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Autore: RLandH    12/10/2016    1 recensioni
Da capitolo II:
[...]“E quindi hai pensato che abbandonarmi era meglio?” domandò irascibile lei, “Tesoro, nasciamo, viviamo e moriamo soli. Non è mia abitudine aiutare i mortali, mai, neanche i miei figli. Neanche quelli divini, se per questo” aveva detto con un tono infastidito, continuando a limarsi le unghia.[...]
Da capitolo IX:
[...]Era il figlio al prodigo, aveva bisogno di quel padre a cui aveva voltato le spalle, per uno stupidissimo corvo che non avrebbe potuto fare nulla contro un gigantesco uomo alto venti piedi. Le sentì brucianti le lacrime sulle guance.[...]
July vorrebbe aspettare la fine in pace, Carter si sente perso come mai è stato, Heather è in cerca di qualcosa e Bernie di quella sbagliata.
Se si è cosa si mangia: Arvery è una bella persona; Alabaster, lui è quello furbo. Marlon è un anima innocente e Grace è un mostro dal cuore d’oro.
E quando gli Dei decidono di invocare l'aiuto di quegli stessi figli dannati a cui non hanno mai rivolto lo sguardo, non c'è da stupirsi se il mondo intero va rotoli ...
Buona lettura,
Genere: Angst, Avventura, Malinconico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Slash, FemSlash | Personaggi: Altro personaggio, Dei Minori, Le Cacciatrici, Mostri, Nuovo personaggio
Note: Missing Moments, What if? | Avvertimenti: Violenza
Capitoli:
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Unidici pagine di Word … si ho esagerato; però mi sembrava il caso di fare un Grande Ritorno e purtroppo devo fare la premessa che non ho idea di quanto aggiornerò, però il seguente capitolo per metà è già scritto  e c'è Poison Ivy quindi non so che dirvi, spero di non farvi aspettare così tanto.
Volevo ringraziare tutte le persone che seguono, leggono ed ovviamente summer_time che recensisce sempre e davvero: grazie di cuore (e per quel che vale non ho intenzione di abbandonare questa storia).

Spero che apprezziate questo capitolo,
(E oggi niente disegno)
Buona Lettura
RlandH

 

The Road So Far (quel che vi siete persi fin'ora): Arvey Spaccameningi è un lestrigone, mentre era in compagnia dei suoi “compagni di merende” riconosce l'odore di Bernie LaFayette mezzosangue che aveva avuto modo di conoscere durante la guerra di Crono, avendo questi combattuto dallo stesso lato. Arvey combatte contro i suoi amici – due lestrigoni - , due ciclopi ed un'arpia per riuscire a portare in salvo la mezzosangue. Mentre Bernie viene incaricata da sua madre di cercare un'arma, Arvey sceglie di aiutarla. I due prima finiscono alle Cascate nel Niagara, dove Bernie riesce a comunicare con il mezzosangue Alabaster, mentre Arvey è costretto nuovamente ad affrontare i suoi due amici lestrigoni (uccidendo uno di questi due) sebbene stremato per lo scontro, egli viene aiutato da uno strano uomo – presumibilmente un dio – Vestito di Bianco. Nel tentativo di raggiungere Keesville, i due finiscono a Leesville, dritti nella trappola del mostro Parthenope che sembrava intenzionata a consumare Bernie.
I due sono salvati da tre giovani mezzosangue, sebbene uno di questi tenti di uccidere Arvey scambiandolo per un cattivo.
I tre sono Cartaginesi che gli portano in un luogo nascosto noto come Nuova Cartagine, lì mentre Arvey apprende della sconfitta di Fama, che ha messo fine alle comunicazione, Bernie ha un incontro con la dea Thalassa che le permette di “comunicare” con la sua gemella Bells.
Sebbene i due siano intenzionati ad andare via – non prima di aver recuperato le loro armi – sono costretti a fermarsi poiché i Cartaginesi, secondo Hannah (una ragazza molto stretta a Bernie) vogliono donar loro un terzo membro per la loro ricerca.

(Colonna sonora)

                                                                    
 

Il Crepuscolo degli Idoli

 



Lui, lei, l'altro … e mancava giusto la peste.

 

 

Arvey III

 

Il mondo odorava di morte e putrefazione, lungo quella striscia di terra infossava sempre farsi nefasto insopportabile quel tanfo anche per il suo naso, il naso di un mostro. “Una volta almeno ci provavano a combattere” aveva commentato Joseph – quello che negli anni sarebbe diventato negli anni a venire Zotico Joe – il suo padre adottivo, “Secondo te?” aveva chiesto retorico verso di lui.
Arvey aveva alzato le spalle, mentre leccava via le ultime tracce di sangue che erano sulle sue labbra, osservando i resti del corpo che avevano divorato.
I mortali, i mezzosangue – dei! neanche lo sapevano – avevano trascinato il vecchio continente in una guerra che non sembrava trovare soluzione, priva di artifici, combattuta sempre, da chiunque. Ma non era una la loro guerra, “Che si ammazzino puro! Noi ci divertiremo!” esclamava sempre Joseph. Lui ed Arvey uccidevano indipendentemente dal colore delle divise, sui campi di battaglia, ed ogni tanto in quelle lunghe fosse comuni dove gli uomini si nascondevano per pazientare.
Le trincee.
Ad Arvey sembrava quasi gli uomini si fossero scavati da soli le tombe, dove essere sepolti.
“Adesso sono tutti così stanchi, neanche ci provano, vogliono solo dormire” gracchiava inferocito Joseph, colpendo l'elmetto di un soldato. Anche Arvey l'aveva notato che la grinta si era smorzata ed era venuta a mancare in quegli uomini, neanche più l'ardore di tornare a casa gli teneva aggrappati a quel mondo. Lui doveva ammettere che non era dispiaciuto quando un nemico non opponeva resistenza, si gli piaceva combattere – era un lestrigone, per Diana – ma certamente l'idea di non faticare lo lusingava troppo.
Più il mondo sprofondava in amarezza, più lui si concedeva all'ingordigia.
“Ma che avranno poi tanto da dormire!” aveva gracchiato Joseph, “ È perché sono stanchi” era stata la tetra risposta di di Arvey, che cercava tra i resti degli uomini qualcosa da potersi prendere, aveva trovato la foto di una donna, con gli angoli spiegazzati e l'aveva lasciata cadere a terra annoiato, secoli di vita ed un sentimento come l'attaccamento amoroso gli era proprio estraneo.
“È perchè sognano” una voce lo aveva richiamato, Arvey aveva sollevato gli occhi ed aveva visto sul ciglio della fossa, incurante degli spari e delle urla, una donna illuminata dalla sola luce di un bengala, carnagione olivastra e capelli neri, uniforme britannica e certamente nessuna origine nella terra al di là della manica.
“Qualcosa che a noi, mostri, è precluso” aveva sussurrato quella, con una voce afflitta ed una triste consapevolezza.

Perchè i sogni erano il messaggio degli dei per gli uomini – semidivini o meno – e non avevano nulla da dire a loro.
Quella era stata la prima volta che Arvey aveva conosciuto Grace l'Empusa, il Mostro dal Cuore d'oro – come era chiamata – sempre in cerca di un qualcosa che a nessun altro pareva interessare.
Arvey dopo quasi un secolo ci aveva pensato perché … perché era tornato lì, in quel lungo verme scavato nella terra.

