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Autore: Lady Sunset    08/10/2016    0 recensioni
“Non vi è vita nel vostro mondo perché non conoscete una via d'uscita. Non vi è vita nel vostro corpo perché non conoscete voi stessi. Non vi è vita tra voi, perché non conoscete l'amore.”
Genere: Drammatico | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Kai, Kai
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Niente di quel mondo mi spaventava.

Fissavo le luci intorno a me come fossero il riflesso della mia vita, della speranza che, oramai, non nutrivo più da secoli. La mia figura fluttuava nell'immensità della sofferenza senza trovare pace alcuna. Non vi era religione nelle mie idee, o mentori, o amore. C'ero io, e il buio della notte. Tutti dormivano, o quantomeno ci provavano. Chissà quanti sonni erano stati dimenticati nell'insicurezza di un sereno domani. Chissà quanti futuri erano stati cancellati da un brutale destino. L'Ottobre che conoscevo io mascherava il suo silenzio con il freddo sospiro che provocava movimento tra le foglie degli alberi. Nessuna parola detta. Nessun sorriso. E mentre riflettevo, su quella terrazza che dava all'incrocio di strade, sempre occupata dal traffico mattutino e pomeridiano, mi sentivo un folle. I miei occhi erano rivolti alle leggere sfumature di viola che ricoprivano il cielo. Volevo sfidare la natura, e la probabile divinità che vi si nascondeva dietro. Non avevo paura. Perché la mia non era una forza sovrannaturale, non si trattava di un qualcosa che, in fin dei conti, poteva essere sempre controllato. No. Il potere che possedevo risiedeva in me, nel mio cuore, nel desiderio che avevo nel voler cambiare tutto. La mia era una scelta, un obbligo spirituale. La mia luce non brillava di luce propria. Si stava sbiadendo, così come le mie iridi. Bruciavano, generavano lacrime amare di pura delusione. Non contava niente se non il mio innato dispiacere.
“Perdonalo, Dio. Perché non sa quello che fa.”
Non esisteva legge o destino che avrebbe placato la mia ira. La natura poteva essere bastarda, sfogare il suo disprezzo sul singolo o sulla comunità. A me non importava. Non sarei rimasto a guardare. Non avrei permesso a una forza sconosciuta di mettere in dubbio il mio titanismo. Potevo farcela. Dovevo farcela. Io, Jongin Kim, ero il singolo, ma in quanto singolo anch'io possedevo un potere: vivere secondo le mie condizioni.
“Basta sperare. Troverai la pace.”
Quello sarebbe stato il mio ultimo giorno. Un giorno memorabile, fatto di ricordi dimenticati, promesse non mantenute, lutti accantonati e sofferenze scolpite nel luogo più remoto dell'anima.

“Non vi è vita nel vostro mondo perché non conoscete una via d'uscita. Non vi è vita nel vostro corpo perché non conoscete voi stessi. Non vi è vita tra voi, perché non conoscete l'amore.”

Le amare parole cantate dal mio giovane pensiero parevano sussurrate dalla sfortuna che colpiva noi tutti. Il silenzio di quell'otto Ottobre duemilasedici, sebbene fosse solo tale, raccontava le più tristi disavventure dell'esistenza collettiva. Ma io chi ero per accettare un simile destino? Ero più forte di così. Più forte del dolore.

 

Salverò voi tutti dalla manipolazione delle divinità, sacrificandomi come vostra sconfitta personale. Darò la mia vita in cambio della vostra, affinché riflettiate sul vero senso di ciò che circonda le nostre sagome opache.”

Distanziai le braccia dal mio torace, i polsi a peso morto, il viso gelido, le palpebre abbassate, le labbra serrate. Io non ero una marionetta, e morivo dalla voglia di dimostrarlo all'intero universo che costellava la mia esistenza. Feci un passo avanti.

“Vivete, voi che potete. Conoscete la natura per quella che è. Prendetevi cura del vostro cuore divorato dall'odio.”

 

Un amaro sorriso fece capolino prima dell'irrimediabile caduta verso un altro mondo. Il corpo di Jongin venne avvolto prima dal prepotente vento sofferto di quella notte, poi dal suo stesso sangue, caldo, dell'uguale sapore del ferro.

Nome: Kim Jongin.

Ora del decesso: 02:50.

Causa: Suicidio.

   
 
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