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Autore: LucyImhome    10/10/2016    3 recensioni
La dodicesima stagione si avvicina.
Tre capitoletti disimpegnati per accompagnare chi vuole leggerli fino al 13 ottobre.
Genere: Fluff, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Castiel, Dean Winchester, Famiglia Winchester, Mary Winchester, Sam Winchester
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Più stagioni, Contesto generale/vago
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Titolo: "In loving memory of Mary Campbell Winchester"
Rating: verde, un po' giallo solo perché è triste 
Genere: doveva essere fluff, ma non sono in grado di non metterci l'angst. Ce l'ho nel DNA. È genetico.
"Pairing": weecest, ma bromance, totalmente bromance
Contesto: prima dell'inizio
Dedica: alla mia migliore amica e a me (che avevo bisogno di loro )
 
 
 
 
 
Dean sedeva sul letto del motel, su una coperta di lana spessa e grezza dall'aria sudicia, la testa nascosta fra le mani.
Sapeva che non avrebbe dovuto essere così arrabbiato e deluso per quella faccenda, ma non ci riusciva. 
Era il 31 ottobre 1988
Halloween.
Un Dean di nove anni abbondanti, rimuginava sul letto, mentre una pulce di fratello di cinque guardava incantato dei cartoni pieni di zucche ballerine e fantasmini sorridenti.
Dean pensò che sarebbe stato tutto più facile se i mostri che John cacciava fossero stati tutti come quelli dei programmi che guardava Sammy in quel momento.
Era il 31 ottobre: Halloween.
 
"Dean..."
Quel settembre Sammy si era preso per tempo: a maggio suo fratello non aveva avuto nulla per il suo compleanno, neanche una pidocchiosa fetta di crostata. Cinque anni sono dopotutto troppo vicini ad un evento come la morte di sua, di loro, mamma e lui capiva John.
Lo capiva davvero.
Dean avrà anche avuto meno di una decina d'anni, ma Mary gli mancava moltissimo. 
Mancava perfino a Sammy che non l'aveva mai incontrata.
Ogni tanto gliel'aveva chiesto: "Mi parli della mamma?" 
E lui gli raccontava di quanto era bella, come un angelo, e dolce come il più buon pasticcino che avesse mai mangiato. 
Glielo diceva: "Qual è la cosa che ti piace di più al mondo?"
E Sammy si corrucciava tutto, pensandoci. 
Il suo visino paffuto si accartocciava per lo sforzo e alla fine se ne usciva con della cose talmente diverse e dolci, di volta in volta, che Dean non riusciva proprio a trattenere un sorriso: a volte, quando le cose andavano bene con John le risposte comprendevano tutti e tre, altre volte, quando il loro vecchio li mollava in qualche buco, Sammy da bravo bambino di tre anni gli metteva il broncio, reclamava sua madre e Dean, nonostante il dolore, gliene parlava, anche per ore. 
Era strano come in soli quattro anni si potessero raccogliere così tanti ricordi.
Allora Dean gli raccontava come Mary gli teneva la mano quando lo portava al parco, o di quando lo metteva a letto, rimboccandogli le coperte e di come poi andasse sulla soglia della porta della cameretta di Sammy, di pochi mesi -Dean diceva che da piccolo era sempre assomigliato ad una specie di bruco pelato e Sam si offendeva ogni volta- dormire nella culla.
Qualche volta l'aveva fatto anche lui, ma questo a Sammy non l'aveva detto. 
E allora, dopo che aveva sfoderato i migliori ricordi legati alla loro mamma, con un immenso sforzo di volontà per non piangere davanti a suo fratello, sorrideva tristemente, dicendo che gli mancava. Ed era a quel punto che Sammy voleva un'impressione generale, un'idea personale su Mary, sapere esattamente cosa provava Dean per quella donna così perfetta, perché era certo, diceva il piccolo Winchester, che qualsiasi cosa Dean pensasse di lei era sicuramente vera. 
Quel bambino aveva decisamente troppa fiducia in lui.
E lui aveva decisamente troppa influenza su quel bambino.
Insomma, era alla fine di quei racconti che Sammy poneva quella domanda, a cui Dean sapeva rispondere in un solo modo, ovvero con un'altra domanda.
"Com'era la mamma?"
"Qual é la cosa che ti piace di più al mondo?"
Ed era in quel momento, che quella pulce di capelli e flanella dava il meglio di sé, in base al suo umore, a cosa pensava del loro vecchio o a quanto fame aveva.
Se tutto era a posto, loro tre insieme erano la cosa che Sammy preferiva.
"Mi piace quando papà non va a lavorare, e andiamo in macchina tutti insieme." diceva.
Oppure, "Quando papà compra gli hamburger e tu mi lasci togliere l'insalata."
Ma quando succedevano cose come quella di quel giorno, Sammy dava il meglio di sé, come bambino imbronciato, e in quello la sua opinione sul vecchio e i commenti che si lasciava sfuggire per sbaglio davanti a suo fratello avevano buona parte della colpa.
E allora "papà" diventava "John", e Dean non riusciva proprio a non essere un po' fiero di essere l'esempio di quella pulce di fratello.
"Quando stiamo alla rimessa, che John se ne va e zio Bobby ci lascia rispondere al telefono." Borbottava, imbronciato.
Oppure, "Quando guardiamo la TV anche se John non vuole"
Ma le sue risposte erano così adorabili, che a Dean non poteva non stringerglisi il cuore e non riusciva a non arruffargli i capelli e ridere sotto i baffi.
"Qual é la cosa che ti piace di più al mondo?"
"Tu."
"Dormire."
"Le tue lentiggini."
"Viaggiare in macchina."
"Quando certe volte vado a giocare con gli altri bambini."
"La crostata!"
E in realtà, non importava quale o quanto stupida fosse la risposta di Sammy, perché in ogni caso la replica di Dean sarebbe stata la stessa, e la conseguente reazione del piccolo Winchester non cambiava mai.
"Ecco", diceva Dean:" Mamma era esattamente così."
Non c'era una volta che sbagliasse la coniugazione del verbo: mamma "era", non "è" ed era meglio se Sammy lo capiva subito, senza farsi strane idee.
E non importava se Mary fosse la sua compagnia, quella di Bobby o di loro padre, non importava nemmeno se per Sammy era un pezzo di torta o un hamburger. 
Alla fine il piccolo Winchester annuiva, collegando i pezzi e fissando in basso per un po', associando le sue cose preferite a quella foto di una sconosciuta bionda che Dean teneva sempre con sé e alla fine alzava lo sguardo verso il suo fratellone, spalancava gli occhi, come avesse avuto una rivelazione e diceva:"Ooh." 
E Dean sapeva che aveva capito.
 