 

“Cosa?” aveva domandato, confuso.
La notte prima s'era addormentato in una zona di camping, quando il suo turno di guardia era finito, con le mani di Bernie sulle spalle dirgli che ci avrebbe pensato lei, Arvey aveva preferito lanciare un ultima occhiataccia al loro nuovo compagno d'avventura, che steso placido guardava le stelle senza dar segno di volersi fidare di loro.
“Posso resistere” aveva risposto Arvey.
Ed in quel momento, dove era?
“Bernie! Bernie!Bernie!” aveva strillato con voce fragorosa, pensando alla figlia della Notte. O, dei, fate che non gli sia accaduto nulla! Pregava.

Nessuno rispondeva, la fossa pullulava di morti, di uomini pallidi, esangui, con vene nere, morti o morenti, nessun simbolo sulle loro uniformi, solo morte, una foto nel sangue e nel fango, Arvey aveva ricordato il momento in cui aveva visto quel del soldato morto, quasi un secolo prima.
Il viso della donna questa volta non era di una giovane dal colorito pallido di una sconosciuta, la foto mostrava il viso bruno di Bernie, con un crine corvino scuro, così bella.

Ora Arvey lo capiva quello.

Aveva passato un dito sulla foto per pulirla dalla terra, dal fango e dal sangue. “Posso davvero star sognando?” aveva chiesto retorico, con la schiena posata sulla terra, nonostante l'ambiente dove pullulava la morte, non un solo nefasto odore si sollevava in quello stretto corridoio di terra, non il rumore dei proiettili, le luci rossastre dei bengale e la confusione palpabile dell'organismo guerra che mangiava, calpestava e vomitava tutti.
Era come un fermo immagine, un quadro iconico che rappresentava quel momento della vita di Arvey, quando aveva trovato la foto di una donna nel taschino di un uomo morto ed aveva incontrato Grace l'Empusa. Che fine aveva fatto lei, poi?

 

“Si, è un sogno” aveva commentato una voce al suo fianco, Arvey s'era voltato allarmato, improvvisamente i suoi ricordi si erano sciolti come in un dipinto e si era ritrovato da … qualche altra parte. Un giardino dall'erba verde e lucida, seduto su un portico ad osservare ciò che si apriva davanti loro. Al suo fianco un giovane dai capelli ricci scuri come il caffe, un espressione mogia, labbra carnose e l'abito elegante di un bianco quasi accecante. “Tu sei quello che mi ha aiutato alle cascate” aveva detto Arvey indicandolo.
Un dio che scendeva ad aiutare un mostro, aveva fatto ad Arvey ridere pensandoci dopo, ma adesso quel dio si premurava di dargli un sogno.
Dei infami, la sua vita doveva proprio essere una barzelletta.

“Si, sono io” aveva risposto quello, la sua voce era pacata e gentile, “Sei venuto a riscuotere il favore?” aveva chiesto il lestrigone, aveva un discreto numero di anni da sapere che nessuno faceva nulla per nulla, figurarsi un dio. Quello l'aveva guardato, Arvey non poteva dire fosse giovane o vecchio, il suo viso era sereno, non una ruga lo deturpava ma gli occhi erano stanchi come quelli di un anziano, “No” aveva detto placido abbozzando un sorriso.

Le sopracciglia chiare di Arvey erano letteralmente schizzate alle stelle, “Oh” aveva detto, rimanendo a bocca aperta, “Gli dei spesso scelgono i loro campioni, che vuoi che ti dica, tu sei il mio” aveva borbottato quello, incrociando le braccia al petto, mentre con gli occhi nocciola studiava nuovamente il giardino, “Si, Arvey Sanguinaccio il tuo ardore ed amore per quella ragazzina figlia della notte, ti ha reso il mio protetto ideale” gli aveva detto quello.

Il lestrigone aveva appreso quella notizia con una certa confusione, le spalle rigide, “Non sono cose che ai mostri accadono spesso” aveva ammesso alla fine Arvey, “Dove siamo?” aveva chiesto poi alla fine dando un occhiata al portico, erano vicino ad una porta rossa, ma non poteva vedere la facciata della casa da quella angolazione, “Non è importante” era stata la risposta dell'uomo Vestito di Bianco; Arvey si era reso conto di non avere idea di chi fosse, ma sentiva un principio di timore nel chiederlo.
Sospettava fosse Eros, aveva sentito indossasse abiti impeccabili – e spesso in bianco – e parlava d'amore, ma aveva anche sentito che quel dio emanava un'aurea di timore e sadismo, quello al suo fianco sembrava una persona più … gentile?
Comunque non sapendone l'identità avrebbe continuato a riferirsi a lui come L'Uomo Vestito di Bianco, “Vuoi qualcosa di particolare?” aveva chiesto lui, guardando il dio, quello si era voltato a guardarla, “Hai mai sentito parlare di Sciro?” aveva domandato di rimando, come se le parole di Arvey fossero fatte di acque.
“E chi non ne ha mai sentito parlare?” aveva chiesto di rimando il Lestrigone, “Dove gli dei sono banditi, i re cadono e gli eroi si imporporano le guance come fanciulle” aveva aggiunto, pensando a quei racconti che avevano popolato la sua vita. “NonnoFate ha sempre voluto depredarlo” aveva commentato Arvey con un sorriso, “Diceva sempre che si sarebbe mangiato la faccia di Leecome ed avrebbe squartato le sue figlie” aveva aggiunto, con un mesto sorriso, “Nessuno ha mai avuto il cuore di dirgli che viveva nel mille e quattrocento” aveva aggiunto poi.

NonnoFate era Antifate, uno dei più celebri e truculenti Re dei Lestrigoni, era stato per Zotico Joe quello che lui era stato per Arvey; nei suoi tempi di gloria era stato un mostro ed un guerriero con i così detti, ma per quanto lui aveva avuto modo di conoscerlo era stato un vecchio farinoso con gli occhi liquidi e la demenza senile, poi un giorno si era disfatto nella polvere ed era finito nel Tartato. “Magari tra un centinaio d'anni, tornerà giovane e ruspante” aveva commentato quel giorno Zotico Joe, senza particolare tristezza.
Infondo la loro morte non sembrava mai una questione definitiva.

“Doveva essere un tipo interessante questo NonnoFate” aveva constato l'Uomo Vestito di Bianco, toccandosi sotto il mento, “Lo era” aveva risposto Arvey senza curarsi di correggere il reale raoro di parentela. “Magari un'orda di Lestrigoni e ciò che servirebbe a Sciro” aveva soffiato il dio, “Perchè mi parli di Sciro?” aveva chiesto allora Arvey, senza neanche curarsi di rivolgersi a quello con un titolo onorifico.
L'Uomo Vestito di Bianco si era sollevato dalla sedia, pecorrendo i pochi passi del portico, per posarsi ad una colonna di legno, “Le regole del fato sono precise, agli Dei non è concesso immischiarsi negli affari mortali, questo però non gli ha mai impedito di veicolarli. Nonostante tu non sia un uomo, rientri secondo questo ordine” aveva ammesso il dio, incrociando le braccia sotto al petto, “Mi stai avvertendo dunque? O veicolando?” aveva chiesto allora Arvey con un sorriso da squalo sul viso, il brivido della lotta a scaldargli il sangue.

