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Autore: DarkRose86    08/05/2009    3 recensioni
I° classificata al "Piramidy Contest", indetto da ShiIta
I° capitolo - Come in un Film [LeeGaara]
II° capitolo - L'Infinito in un'Immagine [InoSaku]
III° capitolo - L'Angelo della Morte [ItaSasu]
Genere: Generale | Stato: completa
Tipo di coppia: Shonen-ai, Shoujo-ai, Yaoi | Personaggi: Sorpresa
Note: AU, Raccolta | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Salve a tutti!
Inauguro così questa piccola raccolta che conterrà le storie scritte per il "Piramidy Contest" , indetto da ShiIta sul Forum di EFP.
Le fanfictions saranno due o tre ( ma suppongo due, dato che sono certa di non passare le "semifinali" ! xD ), e saranno incentrate su pairings scelti per noi... dal fato! 
Per quanto riguarda la prima one-shot, direi che è andata molto meglio di quel che speravo. ^.^
Bene, adesso vi lascio alla lettura, e vi do appuntamento al prossimo aggiornamento... sperando che non sia l'ultimo!

Pairing principale: Rock Lee/Gaara

Altri personaggi/pairing: Sakura Haruno, Maito Gai

Genere: introspettivo, sentimentale, drammatico

Rating: giallo

Avvertimenti: one shot, shonen ai, alternative universe ( AU )

Photobucket <- questa è la fan art alla quale mi dovevo ispirare per la storia. ^.^

Come in un Film ~

Rock Lee amava andare al cinema; sedersi sulle comode poltroncine della grande sala, sorseggiando un'aranciata, lo rilassava. Soprattutto, gli piaceva andarci nei giorni in cui non c'era nessuno; anche se si ritrovava da solo, non gli importava. Sebbene fosse un tipo che amava stare in compagnia, a volte sentiva il bisogno di estraniarsi da tutto il resto.
Inoltre, in quel luogo aveva incontrato lui.

L'avevano colpito i suoi capelli color cremisi e gli occhi d'acquamarina, costantemente cerchiati da un filo di matita nera, che creava uno splendido contrasto con le sfumature delle sue iridi. Aveva la pelle bianca ed un tatuaggio sulla fronte, e non sorrideva mai. Silenzioso, solitario. Praticamente il suo opposto.
Una sera gli aveva perfino chiesto cosa significasse il segno indelebile che sfoggiava, ed era rimasto sorpreso dalla sua risposta. Egli aveva pronunciato quella parola quasi sussurrando, come se avesse paura di farsi sentire dagli altri inesistenti spettatori: “ Amore... ”.
Non conosceva neppure il suo nome, ma nonostante ciò gli sembrava di conoscerlo da anni. Quanti film aveva visto, assieme a lui! In silenzio, come fantasmi, li seguivano attentamente, senza accorgersi che ogni volta visionavano la stessa pellicola. Giorno dopo giorno la medesima trama, maledettamente scontata. Eppure l'amavano, con perseveranza e determinazione, così tanto che non permettevano a nessuno di violarla, d'intralciarli.

Uno s'avvicinava abbandonando in un angolo la vergogna, l'altro invece si scostava lasciandolo a bocca asciutta, forse per paura, o chissà per quale arcano motivo. Le braccia di Lee tentavano invano d'abbracciare quel corpo esile, che pareva talmente fragile al punto di potersi rompere da un momento all'altro; l'affascinante sconosciuto, pero', evitava quell'intimo contatto, nonostante lo bramasse. Perché?
Avrai un nome... dunque, come ti chiami? ” gli domandò un giorno, facendosi finalmente coraggio. E dire che è la prima cosa che si chiede ad una persona quando la si incontra per la prima volta; è naturale, è umano, ma lui non l'aveva fatto. Questo perché il ragazzo senza nome l'aveva letteralmente rapito con un solo sguardo, lasciando ch'egli dimenticasse tutto il resto.

