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Autore: ranyare    10/10/2016    4 recensioni
C’è freddo, qui, sotto lo sguardo crudele di questo cielo, nero quanto l’inchiostro, che pare pronto ad inghiottirmi. Le stelle si nascondono e persino la Luna appare malata, stanca e dolente, come se sforzarsi di donare il proprio candore agli uomini di questa città dimenticata dagli dei l’abbia devastata, lacerando la sua bellezza e lasciando, di lei, soltanto un involucro pallido e vuoto.
Ancora una volta, per l’ennesima volta, guardo quella silenziosa compagna di vita e mi ritrovo a rivolgerle la stessa preghiera che per troppe notti ho sussurrato, fra le lacrime ed il terrore di essere ad un soffio dalla disfatta.
“Amica Luna, proteggimi. Ti prego.”

Scritto per la challenge "A Box full of prompts" del gruppo EFP famiglia: recensioni,consigli e discussioni.
Genere: Angst, Fantasy, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: Contenuti forti, Tematiche delicate, Violenza
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Demon's child
 
 
When the darkness brings the cold to draw me under
I am caught between the chapters of a dream

 
C’è freddo, qui, sotto lo sguardo crudele di questo cielo, nero quanto l’inchiostro, che pare pronto ad inghiottirmi. Le stelle si nascondono e persino la Luna appare malata, stanca e dolente, come se sforzarsi di donare il proprio candore agli uomini di questa città dimenticata dagli dei l’abbia devastata, lacerando la sua bellezza e lasciando, di lei, soltanto un involucro pallido e vuoto.
Ancora una volta, per l’ennesima volta, guardo quella silenziosa compagna di vita e mi ritrovo a rivolgerle la stessa preghiera che per troppe notti ho sussurrato, fra le lacrime ed il terrore di essere ad un soffio dalla disfatta.
“Amica Luna, proteggimi. Ti prego.”
È sciocco non riuscire ad annientare la piccola parte di me che ancora spera che quel sasso, lassù, sia misericordioso abbastanza da tendere un orecchio a questa patetica peccatrice che stringe le mani sul tiepido legno di un arco e si stringe in una vecchia casacca, troppo grande per lei, per sfuggire al gelo che sembra spezzarle ogni osso.
Nessuno è mai stato misericordioso, con me, tranne questa pallida luce che illumina il mio cammino fra i tetti di pietra e di legno delle ricche abitazioni della Gilda dei Mercanti. La pietà non è qualcosa che appartiene al mio mondo, alle persone che hanno raccolto una ragazzetta smagrita dalle luride cucine di una bettola e l'hanno trasformata in ciò che sono ora.
Una qualche follia religiosa ha convinto i miei Padroni a strapparmi all'uomo che, fino a quel momento, mi aveva dato di che vivere – una vita miserabile, da reietta, e tutto per questi occhi che ho: gli occhi di un demonio, uno azzurro e l'altro tanto scuro da sembrar nero.
Sono stati proprio questi occhi, tuttavia, a strapparmi al mio ben misero destino e a gettarmi in un vortice di morte, sangue e gelo da cui non sono certa di poter più uscire – è buffo, tutto sommato: l'unico dettaglio particolare di una persona altrimenti anonima si è rivelato la chiave della sua rovina.
I Padroni mi hanno portata via dalla bettola, comprandomi per poche monete, e mi hanno allevata come il baluardo di un culto antico che la Gilda dei Mercanti cerca, da secoli, di annientare sotto la schiacciante supremazia del dio denaro. Già mal vedono i Saggi, i maghi bianchi, ma non possono far nulla per zittirli visto che sono la casta dominante di Sian’dyr; prendersela con i Padroni è l’unico modo che hanno per sfogare l’odio profondo che provano nei confronti delle arti esoteriche, e i Padroni replicano alle loro guerriglie sotterranee mandando… beh, mandando me.
Iarainn, mi hanno chiamata.
Non so che cosa significhi e nemmeno mi interessa: è l'unico nome che io abbia mai avuto, che mi abbia mai definita un essere umano e non una sguattera senza importanza e senza valore: no, io sono l’assassina prezzolata dei Padroni, e l’ultimo ricordo che mi hanno imposto di lasciare alle mie vittime è lo sguardo di questi occhi partoriti da un demonio.
Non credo nelle stupide profezieche hanno cercato di piantarmi nella testa e, di certo, non posseggo niente di speciale come la “fanciulla figlia del niente che acquieterà l’ingordigia del passato” che loro tanto idolatrano. Nemmeno il mio corpo mi appartiene, in fondo: è loro, come tutto il resto, e l'hanno modellato contro la mia inutile volontà per divenire lo strumento della loro strana, macabra religione.
Mi hanno addestrata alla spada, all’arco, alla lotta, hanno irruvidito le mie mani e irrobustito la mia muscolatura attraverso centinaia di ore trascorse ad allenarmi, ad imparare, ad uccidere per loro; mi hanno insegnato a leggere, a far di conto e a pregare il loro dio, e tutto perché sono convinti che io sia la loro “fanciulla”, la figlia del niente.
 

