Libri > Twilight
Ricorda la storia  |      
Autore: ElFa_89    08/05/2009    8 recensioni
Ogni sera, prima di andare a dormire, sua madre entrava nella sua stanza e come un rito la faceva sedere su una poltroncina davanti allo specchio e le pettinava i capelli.
Solo che sua madre ora lì non c’era.
Sua madre era morta.
E nessuno le avrebbe più detto che era bellissima

***
Poche parole per cercare di dare un volto e un'anima a una bambina che forse non tutti conoscono!
Jane centric.
Genere: Triste, Malinconico, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Volturi
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
Nick Autore: PetaloDiCiliegio

Salve gente la vostra ‘adorata’ PetaloDiCiliegio è qui per tormentarvi un altro po’ a colpi di one-shot!

Il protagonista questa volta?

Jane la diabolica bambina che è il terrore di Volterra!

Una piccola Nonsense su di lei..ma credo che il titolo dica tutto!

Un racconto introspettivo al solo scopo di dare spazio a un personaggio che la Meyer ci ha fatto amare con poche righe e battute!!

Quindi bando alle ciance e buona lettura!!!

E mi raccomando lasciatemi un messaggino!!!

 

 

 

 

 

Questa fiction ha partecipato al contest ci sono anche io indetto da Princess of Vegeta6 !

La quale ringrazio per avermi dato la carica di postarla subitissimo!

SETTIMA CLASSIFICATA!

 

 

 

 

 

ROUTINE

 

 

 

 

Si guardò distrattamente allo specchio.

E una smorfia si dipinse sul suo viso.

Tredici anni.

Ormai da tanto tempo, troppo.

Sospirò.

Non sarebbe mai cresciuta.

Il suo corpo non sarebbe mai più cresciuto.

Sarebbe rimasto immutato.

Non sarebbe mai diventata una donna.

Sarebbe rimasta un’eterna bambina.

Che di bambina aveva solo l’aspetto.

Aveva tredici anni da tanto tempo, da più di tre secoli ormai.

Un velo di tristezza le attraversò il viso.

Si sistemò distrattamente una ciocca color caramello dietro l’orecchio destro.

E si trovò a guardare fissa gli occhi di quella sconosciuta riflessa davanti a lei.

Neri.

Aveva fame, tra poco Heidi sarebbe dovuta rientrare con il pranzo.

E i suoi occhi si sarebbero di nuovo tinti di rosso.

Rosso come il sangue delle persone a cui avrebbe sottratto il nettare divino che la teneva in vita.

Sbuffò quando la ciocca scivolò e ritornò a  darle fastidio vicino all’occhio.

I capelli a caschetto non le erano mai piaciuti.

Ma in orfanotrofio aveva dovuto tagliarli.

E poi non avevano fatto in tempo a ricrescere.

E adesso doveva conviverci per l’eternità.

Si avvicinò al comò in legno massiccio e prese una spazzola.

Ritornò davanti allo specchio e iniziò a pettinarsi.

Sembrava una bambola.

La pelle chiara incorniciata da soffici capelli color caramello che le cadevano fino alle spalle.

Una bellissima bambina.

Le ritornava familiare quella situazione.

E per un attimo le parve di scorgere il riflesso di sua madre sullo specchio.

Ogni sera, prima di andare a dormire, sua madre entrava nella sua stanza e come un rito la faceva sedere su una poltroncina davanti allo specchio e le pettinava i capelli.

Solo che sua madre ora lì non c’era.

Sua madre era morta.

E nessuno le avrebbe più detto che era bellissima.

Si sistemò con una forcina nera la ciocca che continuava a importunarla.

E guardò il risultato.

Sua madre era sicuramente più brava.

Chiuse gli occhi e smise di respirare.

Voleva rilassarsi, ma per un vampiro era impossibile annullare i sensi.

Trasse un profondo respiro e si sforzò di ricordare.

Lo faceva ogni giorno e ogni giorno le sembrava sempre più difficile.

I ricordi della sua infanzia sembravano svanire.

L’unica cosa che sembrava rimanerle impressa era il volto di sua madre.

L’ultima volta che l’aveva visto.

Un volto di una donna straziato dal dolore.

Il volto di una donna che andava incontro alla morte.

Ma sua madre non era una strega, lei lo sapeva.

E così si era trovata sola, con il suo fratellino di un anno più grande in un orfanotrofio.

Le avevano tagliato i capelli.

