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Autore: Carla Marrone    08/10/2016    0 recensioni
Una giornata diversa, iniziata con un insolito umore di Shura. Sensazione quasi tattile, che Mefisto non mancherà di percepire, non senza una punta di stupore ed ammirazione. E' l'anniversario della morte di Shiro, giorno che i nostri due protagonisti trascorreranno eccezionalmente insieme. Cosa ne verrà fuori? Beh, questo sta a voi scoprirlo. Spero vivamente che questa fiction vi piaccia. Fatemi sapere cosa ne pensate. Buona giornata a tutti.
Genere: Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Mephisto Pheles
Note: Lime | Avvertimenti: nessuno
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SANGUE 

 

Sulle prime non l’aveva riconosciuta, avvolta in quell’abito di seta nera.

Aveva bretelle sottili, dato il caldo degli ultimi giorni. Ai piedi, non i soliti stivali, ma semplici ballerine dello stesso colore del vestitino. La gonna era corta e scampanata, ma non volgare come i soliti panta-tanga che, oramai, Mefisto era abituato a vederle indosso. Diciamo, una lunghezza idonea al luogo in cui si trovava. Un cimitero. Perché diamine gli esseri umani si vestissero di nero, per andare a far visita al cadavere in putrefazione dei propri parenti, o amici, per Mefisto sarebbe sempre stato un mistero. Le cose colorate erano così belle! Al demone dagli occhi verdi piacevano da morire. C’erano così poche cose colorate, nel mondo dal quale proveniva. Aveva trascorso i primi duecento anni della sua vita, avvolto nell’oscurità più totale. In tutti i sensi. Ma questa era un’altra storia. Ad ogni modo, era convinto che Shiro sarebbe stato molto più felice di vedere indosso a Shura i suoi soliti vestiti. Avrebbe potuto constatare con piacere quanto bene fosse cresciuta. Se avesse ancora avuto una coscienza, per dirla tutta.

Quando le si avvicinò, gli fu chiaro che lei non aveva notato la sua presenza. Un’aura sconosciuta e misteriosa emanava dal suo corpo, in quel momento. A Mefisto piaceva quell’insolito volto triste. Se avesse potuto umanizzare le sue sensazioni, avrebbe, indubbiamente, detto che il silenzio malinconico di Shura aveva un buon sapore. Si schiarì la voce. 

Le iridi della giovane si dilatarono, per un momento. Il suo corpo ebbe un tremito. Rapida si volse verso di lui, l’espressione di poco prima, svanita, per lasciare il posto ad una più neutra.  

“Cosa ci fai tu qui?” Gli chiese con voce più bassa del solito. 

Mefisto le sorrise. “La stessa cosa che ci fai tu. Oggi è l’anniversario della morte di Shiro, dico bene?”

La ragazza lo osservò. Tra le mani, reggeva un gigantesco mazzo di fiori ed aveva avuto la decenza di indossare dei pantaloni normali, seppur bianchi. Shura detestava quei ridicoli shorts a palloncino che Mefisto era solito indossare, quando era a scuola. Che diamine, lui era il preside! Scelse di non dire nulla. Non era il luogo, né il momento adatto, alle loro solite litigate. Per quanto felice che il demone avesse, evidentemente, speso un’ingente somma di denaro per il suo omaggio a Shiro, sentiva di voler stare da sola, con colui che amava; pur non potendo godere della sua compagnia. Shiro era una cosa sua. La presenza di quella persona, che, poi, non era neanche una persona, la infastidiva.

“Io vengo qui tutti i giorni.” Scelse, stranamente, invece, di dire. 

Mefisto sollevò la testa e si portò l’indice al mento, quasi avesse appena realizzato qualcosa. “Oh, dunque sono tuoi i fiori che vedo quando vengo qui, di tanto in tanto.” Allora la signorina Kirigakure non spendeva tutti i suoi soldi esclusivamente in alcoolici. Interessante rivelazione. L’uomo scelse, però, di non manifestare questo suo pensiero. Non era il caso di stuzzicarla al cimitero, davanti alla tomba di Shiro, per quanto farlo, di solito, gli piacesse. La ragazza portava ogni giorno fiori al suo mentore? Devozione encomiabile. Era davvero interessante quel sentimento che gli umani chiamavano amore. A detta loro, poteva muovere le montagne. Ma, anche questo scelse di non dirlo. Depositò, invece, i suoi fiori sulla tomba. 

Rimasero, per diversi minuti, in silenzio, nell’ottusa contemplazione della tomba del loro amico. Nessuno dei due pregò. 

Poi, Mefisto parlò. 

