Storie originali > Drammatico
Segui la storia  |       
Autore: LadySissi    11/10/2016    0 recensioni
"Era il pomeriggio ormai inoltrato di un venerdì di febbraio. Durante la notte era caduta altra neve; un sottile strato, più fresco dei precedenti, ricopriva il ghiaccio che non accennava a sciogliersi già da diversi giorni. Di conseguenza, anche il cielo notturno aveva assunto delle sfumature violette. Non era uno spettacolo frequente in pianura; poteva capitare, al massimo, un paio di volte ogni inverno, di più se la stagione era particolarmente rigida. Ma ormai erano quasi dieci giorni che la città era stretta in una morsa di gelo. E proprio in questo periodo, pensò."
Certe persone faranno sempre parte di te, anche se sei costretta a lasciarle andare.
Questa è la storia del viaggio di una ragazza, grazie a loro e dopo di loro.
Genere: Drammatico, Introspettivo, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
 <<  
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A

NOTA AUTORE: Cari lettori, mi scuso moltissimo per il ritardo nella pubblicazione!! Ecco il quarto ed ultimo capitolo di questa breve storia. Buona lettura!
 

WALKING IN THE WIND
(gennaio 2016)
 

(Citazioni tratte da: Walking in the wind, One Direction)
Una settimana fa mi hai detto:

Mi credi? non sarò mai troppo lontana!

Se sei persa, cercami e mi troverai nella regione delle stelle d'estate”

 

Dopo una notte passata a sentire le gocce d'acqua battere sulle finestre della sua nuova casa, avrebbe semplicemente voluto passare il sabato seduta sul divano del salotto, a leggere. Oppure, perché no, si sarebbe volentieri confusa con la massa di persone che invadevano i centri commerciali nel weekend.

Invece, una serie di sfortunate coincidenze l'aveva costretta a fare un piacere alla madre. Si era così ritrovata a ripararsi sotto la tettoia di quella che un tempo era stata la casa dei suoi nonni e della sua prozia, in attesa dell'agente immobiliare e dei clienti di turno.
 

In seguito ad una buona mezz'ora, trascorsa ad osservare le punte immacolate dei suoi stivali da pioggia nuovi, a pulire il suo cappotto dalla polvere della vecchia sedia alla quale s'era incautamente appoggiata e soprattutto a domandarsi che fine avessero fatto tutti quanti, si era ritrovata ad accogliere delle persone mai viste.
 

Non era sicura che, se avesse dovuto comprare lei quella grande casa, ne sarebbe rimasta favorevolmente impressionata. Il clima era cupo e freddino; gennaio volgeva al termine e le luci smorte di quel sabato mattina spegnevano tutti i colori. Durante la bella stagione, negli anni in cui sua zia era solita occuparsi dei fiori, era tutto un altro discorso.
 

I visitatori avevano iniziato ad osservare il cortile, dicendosi compiaciuti: “Qua in estate sarebbe fantastico cenare fuori!”, e l'agente immobiliare, tutto compiaciuto, aveva risposto “Sicuramente!”

Ah sì, sicuramente, come no, si ritrovò a pensare lei. E la cena più ghiotta verrà fatta dalle zanzare, con i vostri resti.

 

Tutt'a un tratto, le vennero in mente quei pomeriggi afosi e quelle serate estive piene di stelle durante le quali, nonostante tutto, lei stessa aveva a lungo stazionato lì, con i nonni, con la zia, con l'altra nonna quand'era in visita. Sembrava un altro mondo, di cui non restavano che dei ricordi.
 

Intanto, i clienti avevano iniziato a visitare la villetta bifamiliare, naturalmente iniziando da destra. Lei scosse la testa un'altra volta. Sbagliato di nuovo.

Da che mondo era mondo, quella casa andava visitata prima da sinistra, dalla parte appartenente ai nonni, e poi si passava a destra, a salutare la zia.

 

 

Il fatto che possiamo sederci qui e dire addio

significa che abbiamo già vinto

la necessità di scusarsi tra me e te

tesoro, non esiste

 

 

L'ultima volta che aveva visto viva la zia era stato durante gli ultimi giorni di agosto, sul finire di un'estate che aveva duramente provato entrambe.

La malattia della zia si era aggravata: non era più in grado di parlare, di mangiare autonomamente, forse di pensare.

