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Autore: Celeste98    09/10/2016    0 recensioni
"L'autunno è da poco arrivato e gli alberi cominciano già a tingersi di rosso e di giallo.
Tornando a casa, avete trovato sulla soglia una lettera da parte di uno sconosciuto. La busta era sigillata con un timbro rappresentante una foglia a sette punte. Leggendo la lettera scoprite che è un invito a farvi trovare quello stesso giorno alle 19:00 in punto di fronte alla fontana e vi chiede inoltre di portare con voi una foglia rossa.
Descrivete ciò che immaginate accadrà nell'arco di tempo che va dalle 19:00 di quel giorno alle 2:00 del mattino successivo."
Premetto di aver già pubblicato questa storia su Wattpad e che questa è solo una traccia
Genere: Romantico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago
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"L'autunno è da poco arrivato e gli alberi cominciano già a tingersi di rosso e di giallo.
Tornando a casa, avete trovato sulla soglia una lettera da parte di uno sconosciuto. La busta era sigillata con un timbro rappresentante una foglia a sette punte. Leggendo la lettera scoprite che è un invito a farvi trovare quello stesso giorno alle 19:00 in punto di fronte alla fontana e vi chiede inoltre di portare con voi una foglia rossa.
Descrivete ciò che immaginate accadrà nell'arco di tempo che va dalle 19:00 di quel giorno alle 2:00 del mattino successivo."

 

Arrivai sul luogo dell'incontro con qualche minuto di anticipo perciò mi accomodai su una panchina a qualche metro dalla fontana. La nostra solita panchina. Inevitabilmente passai le dita sulle lettere incise sul legno quasi tre anni prima. Erano le nostre iniziali unite dal simbolo dell'infinito. Spostai immediatamente altrove la mia attenzione per impedire il riaffiorarsi di vecchi ricordi felici. A terra, a pochi passi da me, c'era un frammento di vetro che rifletteva la mia immagine distorta ma che riusciva a cogliere a pieno lo stato d'animo che mi brillava negli occhi: la speranza. Questa volta non riuscì, o non volli, fermare i ricordi.
Erano passati tre anni da quel giorno ma lo ricordavo come se fosse ieri.

Inizio Flashback
Stavo tornando a casa dall'università quando il mio ragazzo mi chiese di raggiungerlo alla fontana della piazza. A quel tempo io avevo all'incirca 18 anni e frequentavo il primo anno di psicologia mentre il mio ragazzo, di solo un anno in più di me, era entrato nell'esercito.
Arrivai in poco tempo e lo trovai sdraiato su una panchina ad occhi chiusi.
Facendo più piano possibile, lo raggiunsi per poi piegarmi alla sua altezza e poggiare le mie labbra sulle sue. Anche se in un primo momento fu colto di sorpresa, non perse tempo e rispose al bacio portando una mano dietro la mia testa per avvicinarmi di più a sé.
«Questo sì che è un saluto come si deve!» esordì aprendo gli occhi e permettendomi di specchiarmi in quelle magnifiche pozze celesti.

«Di che cosa volevi parlarmi?» chiesi sorridente sedendomi al suo fianco.
«Dritta al punto come sempre eh?!» chiese sorridendomi «Andiamo in un posto più tranquillo. Qui c'è troppa gente» disse alzandosi per poi porgermi la mano. Sorrideva ancora, o almeno ci provava perché il suo sorriso non arrivava agli occhi. Camminando in silenzio mano nella mano raggiungemmo il limitare del parco dove troneggiava un vecchio e nodoso acero rosso giapponese.

«Deve essere una cosa seria se hai così paura di parlarne» dissi lasciando la sua mano per accomodarmi a gambe incrociate sul terreno ricoperto di foglie cadute e appoggiandomi con la schiena al tronco.
«Non ho paura. Semplicemente che non so come iniziare» rispose sedendosi a sua volta.
«Prova dall'inizio» dissi. Lui non rispose, bensì mi estrasse un foglio spiegazzato dalla tasca interna della giacca e me lo porse. Non impiegai molto a capire che cosa fosse.

«Ti hanno chiamato per la guerra» non era una domanda ma lui annuì comunque.
«Parto tra due settimane e rimango sei mesi» non mi guardava in faccia mentre parlava.
«E tu vuoi rompere con me» ripiegai la lettera per non doverlo guardare a mia volta.
«Non voglio che ti senta costretta ad aspettarmi» mi rispose.
«Ma magari sono io a volerti aspettare» riuscì a trattenere a stento un singhiozzo. Forse fu proprio questo a ridestarlo e farlo voltare verso di me. Come i miei, i suoi occhi erano pieni di lacrime.

