giacchetto e uscì di casa sbattendo la porta, senza rispondere alla sua amica.

Vide Killian sul marciapiede opposto a casa sua, alzò la mano e lo salutò, lui rispose con un ampio sorriso, una volta vicini si baciarono sulla guancia. Poi il ragazzo offrì il casco alla bionda che se lo infilò e salì sulla parte posteriore del sedile della moto, strinse le braccia intorno alla vita del suo amico e la moto partì rombando.

Raggiunsero il centro di Boston, correndo veloci tra il traffico.

Regina si trovava nella sua Mercedes immersa nel traffico. Henry nel sedile posteriore guardava estasiato gli alti grattacieli e immaginava racconti fantastici. La mora tamburellò sul volante mentre qualcuno in una vettura più indietro suonava il clacson.

“Dove ti piacerebbe andare Henry?” chiese la madre girandosi verso il piccolo.

“Da Starbucks per favore!” e unì le mani in segno di preghiera.

Regina rise, poi sentì un rumore fortissimo e una motocicletta sfrecciò accanto alla sua auto perdendosi nel traffico.

“Che gente!” disse.

Poco dopo la fila si mosse e la mora riuscì a parcheggiare la sua vettura non molto distante dal luogo desiderato dal bambino. Scese di macchina, aprì lo sportello dalla parte del figlio e prese Henry per mano. Attraversarono la strada e raggiunsero l’ingresso del locale. Due ragazzi scesero dalla moto. Regina fu attirata dalla bionda che stava per togliersi il casco, quel giacchetto rosso e quella postura le erano familiari, ogni suo dubbio scomparve quando la giovane si tolse il casco lasciando liberi i capelli mossi che ricaddero sulle sue spalle. Emma si voltò e incontrò lo sguardo di Regina, gli occhi marroni della donna passarono da Emma al ragazzo che le stava accanto.

“Emma!” urlò Henry andandole incontro e lasciando la mano della madre.

La bionda rimase meravigliata nell’incontrare Regina e il figlio. Regalò un sorriso al bambino e si inginocchiò per abbracciarlo. “Hey ragazzino” disse. Poi si alzò mentre il bambino le stringeva la mano.

“Salve” disse la bionda abbozzando un sorriso verso la donna.

“Miss Swan”, Regina la guardò negli occhi, poi si rivolse al ragazzo e gli regalò un mezzo sorriso.

La prof strinse i denti cercando di non mostrarsi scocciata per quell’incontro così inaspettato.

“Lui è Killian Jones – lo presentò Emma – frequenta la Boston University”.

Regina strinse la mano del ragazzo.

“È il tuo fidanzato?” chiese Henry.

Emma né negò, né annuì, si limitò a sorridere imbarazzata.

“Henry non si fanno queste domande” lo rimproverò con dolcezza la madre.

“Bene noi entriamo – disse Regina – è stato un piacere vederla Emma. Jones…”, afferrò la mano del figlio e i due sparirono all’interno del locale.

Emma si sentì in colpa. Non aveva fatto niente di male, ma aveva visto uno sguardo strano negli occhi della mora.

“Tutto bene?” chiese Killian.

La bionda annuì e i due entrarono da Starbucks. Regina, seduta al tavolo con il figlio, sbirciava i movimenti dei due ragazzi che si trovavano qualche metro più in là rispetto a lei e a Henry. La bionda sorrideva alle parole del ragazzo. Sembrava stare bene. La prof si sentì ferita, ma in fondo se lo meritava, era stata lei a rifiutarla, ora però si rendeva conto di aver fatto la più grossa stupidaggine di questo mondo.

“Mamma cos’hai?” chiese il piccolo vedendola pensierosa.

Regina incontrò gli occhi innocenti del bambino.

“Ti è mai capitato di fare una cosa e di renderti conto che è stato un grosso errore farla? E vorresti rimediare ma non sai come fare?” disse.

Henry ci pensò un po’: “È così che ti senti, mamma?”.

Regina annuì.

“Beh, la mia maestra dice sempre che davanti a una buona cena si possono risolvere tutti i problemi” il piccolo alzò le spalle. “Forse potrebbe risolvere anche il tuo mamma”.

Regina rimase sorpresa, guardò il figlio portarsi la cannuccia alla bocca e sorrise. Forse Henry le aveva dato un buon suggerimento.

 

**********************

“E tu ti sei fatta trattare in quel modo da una tua alunna?” chiese Zelena meravigliata mentre un sorriso si dipingeva sulle sue labbra.

Regina versò il vino nel bicchiere della sorella, poi senza rispondere cominciò a mangiare le lasagne che aveva appena sfornato.

“Tu non sei il tipo da passare sopra a queste cose, perché non l’hai fatta sospendere?” chiese per poi bere il vino.

Regina alzò lo sguardo dal piatto e incontrò gli occhi indagatori della sorella. Bastò quello sguardo perché Zelena capisse tutto.

“Non dirmi che provi qualcosa per quella ragazza” e rise.

La mora la fulminò con lo sguardo.

“Ti sei innamorata della tua alunna. Di Emma Swan!”, non poté trattenere un’altra risata.

“Zelena, per favore…” sussurrò.

“Che cosa è successo tra voi?” chiese portandosi avanti con il busto.

“Ci siamo baciate… due volte”.

“Oh mio Dio” urlò eccitata la sorella e questo strappò un leggero sorriso alla mora.

“Ma le ho detto che tra noi non poteva funzionare” continuò. “E lei mi ha fatto quella scenata e poi l’ho incontrata da Starbucks con Henry ed era insieme a un ragazzo”.

“Sei gelosa?” chiese Zelena.

“Non dire sciocchezze” e riprese a mangiare.

“Oh sì che lo sei. Mio Dio Regina non ti vedevo così dai tempi in cui conoscesti Robin, sei persa, cotta a puntino” sorrise meravigliata ed eccitata per quella notizia. “Devi assolutamente trovare il modo di chiarire” le suggerì.

Regina scosse la testa: “Non so se è giusto coinvolgerla in una storia più grande di lei”.

La mano di Zelena sfiorò quella della sorella: “Lei ti ama, no? Te lo ha detto apertamente, vuole stare con te e credo che sarebbe disposta persino a scalare l’Everest pur di averti” disse.

“Come fai a esserne così sicura?” chiese la prof.

“Perché tu sei uno schianto Regina Mills o ti si odia o ti si ama e mi pare di capire che Emma non ti odi”.

La mora alzò la spalla: “Beh, Henry mi ha dato un suggerimento”.

“Tuo figlio?” disse sempre più eccitata la sorella.

“Di portarla a cena”.

“Eccellente! – disse Zelena battendo il palmo delle mani – una cenetta romantica a casa tua, un buon vino, le candele accese, un po’ di atmosfera e poi finirete la serata a letto, ne sono certa”.

“Zelena!” la rimproverò Regina.

“Perché non lo desideri?” chiese la sorella facendo l’occhiolino.

La mora non rispose, ma il suo volto si colorò di rosso.

   
 
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