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Autore: Eternity45    09/10/2016    1 recensioni
Era vero, Alex Karev le ricordava se stessa; non perché era cinico, non perché era distaccato, non perché era bravo con i bambini. Perché lo guardava, e vedeva con una chiarezza disarmante che era spezzato almeno quanto lei.
Genere: Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Alex Karev, Arizona Robbins
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago
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Feeling like home

 

Arizona Robbins era una persona forte. Lo era sempre stata; determinata, resistente, testarda. Ma adesso, adesso era stanca.
Si era ritrovata a lottare per anni, con le unghie e con i denti, per rammendare una vita fatta a brandelli. Si era ritrovata ad arrancare, mille volte, a trascinarsi sotto il peso di un destino bastardo e, in quel lottare continuo per sopravvivere, si era spezzata. Aveva perso troppo, senza più guadagnare indietro.
Quando suo fratello era morto era andata avanti. A stento, barcollante, si era affidata a ciò che restava. Poi aveva perso Nick, e aveva continuato a resistere. Sempre più fragile, sempre più esitante, ma aveva commesso lo stesso errore: si era affidata a ciò che restava, di nuovo.
Aveva combattuto con le unghie, con i denti, con la ferocia della speranza in un futuro migliore, perché Callie era con lei. Perché Callie era stata una protesi per tutti i pezzi di lei che le erano stati strappati. E poi anche lei era svanita. Ma non era solo svanita, era andata via, portandosi con se i pochi monconi restanti, portando via tutto ciò che rimaneva di lei, sbranando malamente i suoi arti già martoriati. La gamba - la sua gamba sinistra, tagliata nettamente da un bisturi inclemente - era stata solo l'ennesimo pezzo, la concretizzazione della sua incompletezza, un altro frammento strappato.
Un guscio vuoto, un corpo senza arti, monconi lacerati e senza più nemmeno protesi e bende. Ecco come si sentiva, Arizona.
Aveva lottato per anni, per ottenere niente. 
Aveva combattuto, davvero, con tutta se stessa. Ma non era stato abbastanza. L'amore, la determinazione, persino la rabbia, niente era stato abbastanza contro quella vita infame e contro i suoi stessi errori. Aveva stretto i pugni fino a farsi sanguinare i palmi con le unghie, ma non era riuscita a stringere abbastanza ciò che importava.
Metà della sua vita era probabilmente andata, e si ritrovava ferma, nel limbo, con una manciata di fumo tra le mani e niente di fatto, costruito. Non era riuscita a fare altro che tentare di riparare fondamenta tremolanti, sperando costantemente di non collassare su se stessa.
Era stanca.

Una cosa Arizona l'aveva fatta. Era diventata medico, un grande medico. E aveva insegnato. Aveva preso un bastardo senza cuore, e l'aveva trasformato in un uomo onesto, un dottore bravo almeno quanto lei.
Era vero, Alex Karev le ricordava se stessa; non perché era cinico, non perché era distaccato, non perché era bravo con i bambini. Perché lo guardava, e vedeva con una chiarezza disarmante che era spezzato almeno quanto lei.
A volte si perdeva ad osservarlo, quando con la schiena ricurva si chinava ad ascoltare il cuore di un neonato, e poteva quasi vedere il peso sopra quelle spalle. Poteva vedere i suoi tentativi disperati di aggiustare, incollare, legare i pezzi prima di crollare. Proprio come lei.
Una corsa contro il tempo, nel tentativo disumano di non sbriciolarsi.

E Alex sapeva. Sapeva che loro erano uguali.
Lo sapeva quando posava la sua mano calda e grande - così grande - sulla guancia di Arizona, asciugandole le lacrime senza parlare. Lo sapeva, quando la cercava con lo sguardo, senza che nessuno se ne accorgesse, e si attaccava ai suoi occhi azzurri con la stessa forza di un bambino che si attacca con le braccia al collo della madre.
Lo sapevano entrambi, quando facevano scontrare i loro bicchieri o quando si ritrovavano insieme, da soli, e parlavano. Sapevano di poter essere ascoltati e compresi, senza pietà, perché non c'era più spazio per la commiserazione, perché sapevano che nessuno dei due sarebbe riuscito a sopportarla.
«Sei un casino peggiore di me, Robbins» le aveva detto una volta Alex, e Arizona aveva sorriso, sbirciando tra lo spiraglio delle braccia del ragazzo alla ricerca dei suoi occhi.
«Sicuro che sia possibile?» aveva risposto. E avevano riso, stretti in quella posizione scomoda, con Arizona a godersi il calore del petto sussultante dell'altro sotto la sua guancia e Alex a respirare profondamente il profumo calmante dei capelli della bionda, che gli solleticavano il naso.
Non c'era aspettativa, nell'affidarsi totalmente a qualcuno spezzato tanto quanto lo erano loro stessi; questo pensava Arizona, per dare una scusante a quel legame spaventoso, dipendente.