Something is reaching out and my entire world is crumbling
And it whispers that I am the chosen one…

 
Quanto sono stupidi, i Padroni.
In questi anni mi hanno fatto inghiottire i più strani intrugli e veleni, nel tentativo di rendermi malleabile e suggestionabile, ma non ci sono riusciti: la mente della sguattera della bettola è ancora lì, perfettamente integra e abbastanza scaltra da fingere obbedienza e sottomissione in risposta ai loro tronfi sogghigni.
Hanno pensato di essere riusciti a spezzare la mia umanità, di averla cancellata e di avermi reso uno sterile involucro senz'anima, ma io non mi sono mai nemmeno piegata.
Senza volerlo, loro mi hanno reso ferro, temprato e indistruttibile, che tuttavia cova un fragile nucleo umano che finirà per farsi schiacciare dalla pressione che lo circonda – ma non importa, niente importa, niente ha senso.
Soltanto la mia missione, la più importante di questa vita troppo breve e malignamente votata all'autodistruzione, è importante.
La Gilda dei Mercanti, per chissà quale macabro e incomprensibile motivo, ha assoldato i Negromanti più potenti dell'intero regno. I Padroni sospettano che il motivo per cui abbiano radunato nella Capitale questi maghi tanto potenti quanto pericolosi sia perché desiderano che un antico rituale venga compiuto… un rituale che compierebbe il più empio dei peccati: donerebbe a quei pazzi maniaci il controllo sulla vita e sulla morte, permettendo loro non più di poter utilizzare i corpi dei defunti come macabre marionette, ma di assumere il controllo anche sullo spirito.
Rabbrividisco, accucciandomi per prepararmi a saltare sul prossimo tetto.
Non è una bella prospettiva: se i Negromanti riuscissero nel loro intento, i Mercanti imbriglierebbero la terribile fame dei morti per la vita in una forza che potrebbe addirittura decimare l’umanità… almeno gli interessi dei miei Padroni sembrano essere un po’ meno catastrofici: loro si battono per garantire che gli equilibri non vengano sconvolti, per proteggere la loro magia oscura dalla supremazia di quella dei Saggi… i Negromanti invece sono soltanto un abominio, giocano con leggi che non andrebbero toccate e manipolano la realtà in modi così ributtanti da essere quasi incomprensibili.
Questa è, forse, la prima missione che sono lieta di portare a termine.
I miei ordini sono stati molto semplici, come sempre: vai, fermali, uccidili. E, cascasse il cielo, sarà quello che Iarainn farà.
Mi alzo in piedi, abbandonando la confortevole posizione rannicchiata che ho tenuto sinora, stirando le giunture stanche e intirizzite dal freddo di questa grigia, avida città che sembra divorare tutto ciò che ha la sventura di capitarle a tiro.
Valuto la distanza dal prossimo tetto, individuo la roccia fra le assi di legno e poi salto, sentendo l’aria gelida e pesante tagliarmi le guance quando atterro e rotolo su me stessa per attutire il rumore. Sono agile, ormai, dopo tanti anni ho imparato a muovermi nell’oscurità come se fosse casa mia: d’altronde, Iarainn vive soltanto di notte, e porta la morte sulla punta delle sue frecce.
Il mio obiettivo, tetto dopo tetto, si fa più vicino e nitido sotto la luce pallida della Luna che rende tutto sfocato, opalescente, come se non fosse la realtà ma soltanto il più realistico degli incubi: la roccaforte dei Mercanti è uno sgradevole edificio dall’aspetto sgraziato ma piuttosto solido, costruito in pietra e ornato soltanto da ampie finestre quadrate e chiuse da un costosissimo vetro non trasparente che soltanto i ricchi possono permettersi.
 

