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Autore: Blue Fruit    10/10/2016    3 recensioni
«Come fa uno che di amore non ne ha mai avuto niente
saper cosa farne di così tanto tutto insieme?»
Genere: Fluff, Introspettivo, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: John Watson, Sherlock Holmes
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
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Sezione sentimenti.
 
 
«Come fa uno che di amore non ne ha mai avuto niente
saper cosa farne di così tanto tutto insieme?»
 
 
Pensavi che questo giorno non sarebbe mai arrivato, eppure eccoti qui: con la testa fra le mani, incapace di attuare la tua solita pulizia mentale.
Il tuo cervello è pieno, quasi in sovraccarico.
Respiri, tenti di calmarti.
Non sono i soliti dati importanti legati ad un caso ad averti intasato la mente, è qualcosa di diverso, di strano.
Questa massa informe ti sta bloccando dall’interno, riempiendoti completamente, soffocando il tuo Palazzo Mentale e tutte le informazioni utili custodite al suo interno. 
Stai tentando di capire come liberartene utilizzando quel poco di calma che ti è rimasta, unita al tuo ormai striminzito ragionamento logico.
Non puoi distruggerla in un colpo solo, è una massa troppo ingombrante.
La cosa migliore sarebbe riuscire a districarla pian piano, catalogando ogni suo componente singolarmente. Ridurla a brandelli, così da poter nascondere ogni pezzo in un angolo remoto del Palazzo Mentale, sperando  di rendere questo sovraccarico di dati innocuo e controllabile.
Potresti sostituirli ad alcuni dettagli, creando piccoli ed insignificanti mal funzionamenti che comunque non intaccherebbero l’autenticità e l’utilità di un ricordo.
Oppure distruggerli uno ad uno.
La voce del Mycroft del tuo Palazzo cerca di imporsi, ma tu la scacci con un movimento della mano.
 
 
Sbatti le palpebre, cercando di agguantare il giusto contatto con la realtà. Avrai bisogno di molta concentrazione e silenzio.
Ti guardi intorno e noti che John è già rientrato, chissà da quanto. È in cucina e probabilmente sta sistemando la spesa nel frigorifero, i sospiri a cui si lascia andare sembrano indicare il ritrovamento dei tuoi nuovi pollici, freschi freschi dall’obitorio.
Cominci a fissarlo intensamente.
Il tuo battito cardiaco varia per un breve istante, ma lo rimetti subito in riga.
 
Le labbra di John.
 
Decidi che il posto migliore in cui segregarle sia un ricordo antico, quasi perso.
Riapri, dopo quella che sembra una vita, il tuo primo libro sui pirati. Le pagine sono un po’ sbiatide e le parole opache, ma ricordi ancora l’emozione indescrivibile che provasti quando il protagonista, il tuo pirata preferito, riuscì finalmente a sotterrare tutto il suo inestimabile tesoro in quella bellissima isola persa nel blu.
Lasci che le labbra di John scivolino in quel forziere poco prima che esso venga seppellito, così che possano essere custodite e rinchiuse allo stesso tempo.
 
Il sorriso di John.
 
Questo è complicato.
Rifletti a lungo, cerchi come un forsennato in lungo e in largo un ricordo adatto finchè eccolo lì, proprio tra i ricordi più freschi:
Una scena del crimine risalente alla scorsa settimana.
Nella folla di curiosi intenti ad osservarti, mentre tu ricordi ad Anderson perché la sua persona è così inutile e priva di senso agli occhi dell’Universo, un individuo si stacca dalla calca e comincia a correre per abbracciarne un altro.
Probabilmente lo stava aspettando con impazienza già da un po’, perché il  suo sorriso appare sollevato e sincero, pieno di sentimento.
Decidi che il suo posto sarà preso da quello ancora più bello e gentile di John, quello intimo che ti rivolge quando siete in casa e potete permettervi di sorridere e scherzare insieme.
Sarà nascosto tra la folla, visibile solo ad un osservatore capace come te.
 
Le mani di John.
 
Decidi di relegarle al ricordo del tuo primo insegnante di violino, l’unico cocciuto abbastanza da poterti tenere testa, tanto che ancora oggi provi molto rispetto nei suoi confronti.
Le mani del tuo maestro erano esperte e leggere, dolci, ma decise nell’afferrare con estrema precisione proprio la nota desiderata.
Le mani di John sono quelle ferme e sicure di un uomo dottore e soldato insieme, ma non rovinano il ricordo, lo modificano in una  maniera praticamente impercettibile.
 Ora sono proprio le mani del tuo Watson ad eseguire per te alcune delle melodie che più hai amato durante l’infanzia.
 
L’anima da soldato di John.
 