Il lento declino che aveva avuto inizio cinque anni prima era diventato una caduta a precipizio, ed era ormai molto tempo che la zia aveva abbandonato la sua bella casa per essere accudita in una struttura.
 

L'ultima volta che si erano ritrovate faccia a faccia, zia e nipote erano state molto silenziose, la prima perché non aveva scelta, la seconda perché non sapeva cosa dire.

Si era limitata a mostrare alla zia qualche fotografia sul cellulare, come faceva sempre, sperando che le avrebbe ricordato qualcosa.

C'era una quieta pace tra le due… o forse c'era sempre stata.
 

Anche quando era piccola, era dalla zia che andava a giocare alla piccola cuoca quando la nonna, dall'altra parte della casa, glielo impediva.

Era sempre da lei che si rifugiava per sfogliare i vecchi album, per ascoltare qualche racconto di famiglia, per guardare in pace un po' di tv senza il chiacchiericcio costante della nonna in sottofondo.

Non potevano più parlarsi ormai da anni, ma, nonostante questo, lei sentiva che non ci fosse niente di “non detto” tra di loro.
 

Anno dopo anno, infatti, lei si era resa conto di avere sempre più caratteristiche in comune con la zia: l'amore per la danza (e per i costumi da ballo), la passione per la cucina, la predilezione per le ortensie tra tutti i fiori.

Era come se lo spirito allegro, energico, generoso della zia le fosse a poco a poco entrato nel cuore, man mano che la sua malattia proseguiva.
 

Si trattava di un pensiero che la aiutava a sopportare la sensazione di impotenza che provava ogni volta in cui andava all'ospizio, tentava di raccontare alla zia la sua giornata e riceveva in cambio solo uno sguardo vacuo.

 

 

Ieri sono uscita per celebrare il compleanno di un amico

ma mentre abbiamo alzato i calici per fare un brindisi

mi sono accorta che tu mancavi

 

 

Non più di tre settimane dopo quell'ultimo incontro, la zia si era spenta per sempre. Si trattava, per lei, della seconda perdita in pochi mesi, e tutto, in quei giorni, le era sembrato soltanto un penoso dejà-vu, dai parenti ai fiori, dalle telefonate alle celebrazioni.

Tempo prima, guardando un telefilm, era rimasta sbalordita nell'ascoltare il discorso di una delle protagoniste, che, ad un funerale, aveva affermato: “Vi sembrerà strano, ma ci sono quasi abituata, ormai.”

Ora capiva quello che voleva dire.

 

Pochissimi giorni dopo, c'era il suo compleanno, e la festa che aveva già da tempo preparato.

Non si trattava di un compleanno qualunque: per la prima volta, infatti, ella accoglieva gli amici nel suo nuovo appartamento, che era sua proprietà dalla primavera e che aveva passato l'estate a sistemare. Non vi abitava ancora, ma aveva pensato che sarebbe stato carino fare una sorta di inaugurazione.

Aveva pensato a lungo, in quei giorni, alla possibilità di rimandare la festa. Poi la soluzione giusta le era apparsa, chiara come l'acqua di mare in un limpido mattino d'inverno.
 

Lei aveva conosciuto la zia profondamente, sapeva quali sarebbero stati i suoi pensieri. Era stata una donna che amava la vita ed i suoi piaceri, che passava le ore in cucina solo per un arrosto domenicale, che riceveva gli ospiti con grande generosità. Di conseguenza, non ci sarebbe stato torto peggiore da farle che annullare una festa.

 

La zia era diventata la musa silenziosa del suo compleanno. Era a lei che aveva pensato mentre ritirava le pizzette che aveva ordinato, mentre cucinava la sua torta, mentre rivoluzionava il salotto e la saletta da pranzo in modo da poter accogliere gli amici. Era stata lei a darle il coraggio per non abbattersi e per continuare a sorridere insieme alle persone che avrebbero costituito il suo futuro.

 

 

Abbiamo trascorso dei bei momenti, no?

Avevamo il cuore in mano

 

 

Con il saluto alla zia, le porte di quella che era stata la casa della sua infanzia si erano definitivamente chiuse.