Come a dare un taglio netto alla sua esistenza.

E lì tutto era cambiato.

Lì Jane era cresciuta.

Aveva iniziato a provare odio e senso di vendetta.

Ma lei era solo una bambina.

E i sentimenti cattivi nei bambini servono a poco quando non hanno nulla da poter usare come arma.

Ma non era così.

Jane aveva scoperto di avere dei poteri.

Riaprì gli occhi di scatto.

Il suo viso era contorto dalla rabbia.

Lei odiava gli umani.

Loro le avevano sottratto tutto quello che amava.

Gli umani erano stupidi e indegni e come tali andavano puniti e sarebbe stata lei a farlo.

Voltò le spalle alla sua immagine riflessa e si avvicinò al letto a baldachino rosso.

Uguale a quello che aveva da piccola.

Prese la tunica nera che vi era posata e se l’infilò.

Nero.

Le piaceva quel colore.

Il colore della morte e della potenza a Volterra.

Le piaceva che quel colore venisse paragonato a lei.

Fece passare i bottoni argentati nelle rispettive asole.

E a risultato finito ghignò soddisfatta.

Ecco la vera Jane.

Si incamminò verso la porta e una volta uscita se la richiuse alle sue spalle.

Il sotterraneo era buio, appena illuminato da delle lanterne, ma per lei non era un problema.

Lei ci vedeva benissimo.

Camminava a passo tranquillo per il corridoio, immersa in un immenso silenzio.

Poteva sentire i suoi passi riecheggiare nel buio e il fruscio della tunica scandire il ritmo della sua camminata.

Routine.

Doveva essere in ritardo, gli altri vampiri del covo dovevano essere già giunti nel salone.

Non si preoccupò.

Sapeva che Aro non avrebbe mai iniziato il banchetto senza di lei.

Continuò a camminare per i corridoi, conosceva a memoria la strada.

Stranamente si muoveva a passo umano.

Le piaceva farsi aspettare e sottolineare in questo modo la sua importanza.

Si fermò davanti a un portone di spesso ciliegio.

Era arrivata.

Afferrò con tutte e due le mani il cappuccio della tunica e se lo calò sulla testa.

Posò le mani tese sul portone e spinse leggermente.

Lo spettacolo che gli si parò davanti la fece ghignare.

Una ventina di esseri umani che si guardavano intorno spaesati.

Annusò l’aria.

Poteva sentire chiaramente la paura nei loro corpi.

Ridacchio mentalmente e si fece strada nel salone sotto lo sguardo stupido degli ignari spuntini e lo sguardo dei suoi compagni.

Aro la guardava sorridendo a braccia aperte.

La stava aspettando.

E lei non si fece attendere.

Si incamminò con passo leggero verso l’anziano e si piazzò proprio davanti.

Sapeva cosa sarebbe successo in quel momento.

Sentì il fiato di Aro avvicinarsi al suo viso fino a posare le sue labbra sulle sue.

Un bacio appena accennato.

Ma che a Aro bastava per sapere tutto.

L’anziano una volta ripresa la sua postura eretta ridacchiò.

-vedo che hai fame mia adorata Jane- tubò

Jane ghignò e si mise al suo fianco.

Poteva finalmente dedicarsi alla cosa che le piaceva maggiormente, scegliere la propria vittima.

Iniziò a scrutare con occhio vispo il gruppetto di umani e insieme all’olfatto designò quale sarebbe stata la sua preda.

Un uomo, sulla trentina, capelli biondi e con un paio di occhiali.

Poteva definirlo quasi affascinante nel modo in cui si guardava in torno, il modo in cui il suo sguardo saettava preoccupato verso le persone incappucciate che lo circondavano.

Confuso.

Logicamente Heidi per portargli lì aveva usato il suo potere.

Era come se l’uomo si fosse appena svegliato da uno strato di trans senza capire bene dove si trovava e come ci fosse arrivato.

Stupido ingenuo essere umano.

-miei cari, può iniziare il banchetto- decretò Aro

Jane ghignò e spiccò un salto.

Aveva scelto la sua vittima e non avrebbe permesso a nessuno di interferire.

Atterrò a un metro di distanza dall’ignaro ‘spuntino’ che finalmente concentrò la sua attenzione su di lei.

Jane lo guardò attentamente.

Nei suoi occhi poteva leggere terrore e paura.

Intorno a lei i suoi compagni avevano già iniziato  a mangiare.