“Prendine atto, mio campione, ed ascolta saggiamente le mie parole” aveva cominciato quello solenne, “Finchè sarai mosso da un ardore così acceso verso quella fanciulla, avrai la mia mano a coprire il tuo capo” aveva soffiato ed Arvey lo aveva ascoltato in silenzio, “Ma per avere una delle mie frecce dovrai osare tanto” aveva ammesso il dio.
“Lei è Eros, dunque?” aveva chiesto il lestrigone, rivolgendosi a lui con un tono più formale e la forma del lei, che aveva fatto ridacchiare il suo interlocutore, “Per tua fortuna no, o forse in questo caso è una disgrazia, le sue frecce sono assai più favorevoli da cogliere, sebbene spesso portino lacrime e dolore” aveva confessato.

Poi tutto si era liquefatto come un dipinto fresco su cui fosse stata gettata dell'acqua, era colato e s'era disfatto come argilla molle e quando il mondo aveva ripreso dei contorni stabili, quello che Arvey aveva visto era stata la coltre fitta della note, puntellata di luminose stelle ed aveva avuto l'agghiacciante sensazione che Nyx stessa rivolgesse i suoi occhi profondi verso di lei.

 

“Ti sei svegliato?” aveva sentito chiedersi, allora si era sollevato sui gomiti per osservare Bernie seduta su una coperta, con gli occhi tristi rivolti a quel cannocchiale che sua madre le aveva porto, da che avevano lasciato Nuova Cartagine non aveva fatto altro che spiarvi all'interno alla ricerca di sua sorella, prigioniera a quanto pareva di una Tale Ify. Quel oggetto le aveva concesso solo la visione del figlio di Ecate, Alabaster, che Bernie gli aveva raccontato fosse in compagnia di un'altra giovane ragazza che aveva fatto parte dell'armata dei titani, gli era stato riferito il nome, ma Arvey non ne possedeva che un nebuloso ricordo.
Aveva raggiunto la sua casa a Keesville, trovandola vuota, Alabaster le aveva lasciato un messaggio, era dovuto partire, assieme a quell'altra e braccato come era non aveva potuto scrivere dove erano diretti, si augurava però che il fato avesse intenzione di intrecciare ancora i loro i fili.

Dopo la scomparsa di Fama cercare di entrare in contatto con il figlio di Ecate si era fatto praticamente impossibile.
“Io … ho fatto un sogno” aveva ammesso Arvey, osservando per un momento il viso d'ebano della giovane farsi perplesso, “Impossibile, i mostri non sognano” la voce di Puma gli aveva distratti, il suo tono era aspro e rigido, aveva gli occhi verdissimi come quelli di una qualche bestia della notte, incastonati in un viso bello e lentigginoso.
La prima sera, come era stata preannunciato da Hannah Phoenix, i Cartaginesi gli avevano bloccati in un lungo banchetto, mai Arvey era stato così pingue davanti ad una tale opulenza e sfarzo ed alla fine avevano imposto loro un accompagnatore, il terzo membro per il loro viaggio.
Se gli dei avevano messo loro due sul loro percorso, i cartaginesi credevano fosse una richiesta del destino dare il membro mancante, poiché tre era il numero designato, anche questo aveva detto Hannah ed Arvey si era sentito piccolo ed impotente quando udite quelle parole Bernie aveva cercato gli occhi azzurri come laghi profondi della figlia di Nike.
Aveva avuto paura che potesse essere lei, per il modo in cui era cercata dalle mani affusolate di Bernie, ma aveva presto imparato che per una qualche ragione non era concesso ad Hannah di lasciare la città – aveva combinato qualcosa di grosso nei suoi ultimi viaggi.
C'era stato un torneo, di tutto rispetto, Arvey aveva parteggiato per il giovane Hannibal, poco socievole, ma letale, aveva salvato la vita di Bernie, senza avere alcun interesse per lei, e tanto bastava perché avesse la sua approvazione, anche la figlia di Ecate sembrava concorde con lui.

Il torneo era stato breve, ma intenso, la dea Thalassa stessa aveva convinto il grande consiglio dei Cento aveva ricordato loro quanto i tempi fossero stretti; Bernie stessa fremeva per lasciare quel posto, per cercare sua sorella: prigioniera.
I combattimenti erano stati duelli, senza esclusioni di colpi, Hannibal aveva continuato a vincere negli scontri, battendo suo fratello – Arvey non aveva afferrato il suo nome, ma lo aveva riconosciuto come il capitano della nave che gli aveva portati lì – e la sua bella fidanzata dall'aspetto latino. Aveva perso lo scontro contro un giovane uomo chiamato Sick, che Hannah aveva apostrofato come suo “cognato”, prima di raccontare fosse il fidanzato di Deedo ed uno dei figli prodigi di Cartagine, suo padre era un membro del consiglio dei cento e forse lo sarebbe stato anche lui.
Era bravo Sick – avevano scoperto non fosse quello il suo nome, ma onestamente non gli importava – aveva le spalle larghe, era alto, aveva un naso adunco, la pelle di rame ed un groviglio di capelli ricci, alcune cicatrice a decorargli l'incarnato, “Non sento di poterci fidare di nessuno di loro” gli aveva mormorato Bernie, mentre Sick sollevava le braccia per accogliere gli acclami dell'arena, scoporto di polvere, terra e sangue.
“Sono d'accordo” aveva soffiato lui, ma le sue parole erano cadute nel silenzio, l'aveva cercata con lo sguardo e l'aveva vista ridere, mentre Hannah le sussurrava qualcosa nell'orecchio – forse Bernie avrebbe dovuto correggersi, di qualcuno di loro voleva fidarsi.
Sick era arrivato a battersi nella finale, contro di lui avrebbero dovuto esserci uno dei due fratelli Phoenix. Arvey aveva vissuto molti anni ed aveva visto molti eroi, gli aveva guardati con un certo disinteresse e grigiume, ma quando aveva visto i due entrare nell'arena per un momento aveva sentito nel suo petto un incertezza, biondi e letali, l'uno contro l'altro sembravano due dei vendicatori.
Se aveva vinto Puma era stato un caso, la lotta era stata dura, silenziosa, adrenalinica, non una sola arma coinvolta.
Lei aveva deposto le sue spade, lui le sue pistole. Sangue ed ossa rotte.
Arvey aveva tifato per la giovane a cui doveva la vita, Bernie aveva osservato vacua la scena, tenendo la mano di Hannah piagnucolante che un giorno lo sapeva che quei due idioti dei suoi fratelli si sarebbero ammazzati.
L'ultimo scontro era stato tra Sick e Puma … non c'era stato confronto.
Dopo avergli imposto il più ostico e fastidioso dei loro giovani guerrieri, i cartaginesi avevano avuto la buona creanza di riportargli nel mondo civilizzato con una delle alionavi Benselemite, rifornirgli di cibo e ridargli le loro armi.
Ricordava s'era aperto un sorriso luminoso sul viso di Bernie, mentre ritrovava il suo orecchino, lei che sarebbe stata disposta a fuggire da quel posto senza di esso, giustamente cosa se ne faceva della sua arma senza poterla usare per difendere sua sorella. E pensare come da bambine fossero Bells lo scudo dietro il quale l'altra tendeva a nascondersi.