Questo è il frammento più facile che hai incontrato finora, ti è possibile disseminarlo come dote fondamentale per qualsiasi uomo di guerra di cui hai un vago ricordo.
Percorri velocemente l’ala del tuo Palazzo Mentale contenente tutti i fatti storici che hai accumulato nel corso degli anni e di tanto in tanto lanci questa qualità di John all’interno di una stanza.
Alla fine del tuo giro ti rendi conto che poche figure storiche si sono meritate l’anima da soldato retta e giusta di John, molte meno di quelle che ti eri prefissato.
Storci il naso, infastidito.
 
La dolcezza di John.
 
Ti rendi subito conto che è impossibile da nascondere poiché, caro Sherlock Holmes, di tutto possiedi nel tuo ricercato Palazzo Mentale, ma nulla di lontanamente correlabile alla dolcezza del dottor John Watson.
Che fare?
Aprire una nuova stanza per l’occasione?
Non se ne parla. Troppo spazio sprecato, troppa importanza.
Sospiri, frustrato.
Ti alzi, vaghi per il salotto con la più preoccupata delle espressioni.
«Sherlock, tutto ok?» John fa capolino dalla cucina.
 
La gentilenzza di John.
 
«Adesso basta!» Urli, esasperato.
«Ok! » John alza le mano e torna in cucina, convinto che tu stia giocando con un nuovo e finalmente interessante caso.
Invece tu sei bloccato e non sai cosa fare, come fare.
La tua mente ha una falla da cui ogni giorno, pian piano, scivola qualcosa che pare provenire da una ipotetica anima.
“I violini hanno un’anima ed essa è ben tangibile, John. Gli uomini, al contrario, non hanno mai dato segno di averne una. Penso che persino tu possa capire a quale conclusione la logica porterà questo discorso.”
Gli avevi detto così una volta, noncurante e sicuro di te stesso.
L’anima non esiste.
Ribadisci ora a te stesso, ma un po’ privato di quella solida convinzione.
La falla si è aperta nell’esatto giorno in cui John è entrato nella tua vita.
Il caso non esiste.
Ma in questo momento vorresti con tutto te stesso che non fosse così.
Hai coscientemente ignorato quella placida e dolce invasione della tua mente e ora ne stai pagando le conseguenze.
Perché?
Perché è di John che stiamo parlando.
Perché gli lasci fare ciò che vuole, sempre.
Perché ti fidi di lui.
Continua a non avere un senso logico.
«Lo so!» Urli di nuovo, con voce dura.
La tua pazienza sta giungendo al limite: vorresti agguantare John, scuoterlo e chiedergli cosa ti ha fatto.
Puoi arrivarci anche da solo.
Torni a sederti sulla tua poltrona, sperando che un gesto così quotidiano e sicuro possa riportare un po’ distabilità anche dentro di te.
«John?!» Sbraiti.
La testa del tuo dottore fa capolino dalla cucina.
«Cosa c’è?» Chiede, curioso ed affamato. Sta sperando che tu lo voglia coinvolgere in un nuovo caso.
«Io non so nulla sulla gentilezza»
«Questo era chiaro già da un po’» sghignazza John.
«Fammi finire! Come neanche sulla dolcezza, l’amore o qualsiasi altro buon sentimento che tu ti ostini a mostrare nei miei confronti in modo così malcelato.»
«Cosa?!»
«Per tanto, ti sarei grato se la smettessi di riempirmi la testa con queste idiozie, mi stanno schiacciando il cervello e sinceramente non so come eliminarle!»
«Sherlock, ascoltami: deve esserci sicuramente un malinteso.» John è imbarazzato, rosso in viso. A disagio.
«Nessun malinteso. Ho la mente in sovraccarico da questa mattina.»
«Non era mia intenzione sovraccaricarti il cervello, o qualsiasi altra stupidaggine alla quale sei giunto. Ci vediamo dopo.» John distoglie velocemente lo sguardo e quasi corre in direzione della porta, sbattendola. Lo hai ferito e scombussato, ora ha bisogno di spazio.
Ormai sai che quando lui vuole pensare esce a fare una passeggiata, mentre tu preferisci restare rintanato in casa, a suonare.
Il violino è l’ultima arma a tua disposizione per riuscire una volta per tutte a trovare una soluzione, così suoni. Suoni il tuo amato strumento e ti lasci andare,  così tanto che per un po’ riesci addirittura ad estraniarti sia dalla realtà che dalla tua mente, in un oblio statico e rilassante.
Suoni per tutto il giorno, in attesa del suo ritorno.
 
John ricompare sulla soglia di casa solo quando la sera è scesa completamente.
Si toglie la giacca e va dritto in cucina, come se nulla fosse accaduto.
Fate sempre così voi due, lasciate perdere finchè qualche caso da risolvere non vi cade addosso e fa scivolare le vostre incomprensioni tra le cose non importanti.
Tu e John non parlate mai di sentimenti, un po’ perché cercate di evitarlo e un po’ perché tu non ne sei in grado. Se a John richiede un certo sforzo a te servirebbe un miracolo, tuttavia non riesci a lasciar perdere. Non questa volta, nonostante lo vorresti con tutto te stesso.
Ti siedi sul divano, rigido e composto. Rimani in silenzio per qualche secondo cercando di riordinare le idee. Sai che dovrai essere tu a fare il primo passo, ad iniziare il discorso. John non può farlo, non questa volta.
 