Insomma, i suoi cinque anni Sammy non li aveva festeggiati. Mary era morta da troppo poco, perché per John il due maggio fosse un motivo di festa e non un'occasione per ricordare nell'alcol la moglie defunta. 
E allora, quel settembre, Sammy si era preso per tempo.
Aveva usato esattamente quel metodo di occhi dolci e senso di colpa che solo i bambini di cinque anni ricordano come usare, per spedire Dean a contrattare col vecchio il suo regalo di compleanno in ritardo. 
"Dean..." l'aveva chiamato: "Visto che quest'anno non abbiamo festeggiato il mio compleanno..." eccolo, il senso di colpa, leva perfetta. In realtà, a gennaio, nemmeno lui aveva festeggiato il suo, di compleanno, ma Sammy era  troppo piccolo per accorgersene, e a lui non importava."...come regalo, puoi chiedere a papà se possiamo festeggiare Halloween?"
Già. 
Sammy voleva travestirsi dalle cose che loro padre cacciava e andare a reclamare dolcetti, nella sera degli spiriti a due giorni dall'anniversario di morte di Mary. 
Uno scherzo, ottenere quel permesso. 
In realtà, non era stato neanche troppo difficile.
Dean era, nonostante quello che si può pensare, in rapporti migliori con il vecchio: Dean era abbastanza grande da sapere la verità sul lavoro di John, poteva ascoltare le sue storie a fine giornata, stava già iniziando ad imparare a sparare e a guidare, poteva già difendere Sammy quando lui era a caccia. 
Ma Sam... Sam era solo un peso, non sapeva badare a se stesso, a volte faceva ancora la pipì a letto, doveva essere protetto e creava solo problemi. 
In più anche se a Dean costava un dolore immenso ammetterlo a se stesso, una distanza incolmabile separava suo padre da suo fratello: sua mamma. Sammy sarebbe sempre stato per John un po' colpevole della morte di Mary e ogni volta che Dean pensava al peso che quel batuffolo in flanella di suo fratello si portava dietro, il suo cuore si spezzava un po'.
Non che John non amasse Sam, eh. 
Era pur sempre loro padre e avrebbe dato la vita per entrambi. 
Solo che nei "rapporti personali" una lieve preferenza c'era, John era sempre meglio disposto verso Dean.
E nonostante l'impalpabilità di quel problema, l'istinto di bambino di Sammy lo percepiva e lo faceva spedire Dean a chiedere le cose che voleva a John.
E quell'impercettibile preferenza mista al senso di colpa, veicolato attraverso Sammy, aveva reso John accondiscendente verso quella richiesta.
Ma ovviamente nessuna promessa regge quando, nella notte dei fantasmi, le bestie che John cacciava iniziavano ad approfittare della moda di Halloween per colpire senza nascondersi.
E ovviamente John non poteva lasciare che i vampiri approfittassero dei vari innocui Dracula e che le streghe, quelle vere, indossassero cappelli a punta e lasciassero sacchetti per maledizioni in cambio di caramelle.
Meglio andare a tagliare qualche testa, piuttosto che far vivere ai suoi figli un giorno "normale".
 
