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Autore: _Slytherin_    09/05/2009    0 recensioni
Genere: Dark, Comico, Horror | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Non so perché sono diversa. Lo sono sempre stata, sono nata così. Riflettendo penso che la colpa della mia diversità sia da attribuire ai miei vecchi compagni di un tempo. Certo, ero già diversa prima, ma sono stati proprio loro a farmelo capire. Mi hanno isolato, rifiutato, mi hanno trattato come una reietta. Tutti, quando frequentavo le scuole medie assieme, erano belli, simpatici, allegri, sempre pronti a uscire con gli amici, stupidi… Io invece no. Io ero quella asociale, sempre pensierosa, senza un ragazzo, quella intelligente. In breve, ero una sfigata. No, riflettendo, non lo ero del tutto, c’erano alcune ragazze messe peggio di me. Le “Sfigate”, le chiamavamo: erano le componenti di un gruppo posto nella nostra scuola all’ultimo gradino della scala sociale. He sì, la nostra classe, come del resto succedeva in quasi tutte le scuole americane sul finire degli anni Ottanta, era divisa in gruppi, tutti privati e tutti off-limits per me. Il club, se così si poteva definire, cui tutti anelavano di diventarne membri era quello delle “Grandi”. Per entrarci dovevi essere bella, allegra, simpatica, avere un ragazzo, vestiti alla moda ed essere estremamente stupido. Capite voi perché i loro componenti mi evitavano come la peste. Pensandoci bene non solo per me quel club d’elite era off-limits, le sfigate non erano ammesse e la maggior parte delle ragazze della nostra classe lo era. Solo quattro si salvavano ed erano appunto le fondatrici di quel club che, se esaminato da occhi adulti, poteva essere visto come un cattivo surrogato di un gruppo gemello a quello che aveva sconvolto l’Europa durante quella che è definita la seconda guerra mondiale. Ma allora eravamo soltanto ragazzi e sinceramente non ce ne fregava niente degli assurdi motivi che potevano smuovere interi continenti e spingerli a stupide guerre. Allora tutto quello che sapevamo era che loro erano i migliori, quelli che un giorno sarebbero diventati persone importanti ed era per questo che gli dovevamo rispetto. Erano solo quattro ragazze e due maschi, ma loro erano i Grandi. Non mi ricordo i loro nomi, tanto saranno tutti crepati ormai, ma al tempo avevano tutto e da tutti erano rispettati. Fumavano, si divertivano e sapevano perfettamente come farsi passare i compiti. Dopotutto anch’io allora ero un essere umano e, come tale, ero soggetta a lusinghe. Tuttavia non solo loro mi evitavano, c’erano anche le “Sfigate” e gli “Sfigati”, due gruppi gemelli composti dai futuri anonimi segretari e da quelli che sarebbero morti prima del tempo per paranoia. Del primo gruppo ne facevano parte tutte le altre ragazze della scuola, me esclusa naturalmente. Mi odiavano veramente, penso che vedessero in me il diavolo sotto mentite spoglie che, sì appariva del tutto normale quando ti stava davanti, ma che era pronto a pugnalarti alle spalle quando ti giravi. Molte di quelle ragazze me le sono ritrovate più volte di fronte a me in lacrime pronte ad accusarmi di crimini da me mai commessi. Dovevate sentire che ridere allora: loro mi davano della cogliona, della stronza, m’insultavano ed io le lasciavo parlare. Quando avevano finito, le guardavo con un sopracciglio inarcato, mi accendevo una sigaretta e dicevo con voce annoiata: “Bè, hai finito?”, e loro scappavano via rimettendosi a piangere. Lo so non era giusto, ma se loro volevano credermi la personificazione di un demone, così sarei stata. Ed era anche divertente. Pensandoci bene io non le odiavo veramente: odiare vuol dire essere felici e augurarsi la morte di una persona e, anche se allora potevo essere definita la personificazione del male, non ero così cattiva. Ma loro credevano che lo fossi e a me, sinceramente, non me ne fregava niente di quello che pensavano. Io ero così e per nessuno sarei cambiata. Dopotutto loro chi erano? Erano solo gli elementi di un altro gruppo che anch’esso poteva essere considerato un cattivo surrogato di un club di serie D. Quelle ragazze erano sfigate, in tutto e per tutto. Si scandalizzavano per ogni minima cosa, consideravano schifoso limonare con un ragazzo, non dicevano parolacce, usavano il cellulare solo per chiamare la loro mamma e si vergognavano di cambiarsi nello spogliatoio assieme alle altre ragazze. Insomma, ditemi voi cosa dovevamo pensare! Considerando tutto se possibile c’era un altro gruppo, l’ultimo, che poteva essere considerato quasi peggiore: era il club degli “Sfigati”. I ragazzi che lo componevano erano per tutto uguali per caratteristiche alla compagnia delle otto Miss - io – non – dico – parolacce solo che, ad aggravare la loro posizione, c’era la loro ossessione per la musica. Preferivano stare un’intera giornata a suonare, e neanche bene, la loro chitarra piuttosto che uscire con gli amici. L’opinione pubblica era unanime: erano degli sfigati. Fra tutti quei ragazzi, c’ero io. Io che fumavo, che ero definita bella e impossibile, che indossavo esclusivamente abiti di marca, che davo del coglione a praticamente chiunque, che ero per lo più pensierosa, che rispondevo perfettamente a tutte le domande che mi rivolgevano i professori, che potevo dire di aver limonato più volte, ma che non avevo un ragazzo. Insomma io ero unica, io non potevo far parte di nessun gruppo perché non mi capivano, perché loro erano diversi da me ed io ero diversa da loro. Io ero la “Reietta”, io ero la “Solitaria. Io ero io. Tuttavia ogni persona sana di mente che abbia frequentato le scuole medie sul finire del ventesimo secolo sapeva perfettamente che la prima regola andava sempre rispettata. Perché sì c’erano anche delle leggi, ognuna stampata nella mente di ogni alunno e che raffiguravano per lui un precetto di vita.
  
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