I’m asleep but wide awake, a nightmare on repeat
In the haze I sense the purpose of my soul

 
Nonostante i miei muscoli brucino, chiedendo riposo, esausti dopo i due giorni di marcia forzata che ho affrontato per raggiungere Sian’dyr, raggiungo la fortezza e mi inerpico sul balconcino che ho visto, stamani, durante il mio consueto sopralluogo prima di un lavoro. È il balconcino di un qualche tipo di ufficio del primo piano e, a quest’ora, è deserto: i dormitori dei Mercanti e dei commercianti loro ospiti si trovano ai piani superiori, ma il mio obiettivo primario è da tutt’altra parte.
Scassino la serratura della portafinestra senza troppi problemi: faccio queste cose da quando avevo quattro anni e tentavo di rubacchiare qualcosa da mangiare nella dispensa piena di ratti della bettola.
Silenziosamente, stando attenta a camminare senza fretta e allungando con circospezione mani e piedi davanti a me per cercare eventuali ostacoli nascosti dall’oscurità, mi avvio fuori, diretta alle scale che si trovano in fondo al corridoio su cui si apre questa stanza.
I Negromanti, devo ammetterlo, non brillano né per originalità né per scaltrezza: ne ho visti almeno sei, oggi, con le tuniche porpora del loro ordine malamente nascoste sotto mantelli troppo puliti per passare inosservati in una ressa di viaggiatori impolverati, infilarsi nella fortezza con la speranza di non essere individuati.
Il piano terra di questo edificio è adibito a mercato: lì i commercianti stranieri possono acquistare lo spazio per allestire i propri banchi, il dazio d’ingresso per poter commerciare o semplicemente osservare la mercanzia altrui per trovare l’affare migliore. Di notte, ho saputo da un cadetto giovane e sprovveduto, la ronda è lasciata a discrezione del folto numero di guardie che perlustrano il mercato coperto ad ogni ora, a coppie, ma non saranno un problema.
Raggiungo il mercato e mi acquatto dietro il banco di un venditore di tappeti venuto dal lontano Oriente, aspettando pazientemente il rintocco soffocato della campana che, ad ogni ora, suona una volta soltanto per scandire il tempo che passa.
Sono brava a rimanere immobile: fin da bambina ho imparato ad essere invisibile, a non farmi notare, a rimanere sullo sfondo delle situazioni… era l’unico modo per sfuggire all’attenzione di chi desiderava denigrare o maltrattare la mocciosa con gli occhi strani, abbandonata da una prostituta in un vicolo lurido appena dopo averla data alla luce.
Mi concedo un lieve, quasi impercettibile sospiro: stanotte il passato sembra non volersene rimanere al suo posto, schiacciato sotto un’indifferenza che mi ha protetta dalle propagande religiose dei Padroni e dal mondo che mi vorrebbe morta già da un sacco di tempo.
Finalmente, dopo quella che mi sembra un’eternità, avverto il rintocco e, dopo qualche minuto, il borbottio scocciato di due guardie strappate al loro pisolino di bellezza.
Non si accorgono, assonnati come sono, dell’ombra silenziosa che appare dietro di loro e gli spezza il collo con un gesto così familiare da risultare automatico.
Lo schiocco dell’osso che si spacca è, ogni volta, stranamente gratificante… ma attira l’attenzione del secondo che, più sorpreso che allarmato, si gira giusto in tempo per vedere il suo compagno cadere a terra con un tonfo sordo.
-Ma cos__- è tutto ciò che riesce a mormorare prima che io gli sia addosso, gettandolo a terra sotto di me e facendogli battere la schiena per lasciarlo senza fiato. Non riesce nemmeno a reagire prima di fare la stessa fine dell’altro, ed il suo corpo diventa improvvisamente molle e floscio sotto le mie ginocchia.
Mi alzo, sospirando e rassettandomi i vestiti, sapendo di avere un po’ di tempo per scendere nei sotterranei prima che i loro colleghi vengano a cercarli.
Quanto è facile uccidere.
 

