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Autore: lawlietismine    07/10/2016    6 recensioni
Breve Merthur scritta per la sfida "a box full of prompts".
Ad Arthur viene da ridere quando Merlin spalanca la porta delle sue stanze ed entra come un uragano, il tutto senza ovviamente annunciarsi. Le labbra minacciano di piegarsi irrimediabilmente all'insù di fronte a quell'espressione sconcertata e stizzita, perché lui ne conosce già la causa ed è contento che abbia funzionato.
Genere: Commedia, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Merlino, Principe Artù | Coppie: Merlino/Artù
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago
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Ehilà! 
Omg rieccomi a pubblicare una merthur dopo non so bene quanto! *eheh cerca di ignorare le long incomplete*
Vabbé^^", in questa breve stupidaggine Arthur è già re ed è stata scritta per la sfida "a box full of prompts" del gruppo di facebook "EFP famiglia: recensioni, consigli e discussioni", il prompt che ho usato è di SilRey Skycastle 27
Come sempre spero che vi piaccia! Fatemi sapere cosa ne pensate^^ 
Alla prossima, 

Lawlietismine
p.s l'immagine non c'entra nulla(come al solito, lol), ma mi piace troppo. 
 
 
Prompt: ad Arthur viene affidato un nuovo servo, a Merlin non va giù la cosa e cerca - a modo suo - di convincere il babbeo reale ad aprire gli occhi e vedere il suo valore. 
(nda: spero di essere riuscita bene in questa missione^^")
 

 


A love game

 

Ad Arthur viene da ridere quando Merlin spalanca la porta delle sue stanze ed entra come un uragano, il tutto senza ovviamente annunciarsi. Le labbra minacciano di piegarsi irrimediabilmente all'insù di fronte a quell'espressione sconcertata e stizzita, perché lui ne conosce già la causa ed è contento che abbia funzionato.

“Pretendo una spiegazione” sbotta alla fine Merlin, dopo qualche attimo di silenzio in cui si sono unicamente fissati, uno con divertimento e l'altro con furia.

Arthur, ancora seduto alla sua scrivania, si passa sulla bocca il dorso della mano che racchiude la sua piuma d'oca, in modo da non far capire quanto la cosa lo allieti in realtà, e poi scrolla le spalle con estrema nonchalance. Distende entrambe le braccia sulle pergamene che stava revisionando fino a un secondo prima e poggia la schiena contro la grossa poltrona di legno, deliziato.

“Di che parli?” domanda come niente fosse, falsamente confuso e disinteressato.

Merlin stringe le labbra in una linea sottile e poi gli punta un dito contro, cercando di apparire minaccioso ma risultando allo stesso tempo un po' ferito e sperso.
“Sai perfettamente di cosa sto parlando” ringhia quasi, gli occhioni chiari ora lucidi, ma la mano incredibilmente ferma.

Arthur scuote un po' la testa come a contraddirlo, poi sposta improvvisamente lo sguardo oltre l'altro.
“George, giusto in tempo” dice, facendo distogliere l'attenzione a Merlin, che si volta repentino per notare l'entrata in scena del suddetto George, un damerino fermo sulla porta con un vasto vassoio colmo di cibo fra le mani. Una mansione che non dovrebbe spettare affatto a lui.
Lo stregone lo fissa stralunato e poi torna a posare il suo sguardo sul re, che continua ad atteggiarsi come se tutto fosse estremamente normale.

George?!” sbotta attonito. Arthur si limita a inarcare un sopracciglio e subito la mano torna a giocherellare con le labbra, perché non ridere sta iniziando a essere sempre più difficile.

Il nuovo arrivato, visibilmente perplesso di fronte alla scena generale, si affretta a superare Merlin, posare il vassoio su uno spazio libero della scrivania e poi andarsene via, esibendosi in un inchino e richiudendosi la porta alle spalle senza incrociare minimamente lo sguardo dei presenti.
Cala di nuovo il silenzio.

“George...” ripete piano Merlin, come se ancora stentasse a crederci.
“George” lo asseconda Arthur con sicurezza, sporgendosi sulla scrivania in modo da afferrare un chicco d'uva dal vassoio e poi mangiarlo mentre guarda l'altro intensamente.

“Lo hai fatto perché sono uno stregone o perché abbiamo una storia?” domanda lui, facendo ruotare con esagerazione gli occhi al cielo al re, che sa bene che Merlin non crede davvero che lui possa aver fatto una cosa del genere per nessuno dei due motivi elencati.
Il moro si avvicina, le braccia incrociate al petto e lo sguardo accusatorio e attento, e l'altro si decide finalmente ad alzarsi, solo per poi appoggiarsi alla stessa scrivania una volta fatto il giro di essa. Incrocia anche lui le braccia al petto e gli rivolge un ghigno divertito, mentre lo osserva come se fosse una preda.
Il suo gioco, ora che si è lasciato andare e ha smesso di trattenersi, viene colto velocemente.
“Non so, George è bravo” lo stuzzica comunque ancora un po', sarcastico, e poi si passa istintivamente la lingua fra le labbra per ripulirsi dai residui di succo d'uva. Merlin segue il gesto, rapito, la rabbia improvvisamente sfumata del tutto insieme all'orgoglio ferito, e non gli sfugge la malizia celata dietro lo sguardo vivo del suo re.

Vorrebbe dire che gli dispiace per quel George, che si è ritrovato senza volerlo e senza colpa in mezzo a un gioco furbo fra due amanti e che questa sua presunta promozione verrà presto rimossa, in realtà, però, non gli importa. È un posto che spetta a Merlin. Arthur spetta a Merlin.

“Io lo sono di più” risponde, stando al gioco. È un po' come raccogliere il guanto, come accettare la sfida.
L'altro fa un'espressione falsamente sorpresa e allarga le braccia, come a invitarlo a mettersi alla prova: “non ne sono certo, dovresti dimostrarmelo” dice in modo teatrale mentre si sposta in avanti con una piccola spinta, fino a fermarsi proprio accanto al letto, poi torna a dedicargli un lieve sorriso ferino che gli provoca un brivido lungo la schiena.

Merlin lo guarda, gli occhi chiari incatenati ai suoi, pieni di desiderio e qualcosa che si avvicina molto a una strana felicità, perché lui lo è, felice, e si sente anche inevitabilmente fortunato.

Prima di voltarsi e chiudere a chiave, le labbra si piegano di riflesso in un ghigno malizioso e gli occhi si tingono di un oro brillante: Arthur, in un modo piacevolmente familiare, si sente spingere da mani invisibili sullo stesso letto al suo fianco e il respiro gli risulta già pesante, le iridi azzurre riflettono un'estrema aspettativa che sicuramente non verrà delusa.

Quando la serratura scatta, il re sa che quel gioco finirà nel migliore dei modi e che entrambi ne usciranno vincitori. È questo a renderlo parte del genere di giochi che preferisce.

“So io come dimostrartelo, sono certo che alla fine non avrai dubbi” e mentre l'oro regna nuovamente in quegli occhi, Arthur si trattiene dal dirgli che di dubbi lui già non ne ha.

 

  
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