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Autore: Sorachan    11/10/2016    2 recensioni
La douleur exquise è una di quelle parole intraducibili in italiano ed esprime il forte stato di malessere che accompagna il desiderio inappagato di avere qualcuno che non si potrà mai avere. In questa situazione si trova Rosalia Morelli che non riesce a superare i suoi sentimenti per Glauco.
Dal testo:
Rosalia lo riconobbe e le scappò da ridere. Una risata nervosa, forzata e per niente piacevole da sentire. Per un attimo Glauco pensò che stesse piangendo.
«Oddio, non ce la faccio più! Mi allontano da te e tu vieni a cercarmi. Sto con Luca e mi rimproveri. Fatti dire una cosa, Glauco Tancredi: ti odio. Ti detesto con tutta me stessa! Sei ovunque, anche quando non ci sei fisicamente! Ogni volta che invadi la mia mente è come annegare per me! Hai idea delle sensazioni opprimenti che mi fai provare? E sì hai ragione, forse non avremo un passato e io mi comporto come se ce l'avessimo, ma cos'altro posso fare se ti voglio così tanto da odiarti?», esplose Rosalia in grida di disperazione e, per la prima volta, ebbe il privilegio di vedere un'espressione sul volto di Glauco che nessuno aveva mai visto: era sbigottito.
Genere: Comico, Romantico, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: Lime | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago, Scolastico
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   Capitolo I

 

Glauco

 

 

 