Mentre aspettava i clienti dell'agenzia immobiliare, che avevano inspiegabilmente deciso di perlustrare la mansarda, non poté fare a meno di pensare che essi non si rendevano conto di star attraversando un luogo così speciale.
 

In quella semplice villetta bifamiliare c'erano state domeniche primaverili piene di sole durante le quali lei, il fratello ed i genitori si erano fatti fotografare accanto alla camelia in fiore o avevano accarezzato la scorbutica gatta dei nonni seduti sul dondolo.
 

C'erano stati Natali straordinari, fatti di piccoli alberelli posti accanto alla tv, di lunghe tavolate guarnite con tovaglie rosse e vassoi stracolmi, di ore intere passate a parlare sui divanetti color verde militare.
 

C'erano state mattine d'estate passate ad attraversare l'orto con degli stivali di gomma che coprivano tutte le gambe, tentando di non schiacciare le zucchine ormai mature.
 

E c'era la tavernetta dove lei aveva studiato per gli esami di terza media, lo studio dove s'era rifugiata a leggere romanzi per adulti trafugati dalla libreria della madre e la scaletta dove, usando delle vecchie bambole, aveva giocato a fare l'insegnante per la prima volta.

 

Era già stato sufficientemente penoso salutare il piccolo appartamento della nonna paterna, quando l'avevano venduto.

Non riusciva ad immaginare cosa sarebbe successo quando quella casa non sarebbe stata più loro.
 

Tuttavia, di fronte a questo pensiero si sentiva più serena di quanto avrebbe voluto. Che senso avrebbe avuto attaccarsi ad un bene materiale? Nulla avrebbe riportato indietro quei tempi, ma, d'altra parte, nessuno avrebbe portato via a lei quei ricordi.

Più li rievocava, più si rendeva conto di aver condiviso dei momenti pieni, autentici, ancora, in un certo senso, vivi.

Ogni volta era entrata in quella casa mettendoci il cuore, e così ne sarebbe uscita, salutandola per sempre come un'ennesima anziana nonna.

 

 

E so che staremo bene, bambina

chiudi gli occhi e vedrai

sarò al tuo fianco ogni volta che hai bisogno di te

 

 

Mentre chiudeva le porte della casa della sua infanzia, chiedendosi se da quel giorno avrebbe avuto un nuovo proprietario oppure no, si rese conto che l'inverno era ormai a buon punto. Presto sarebbe stato Carnevale e, prima che se ne potesse rendere conto, la primavera avrebbe fatto capolino.
 

Erano stati mesi frenetici, principalmente a per via di un contratto annuale in una nuova scuola (da settembre a giugno, come ogni buona precaria che si rispetti), di una serie di lezioni private che dava per arrotondare, degli onnipresenti impegni da ballerina part-time e soprattutto della sua volontà di passare sempre più tempo nella nuova casa.
 

Alcune volte si ritrovava stanca e sconsolata con una tisana di fronte a qualche telefilm poliziesco che le piaceva tanto, e si rendeva conto che la sua vita aveva finito per diventare quella di una qualunque ventiseienne: occupazione precaria, bollette da pagare, lavatrici da fare ed amici presi dal lavoro quanto lei che frequentava sempre meno di quel che avrebbe voluto. Aveva avviato una routine che era quella di una persona adulta e non più di una studentessa, e molte volte si sentiva lontanissima da quella che era stata.

 

Le bastava però osservare con più attenzione la sua nuova casa, le vecchie foto che si era portata dietro, le decorazioni che aveva scelto, per ricordarsi da dove veniva.

 

Lei era se stessa proprio perché, come tantissime altre persone, era il prodotto originale di una storia, una famiglia, una serie di tradizioni che l'avevano formata e che aveva interpretato a modo suo.

Ed il ricordo di chi l'aveva aiutata e sostenuta le sarebbe sempre venuto incontro, specialmente quando avrebbe avuto momenti di difficoltà.

 

 

Gli addii sono dolci ed amari,

ma non è la fine, vedrò di nuovo il tuo volto

 

 

C'è un momento delle nostre vite in cui possiamo dire di aver finalmente superato qualcosa di così complesso e delicato come un lutto?
 

Qual è la forza che ci spinge ogni giorno ad andare avanti, anche se in alcuni momenti la tristezza ci sembra insopportabile?
 