«John?» Chiami, con quella tua voce profonda e falsamente sicura.
Lui si avvicina lentamente, fermandosi a più di un metro dal divano. Guardandolo puoi dedurre che non si aspetta una ripresa del discorso lasciato in sospeso. Come potrebbe, d’altronde? Non è una cosa da te, da voi.
 
«Siediti, per favore.» Con un gesto elegante gli indichi il posto accanto a te e lui velocemente ti raggiunge.
«Sono arrivato ad una sola conclusione.»
I muscoli di John si contraggono, come se fossero pronti a trascinarlo via da lì, ma John resta, invece, ed è pronto ad ascoltarti. Trova persino il coraggio di guardarti.
«E quale sarebbe?»
«È più una teoria azzardata» confessa Sherlock, strizzando gli occhi e inclinando leggermente il capo.
«Empirica.» Conclude.
«Empirica? Sherlock, ma che cosa stai dicendo?»
Posi le labbra su quelle del tuo incredulo dottor Watson. Un lieve contatto, neanche degno d’esser chiamato bacio.
Dura pochissimo, eppure la falla nella tua mente può finalmente chiudersi.
John ti guarda con gli occhi sgranati e pieni di vero e proprio terrore. Cerca di ricomporsi, tossicchia e guarda dritto davanti a sé, muovendo forsennatamente le mani strette a pugno.
Tu cominci a provare una sensazione nuova, correlabile a quella che la gente comune chiama imbarazzo o senso del pudore. Concetti a te alquanto ignoti, ma cos’altro potrebbe tingerti le guance in questo modo?
«La… La mia mente non si è ancora liberata. John, cosa devo fare ancora?»
«Aaaah, Sherlock. Non sai quanto vorrei ucciderti in questo momento.» John ride amaramente e guarda il pavimento, fa un grosso respiro. Si era convinto che questo momento non sarebbe mai giunto.
«Forse, e dico forse, dovremmo lavorarci.»  Aggiunge, con la voce carica d’imbarazzo.
«A cosa, John?»
«A… Questo. Ai sentimenti.»
«Noi non parliamo di sentimenti.» Rispondi velocemente, pronunciando con disprezzo l’ultima parola.
«Beh, potrebbe liberare la tua preziosa mente e far passare questo terribile quarto d’ora in cui tu, idiota d’uno Sherlock Holmes, mi hai trascinato. Non puoi buttarmi tutto addosso, cazzo.» Cogli un pizzico di asprezza nelle parole di John, quasi pentito di essersi esposto così tanto per poi ricevere quella risposta da parte tua.
«Non ne sono capace!» Sbotti, come un bambino che fa i capricci.
«O così o il tuo Palazzo andrà a farsi fottere.»
Sbuffi, con l’intenzione di fare più rumore possibile.
«Da dove cominciamo?»
«Non dovresti aprire una nuova stanza o qualcosa del genere come prima cosa? Sotto il nome di “sentimenti”, magari.»
«Non sta funzionando come vorrei.»
«Ci vorrà del tempo.» Sospira John.
«Suppongo di sì.»
Non vi guardate in faccia da un po’ ormai, troppo imbarazzati per farlo. Per alcuni secondi tra di voi cala uno strano silenzio.
«Sherlock?» Sussurra John, fissandosi i piedi. Nel suo tono c’è qualcosa di diverso.
«Mmmh?» Ancora non lo guardi in faccia, fissi il vuoto dritto davanti a te.
«Il tuo… Quello che hai fatto prima…» John si ferma e tu sai che sta affrontando qualcosa più grande di lui riprendendo il discorso. Forse… Sì. Forse è pronto. Forse lo sei anche tu.
«Sì?»
«Mi ha reso immensamente felice.» Lo dice con voce insicura, velocemente e cercando di sembrare il più distaccato possibile, ma a te questo basta.
Tentenna ancora un secondo e poi si gira verso di te, abbozzando un sorriso bellissimo.
Non perdi tempo: ti avvicini al tuo dottore e questa volta lo baci sul serio, con un desiderio che non sapevi ti appartenesse.
John appoggia la sua mano destra tra i tuoi ricci e i tuoi frenetici sensi vengono colpiti da una moltitudine di sensazioni a te sconosciute, provenienti dall’esterno e dall’interno.
È al terzo bacio che John si scioglie del tutto e ti inonda con la sua passione, facendoti comprendere che è davvero giunto il momento di aprire una nuova ala nel tuo Palazzo Mentale, la “sezione sentimenti”, con John Hamish Watson come custode e persona da interpellare in caso di bisogno.
 
 
 
Fine.

 
   
 
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