La sua risposta fu il nulla.
Il nulla che faceva parte di lui, il nulla che fino ad allora l'aveva tristemente accompagnato. Quel nulla che faticava pero' a riconoscere, da quando quello spigliato interlocutore aveva fatto irruzione nella sua vita.
Uffa... mi domando perché sei così scostante! Qual'è il tuo problema? Guardati attorno: il mondo è così vivace... le luci, la gente, il cinema... ”
Il mio mondo... è in bianco e nero. ”
L'unica nota di colore era rappresentata da quel ragazzo dalle folte – forse troppo – sopracciglia e dalla sua improbabile tutina verde. Quando l'aveva visto per la prima volta, in effetti, si era domandato come potesse andare in giro conciato a quel modo. Ma in fondo, chi era lui per giudicare? Non era altro che un povero orfano evitato da tutti. Un pazzo, come in molti lo consideravano.
Il cinema, pero', ti piace... ”
Mi tranquillizza. ”
Quali problemi poteva mai avere una creatura tanto bella? Avrebbe voluto stringerlo forte a sé, guardarlo intensamente negli occhi e baciare le labbra rosee.
Non capiva perché provava certi sentimenti, tuttavia non ne era spaventato.

Ci provò per l'ennesima volta, collezionando nuovamente un rifiuto; e più i giorni passavano, più quel no diventava doloroso.
Dopo avergli risposto negativamente egli scomparve sempre nel nulla, nell'aria non rimase neanche il suo inebriante profumo. Com'era possibile?
Attorno a lui regnavano di nuovo il buio e la solitudine, tanto che non poté far altro che accoccolarsi su quella poltroncina e chiudere gli occhi, sperando in un'alba migliore. Solamente vicino a quel ragazzo, Lee si sentiva realmente bene; e ad incorniciare la sua figura v'era come un'aura luminosa, simile a quelle che si vedono nelle immagini sacre, a sottolineare la purezza degli dei.
Se solo avesse potuto baciarlo, almeno una volta... allora, sarebbe anche potuto morire.

Lee! Quante volte ti ho detto che non ti devi allontanare dalla tua camera? ” urlò una voce di donna, che ben conosceva, “ Sei ancora convalescente, possibile che tu non capisca neanche questo? ”
Una ragazza dai capelli rosa gli si avvicinò, accompagnata da un adulto, che tanto gli somigliava. Era perfino vestito come lui.
Oh, mi domando perché ti ostini a comportarti così! Devi riposare! ” esclamò, e il ragazzo sorrise toccandosi la fronte.
La fasciatura era spessa, e copriva la brutta ferita che si era procurato non ricordava bene come. Anche una gamba gli faceva male, ed aveva altri piccoli lividi e graffi sulle braccia.
Guardò le due persone che erano accorse da lui, ma non riuscì a riconoscerle; eppure sostenevano di essere suoi amici. Non si ricordava di loro, né di quanto gli fosse accaduto in passato. Dov'erano finiti, i suoi ricordi?

{ Forse giacevano sull'asfalto, a contatto con la nuda terra.
E forse, colui che l'aveva investito si era pentito almeno un poco, del suo gesto sconsiderato.
Forse. }

Si ricordava unicamente di lui.
Desiderava solo la sua compagnia, se poteva stare al suo fianco non aveva bisogno di nient'altro; nemmeno della sua memoria.

In quel reparto dell'ospedale v'erano un sacco di pazienti affetti da amnesie, permanenti o passeggere. 
Era un luogo piuttosto triste e silenzioso, fatto di lunghi e anonimi corridoi, e stanze dalle pareti perfettamente bianche. Di letti dannatamente scomodi, e di dottori troppo frettolosi.
Per questo a volte scappava, sfuggiva alla monotonia eludendo la – scarsa – sorveglianza, recandosi alla sala cinematografica che si trovava proprio accanto alla struttura ospedaliera. Poco importava se non possedeva un portafogli; per entrare lì, non servivano soldi. E, molto probabilmente, le bevande abbandonate dietro il bancone erano scadute da un pezzo; il loro sapore, pero', era certamente migliore di quello amaro delle giornate che trascorreva steso sul lettino a pensare a niente. Era freddo, quel cinema, ma la cosa non lo infastidiva più di tanto; attorno a lui un leggero brusio, di anime in pena che forse esistevano, o forse no.
Ed ogni volta, come se si fossero dati appuntamento, arrivava lui.