Lasciando ai loro ‘spuntini’ solo il tempo di lanciare flebili urla subito soffocate dall’arrivo della morte.

Ma a lei non piaceva così.

Lei voleva leggere il terrore nello sguardo della sua vittima.

Voleva che soffrisse.

Che la pregasse di risparmiarla.

Voleva che vedesse la morte in faccia.

Come era successo a sua madre.

Voleva che ogni singola persona che si trovasse davanti capisse cosa era il dolore vero.

Che cosa si prova quando tutto intorno a te sembra svanire.

Voleva fargli conoscere la morte.

Si avvicinò all’uomo che ormai la fissava con aria truce.

Forse stava pensando di provare a scappare.

Ridacchiò all’idea e l’uomo si allarmò maggiormente.

Ghignò soddisfatta dell’effetto che stava ottenendo.

Allungò la sua esile mano e afferrò il braccio dell’umano.

Quello non si muoveva paralizzato dalla paura.

Strinse la sue presa e il braccio fece un sonoro crack.

L’uomo urlò di dolore.

Lei ghignò felice, gli aveva rotto il braccio destro.

L’uomo cadde in ginocchio stringendo il braccio convulsamente al petto.

Aveva ottenuto l’effetto che voleva.

L’uomo era completamente terrorizzato.

Si inginocchiò e portò il suo viso nell’incavo del suo collo.

Sotto il suo morso l’uomo emise un flebile lamento e piano piano iniziò a perdere le forze fino a spegnersi definitivamente lasciando solo un corpo esamine per terra.

Jane si alzò e con le mani lisciò la tunica, poi si guardò intorno.

Incrociò lo sguardo del fratello intento a ripulirsi un rivolo di sangue che gli ere scivolato dalla bocca.

Un solo sguardo, una tacito consenso.

Lui era l’unico in grado di capirla.

Sentì una leggera pressione sulla spalla.

Non le fu necessario voltarsi per capire di chi si trattasse.

Aro era per lei una sorta di riferimento.

L’aveva salvata dalla stessa fine che era toccata a sua madre.

Lui era l’unico che non la guardava con terrore per quello che era capace di fare.

Era stato lui a venire a prenderla insieme al fratello da quell’orfanotrofio e a portarla verso una nuova realtà.

Una realtà che le apparteneva e in cui aveva imparato a vivere.

Girò appena la testa in modo da incontrare i suoi occhi.

Occhi rossi, come i suoi.

Aro ridacchiò probabilmente consapevole dei suoi pensieri.

E Jane sorrise.

Un sorriso non cinico.

Un semplice sorriso sincero di una bambina.

Un sorriso che però era difficile da scorgere perché veniva regalato solo a due persone.

Entrambe sangue del suo sangue.

Alec che possedeva i suoi geni umani e Aro che le aveva dato vita con la sua morfina.

Entrambi punti di riferimento nella sua vita.

Entrambi parte della sua famiglia.

 

 

 

 

E allora??

Vi è piaciuto???

Spero di sì dai..non credo di avere fatto tanto schifo…purtroppo al contest sono arrivata ultima…

Ma PetaloDiCiliegio è forte e se ne fa un baffo….

Per il resto da brava scrittrice dal carattere arrogante quale sono accetto tutte le critiche e i giudizi!

 

 

Lasciate un commentino!!

 

 

 

 

 

 

 

 

KISS KISS

 

 

 

 

 

 

 

 

Dopo un lungo botta e risposta siamo arrivati alle conclusioni!

Purtroppo nel giudizio della fancfic non si è fatto caso al particolare che Aro bacia davvero Jane sulle labbra!

O.o

E non perché inciampa e fatalità atterra proprio là!

Quindi la vostra PetaloDiCiliegio non si fa ancora di cannabis!

Come mi hanno fatto notare persone, autotiratasi in causa ,errare è umano!

Dopo aver ricevuto le scuse di princess of Vegeta6 e averle accettate,

e avergliele poste a mia volta per il mio tono tutto made in 3L3NA!

La questione è definitivamente chiusa!

Arroganza e orgoglio non sono due aspetti che vanno in giro a braccetto, no?

 

 

Chiedo inoltre che possibili impiccioni si facciano gli emeriti fatti loro e non si immischino di faccende che non gli riguardano!

È maleducazione!!!

 

  
Leggi le 8 recensioni
Ricorda la storia  |       |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Torna indietro / Vai alla categoria: Libri > Twilight / Vai alla pagina dell'autore: ElFa_89