Fanfic su artisti musicali > Dir en grey
Ricorda la storia  |      
Autore: pluie_de_lumieres    11/10/2016    2 recensioni
Per tutte le volte che perderai la tua strada,
sono qui.
Genere: Angst, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Die, Toshiya
Note: Missing Moments, OOC, What if? | Avvertimenti: Contenuti forti, Tematiche delicate
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
Nota: Avevo bisogno di scrivere, non è un bel periodo, chiedo scusa.

Ascoltate la cover di Veronica Marchi di Walk, come sottofondo.
Grazie a chi leggerà.



“Ti amo”
“Dimmelo ancora”
Un sorriso divertito.
“Sei cattivo”
“Perché non voglio dirtelo di nuovo?”
“Esatto, sei crudele”
“Devi imparare a tenere a mente quello che ti dico”
“Allora, ragionando così, potremmo anche lasciarci”
“Perché mai dovremmo lasciarci?”
“Perché ormai abbiamo fatto l’amore, mi hai detto che mi ami e potrei anche vivere solo di ricordi, stando alle tue parole. No?”
“Quanto sei furbo, Daisuke”
“Cosa c’è di male nel voler sentire ancora che mi ami?”
“Tu hai costantemente paura”
“Non è vero, non ho paura”
“Hai paura che possa succedere qualcosa”

Silenzio.

“Tu e la tua stupida ansia”
“Non è stupida, non è stupido aver paura di perdere la persona che si ama”
“E’ alquanto stupido, perché non succederà, non vado da nessuna parte”
“E se dovesse succedere qualcosa?”
“Se dovessi ascoltare te e la tua stupida ansia, finirei per fare il recluso”
E dentro di sé, poi, soffriva. Perché lo vedeva Daisuke sopravvivere a stento tra le paure di ogni giorno. Lo sentiva piangere la notte, controllare il suo battito, il respiro e chiamarlo almeno quaranta volte nell’arco di una giornata. Senza esagerazioni, c’erano giorni in cui arrivava al centinaio.
Lo vedeva soffocare e affogare, e lui cosa poteva contro quella bestia che se lo divorava da dentro?
Ma il punto è che quando si tratta di ansia o depressione, nessuno ti aiuta davvero, nessuno può davvero.
Parte da te.
Lo aveva visto prendere e mollare lo psicologo, provare gli antidepressivi e rinunciarci dopo due giorni, perché “non sento niente”, aveva detto.
Cos’è che voleva sentire, Daisuke?
Il dolore dei giorni, il peso dei vuoti, la ferocia dell’ansia e il buio della depressione.
Il punto è che con quella merda di antidepressivi non riusciva a percepire neanche gli spiragli di luce che intravedeva tra gli alti e i bassi di quel mostro che abitava la sua mente da qualche anno.
Era tutto da solo sulle montagne russe e lo vedeva andare giù a picco e tornare su come se non fosse mai esistita, la depressione e allora tutti credevano che non sarebbe più stato quello che era stato in quegli anni. Una finta, ancora una. Poi ricadeva giù a picco, di nuovo, come un peso morto.
E lo sentiva, Toshiya, vomitare l’anima dopo pranzo, il pasto che gli pesava di più in assoluto, in cui la malinconia del futuro pomeriggio lo opprimeva ancora prima di poter iniziare a consumare il pasto.
Lo sentiva vomitare a vuoto prima dei live, perché a stomaco vuoto, ma l’ansia sfociava in quello.
Allora gli andava vicino, s’inginocchiava accanto a lui e gli teneva indietro i capelli setosi, gli massaggiava la schiena e gli piazzava la mano larga sulla fronte. Se lo stringeva contro e lo lasciava piangere.
E poi Daisuke saliva sul palco e per quelle due ore tutto spariva, era la sua droga. Il suo momento di hype, e stava bene, lo vedeva stare bene davvero. Ma a che prezzo? Per i giorni che precedevano una performance stava a pezzi, ci arrivava stanco e dava comunque il meglio di sé.
Per quanto le sue mani tremassero, prima del palco, imbracciavano la chitarra acustica con una sicurezza che non aveva mai visto in nessuno prima di allora.
E allora pensava di saperlo, che non poteva togliergli la musica, anche se per quella si distruggeva, anche se per suonare andava in pezzi.
Ne valeva la pena? Stare male per due ore di sollievo? Ma era quella la sua “medicina”, quello per cui si era rifiutato di prendere porcherie. Per poter sentire qualcosa.
Ne valeva davvero la pena?
Daisuke gli rispondeva sempre che sì, per quello valeva la pena stare male, perché sul palco non era da solo.
E gli diceva che, oltre a farlo per i fan, lo faceva anche per il bassista stesso e per gli altri.
Non sarebbe stato lui il motivo di un possibile disband.
“Potremmo prenderci una pausa, il tempo di farti sentire meglio” ci aveva provato a proporlo, ma Die non sentiva ragioni.
Non sarebbe stato neanche la causa di pausa.