Glauco.
Odiava a morte quel nome.
Apparteneva al suo ex vicino di casa per la quale aveva avuto una sbandata colossale, senza ovviamente venire ricambiata. Tra continue prese in giro e frecciatine, l'affetto che provava nei suoi confronti si era trasformato in qualcos'altro. Rosalia non si rese mai conto che in realtà l'odio che aveva iniziato a provare per lui era di quel tipo che maschera un altro sentimento che ancora non era riuscita a scrollarsi di dosso e di questo incolpava, ovviamente, Glauco.
L'unica cosa che l'aveva salvata dall'andare fuori di testa durante la sua adolescenza fu il fatto che la famiglia di Glauco si trasferì dall'altra parte della città più o meno durante il terzo anno delle medie e Rosalia si poté finalmente decretare libera da quei sentimenti opprimenti e contrastanti che provava per lui.
Una libertà che sarebbe durata meno di quanto si sarebbe aspettata, perché se c'era una cosa che Rosalia non avrebbe mai immaginato, era proprio quella di dover frequentare l'ultimo anno delle superiori con lui, trasferitosi dall'altro liceo della città per una ragione ignota agli altri studenti. Inutile dire che il suo carosello di sentimenti rincominciò a girare senza tregua oscillando tra due sentimenti contrastanti. Inoltre l'aver scoperto che aveva una ragazza da almeno due anni non l'aiutava affatto a superare la cosa.
L'unica cosa di cui Rosalia poteva essere certa era che, almeno in parte, lo odiava profondamente. Che il motivo fosse il fatto di non aver ricambiato i suoi sentimenti o di averla presa in giro per questo o del fatto che anche dopo anni di distanza lui sembrava avere ancora un effetto su di lei, non importava. Non riusciva a spiegarsi perché continuava ad avere un ascendente su di lei e le giustificazioni della sua amica Bice non l'aiutavano a capirci qualcosa.
«Smetti di fissarlo», Lucrezia interruppe il filo dei pensieri dell'amica, che dal termosifone, non si era accorta di avere gli occhi fissi sul ragazzo.
«Non lo stavo fissando», si difese Rosalia, dirottando lo sguardo altrove.
Lucrezia sospirò. Lei, futura psicologa, aveva compreso perfettamente ciò che la migliore amica non voleva ammettere. Vedeva come il suo sguardo vagava nei dintorni alla ricerca di qualcuno e si posavano irrimediabilmente su Glauco.
«Non lo faccio apposta, lo sai. È come se invadesse il mio campo visivo ogni volta che mi guardo intorno», disse Rosalia indovinando i pensieri dell'amica.
Mentre parlava, il suo sguardo incontrò quello di un'altra ragazza che la fissava con un certo astio e aveva tutte le ragioni per farlo.
Era la ragazza. Per la precisione, quella di Glauco. Rosalia sostenne il suo sguardo con finta spavalderia, ma dentro si disgustava di se stessa. Si sentiva quasi un'adultera a desiderare Glauco, quando non l'aveva nemmeno mai degnata di uno sguardo, e che era fidanzato felicemente da due anni con Amelia. Più di una volta Rosalia si era detta di lasciarlo perdere e qualche volta alcuni ragazzi erano riusciti a farglielo dimenticare, per un massimo di una settimana, ma poi il dolore sferzante di un amore non ricambiato tornava più devastante di prima.
Si sentiva ridicola e patetica.
Quando lo vedeva a scuola o in centro, la voglia di farsi notare da lui la sopraffaceva e la portava a fare delle cavolate colossali di cui poi si pentiva il giorno dopo. Una di queste poteva essere stata quella sera di un mese fa, in cui aveva ceduto alla propria paura di restare sola e aveva accettato di stare con Luca. Sapeva bene però che era solo una distrazione, perché ovunque lei guardasse, a qualunque cosa lei pensasse, Glauco le invadeva la mente come un cancro.
Il suono di un clacson fuori nella strada interruppe il filo dei suoi pensieri e seguì Lucrezia in classe, come un automa. Non era riuscita nemmeno a fumarsi la sua benamata sigaretta per tranquillizzarsi almeno un po'.
Rosalia si bloccò sullo stipite della porta e chiese a Lucrezia l'accendino. Glauco poteva toglierle tutto, anche la manciata di minuti che separavano una lezione dall'altra, ma non le avrebbe tolto l'unica cosa che riusciva a farglielo dimenticare per due o tre minuti.
«C'è Bice fuori, se non vuoi fumare da sola» aggiunse Lucrezia, Rosalia annuì e si precipitò in corridoio.
Per poco non andò addosso a un ragazzo alto almeno dieci centimetri in più di lei.
La sensazione che le invase lo stomaco le comunicò già in anticipo di chi si trattasse. C'era solo una persona in quell'istituto che era così alta e aveva quel profumo inconfondibile.
Rosalia alzò lo sguardo e incontrò i suoi occhi glaciali con la solita punta di scherno, riservata esclusivamente per lei. Quasi in automatico, come ogni volta che incontrava platealmente il suo sguardo, assunse la classica espressione che trasmetteva odio puro, fulminandolo con lo sguardo prima di scartarlo da destra e dirigersi verso il portone.
Incrociò Bice che stava per rientrare, ma che non appena la vide accolse di buon grado l'invito a tardare un po' prima di rientrare in aula.
Rosalia adorava Bice, era sempre stata in grado di tirarle su il morale senza nemmeno accorgersene. Era la classica ragazza che tutti conoscevano e con cui tutti volevano essere amici. Non si curava minimamente di ciò che gli altri pensavano di lei e la maggior parte veniva a scuola struccata e con i capelli biondi completamente in disordine. Non che avesse bisogno di trucco, era bella già di suo.
In realtà non fecero nemmeno in tempo ad accendere quella famosa sigaretta: uno perché il fratello bellissimo di Glauco, Teo, entrò in tutta la sua bellezza dal cancello principale, con il casco sottobraccio, facendo cadere alla ragazza la sigaretta a terra dalla sorpresa; due perché il preside era piombato dietro di loro come un falco e l’aveva afferrata per la spalla in malo modo.
«Dentro!», ordinò l’uomo paonazzo, facendo sobbalzare le due ragazze.
Teo intanto le sfilò accanto con un mezzo sorriso e rivolse a Rosalia un cenno di saluto con la mano.
«Ciao Rosa», sussurrò poi quando fu a portata di orecchio. La ragazza di contro, diventò paonazza, abbinandosi al color borgogna sulla faccia del professore.
Bice intanto, vedendo la situazione in cui era incappata l’amica, l’afferrò prontamente per un braccio e la tirò dentro l’edificio con la stessa forza di un tir. Il professore intanto le tallonava.
«Sono stanco di trovarvi sempre fuori, come se foste a casa vostra. C'è un motivo se avete la ricreazione!», tuonò l'uomo esasperato mentre si dirigeva con loro verso il primo corridoio a sinistra e le portò inevitabilmente nella 5ª B .
Rosalia non gli diede molto peso, era troppo assorta a rivivere nella sua mente l’incontro inaspettato che aveva appena avuto.
Entrò in classe come un automa e ignorò completamente le ennesime frecciatine che il professore rivolse a loro due, prontamente scortate dal preside, come se la ramanzina di poco prima non fosse bastata. Si sedette al suo banco e non seguì una sola parola della spiegazione del giorno.
Continuava a ripensare all'incontro con i fratelli Tancredi che aveva appena avuto e in un lasso di tempo troppo ravvicinato perché lei ne uscisse illesa.
Quando erano vicini di casa Teo era l'unico dei due che era stato gentile con lei, forse perché essendo il maggiore capiva meglio i sentimenti che Rosalia aveva per Glauco ed evitava di farle pesare la cosa.
Rosalia aveva sempre pensato che Teo fosse un bel ragazzo, ma non era mai scattato niente in lei. Il suo cuore non si era schiantato contro la sua cassa toracica la prima volta che l'aveva visto, come invece era successo con Glauco. Di Teo apprezzava semplicemente la sua compagnia e il fatto che riuscisse sempre a metterla a suo agio. Con lui, Rosalia si sentiva quasi come a casa. Con Glauco invece si sentiva come se fosse su una mina pronta ad esplodere.
Rosalia si afferrò la testa con le mani e sbuffò rumorosamente. Perché si era dovuta cacciare in quella situazione? Non le poteva semplicemente piacere un ragazzo normale? Anche Teo sarebbe andato bene. Invece no. A Rosalia non piacevano le cose facili, preferiva di gran lunga le sfide e Glauco era una sfida impossibile per chiunque.
Si lasciò sfuggire un altro sbuffo, più rumoroso del primo che non passò inosservato dal professore.
«La sto annoiando, Morelli? Perché in tal caso è pregata di accomodarsi fuori dall'aula».
Rosalia arrossì e mugugnò delle scuse, per poi abbandonarsi completamente sul banco che aveva davanti.
Bice al suo fianco soffocò una risata.

 

 

  
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