We are all born to leave a scar deep in the hearts of many
But can I really trust that I’m the chosen one
Can you hear me…?

 
Mi dirigo verso la porticina mimetizzata nella parete di roccia dietro cui ho visto sparire i Negromanti camuffati, premo un particolare sasso più chiaro degli altri e la serratura diventa visibile; scassino anche questa, mettendoci più tempo di quanto avessi previsto, ma riesco infine ad aprirmi la strada verso un sotterraneo inaspettatamente illuminato da sporadiche torce dalle fiamme azzurre.
Perplessa e a disagio, mi copro gli occhi momentaneamente accecati da questa luce inaspettata e mi ingobbisco, addossandomi alla parete e rimanendo ferma, in ascolto: ci sono delle ripide scale di pietra grezza che si dirigono verso il basso e, dal fondo, sento provenire una litania lontana e incomprensibile tanto inquietante e aliena da far rizzare tutti i peli del mio corpo.
Sono indubbiamente nel posto giusto.
Mi chiudo con cautela la porta alle spalle e poi mi avvio, curandomi di spegnere tutte le torce a cui passo accanto: io mi trovo meglio nel buio e i Negromanti, dovessero riuscire a sfuggirmi, si ritroveranno a brancolare in un corridoio buio ed angusto, in preda al panico, rendendosi così una preda molto più facile.
Queste scale sembrano infinite: scendono, scendono verso quello che pare il ventre della terra, e l’aria si fa sempre più gelida e pesante ad ogni gradino che supero. La litania non si interrompe mai, diventando più forte e sconvolgente man mano che mi avvicino, tanto da arrivare a rimbombarmi nel petto e nella testa con una prepotenza agghiacciante.
Quando comincio a scorgere una luce verdastra, malata, provenire da quello che credo sia il sotterraneo che sto cercando, spengo l’ultima torcia e prendo il mio arco. È una bella arma, l’ho costruito io quando ho imparato a farmi da sola gli strumenti per il mio lavoro: è l’unico oggetto che ritengo davvero mio, a cui affido la mia vita ogni notte e che mi accompagna lungo questo cammino che è stato scelto come mio.
Finalmente le scale finiscono e io mi acquatto, facendo gli ultimi gradini quasi a carponi; raggiungo quello che sembra un ponteggio di pietra che, dalle scale, scende a spirale lungo delle pareti assurdamente alte, che formano un enorme conca al cui centro scorgo una moltitudine di uomini e donne vestiti di porpora, disposti anch’essi a spirale attorno ad un grande pozzo da cui sale una vivida luce verde e un fumo acre e nefando.
Come può esistere uno spazio così grande sotto la città? Sarà almeno tre, forse quattro volte la fortezza dei Mercanti!
Rabbrividisco, rimanendo nell’ombra delle scale per non farmi vedere dai Negromanti assembrati attorno al pozzo, ma è una cautela inutile: sono così concentrati sul loro canto, che ora è tanto forte e stridulo da far sanguinare le orecchie, da non accorgersi di niente.