Arvey aveva guardato la sua mazza da battaglia, qualcosa di brutalmente simile ad un senso di colpa che serpeggiava in lui, ma l'aveva ignorato bellamente. Finché sarebbe stato mosso da ardore avrebbe continuato ad avere la mano dell'Uomo Vestito di Bianco sul suo capo, no, mentiva, non lo faceva neanche per quello.

 

“Credo tu abbia capito che Arvey non è come gli altri” era stata la pigra risposta di Bernie, guardando con sprezzo Puma Phoenix, che era rimasto seduto lì con quei suoi occhi da predatore a studiarli.
Arvey era preoccupato da lui, da ogni cosa di lui, dal suo temperamento impetuoso e dal suo aspetto attraente, dal modo in cui i suoi occhi si fermavano sulla figura di Bernie e come guardavano lui.
Prede: una da conquistare, uno da uccidere. Forse lo avrebbe mangiato, si, Arvey era certo che alla fine lo avrebbe fatto.
“Dobbiamo spostarci” aveva soffiato Puma, sollevandosi dalla posizione seduta, “Anche se non abbiamo idea di dove andare” aveva aggiunto con un certo sfacciato nervosismo, con le mani infilate nelle tasche dei jeans, “Mi dispiace se questo ti infastidisce” aveva ripiegato lei con le braccia chiuse sotto il seno.

Poi Bernie gli aveva abbandonati, dopo uno sguardo truce che aveva lanciato verso Puma, poi si era allontanato da loro con una certa velocità ed Arvey l'aveva seguita, dopo aver intimorito all'uomo di non seguirli.

Aveva trovato la ragazza non molto lontano, seduta su una panchina, con lo sguardo vitreo, mentre sollevava appena l'oggetto che sua madre gli aveva donato, “Niente” aveva detto Bernie senza preoccuparsi di alzare il viso per guardarlo, “Vedo Alabaster preoccupato, ora vedo anche una ragazzina dai capelli rossi” aveva aggiunto rabbiosa, “Una casa con un porticato” aveva detto, “Ma nulla di Bells! Nulla!” aveva afferrato l'oggetto e l'aveva lanciato con rabbia, esso si era liquefatto nell'aria senza schiantarsi in nessun luogo riformandosi sul suo ventre.
“Gli altri mostri mi disprezzano, ma forse potrei riuscire ad avere informazioni” aveva soffiato lui, accomodandosi al suo fianco, allungando una mano per avvolgerla atono alle sue spalle. Ossa così piccole quelle di Bernie rispetto la sua mano.

Prima che Arvey riuscisse a dire qualcosa o Bernie potesse rispondere era accaduto qualcosa: un boato della terra.

“Cosa, Tartato, è successo?” aveva strillato lei, aggrappandosi ai suoi vestiti, mentre la terra gorgogliava e sangue zampillava dalla terra, l'erba s'era fatta gialla e nera, i tronchi degli alberi polverosi e le foglie secche, la primavera che sembrava troneggiante s'era fatta in un momento cosa morta.
Puma era corso verso di loro, affannato e nel verde degli occhi c'era lo spettro della preoccupazione, “State bene?” aveva chiesto con il fiatone, Bernie aveva annuito, mentre con il piede dello stivaletto saggiava una piccola crepa che si era aperta sull'asfalto. “Sembrerebbe che qualcuno abbia preso a calci il divino culo di Gea” era stato l'ombroso commento di Arvey, venuto con il serpeggiare di un sorriso sornione.

 

Per i seguenti due giorni nulla, la terra s'era fatta improvvisamente povera e sanguinante, letteralmente, come se qualcuno avesse davvero colpito la signora degli dei davvero. Poi erano cominciati anche i giramenti di testa, non per Arvey, lui era un mostro, lui era immune, per lo più, ma Puma s'era fatto scostante e fastidioso, il naso gocciolante e gli occhi lucidi, Bernie invece aveva cominciato a sudare, arrossata sulle guance e la gola rauca. Si erano ammalati.

Cobe ho fatto ad abbalarbi?” aveva chiesto Puma, consumando un altro fazzoletto, sedendosi sul letto, avevano trovato un motel dove alloggiare, non lontano dalle Antelope Canyon ed in qualche modo sembrava che l'epicentro del colpo a Gea si fosse fatto più vicino. Arvey non aveva capito per quale motivo si fossero mossi in quella direzione, iniziava anche a comprendere che non fosse di certo stata una buona idea.
Bernie indossava una sciarpa intorno alla gola e lo aveva guardato con un certo sprezzo, non riusciva a a parlare qualsiasi per nulla, la sua lingua era gonfia e risultava incredibilmente disidratata. Anche il direttore del motel non stava bene, nessuno sembrava stare bene, tranne lui ovviamente e tutti i mostri della zona, ovviamente, e questo lo aveva messo in una difficile situazione, doveva prendersi cura di loro, ora che erano fragili.

“Forse ho un'idea” aveva soffiato Arvey, mentre si avvicinava alla finestra della stanza, avevano tirato le tende ma la prudenza non era mai troppa, aveva spostato con le dita il tendaggio ed osservato che il mondo esterno sembrava stranamente tranquillo, le piante che decoravano i contorni della piscina interna erano ovviamente marce ed appestanti. “Oh ba dabbero? Potebi dirlo priba!” aveva detto esasperato Puma, con gli occhi lucidi e le labbra secche, prima di ricevere un calcetto sulla schiena da parte di Bernie, che aveva affondato la testa nel cuscino, ma con la pianta del piede era riuscito a raggiungere l'uomo dai capelli biondi, che le aveva lanciato uno sguardo carico di fastidio.

“Una volta ho visto una cosa del genere, molto più grande, molto più spaventosa” aveva stabilito Arvey con un sospiro, abbandonando la tenda per voltarsi verso i due; la giovane era stesa supina sul letto, ai cui piedi era seduto Puma, entrambi piuttosto malandati.

Bernie si era sollevata dalla posizione in cui stava, sollevandosi sui gomiti, aveva provato a boccheggiare qualcosa senza che nessun suono venisse fuori dalla sua bocca, “Nel milleseicento” aveva spiegato immediatamente Arvey, “La pestilenza” aveva ammesso senza nascondere nulla.
“No!” aveva strillato Puma, prima che il lestrigone gli calmasse, non avrebbero preso nessun malanno letale, chiunque l'aveva scatenata non aveva il potere per appestare l'intera nazione, probabilmente era solo l'area della contea – o al massimo dello stato – o forse aveva semplicemente tirato un colpo poco calibrato.

“Chi ha buesto botere?” aveva domando Puma, aprendo un ennesimo pacco di fazzoletti, “Non ne ho idea” aveva ammesso Arvey con le braccia incrociate osservando i due. Nessuna idea.
La pestilenza apparteneva ad Apollo, ma il dio non sembrava in giro in nessun luogo, forse era barricato nell'olimpo o altrove, aveva sentito vociare di una sua presenza a Delo. Quindi no, non aveva idea di chi avesse scatenato una misera pestilenza lì.