«Ho pensato a questo momento per tutta la giornata ed ero arrivato alla conclusione di non volerti costringere a una vita così. Voglio che tu sia libera di fare le tue scelte e magari di innamorarti di nuovo. Ma mi rendo conto solo ora di quanto io sia egoista perché non voglio vederti tra le braccia di un altro. Tu sei solo mia» ormai le lacrime mi offuscavano completamente la vista ma non le avrei lasciate libere di scovolarmi lungo le guance. In quel momento un soffio di vento portò su di noi le foglie rosse cadute dagli alberi. Lui ne prese una impigliata tra i miei capelli e iniziò a guardarla.
«L'autunno è la mia stagione preferita. Era autunno quando ci siamo conosciuti. Il vento soffiava forte quel giorno e tu avevi i capelli ricoperti di foglie ma, nonostante ciò, sorridevi. Ed è quel sorriso che voglio trovare sul tuo viso quando tornerò» dopo di ché mi strinse a sé mentre mi passava la foglia.
Fine Flashback

Mi riscossi dai miei pensieri quando la torre dell'orologio rintoccò le 20:00. A quel punto mi diressi alla fontana. Illuminata dalla luce dei lampioni estrassi dalla mia borsa il libro in cui avevo conservato la foglia rossa che mi diede quel giorno e me la passai tra le mani.
Era già passata un'ora dall'orario dell'appuntamento. E se non si presentasse?
«Sei venuta» esordi una voce alle mie spalle. La sua voce.
Mi volto lentamente verso di lui. È anche più bello di quanto ricordassi. Indossa l'elegante uniforme verde dell'esercito, i capelli, un po' più lunghi del suo solito, sono mossi dal vento e ha la barba di qualche giorno.
«Non sarei mai potuta mancare» la mia voce è sicura nonostante le mani mi tremino e le gambe minaccino di non reggere il mio peso.
Lui si avvicina fino a fermarsi a pochi passi da me.
«Non hai idea di quanto tu mi sia mancata» inevitabilmente il suo sguardo va alle mie mani e sulla foglia che stringevo in esse.
A quel punto le mie barriere crollarono e mi gettai tra le sue braccia singhiozzando. Lui mi strinse immediatamente al suo petto piangendo a sua volta. Non so dire quanto tempo rimanemmo abbracciati ma una volta separati ci sedemmo sulla panchina e lui mi cinse le spalle con un braccio facendomi così appoggiare al suo petto caldo.
«Tre anni. Tre interminabili anni in cui non ho avuto tue notizie» dissi.
«Lo so amore mio ma adesso sono qui. E ti spiegherò tutto» e così fece. Mi raccontò dei primi mesi sul campo, e tutto ciò che vide. Mi disse che mancavano pochi giorni al suo ritorno quando sostituì un suo compagno ferito durante un giro aereo di perlustrazione. Del guasto al motore delle difficoltà con cui riuscì a portare a terra l'aereo. Mi disse dell'impatto e delle sue ferite. Quando perse i sensi era certo che non sarebbe sopravvissuto ma se ne sarebbe andato col sorriso perché guardava la nostra foto insieme, scattata il giorno del diploma, che teneva sul parabrezza.
«Quanto mi ritrovarono fui trasportato e operato d'urgenza nell'ospedale più vicino. Rimasi in coma per diversi mesi e quando mi svegliai non ricordavo niente» mi guardò per capire le mie emozioni e si sorprese di trovarmi nuovamente in lacrime, che subito asciugò . Notai immediatamente la cicatrice che gli spezzava il sopracciglio sinistro.
«Nonostante non riuscissi a camminare, a causa della gamba rotta, e l'amnesia, mi misero su un aereo che mi riportò qui e i miei genitori mi accompagnarono dai migliori medici del Paese. Per oltre un anno tutti i ricordi che avevo erano quelli che mi erano stati riferiti, all'infuori di uno. Lo psicologo che mi seguiva mi consigliò di tenere un diario dove annotare tutto ciò che ricordassi ma io mi limitavo a disegnare una foglia dalle sette punte e due lettere unite dal simbolo dell'infinito» lo guardai sconvolta mentre lui, sorridendo, continuava ad accarezzarmi il viso e i capelli .
«Tu sei stata la mia unica luce nell'oscurità. Per tre lunghi anni sei stata tu a darmi la spinta per andare avanti, a ricordarmi che, forse, ne valeva la pena essere ancora vivo, che magari tutto quel dolore, quella sofferenza, non erano stati vani, perché c'eri tu ad aspettarmi alla fine di del tunnel. Prima di conoscerti non credevo nell'amore a prima vista ma tu con il tuo sorriso e il tuo essere sempre te stessa sei riuscita a farmi innamorare. Lasciarti è stata la decisione più difficile che abbia preso in tutta la mia vita e quando ti ho lasciato quella lettera non ero sicuro che avresti accettato l'invito, ma adesso ho la certezza che potrei affrontare ogni sfida che la vita mi proporrà solo se ci sarai tu al mio fianco» senza interrompere il contatto visivo, si inginocchiò di fronte a me.
«E... mi renderesti l'uomo più felice del mondo se... accettassi di diventare mia moglie» aveva gli occhi lucidi e la voce rotta dall'emozione mentre mi porgeva una scatolina di velluto blu che conteneva un meraviglioso solitario.
Annuì con vigore mentre le lacrime e si singhiozzi prendevano il sopravvento. Mi mise l'anello con mano tremante e ci baciammo con passione mentre il grande orologio alle nostre spalle rintoccava le 2:00 del mattino.


FINE

  
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