{ Forse era solo un'illusione.
Come tutti gli altri.
O forse no. }

Visionavano assieme il film che oramai ben conoscevano, in cui gli attori, divenuti schifosamente prevedibili, tentavano d'allontanarli. Era dunque sbagliato desiderare un rapporto umano?
Quante volte aveva sognato d'abbracciarlo e posare le labbra sulle sue?

Decine, centinaia.
Quante volte gli si era avvicinato audacemente, fino a sfiorare la sua candida pelle?
Non lo ricordava più.
Alla fine lui scompariva sempre....

...senza lasciare alcuna traccia.


Ma sarebbe stato sempre così?
No, non voleva neanche pensarlo. Necessitava di lui. Del suo calore, dei suoi occhi, delle sue mani.

Quella notte non riuscì a dormire, ma non domandò all'infermiera di portargli un tranquillante; semplicemente perché non voleva lasciarsi abbracciare da Morfeo.
Aveva qualcosa di più importante da fare.
Fortunatamente, la porta della sua stanza si trovava vicino all'uscita d'emergenza, e l'allarme che avrebbe dovuto suonare all'apertura di essa era guasto da chissà quanto ormai. Ma loro non se n'erano accorti, tanto erano presi dal lavoro che li sommergeva. Infatti, pensavano che Lee riuscisse a fuggire dalle uscite principali, aiutato da qualcuno che prestava servizio nell'ospedale. Il ragazzo si meravigliava di quanto le persone fossero diffidenti fra di loro; fidarsi di qualcuno era così difficile?
Si alzò dal letto senza far rumore e sgattaiolò fuori dalla piccola camera all'interno della quale stava da solo, avvicinandosi alla porta. La aprì pian piano, ed essa cigolò appena, senza attirare l'attenzione di nessuno; evidentemente gli altri pazienti dormivano, e in quel momento in corridoio non v'era anima viva a controllare la situazione.
Uscì più velocemente che poteva, e una volta in strada l'aria gelida lo investì, facendolo rabbrividire; ma non si fermò, entrò nel vecchio cinema ormai chiuso da tempo, certo più che mai che lo avrebbe trovato lì. Lo sentiva.
E infatti, il ragazzo dai capelli rossi era seduto compostamente nella solita poltrona, una delle poche ancora in buono stato.

Adesso vieni perfino di notte? ” gli chiese, parlando per primo. Inusuale.
Sapevo che ti avrei trovato qui. ”
E come lo sapevi? ”
Non lo so... avevo questa sensazione. ” confessò, sedendosi accanto a lui.
Anche stasera, è tutto in bianco e nero. Sono felice che tu sia venuto. ” commentò il giovane, indicando il grande schermo, buio ed impolverato.
Già. Ed io sono contento d'averti incontrato. ” disse Lee sorridendo, “ Dimmi, tu perché vieni sempre qui? ”
Potrei domandarti la stessa cosa. ”
Il moro rimase per qualche secondo in silenzio, fissando il profilo angelico dell'attraente compagno di “avventure”. Quale era la risposta giusta?
Perché ci sei tu, e questo mi basta. ” asserì poi, facendosi coraggio. Se c'era una cosa di cui poteva vantarsi, era che diceva sempre ciò che realmente pensava, senza troppi giri di parole. La sincerità e la schiettezza erano le sue doti migliori. Oltre alla voglia di vivere, ovviamente. Quella voglia che, pero', dal giorno in cui aveva avuto quel terribile incidente, avvertiva solo quando si trovava vicino alla sua affascinante fuga dalla realtà.
E l'altro quasi rise, a quelle parole. Era felice, in verità, ma aveva paura di esternarlo. Aveva paura perché nessuno riusciva a comprendere i suoi sentimenti.