 

“Certo che un bostro attratto da una dobba ubaba” aveva detto Puma mentre aspettava fuori dalla stanza con lui, indossava una giacca pesante ed un capello, il naso arrossato e colante, sembrava perdere tutta quella sua aurea da dannato cacciatore di mostri, ma sembrava quello che era un mortale qualsiasi, dall'aspetto davvero poco appetibile.
“Tu stai lontano da lei e magari non userò le tue ossa come stuzzicadenti” aveva ripiegato Arvey con un sorriso da squalo, che aveva fatto ridacchiare Puma, prima di guardarlo in una maniera piuttosto decisa, nonostante l'aspetto lucido e le venuzze rosse piuttosto in evidenza, i suoi occhi sembravano poter ancora conservare una certa temerarietà.

“Lo sabevo che non potebi essere così bobile di cuore” aveva detto con una certa cattiveria quell'altro, il lestrigone era certo che la conversazione con Puma sarebbe stata decisamente più incisiva se il mezzosangue non si fosse ritrovato ad intervallare starnuti su frasi brutalmente menomate dalla sua voce nasale e da lettere che non riusciva a dire. “Esatto” aveva cominciato Arvey, “Non sono nobile, non sono un mostro dal cuore tenero. Io vi mangio e lo faccio con gusto” aveva stabilito lui, troneggiando su Puma, del tutto disinteressato.

E lei che è diversa, solo lei, questo però non lo aveva detto a Puma.

 

Bernie era uscita dalla stanza del motel, anche lei era completamente ammantata nei vestiti, ma c'era qualcosa diverso nel suo viso, nei suoi occhi. “Che succede?” aveva domandato Arvey osservandola attentamente, la ragazza aveva provato a parlare, ma dalla gola erano usciti una serie di suoni così sottili di difficile comprendonio, almeno per un essere umano, “Hai detto … Bells?” aveva chiesto confuso, mentre l'altra annuiva con una certa frenesia. Arvey aveva tossicchiato per attirare la loro attenzione, perché il suo udito era quello di un essere umano, con un cerchio alla testa per di più, “Dice che Bells le è apparsa in sogno, per chiederle di raggiungerla” aveva tradotto lui, mentre osservava il viso della ragazza. “Se sei sibura?” aveva chiesto Puma, aggiustandosi il cappello meglio sulla fronte, la ragazza aveva annuito, mentre svincolava tra loro per potersi incamminare lungo la strada, aveva mormorato qualcosa appena verso Arvey che non si era degnato neanche di tradurlo a Puma che infervorato si era trovato costretto a seguirli.

Bells aveva detto a Bernie di seguirla nei pressi della riserva naturale.
Insomma era naturale che l'avesse contatta dopo il loro fugace incontro grazie alle acque della divina Thalassa, ma Arvey aveva un'opprimente sensazione addosso.

Gli altri due l'avevano seguita, il lestrigone le aveva messo un braccio attorno alla vita per sorreggerla in qualche modo, sembrava che gli effetti della pestilenza si stessero intensificando e che le ossa della giovane fossero morbide come l'argilla, riguardo Puma non aveva fatto altro che continuare a starnutire – ed aver cominciato a tossicchiare. Ogni tanto Arvey lanciava sguardi a quello per vedere se riusciva a stare al loro passo.
Si erano infiltrati nella riserva dei pressi dell'Antelope Canyon, nonostante questo non si fosse rivelato esattamente facile, essendo i suoi due accompagnatori ormai al limite dello svenimento.
“Come stai?” aveva chiesto Arvey con un tono apprensivo, mentre portava una mano sulla spalla della ragazza per sorreggerla, mentre osservava il viso della ragazza che sembrava essersi fatto più sciupato, aveva le occhiaie, le labbra erano crepate e spellate. Bernie aveva annuito lentamente, mentre teneva la palpebra semi-calata; lei aveva sussurrato altro, che solo l'orecchio da mostro di Arvey aveva potuto udire. Pestilenza o no, devo trovare Bells.

 

Guabdate qualcuno!” aveva strillato Puma tra un colpo di tosso ed un altro allungando una mano in una direzione, allora Arvey aveva cercato di affilare lo sguardo, per effettivamente riconoscere una figura nella notte, il viso s'era fatto più chiaro e riconoscibile solo quando si erano giustamente avvicinati.
“Bells” la voce di Bernie era uscita fuori come il miagolio di un gatto, ma Arvey poteva solo ipotizzare quanto sforzo avesse dovuto impiegare per dirlo, ma l'ombra era riuscito ad udirlo, sollevando il braccio in segno di saluto. Bellatrix LaFayette era lì, con i capelli corvini come la notte che cadevano in parte sulla faccia ed il viso bruno, l'unica luce sul viso erano le sclere bianche lucente, che circondavano iridi nere; aveva un fisico più vigoroso rispetto sua sorella, più alta e robusta, sembravano più sorelle che vere e proprio gemelle, i volti comunque tradivano l'incredibile somiglianza, la stessa forma degli occhi e le labbra carnose. Ed in quel momento che Arvey aveva notato non vi fosse un'ombra di sorriso su quella bocca.
“Bells!” aveva provato a strillare nuovamente Bernie, solo che questa volta l'aria non era riuscita a trovare strada dalla gola, ma quella era scivolata dalla presa di Arvey per mettersi a correre verso sua sorella, nonostante la malattia la facesse sembrare una specie di ubriaca con le gambe molli, che rischiava di cadere a terra ogni passo. Arvey l'aveva inseguita per sorreggerla prima che Bernie crollasse sulle sue ginocchia, mentre Puma gli aveva superati lanciandosi come un missile nella direzione di Bells.
La ragazza gli aveva guardati, il suo sguardo era spento, aveva abbassato appena gli occhi verso la sua stessa cintura, erano fili d'argento intrecciati attorno alla vita, “Vieni Bernie” aveva sussurrato Bells, “Ho bisogno di te!” aveva quasi piagnucolato prima di darl loro le spalle e mettersi a correre in una direzione opposta alla loro.

Bernie si era sollevata dalla presa di Arvey, ma lui l'aveva trattenuta, mentre Puma lanciava un breve sguardo verso di loro per lanciarsi nell'inseguimento di Bells. Dobbiamo andare, la voce della figlia della notte non era riuscita ad ottenere un suono, ma lui l'aveva udita lo stesso, “Potrebbe essere una trappola!” aveva ammesso con un leggero tremore Arvey, continuando a schiacciarsela sul petto. La pestilenza, Bells che appariva come una visione fugace e poi non si faceva neanche raggiungere?
La sua amica sembrava essersi fatta sorda alle sue paroli, forse non poteva aspettarsi logica da un lestrigone, ma era stata una certa ferita quando lei aveva raccolto la misera forza che la pestilenza le aveva lasciato in corpo per tirarle due manate sul petto nel tentativo di farsi lasciare, senza ottenere risultati. Arvey era sano, era in forze e la sua pressa era d'acciaio.
C'era rabbia scintillante negli occhi di Bernie, da farlo sentire in colpa, aveva spostato lo sguardo per osservare che ormai Puma e Bells si erano fatti puntini in sterminato capo aperto e poi … la figlia della notte era letteralmente scivolata via dalla sua presa come aria rarefatta. Arvey l'aveva osservata farsi opalescente fino ad ombra inconsistente e come una matassa di nera aria si era lanciata all'inseguimento di quei due e senza potersi opporre al gioco del destino, lui l'aveva seguita. “Dammi la forza! Dio vestito di bianco! Me lo hai promesso” gridò impudente, con il braccio al cielo, perché non era turbato dall'aver parlato con tono sfrontato ad un dio, era un Lestrigone, era la sua natura. E doveva proteggere Bernie. Doveva. Voleva.