Aveva smesso di lasciarlo solo, non c’era niente che non facessero insieme.
Perché era capitato una volta che Toshiya fosse uscito a fare spesa, telefono scarico. Si era imbattuto in un incidente lungo la strada e non aveva potuto avvertire il rosso.
Tornato a casa, lo aveva trovato in preda ad un attacco di panico, il viso pieno di lacrime.
Avevano passato entrambi la notte in bianco, quella sera.
Il terrore che gli potesse succedergli qualcosa lo attanagliava come una morsa dolorosa all’altezza dello stomaco ogni volta che il bassista lasciava casa da solo.
Da allora se l’era portato dietro, sempre.
Per qualsiasi cazzata.

“Non ti pesa?” gli aveva chiesto Kaoru, una volta.
“Non mi pesa”
“Eppure ti pesa” aveva insistito.
“Sapessi quanti sacrifici fa lui per noi, io lo vedo distruggersi e andare avanti. Posso fare qualcosa per lui senza dovermi sentir dire che mi pesa?” lo aveva apostrofato con rabbia, gli occhi lucidi.
Perché era umano anche lui, gli pesava, forse. Ma non così tanto da non poter continuare a stargli accanto. E lui pensava: quante cose pesano a Daisuke eppure continua a farle?

Non avrebbe lasciato il rosso neanche sotto tortura, era una parte del proprio essere e gli anni della sua depressione non avevano fatto altro che avvicinarli.

C’era stato un periodo in cui si limitava a lasciare casa per i concerti.
Il trucco a coprire le occhiaie.


Imparerai di nuovo a camminare e io voglio esserci sempre.
Io, da esterno, non posso fare niente per te, se non starti vicino e supportarti sempre.
Supporto ogni tua scelta, perché dietro ci leggo il coraggio che hai avuto per arrivarci.
Non sono mai stato così orgoglioso di qualcuno, in tutta la mia vita. E quasi quarant’anni sono tanti, Daisuke.
E non dirò che questo non sei tu, perché con tutta l’ansia e la depressione, non hai mai smesso di essere te.
Sei sempre stato un tipo ansioso, hai sempre pregato tutti i Kami prima di ogni live.
Se dovessi disegnarti prima e dopo la depressione, mi limiterei a spessire i tuoi tratti. Ti ha reso più severo nei confronti di te stesso, ma non ha mai smussato la tua immensa dolcezza.
E’ solo diventata cronica, ma imparerai di nuovo a camminare, un giorno anche senza di me.
Probabilmente avrai sempre paura quando uscirò di casa, ma un giorno mi lascerai uscire da solo e tu starai a casa e mi aspetterai.
E ci gusteremo insieme il sapore dell’essersi mancati per un po’.
Fino ad allora io non ti mollo.
E non dirò mai che in questi anni non sei stato tu, perché ansia e depressione sono due tratti di te, adesso, e ho imparato ad amarli, come ho amato te e come sempre ti amerò.

Per tutte le volte che perderai la tua strada,
sono qui.

Grazie, per aver avuto sempre il coraggio di farci ridere, mentre dentro ti facevi a pezzi.
Per essere rimasto intatto per il bene del gruppo quando la depressione portava via tasselli di te.

Per aver nascosto le lacrime.
Per non essere stato la causa di nessun problema, quando di problemi eri pieno fino al collo.



 
  
Leggi le 2 recensioni
Ricorda la storia  |       |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Torna indietro / Vai alla categoria: Fanfic su artisti musicali > Dir en grey / Vai alla pagina dell'autore: pluie_de_lumieres