{ Chi lo chiamava mostro, non poteva essere in grado di capirlo. }

Lee, pero', sembrava essere diverso dagli altri.
Senti... adesso vuoi dirmi come ti chiami? ” insistette curioso.
Gaara. Mi chiamo Gaara. ” rispose, finalmente. Quel nome fu come musica per le orecchie del moro, infine c'era riuscito!
Adesso mancava solo un passo, solo uno...
Gli si avvicinò, e con mani tremanti lo abbracciò, piano; quando il suo volto fu a pochi centimetri da quello dell'altro, gli parve quasi che il cuore si stesse fermando. Un'emozione unica s'impadronì di lui, fu come una tempesta. Posò le labbra sulle sue, delicatamente. Entrambi chiusero gli occhi, e Gaara rimase immobile. Assaporò quella sensazione per lunghi secondi, chiedendo che il tempo si fermasse.
Purtroppo non andò così, ma comunque fu meraviglioso guardarsi negli occhi dopo quel bacio innocente, caldo, dolce.

Non so perché l'ho fatto ma... lo desideravo da tanto! ” esclamò Lee, sorridendo imbarazzato.
Grazie... ”
Adesso non scomparirai più, vero? ”
Una supplica. O forse un ordine. Di qualsiasi cosa si trattasse, purtroppo, il rosso non poteva esaudire la sua richiesta.
Sorrise tristemente, scompigliandoli i capelli corvini, conferendogli un'aria ancor più buffa.

E' meglio se non ci vediamo più. ” sussurrò al suo orecchio, “ Grazie... ” ripeté poi.
Lee l'aveva aiutato a capire che anche lui era in grado d'amare. Che anche lui era un essere umano, come tutti gli altri.

Scomparve come al solito, sfuggì a quell'amore che sapeva di non meritare. Perché quel giorno, alla guida di quell'auto impazzita, v'era un giovane dai capelli rossi con un caratteristico tatuaggio sulla fronte. Esso significava “amore”; amore per se stesso, per la sua ribellione, per il coraggio che ostentava. Nessun testimone aveva avuto il fegato di raccontare quel che aveva visto. Il mostro era rimasto in libertà. Colui che fin da piccolo era stato snobbato per il suo carattere che poco si prestava ai rapporti d'amicizia, e che si era pian piano trasformato in qualcosa che non avrebbe mai voluto essere.
Per questo l'aveva cercato.
Perché voleva scusarsi, ma alla fine non era stato capace di dirgli nulla. Lui era così innocente, e non ricordava niente.
Pensò che forse tutto ciò era positivo.


{ Forse, così, Lee sarebbe stato l'unico a non odiarlo.
E lui non poteva chiedere di meglio. }


Egoismo? Probabile.
Ma anche infinito, incondizionato amore.

Lo lasciò solo, in balia dei sentimenti e della confusione che regnava nella sua fragile mente. Lacrime rigarono le guance, i singhiozzi scossero il giovane corpo; per qualche strana ragione, pero', sentiva che Gaara un giorno sarebbe tornato.
Non poteva finire così.
Non dopo quel bacio.

Di nuovo? Ma insomma, sei veramente duro di comprendonio! ” strillò Sakura, la giovanissima infermiera che era andato a cercarlo, dopo che si era accorta della sua assenza.
Scusa. ” disse soltanto, e la ragazza strabuzzò gli occhi, stupita. Era la prima volta che chiedeva perdono.
Non proferì più parola, finché non fu riaccompagnato in camera.
Quando... cioè, è possibile che io recuperi la memoria? ” domandò alla ragazza, mentre si sedeva sul suo lettino.
Solo il tempo potrà dircelo. L'importante è non perdere mai la speranza. ” sorrise lei, uscendo poi dalla piccola camera.
Solo il tempo...
Si stese sul letto, fissando il soffitto.