Bells si era lanciata in una gola, Puma gli era stato attaccato ai talloni ed Arvey aveva potuto osservare il fumo nero inseguirli. Così si era infilato anche lui, scivolando all'interno di uno dei corridoi sotterranei dell'Antelope Canyon, un piccolo spettacolo della natura, nella piena luce del giorno, ma nella notte sembrava di essere stati inghiottiti nella pancia di un mostro.
Era quello che si era abituato meglio agli occhi questo gli aveva dato la possibilità di reagire prontamente all'ombra che si era scagliata su di lui, aveva protetto il viso con un braccio ed aveva sentito la lama scavargli nella carne, occhi rapidi e cattivi. “Coba, peb Ade, buccede?” aveva sentito Puma gridare, mentre con la coda dell'occhio vedeva il biondo precipitare a terra, colpito da un pugno che si era schiantato sul suo naso, “Una trappola!” era stato il suo commento mentre tirava una testata al suo aggressore che era stato costretto ad arrestare, sfilando la lama dalla sua carne.
Il corpo di Bernie si era ricompatto nel suo aspetto solito, sebbene lo sforzo, mischiato alle conseguenze della pestilenza, l'aveva costretta sulle ginocchia.

Il viso di Bells era una maschera serafica, ma Arvey riusciva a vedere il lieve trmolio del suo corpo mentre si posizionava in una posizione di difesa– anche lei sembrava piuttosto provata dalla pestilenza.
“Be, sebza obbesa siete stati patetibi” aveva borbottato Puma passando il braccio sotto il naso, per tirare via del moccio e del sangue, mentre con la mano libera cercava di raggiungere la pistola nella fondina. “Potevamo essere più bravi, vero” aveva concesso uno dei tre, quello che aveva attaccato Arvey, un ragazzo di media altezza, con le spalle strette ed il fisico asciutto, aveva lunghi capelli neri che arrivano a metà della schiena ed intorno alla fronte portava un laccetto intrecciato, pantaloni a zampa d'elefante ed una maglietta viola con lettere dorate ed il disegno dell'alloro, un romano! Sebbene il suo odore non fosse quello di un mezzosangue.
“Ci dispiace, Bernie, ma … Gea” aveva detto il ragazzo che aveva colpito Puma, aveva un aria famigliare, aveva costato Arvey quando l'aveva guardato ed il suo tono era incredibilmente dolce.

Lei che era stata interrogata, aveva volto lo sguardo verso la persona che aveva parlato, era un ragazzo alto, dall'incarnato olivastro dai capelli scuri, elettrici sul capo, aveva diverse cicatrici arabesche sul corpo, alcune erano sottili linee bianche, altre erano rimasugli di pelle rattoppata. Il suo odore non era mortale o di mezzosangue, era pregno del puzzo della cadaverina e dell'incenso funebre: un ghoul.

“Jake” la voce di Bernie era ancora terribilmente bassa, ma Arvey l'aveva sentito ed anche l'altro mostro che aveva chinato il capo con un certo imbarazzo.
“Benché lobo non bono inbluenzati?” aveva chiesto Puma che finalmente era riuscito ad estrarre la sua pistola, tenendo la canna contro il ghoul. “Perchè uno è un mostro, uno e spettro … e lei, lo accusa” aveva constatato Arvey ammiccando a Bells, a cui tremolavano le dita.
“Perchè?” si era lasciato sfuggire Bernie, ma non credeva che fosse arrivata a sua sorella la voce, “In realtà era morta anche lei” aveva soffiato lo spettro del romano, “Ma Gea le ha ridato la vita” aveva detto quello, con un sorrisetto a contornargli il viso.

Bibonoscebei quella baglietta obunque” aveva sentenziato Puma, spostando la pistola da Jake al Romano, “Oh un cartaginese!” aveva esclamato quello con un sorriso raggiante sulle labbra, “Credevo foste ormai tutti morti e sepolti” aveva commentato quello, “Non tutti” aveva risposto Puma sparandogli dritto nel petto, trapassandolo senza problemi e conficcandosi nella parete rocciosa. “Fai sul serio?” era stato il commento piuttosto divertito dello spettro, con un ghigno a decorargli il viso, d'altro canto Arvey aveva guardato il Campione di Cartagine con molta perplessità. “È uno spettro” aveva detto soltanto, passandosi una mano sul viso, “Ba bene, i mie broittili sobo a brova di mosbri” aveva risposto Puma sputacchiando cataro un po' in giro.
“Io lo spettro, tu il Ghoul” aveva cominciato allora il lestrigone riprendendo la calma; ma poi un cazzo di fantasma come lo ammazzava? Di certo non poteva prenderlo a randellato.
D'altro canto Jake aveva pensato bene di sferrare un sonoro pugno sulla mascella di Puma che si era lasciato prendere decisamente di sorpresa.