Rimango immobile, incantata dalle volute verdastre che ammorbano l’aria e che riflettono quell’assurda luce vividissima posta al centro dei Negromanti impegnati nel loro incantesimo.
Sono arrivata appena in tempo.
Mi riscuoto, rendendomi conto della magia che sfrigola nell’aria: i Padroni mi hanno insegnato a riconoscerla e a sfruttarla, sebbene io non sia affatto dotata di una sola scintilla di potere.
Allungo una mano verso la mia faretra e tasto le frecce finché non sento delle piume più morbide accarezzarmi i polpastrelli; estraggo i tre dardi uguali e incocco il primo, assicurandomi che la punta sia ben ricoperta di un liquido oleoso che, tuttavia, non si attacca mai a niente se non al ferro a cui è magicamente legato.
L'arco sembra respirare con me quando tendo la corda, sentendola sfregarmi i polpastrelli in una frizione familiare e confortante. Mi concentro soltanto sul mio fiato, riempiendomene le orecchie e lasciando fuori dalla mente tutto il resto, alla ricerca della sensazione di solitudine che si prova solitamente quando si è sott’acqua.
E poi scocco, e la freccia si pianta esattamente fra le file dei Negromanti.
Lo stridio acuto dell’incantesimo che si attiva precede di un solo attimo le bestie informi che, ingurgitando la magia che permea l’aria, esplodono dalla pozione che le teneva intrappolate e si ergono, terribili e rabbiose, fra i ranghi degli stregoni; quelli strillano e il loro canto si allevia, facendosi più sconnesso quando all’incantesimo si mescolano le grida di dolore e di paura degli sventurati che capitano, per primi, a tiro delle bestie dei Padroni.
Scaglio anche le altre due frecce, aprendo altri due focolai in altri due punti: la litania si fa sempre più debole, ma chi non cerca di sfuggire agli artigli oscuri e grondanti dei miei amici sta continuando a cantare, e la luce verde non sembra volersi affievolire.
Dannazione.
Prendo le frecce normali e me ne infilo tre fra i denti, incoccandone un’altra prima di saltare giù dal ponteggio su quello più in basso, percorrendo in verticale questo altrimenti lunghissimo percorso: raggiungo il pavimento e comincio a farmi largo in questa massa di pazzi urlanti e morenti, scoccando soltanto quando uno di loro si accorge di me e comincia a urlarmi contro un incantesimo offensivo.
Lui cade e io avanzo, superando i mostri e i loro ruggiti e lasciandoli al loro meritato banchetto: sono stati rinchiusi per tre mesi abbondanti, poveretti, hanno fame.
Quando arrivo, finalmente, al centro, la faretra alle mie spalle è vuota e, dietro di me, ci sono soltanto cadaveri e persone morenti.
Attorno al pozzo, che è più grande e di quanto avessi calcolato, rimane tuttavia un cerchio di Negromanti che si tengono per mano e continuano, imperterriti, a pronunciare le parole del loro incantesimo. Mi ignorano, concentrati come sono sul loro compito, ed io ho la possibilità di lanciare un’occhiata a ciò che stanno facendo.
E inorridisco, inghiottendo a stento un urlo di terrore quando mi trovo faccia a faccia con la morte.
 