{ Giaccio su questo letto perdendo ogni cosa,
vedo la mia vita passarmi davanti.
Era troppo?
O non era abbastanza?
Svegliami, sto vivendo un incubo. }


Tornerà... tornerà... ”

{ Non morirò, ti aspetterò qui.
Mi sento vivo quando tu sei accanto a me.
Non morirò, ti aspetterò qui.
Nella mia ultima ora. * }

Lo sento, lui tornerà. ” mormorò al nulla attorno a lui, prima di cadere in un profondo sonno senza sogni.

Fuori dalla finestra, nel bel mezzo del grande cortile, un ragazzo dai capelli rossi se ne stava seduto a rimirare il cielo stellato.
Finalmente riusciva ad apprezzarne di nuovo le sfumature, a guardarle con altri occhi.
Forse, nel cuore di Lee era racchiuso quell'amore che tanto aveva cercato negli altri, ma che nessuno gli aveva mai donato.
Doveva purificarsi, espiare per quanto possibile le proprie colpe. E solo allora sarebbe potuto tornare dall'angelo che lo aveva salvato, e che lo stava aspettando.
E se nel frattempo la sua memoria fosse tornata, gli avrebbe detto tutto. Senza essere sinceri non si possono ottenere la fiducia e l'affetto di qualcuno, finalmente l'aveva imparato. Grazie a lui.

La vita è come un film. Talvolta risulta sbiadita, altre volte invece addirittura in bianco e nero, come le immagini trasmesse da una vecchia tv, di quelle che non vanno più di moda. Molte persone non riescono a cogliere la sua reale bellezza, quei colori vivaci che brillano quando si ha accanto qualcuno che ci capisce e che ci accetta per come siamo. Altre persone non li hanno mai conosciuti, ma la speranza è sempre l'ultima a morire.

Rock Lee si rigirò nel letto più volte, quella notte; allungava le braccia in cerca di lui, ma neanche immaginava quanto Gaara in realtà fosse vicino.
Aveva paura, ma era sempre stato un tipo ottimista, questo gli aveva insegnato il suo tutore, Maito Gai.
Perciò sapeva bene che l'Amore sarebbe tornato a bussare alla sua porta...

...come in un film.

Fine ~


Note:

* le due strofe tra le parentesi graffe appartengono alla splendida canzone dei Three Days Grace, “Time of dying”.

Altre note esplicative: la storia è abbastanza emblematica, me ne rendo perfettamente conto, per cui ci tenevo a spiegare alcune cose.
E' chiaro che Gaara e Lee non vedono alcun film, quando si recano al cinema abbandonato: mi è piaciuto utilizzare questa metafora per indicare la vita dei due ragazzi, e come essi la vedono. Il moro, oltre all'amnesia, presenta un ovvia confusione mentale, che lo spinge a comportarsi come se andasse veramente al cinema a visionare una pellicola, ma dentro di se sa bene che questo non è possibile, in quanto la sala è chiusa ormai da tempo.
Quanto alle “anime in pena” di cui parlo ad un certo punto, possono essere considerate una proiezione mentale del ragazzo, oppure un suo vago ricordo di quando si recava lì e il posto era pieno di vita. In pena perché il posto è vuoto e indubbiamente ispira malinconia.
Quanto i generi che ho messo nello schema, l'ho fatto per sottolineare la ( penso ) evidente drammaticità degli avvenimenti narrati.
Per quanto riguarda la fan art, diciamo che l'ho utilizzata. La fic non ruota attorno ad essa, ma il bacio c'è, ed ho cercato di descriverlo mantenendo la purezza e l'innocenza di quella tenerissima immagine.
Mi auguro che questo delirio vi piaccia almeno un po'... commentino? *.*

  
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