Bernie continuava a starsene sulle ginocchia, esangue, a fissare con gli occhi vacui sua sorella, comunque neanche Bells sembrava pronta a fare un qualsivoglia passo in avanti, se ne stava in posizione di difesa con le guance rosse ed il fiatone.
La pestilenza stava dando problemi anche a lei.
Fe abeffi un Quix(1)” il commento di Puma era caduto nel vuoto ed Arvey aveva ritenuto davvero poco produttivo pensando di preoccuparsi dello Spettro; mentre con la coda dell''occhio osservava ancora la figlia di Nyx continuare a vegetare sulle ginocchia. Lo spettro continuava a sorridere in una maniera fastidiosa mentre la sua pelle si faceva a tratti opalescente, sebbene mantenesse una strada lucidatura violacea – riconosceva Arvey il tronfio sorriso di un mostro. Aveva sentito nel corso delle sue vite che alcuni spettri erano in grado di nuocere alle persone reali, ma solo se erano corporei, dunque fintanto che quello non si fosse reso tangibile, il lestrigone non avrebbe potuto ferirlo.
La cosa valeva anche per lui, fintanto non avesse avuto corpo non poteva offenderlo in alcun modo.
Puma era riuscito a sollevarsi con una certa fatica, il naso sembrava un grumo di carne rossicia e nera, da cui grondava sangue, il pugno di un mostro lo aveva provato parecchio.
Bernie d'altro canto era riuscita a sollevarsi nonostante le sue ginocchia stessero tremolando come argilla, “Tu … sei … morta” aveva detto con estrema fatica, era stato letteralmente un raschio ed Arvey non riusciva neanche ad immaginare quanta fatica avesse dovuto impiegare per dirla, ma la voce le era venuta comunque a mancare e la stessa si era portata le mani attorno alla gola.
Tu sei morta ed io non lo sapevo?
La conosceva abbastanza da sapere che era quello che balenava nella sua mente, per tutto quel tempo lei era stata genuinamente convinta che sua sorella gemelle stesse bene, perché altrimenti lo avrebbe saputo.
“Si” aveva ringhiato Bells e negli occhi scuri divampava qualcosa, non mentiva su quello, poteva vedere riflesse nelle sue palpebre i colori della morte. Aveva sentito un dolore forte nel suo fianco, lo spettro romano lo aveva pugnalato mentre era distratto dalle due ragazze, per risposta aveva provato a colpirlo con un colpo ritrovandosi però a fendere solamente l'aria. “Dovresti fare più attenzione” aveva riso di lui quello, passandosi una mano tra i capelli scuri, “Oh! I mostri non sono più quelli di una volta!” aveva scherzato con quel sorriso sornione sulle labbra, aveva i canini leggermente appuntiti. “Per essere un morto chiacchieri tanto” aveva berciato Arvey, ponendo una mano sul fianco, il pugnale era stato ritratto, ma tra lo strappo della maglia aveva potuto sentire la pelle infossata ed una sostanza viscosa.
“Sono Mark Arminius, centurione della quinta coorte, ho accompagnato il pretore Michael Varus in Alaska” aveva cominciato lo spettro un lungo monologo, “Sei uno di quelli che è morto contro Alcinoo negli anni ottanta, eh? Incredibili nostalgici” aveva biascicato di rimando lui, per nulla interessato. Mark aveva ringhiato, mostrando per questa volta i denti in maniera molto meno divertita, mentre negli occhi violacei bruciava un certo fastidio, “Stai zitto” aveva berciato. “Uccisi da un gigante ed ora gli aiutate” aveva fatto notare Arvey sfoggiando il suo sorriso seghettato.
Il rumore piuttosto secco gli aveva distratti per un momento, Puma era riuscito a spezzare l'osso di un braccio di Jake. Il mezzosangue era a cavalcioni sulla schiena del ghoul, il sangue continuava a fluire, mentre il mostro cercava di ribaltare le posizione. “Nuova Roma ci ha abbandonati, i nostri fratelli, il campo” aveva detto con un tono austero lo spettro. “Gea ci ha salvato” aveva sussurrato Bells, respirando con una certa fatica, mentre tentava di mantenere la posizione di difesa.
Arvey lo poteva accettare che quella scapestrata si unisse ad una cricca per rivoluzionare il mondo guidata da un'entità primordiale – in vero era già successo – e poteva comprendere il suo parteggiare per Gea, se davvero l'aveva sollevata dalla morte.
Ma andare contro … la sua gemella?

Oh, quello no.
“Gea buole uccidefe tutti i bezzosangue, bob lo sai?” era riuscito a dire Puma prima di guadagnarsi una gomitata sotto il mento da Jake che era riuscito a muovere il braccio ancora sano, che aveva fatto schizzare il biondo per terra dandoli la possibilità di sollevarsi. “Ci darà un mondo nuovo” aveva detto Bells con le gambe tremolanti, il viso arrossato, probabilmente la febbre stava divorando il corpo.
Bernie si era voltata verso di lui, era esangue ed aveva gli occhi spalancanti, venuzze rosse brillavano e le sue labbra erano semi aperte e del tutto crepate, c'era disperazione nello sguardo, ma Arvey aveva sentito qualcosa di forte sostenerlo, come se qualcuno gli stesse impedendo di abbandonarsi nel dolore. Forse opera del dio Vestito di Bianco?

Aveva afferrato Bernie per le spalle prima che crollasse per terra e nel farlo aveva potuto immergere il naso nei suoi capelli, un gesto accidentale, che gli aveva ricordato quanto forte e delizioso fosse il suo odore in tutti i senti. Non lo trovava solo profumata, come femmina, ma anche come alimento, si vergognava, si schifava anche per quel pensiero.
“Non è tua sorella” aveva stabilito poi lui, mentre l'aiutava a sedersi, aveva avvertito con incredibile chiarezza come Mark avesse provato a colpirlo ancora, come se improvvisamente tutti i suoi sensi si fossero acuito ed in tale maniera era riuscito ad evitare il colpo con estrema destrezza. “Come?” aveva esalato Bernie che aveva posato il capo sulla sua cassa toracica, “Non è il suo odore” aveva stabilito Arvery, sotto l'odore della cenere funebre e dell'incenso, l'odore della ragazza non ricordava quello che aveva impresso nella memoria di Bellatrix LaFayette.
“Dovrei sentirmi offesa, Arvey Spaccameningi?” aveva chiesto questa con una certa sfrontatezza, non perdendo la sua posizione, ma la pestilenza sembrava limitarla molto nei movimenti. Si sentiva decisamente infastidito dal fatto che quella sapesse il suo nome, in un certo senso pronunciato con quelle parole era come sbattergli in faccia che si stesse sbagliando.
Ma non lo stava facendo, lo sapeva, ma era come portato a crederle, a volerle credere.
“Non sei Bells” aveva stabilito Arvey, con un tono grave, superando l'urlo a stento trattenuto di Puma, la cui spalla era stata addentata da quella del Ghoul.
“Chi se ne frega ama-ahh” qualsiasi cosa lo spettro di Mark avesse voluto dire era stata fermata e di egli non era rimasto che un misero eco nella cava, era stato come succhiato via da qualcosa ed era stato inevitabile pensare che qualcuno era arrivato per Arvey.
 

Puma era riuscito a togliersi di dosso il mostro ed aveva recuperato la sua pistola dall'impugnatura dorata che era finita per terra, tramite una qualche dinamica a cui il lestrigone non aveva minimamente badato, affrettandosi a sparare verso Jake, ma come nel caso di Mark il proiettile sebbene si fosse conficcato nella sua carne grigiognola non aveva fatto alcun danno. “E adesso?” aveva berciato quello incazzato e nel farlo non si era neanche reso conto che non sembrava più raffreddato.
“Mi sento bene” la voce di Bernie sembrava alta e fragorosa, come se non sapesse come modularla, il viso bruno aveva ripreso colore e la sua stessa espressione sembrava priva di tutta la sofferenza che l'aveva animata.
“La maledizione è finita” aveva constatato Puma che aveva preso a guardare la sua arma confusa, non sapendo bene come mai fallisse ripetutamente, “No, non è solo quello” aveva detto Jake, voltandosi verso Bells … che non era più Bells.

Aveva un viso famigliare questo si, in realtà Arvey era in grado di riconoscerla proprio grazie alle particolarità del suo viso, zigomi alti ed occhi allungati, ma era l'incarnato a risultare: bronzo scuro macchiato di bianco, vitiligine – era una dei mezzosangue che aveva preso le parti di Crono nell'ultima Titanomachia. “Tu sei ...” aveva cominciato il lestrigone, ma Bernie che era riuscita a rimettersi senza nessun problema in equilibrio, “Ines Fidanza, figlia di Ares” aveva berciato.
“Sembra che anche la cintura di Apate abbia smesso di fare il suo effetto” aveva constatato quella, sganciando dalla vitino da vespa la cintura con i fili d'argento, “Certo” era stato lo spento commento di Arvey, sapeva che chiunque se ne cingesse era creduto, qualsiasi menzogna avesse detto e dunque se essa si era dichiarata Bells ai loro occhi allora lo era stata.

Ines aveva buttato la cinghia per terra con una smorfia a deturparle il viso, “La cintura ha smesso di funzionare, anche i proiettili di oro imperiale” aveva fatto notare Jake, “Bronzo celeste, per favore” aveva sentito il bisogno di precisare Puma che aveva abbandonato la sua arma per lanciarsi direttamente sul mostro, ignorando anche la ferita sulla spalla, ma ci aveva guadagnato una ginocchiata in piena pancia.