My wide eyed confidence still echoes in mind
A bright white prophecy, protector of the light

 
C’è un cratere, là sotto, che sembra estendersi all’infinito verso le viscere dell’aldilà. Centinaia e centinaia di creature orrende, dagli arti smembrati e dalle pelli traslucide piene di pustole grondanti pus, cercano di arrampicarsi gli uni sugli altri per raggiungere la superficie, straziando ancor di più i corpi dei loro simili e gridando, gridando come non ho mai sentito gridare prima, con le bocche spalancate in smorfie di orrore e gli occhi fuori dalle orbite.
Devo fermarli.
Mi riscuoto e sguaino i miei coltelli, scaraventandomi addosso alla più vicina degli stregoni e tagliandole la gola con un gesto più disperato e disordinato del solito. L’incantesimo che stava urlando muore in un gorgoglio disgustoso e lei si accascia su se stessa, accartocciandosi sulle proprie gambe prima di perdere l'equilibrio.
Faccio appena in tempo a saltare indietro, incespicando sui miei stessi piedi per la fretta di spostarmi: una di quelle creature mostruose allunga le sue mani putride e afferra il corpo non ancora cadavere della donna e lo trascina giù, nel baratro, e l'ultimo barlume di lei che riesco a vedere è un brandello di carne che sparisce nelle fauci di un'anima famelica.
-Fermatela!-
Oh, finalmente si sono accorti di me.
Quasi tutti i Negromanti ancora vivi interrompono il loro canto e si volgono verso di me, guardandomi con occhi che ho visto solamentente sulle facce dei pazzi.
L'unico che continua, imperterrito, la sua invocazione, è lo stregone abbigliato in modo ancor più appariscente che mi guarda, trionfante, dall'altro lato della pozza infernale.
Dev'essere il loro sacerdote, capo o come diavolo lo chiamino: è quello il mio obiettivo, l'unico che non ferma la sua invocazione e che sembra essere il vero tessitore di questo incantesimo.
Mi butto a terra, evitando gli le maledizioni che bruciano soltanto l'orlo del mio cappuccio, avvicinandomi alla fossa prima di puntare le ginocchia a terra per far leva e balzare in piedi, lanciando le mie ultime lame contro il capo dei Negromanti nello stesso momento in cui un qualcosa di incandescente mi apre un buco nei vestiti e nella carne della schiena.
Cado, urlando di dolore, sull'orlo del precipizio, trovandomi faccia a faccia con questo vero e proprio incubo.
E l'incubo guarda me e chiama Iarainn.
Sono mille e mille ancora le voci strazianti che gracchiano il mio nome in striduli tanto acuti e venefici da farmi sanguinare le orecchie. Sono gli spiriti dei morti che anelano ad un refolo di vita, incapaci di accettare che il loro tempo in questo mondo è ormai terminato, che solcare nuovamente questa terra non è più qualcosa che gli appartiene…
Poveretti.
Questi poveri rimasugli di umani non meritano di essere costretti a continuare un'esistenza macabra che nemmeno può considerarsi vita... meritano soltanto la pietà di un gesto rapido e indolore, che ponga fine alle loro sofferenze - lo stesso gesto che la sguattera della bettola ha ponderato così tante volte da perderne il conto, giocherellando con la scheggia appuntita di un vecchio specchio rotto.

È in questo momento, in un barlume di lucidità tanto vivida da accecarmi, che finalmente comprendo ciò che i Padroni hanno visto in me – ciò che sono, che sono destinata ad essere e a cui non posso sfuggire.
È per questo che hanno scelto me, per questo mi hanno lasciato credere di averli gabbati con la mia finta obbedienza: sapevano che proprio la mia incapacità di essere davvero l'assassina imperturbabile che loro desideravano mi avrebbe concesso la comprensione che ora, dinanzi al vero aspetto della crudeltà umana, mi ha colpita.
Mi hanno insegnato tutto ciò che so per questo, mi hanno modellata per il luogo e l’istante in cui mi trovo ora: il percorso che ho fatto, su cui ho arrancato e versato sangue mio e del mio prossimo, è stato soltanto un intricato percorso ad ostacoli per portarmi qui, dinanzi al vero aspetto della morte, per fermare l’abominio che sta per avvenire.
È questo il mio posto, il mio futuro e la mia fine.
 