Come mai, quando siamo giovani, continuiamo a mordere la vita, correndo ogni volta verso un nuovo traguardo, e poi, d'un tratto, siamo colti dal desiderio di ripensare alle nostre origini, rendendoci conto che hanno rivestito un grosso ruolo nel determinare chi siamo?

 

Io non lo so.

 

Quel che posso dire è che, fino a qualche anno prima, ero terrorizzata dall'idea del tempo che scorreva.

Pensavo che qualunque scelta avrebbe determinato la mia esistenza per sempre, che un esame da rimandare fosse una tragedia, che non essere accettata dalla compagnia di ragazzi del paese fosse sinonimo di suicidio sociale, che non avere una persona speciale al mio fianco fosse una condanna definitiva.

 

Poi ho scoperto che può non essere così.

Un malato terminale può lottare con forza e dignità prolungando il più possibile la sua vita.

Una persona morente può regalare un ultimo messaggio a chi le è caro anche se è in stato del tutto confusionale.

Chi ha lottato con la depressione per cinquant'anni può trovare serenità nel suo ultimo anno di vita.

Ed anche se si deve cedere ad un male che ti consuma il cervello si può sempre essere una presenza importante per gli altri.

 

Questo mi ha insegnato quella parte della mia famiglia che ora non c'è più.

Non è mai troppo tardi per iniziare una nuova carriera, per cambiare giro di amicizie, per innamorarsi, per scoprire una passione. Nulla ci impedisce di evolverci, di prendere altre strade, di reinventarci ogni volta che ne sentiamo il desiderio.

 

Il tempo non è un pendolo agghiacciante che segna minaccioso ogni minuto come quello di cui scrive Baudelaire, e noi abbiamo il diritto di guardarci allo specchio e di decidere che siamo ben di più degli schiavi trascinati dalla sorte dei quali ci narra il poeta.

Al contrario, le stagioni della vita, come le premurose fanciulle delle litografie di Alfons Mucha, ci accompagnano, ci sostengono e ci indicano, di volta in volta, una nuova via.

Tocca a noi, dunque, portare nel cuore il passato e riprendere, più consapevoli, la nostra lunga camminata nel vento.

 

 

E mi troverai, sì, mi troverai

in posti dove non siamo mai stati, per ragioni che non comprendiamo

camminando nel vento, camminando nel vento.

 

Così sono partita per un lungo viaggio...

FINE
 

NOTA AUTORE: Eccoci giunti anche alla fine di questa storia!
So bene di avere proposto, questa volta, un tema difficile e piuttosto personale, quindi ringrazio di cuore per la pazienza e l'attenzione chiunque abbia letto. Se vi risulta difficile lasciare una recensione, scrivetemi anche solo un commento, un parere... quello che vi ha comunicato la lettura.
Era una storia che portavo nel cuore e mi è sembrato giusto condividerla.

Approfitto di questo spazio per fare pubblicità ad altre mie storie:

TEMA HARRY POTTER:

- "Soldier Side" (One-shot su Narcissa Malfoy)
- "Almeno una volta" (One-shot su Bellatrix e Voldemort)
- "Digitale purpurea" (One-shot sulla storia delle sorelle Black)
- "I sette peccati capitali" (Raccolta riguardante diversi personaggi)
- "Il cielo ha una porta sola" (Long fiction sull'inaspettato amore tra un Grifondoro ed una Serpeverde...a sorpresa!)
- "10 storie per Hermione e Fred" (10 capitoli su questi due irresistibili personaggi)

ALTRO:

- "Tutte le cose portano scritto: più in là (Le mie poesie)
- "Io ricomincerei" (Una lettera tra amiche del cuore)
- "Because Taylor inspires life" (Una raccolta di racconti ispirata ai testi delle canzoni di Taylor Swift)
- "Storyline" (Fanfiction su Taylor Swift)
- "Piccolo calendario dell'Avvento" (Raccolta di flashfics natalizie)

Se vi ha incuriosito il mio stile di scrittura, passate...e lasciate un commentino, se vi va :-)

Grazie infinite ancora per tutto.
Spero di tornare presto a raccontarvi un'altra storia.
Alla prossima!

 



 

 

 

 

  
Leggi le 0 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<  
Torna indietro / Vai alla categoria: Storie originali > Drammatico / Vai alla pagina dell'autore: LadySissi