Non seppe quando iniziò a cercare Alex Karev solo per guardarlo, da lontano; i suoi gesti delicati sui pazienti, i suoi ordini decisi, il modo in cui le sue sopracciglia si alzavano quando scrutava le analisi mediche; piccoli gesti che sapevano di lui, che la tranquillizzavano. Sapeva solo che quando si sentiva soffocare correva fino a che non vedeva Alex, e allora si fermava. Lui si voltava, perché sapeva, e le accennava un sorriso che le ridava il fiato. Restava a guardarlo per minuti interi, tremando di paura, rendendosi conto che stava ripetendo ogni suo errore, di nuovo.

Una sera, entrambi esausti dopo un turno massacrante, erano stesi nel letto. Osservavano il soffitto, cercando la forza per sfilarsi i camici e scivolare sotto le lenzuola.
«Vuoi che ti tolga la protesi?» aveva chiesto lui e lei, semplicemente, aveva annuito. Aveva realizzato solo dopo qualche istante che l'aveva fatto con naturalezza, che non era rabbrividita di timore quando le mani gentili di Alex avevano sfiorato il suo arto amputato, che non si era nascosta da quegli occhi che osservavano la sua pelle senza giudizio. Poi l'aveva baciata sulla fronte, non con pietà, non con compassione, ma perché era lui ad averne bisogno.
Si era addormentata tra le sue braccia, sentendosi infinitamente piccola contro quel petto ampio.
La mattina dopo, aveva guardato Alex dormire, prima di svegliarlo con un colpetto sulla testa. La sua imprecazione, il suo sorriso e la sua stretta l'avevano fatta ridere, come ormai per niente rideva più.
Forse, con Alex Karev, avrebbe smesso di perdere pezzi.

Arizona non voleva legarsi di nuovo a qualcuno, passare nuovamente attraverso l'inferno solo per vedersi uscire martoriata da esso, e Alex lo sapeva.
Ma Alex se ne fregava. Perché se lui aveva combattuto quella stessa paura per lei - solo e soltanto per lei - allora Arizona doveva fare lo stesso, per giustizia. E la sfidava a imitarlo, perché se un codardo come lui era stato abbastanza coraggioso da affidarsi a lei, allora anche la bionda doveva trovare quella forza.
La sfidava ogni giorno, con la sua vicinanza, con la sua sincerità. La sfidava, quando crollava davanti ai suoi occhi e Arizona si trovava davanti all'inconfutabile realtà che era più doloroso vedere Alex a pezzi che esserlo lei stessa. Che avrebbe lottato per aggiustare ed aggiustarsi, per lui.

Arizona non sapeva quando aveva aperto senza remore il suo cuore ad Alex. Davvero, non c'era stato un momento preciso, era solo arrivato un giorno in cui si era resa conto che ormai era troppo tardi. Se ne era resa conto così, nell'ascoltare la risata dell'altro, nell'incontrare il suo sguardo complice, nel sentirsi protetta in quel mondo parallelo che avevano costruito.
Se ne era resa conto tornando al suo appartamento, trovando Alex ad aspettarla e realizzando che il suo profumo e il suo abbraccio si portavano dietro quel dolce sentore di casa, che ormai da anni non percepiva.







N.d.A. E boh, esperimenti a tutto andare. Non so nemmeno da dove sia nata quest'idea distorta del loro rapporto, ma fatto sta che adoro la loro amicizia sullo schermo ed è stato divertente portarla agli estremi, al limite di un amore platonico - molto platonico, perché un Arizona Robbins etero devo ancora vederla. Spero possa essere apprezzato, ogni critica é ben accetta!


 
  
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