When the night begins to fall I watch the shadows growing tall
Feeding my insomnia like a fly on the wall

 
-Pazza ragazzina! Non puoi fermarli!-
Ride, il Negromante, ride come il folle che è e spalanca le braccia per accogliere quelle anime fameliche in un immaginario, terribile abbraccio che li soggiogherà al suo volere.
Ma sbaglia, e non l’ha ancora capito.
Quelle povere creature desiderano soltanto la vita… e soltanto una vita le acquieterà, donando loro la pace del sonno eterno.
Sorrido, scoprendomi il capo lasciando che i capelli mi ricadano sulle spalle, incorniciando il mio viso e gli occhi che mi hanno portata qui, adesso, pronta a dare a questi morti disperati la pietà che nessuno ha mai dato a me.
-Invece posso.- mormoro, piano, allungando una mano per sfiorare quella putrescente dello spirito più vicino a me.
E poi mi lascio cadere.
 

When the night begins to fall I hear a thousand voices call
Chasing my insanity like a fly on the wall…

 

§

 
[...] L'esplosione distrusse il centro principale delle attività della Gilda dei Mercanti, inferendo alla loro potenza economica un duro colpo che impiegarono anni a risanare.
Nello stesso anno i Saggi e i Maestri, le due Gilde esoteriche principali della regione di Sian'dyr, riuscirono a trovare un accordo per sterminare ciò che rimaneva della misteriosa Lega dei Negromanti, recentemente decimata da quello che voci non confermate hanno definito un rituale misterioso terminato in un sanguinoso disastro. [...]

Storia di Sian'dyr, Biblioteca Reale

 
[...] Gli illustrissimi dottori dell'Ordine Medicale ritengono che un bambino che, alla nascita, presenti due differenti colorazioni dell'iride, non debba essere in alcun modo ritenuto diverso dai suoi coetanei in cui questa mutazione non è presente. [...]

Mutazioni dell'umano, Archivio dell'Ordine Medicale

 
[...] Il gesto di Iarainn dimostra che condizionare una persona malleabile come una bambina abbandonata è possibile. I risultati ottenuti dal soggetto di questo studio sono stati molto più soddisfacenti di quanto potessi immaginare quando la acquistammo.
Spingere una creatura banale e senza alcuna caratteristica particolare al sacrificio di se stessa è un obiettivo ambizioso, ma sono convinto che, con la giusta dose di addestramento e di condizionamento, chiunque possa essere trasformato in un'arma perfetta.
L'obiettivo di questo studio è stato, infatti, quello di poter dimostrare quanto anche il più miserabile degli umani possa riuscire a rendersi utile per gli scopi di chi sa come scoprirne l'assetto ideale. [...]

Relazione dell'Officiante Tyramo, Tesoreria dei Maestri

 

 
 
 
 
My Space:
Buonsalve a tutti!
Questa storia è stata scritta per una sfida sul gruppo "EFP famiglia: recensioni,consigli e discussioni", dal titolo "A box full of prompts". Il prompt che ho scelto è il seguente:
Originale: azione.
Coppia: nessuna.
Avvertimenti: violenza, drammatico, tematiche delicate, introspettivo.
Rating: libero.
Prompt: brano “Insomnia” dei Kamelot (https://www.youtube.com/watch?v=VvUeqRwWorM)
Spero di aver rispettato le indicazioni della traccia e che la storia non sia una completa schifezza. Io in primis so di non aver fatto un lavoro eccelso, di sicuro non al livello di altre mie produzioni, ma sono davvero molto felice di essere riuscita a portare a termine questa challenge. Al volo, ma ce l'ho fatta!
Fatemi sapere che cosa ne pensate, se vi va!
Un saluto a tutti,
B.
   
 
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