"Dee..."
Sammy aveva tolto il volume ai cartoni che stava guardando e aveva fatto il giro del letto, piazzandosi di fronte a Dean e scrutandolo, sospettoso.
"Che c'è,Sammy?"
"Che succede?"
"Niente."
Il suo fratellino lo fissò ancora un po', cercando di stimare quanta verità ci fosse in quella parola.
"Guarda che a me non dispiace di non andare a fare dolcetto o scherzetto."
Dean gli sorrise stanco e Sammy allungò una mano, scompigliandogli i capelli: "Lo sai com'è John..." esattamente come faceva lui quando suo fratello restava deluso.
A Dean quasi salirono le lacrime: quel bambino dove decisamente smetterla di prenderlo come esempio.
"Te l'aveva... te l'avevamo promesso, Sammy."
"Non mi importa." Si era seduto accanto a lui, i piedini scalzi che penzolavano dal letto, senza toccare terra:" Mi hai lasciato guardare la TV, è il miglior Halloween di sempre!"
"Già."
"Dee... non essere arrabbiato." Sammy si imbronciò, aspettando che lui dicesse di non esserlo, ma non lo fece. 
Era arrabbiato, moltissimo. E non gli andava di fingere di non esserlo.
"Sai cosa possiamo fare?" Dean lo guardò di sbieco: "Facciamo Halloween qui."
Dean sbuffò rumorosamente, ma poi il suo viso si illuminò e un sorriso si aprì sulle sue labbra. 
"Sai che è... è davvero un'ottima idea." 
Dean si alzò in piedi, più allegro di prima: "Da cosa vuoi travestirti? Fantasma? Zombie?"
Sammy scosse la testa.
"Da Supereroe."
"Ah sì? Batman o Superman?"
"Mi travesto dal mio Supereroe preferito."
"E chi è?"
"Siediti lì..." gli indicò il letto. 
Dean obbedì.
Sammy gli si avvicinò, spingendogli le manine sugli occhi:" E tieni gli occhi chiusi!"
Suo fratello sparì nel bagno, trascinandosi dietro il borsone coi vestiti di entrambi.
"Sammy..?" 
"Non sbirciare!" 
"Non sbircio, tranquillo!"
"Non devi guardare!"
"D'accordo, d'accordo..."
Dean sentì i passetti avvicinarsi, il rumore ovattato dei piedi nudi sulla moquette. 
"Mettiti dei calzini, che questi pavimenti sono una schifezza."
"Non guardare!!" 
"Non guardo, stavo solo..."
"Ora apri gli occhi."
Dean aprì lentamente le palpebre e si trovò davanti suo fratello.
Indossava una t-shirt verde militare, chiaramente troppo grande per lui. Gli arrivava quasi fino ai piedi. 
Sopra teneva una camicia di flanella a quadri rossa, aperta sul davanti e con le maniche che toccavano terra.
Gli ci volle un momento per realizzare, e le lacrime gli riempirono gli occhi.
"Chi sei?" Gli chiese in un soffio:"Che Supereroe sei?"
Sammy si imbronciò, probabilmente pensando di avere un fratello piuttosto tonto.
"Sono te!"
Dean sorrise, un po' troppo orgoglioso di sé, di essere un pessimo esempio per suo fratello.
"Se vai in giro così nessuno ti riconoscerà." borbottò, prendendolo in braccio.
Lo mise a sedere sul suo letto e sfilò il lenzuolo dall'altro.
Tagliò due cerchi con un coltellino svizzero, lo appallottolò e lo lanciò a suo fratello. 
"In giro?"
"Vestiti bene e mettiti le scarpe." 
Sammy lo guardò confuso.
Lui fece un cenno al lenzuolo ai piedi di suo fratello, infilandosi la giacca e prendendo le chiavi della stanza.
"Ti ho fatto un costume da fantasma. Andiamo a fare Dolcetto o Scherzetto."
Gli occhi di suo fratello si illuminarono e scattò in piedi afferrando il lenzuolo con le piccole manine.
"Davvero?!" La sua vocina trasudava gioia e la luce nei suoi occhi gli fece capire che stava facendo la cosa giusta.
"Sì... ma non dirlo a John." disse, strizzandogli l'occhio.
 
 
 
 
NdA 
Aka.. l'angolo della Misericordia.
 
Non sono morta.
Temo che Renegade invece lo sia. 
Ci penserò.
 
Ho finito l'11ma stagione troppo tempo fa e manca troppo poco tempo all'uscita della 12ma, per non farsi del male con delle oneshot angst, che volevano essere fluff ma sono nate male.
Se ci sono errori e cose oscene è colpa del fatto che l'ho scritto al telefono. E no, non succederà mai più.
Avevo troppo bisogno di loro, troppo bisogno di parlarne e avevo trovato dei prompt troppo belli per non usarli. 
Poi è ottobre e non si poteva non usare questo dettaglio.
E poi per la mia migliore amica, a cui dedico questa oneshot, è un giorno importante e ho pensato che le potrebbe far piacere una cosa del genere.
So che ne ha bisogno anche lei, anche se forse non lo ammetterà.
Adoro questo capitolo, non me la sento di chiedere misericordia.
Penso sia uscito bene. 
 
Hope you enjoyed. 
-Lu
   
 
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