“Un altro varco dimensionale, connesso a Gehenna è stato aperto. Demoni di classe superiore sono riusciti a passare. Abbiamo bisogno dell’aiuto di tutti i soldati d’élite, mentre io richiudo il passaggio. Mi aspetto che tu prenda servizio entro le otto di questa mattina.” E detto questo, fece per andarsene. 

“Verrò adesso. Tanto non ho un cazzo da fare qui.” Mefiso sorrise del linguaggio colorito della donna. Era ancora abituato al prototipo moglie-madre impeccabile e le donne di quell’epoca riuscivano sempre a stupirlo. Shura, in particolare.

Il demone raggiunse la sua limousine rosa, seguito dall’umana, che passò oltre, chiaramente diretta al quartier generale. 

“Ti prego, permettimi di offrirti un passaggio.” Mefistofele la bloccò. 

Neanche lei seppe il perché, ma si trovò ad accettare. Già in passato le era accaduto di passare del tempo in compagnia del demone, seppur poco, e, doveva ammettere, che non si era trovata male. Se non intralciavi i suoi piani, sapeva essere un vero gentiluomo. O gentil-demone, per dirla meglio. 

Durante il tragitto non parlarono molto, l’umor nero del luogo nel quale avevano principiato la giornata aleggiava ancora. Un anno esatto prima, una persona importante per entrambi era tragicamente deceduta. 

 

Solo tre ore dopo, l’esorcista d’élite aveva ultimato il suo lavoro di “pulizia” del bosco, nel quale era stato trovato il portale. Aveva sterminato un ingente numero di demoni, tutt’altro che di classe inferiore, e si sentiva esausta. Mefisto, dal canto suo, aveva utilizzato uno dei suoi orologi magici per chiudere la frattura nello spazio-tempo. Compito ancora più arduo. 

Lo trovò da solo, ai margini del bosco e lo vide piegarsi in due, come addolorato. Il cilindro che era solito indossare cadde a terra e Shura poté vedere il pessimo colorito della sua carnagione, già di natura, spettrale. Aveva le labbra livide ed ansimava vistosamente. Fu l’istinto ad agire per lei. Corse verso di lui.

“Mefisto! Cosa cazzo ti prende?” Lui si voltò per un attimo a guardarla, un’espressione severa sul volto, prima di riprendere a fissare l’erba sotto le sue ginocchia. Shura era l’ultima persona dalla quale avrebbe voluto farsi vedere in quello stato. Anche se, doveva ammettere, se ci fosse stato un altro, lì, pur di non farsi mettere in imbarazzo, sarebbe stato disposto ad uccidere.  

“L’ultimo incantesimo che ho realizzato mi ha consumato troppe energie, ugh! Rischio un collasso…” Fu la sua risposta sofferta. 

Ancora una volta, l’esorcista agì d’impulso. Senza che le fosse comandato e senza pensarci due volte, trasse un kunai dalla tasca segreta della giacca da lavoro che si era portata dietro al cimitero, come dovunque, del resto. Raccolse la manica e praticò un piccolo taglio sul suo braccio, grande, tuttavia, abbastanza da farvi sgorgare del sangue.

“Tieni, bevi questo. – Continuò, con una punta d’imbarazzo, nella voce - Per voi demoni è una specie di elisir, non e vero?” Avvicinò il braccio alla bocca ansante di Mefistofele, che la guardò in un modo in cui nessuno l’aveva mai squadrata, dritto negli occhi, prima d’allora. Fu qualcosa di molto intimo. Per un attimo, il re del tempo, parve quasi spaventato. Ma, poi, accettò il dono. E lo fece con immenso piacere. Bevve avidamente, tenendo stretto il braccio dell’esorcista. Non che sarebbe fuggita, questo lo sapevano entrambi. O, forse, no. Quando ebbe terminato con il braccio, la strattonò verso di sé. Occhi taglienti mandavano bagliori cremisi. Non era in lui. O, forse, non lo era mai stato così tanto. Solo una parte della maschera da demone gentile, che indossava abitualmente, era visibile sul suo volto, per chi avesse osservato bene. Ma Shura non ne ebbe il tempo. Non era riuscita a muovere un muscolo, prima che il demonio le mordesse il collo. Una sensazione pungente. Calore. Mani forti le strinsero il morbido codino e la schiena. Anche quando fu meno scioccata, decise di non muoversi. La persona che aveva portato quei bei fiori a Shiro aveva bisogno del suo aiuto, alias, del suo sangue.

Passò qualche minuto. Era chiaramente ora di fermarlo. 

“Mefisto – disse piano, si sentiva debole – mi gira la testa…”

Percepì solo lontanamente i canini dell’akuma, fuoriuscire dalla sua giugulare. Mefistofele allentò la presa su di lei, sulle prime. Salvo poi, afferrarla di nuovo, con rinnovato vigore. 

Era svenuta. Dannazione! Che figura. 

 
   
 
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