Bernie aveva guardato la cintura ai piedi della figlia di Ares, “Tu” aveva commentato poi dando una spallata alla mano di Arvey che era posata sopra la sua spalla, “Questa cosa non mi piace” aveva mormorato il lestrigone, cercando di capire cosa era accaduto, ma non sembrava quella per nulla presa dalla questione. “Hai usato mia sorella contro di me” aveva ringhiato Bernie, “Prova ad essere morta” era stata la piccata risposta di Inez.
La figlia di Nyx aveva imposto le mani contro di lei, ma non era capitato nulla, “Sai credo che ogni tipo di defiance magica non funzioni, Berneyx” le aveva detto, sollevando un sopracciglio leggermente incuriosita da quello. “Lo sai che alla fine Gea ti getterà comunque via?” le aveva fatto notare Arvey, ma non riusciva a liberarsi della pessima sensazione che gli attanagliava le ossa, “Me lo dice uno che vorrebbe probabilmente mangiarmi con contorno di patate” aveva risposto pratica lei. “Non mangio carogne” aveva risposto pratico lui, muovendo con un movimento svelto la mazza per evitare che una lama si conficcasse sulla fronte di Bernie. Una figlia di Ares non aveva bisogno di ricorrere a doti particolari per essere mortale; “Forse dovremmo provare a parlare” aveva cercato di chetare le acque il ghoul, dopo aver tirato una testata a Puma che lo aveva fatto capitolare sulle spalle, lanciando uno sguardo alla sua compagna. “Insomma Inny, Marcus è scomparso” aveva berciato quello mentre dava stranamente una mano al cartaginese a rimettersi in piedi, “Cioè siamo un po' tutti sulla stessa barca” aveva cercato di alleggerire la cosa, “Poi conosciamo Bernie, lei...” aveva ripiegato Jake.
“L'unica barca su cui io sono mai stata era la Principessa Andromeda” aveva commentato a mezza-voce Ines, con le mani sui fianchi, “E ci sono morta” aveva ringhiato, “Gea mi ha sollevato dalla polvere” aveva esclamato la figlia di Ares, “Ed io ho deciso di seguirla, fino alla fine, indipendentemente da ciò che verrà poi” aveva detto con una certa esaltazione.

“Dunque se ella vuole che io uccida Bernie, io lo farò” aveva sentenziato, indicandola, gli occhi neri erano spiritati, le vene infiammate e la bocca distorta in un ghigno, “Non mi importa se abbiamo condiviso le frittelle e quant'altro, era un'altra vita, di cui Percy Jackson mi ha privata” aveva ripreso il suo monologo Ines, ogni occhio era rivolto verso di lei, calamitati ed ipnotici. “E fintanto che Gea segue lo scopo di ucciderlo, io la seguirò!” aveva impartito con vigore la donna.
Jake le aveva lanciato uno sguardo animato da un leggero disagio, poi aveva rivolto le iridi d'ambra sulla suola delle sue scarpe da tennis rovinate. Puma era aggrappato alla sua spalla che stava ancora cercando di comprendere come fosse finito ad usare come stampella il mostro che aveva cercato di uccidere, mentre Arvey continuava ad avvolgere Bernie per essere sicura di proteggerla.
“Tu che hai osato usare mia sorella contro di me” aveva mormorato la figlia di Nyx, sfuggendo alle braccia di Arvey, per l'ennesima volta da quando l'aveva rincontrata, come se non fosse possibile per lui riuscire davvero a proteggerla.
Nonostante fosse forte, non riusciva mai a tenerla tra le sue braccia.
Forse non poteva essere trattenuta la notte … forse …

Bernie si era lanciata su Inez, mentre quest'ultima le aveva conficcato una delle sue lame nell'avambraccio, mentre la figlia di Ares aveva urtato la testa contro il suolo duro.

 

 

 

“Io … Io … Io ...”

“Va tutto bene”

Arvey non aveva un panno bagnato ed aveva dovuto pulire le mani di Bernie con la propria maglietta, la pelle bruna della ragazza era rovinata sulle mani, aveva le nocche scorticate e ferite, forse una parte del sangue che ne adornavano era anche suo, qualcuno veniva dalle ferite sulle mani e altro veniva dalla ferita sull'avambraccio che aveva scavato la carne da parte a parte, riuscendo con qualche miracolo a non recidere l'osso.

Aveva dovuto bendare la ferita utilizzando un lembo di stoffa, ma nulla con cui poterla curare, già che erano costretti all'interno del Canyon. Qualsiasi cosa avesse fermato i loro poteri gli aveva anche confinato all'interno, avevano potuto utilizzare un po' di nettare perché Puma ne aveva portato con se un bel po' nella sua borsa – l'unica cosa che avevano potuto usare, peccato però il ragazzo non ne avesse poi molto ed era servito anche a lui che era finito un po' strapazzato da Jake.
Ghoul che non aveva idea di cosa fosse successo e si era offerto anche di aiutare, Arvey ci aveva messo un po' prima di identificare anche lui in uno dei ragazzi che avevano fatto parte dell'esercito di Crono, solo che era ancora un mezzosangue di quei tempi, la morte lo aveva trasformato.
Il lestrigone non aveva mai capito da cosa era guidata la mutazione, perché certi divenivano ombre, pallidi spettri di chi erano stati in vita, ed altri diventavano quel genere di mostri, guardiani del regno dei morti.
Comunque sia Jake e Puma si erano allontanati per valutare meglio cosa fosse successo, cosa scaturiva quell'invisibile gabbia naturale ed Arvey immaginava che Puma stesse caricando la sua arma di proiettili di piombo da scaricare sul ghoul appena si fossero rivisti. L'oro imperiale ed il bronzo celeste, che potevano uccidere mostri e mezzosangue, non avevano alcun potere, ma forse le armi mortali potevano ancora di fatto nuocere, sicuramente ai semidei ma ai mostri?
E la freccia della Pestilenza? Era collegata a loro o chi gli aveva chiusi lì dentro aveva provato a limitarne i danni? Volevano imprigionargli o erano semplici vittime?
Arvey comunque era pronto a sfracellare la sua mazza contro chiunque avesse provato ancora ad allungare le sue schifose mani su Bernie.

“Cavoli un altro mostro si è unito a noi, la cosa diventa sempre più divertente” aveva provato ad alleggerire la tensione, mostrando un sorriso seghettato che voleva essere incoraggiante, ma la ragazza aveva gli occhi vacui. “Io la ho uccisa” era riuscita a dire con un tono basso.

“Non è la prima volta” aveva soffiato Arvey, continuando a passarle il palmo sulle mani, lì dove il sangue si era deposto sulla pelle bruna; Bernie era cresciuta nella guerra, addestrata in una nave di mostri, combattendo in due grandi battaglie, uccidendo anche mezzosangue, lui stesso l'aveva vista tranciare i fili della vita con la spada che ora pendeva come un orecchino.

“Non così” aveva detto lei, guardandola, uno sguardo carico di disprezzo, ma era per se stessa; oh certo non così, non con una furia cieca, battendo il viso con il pugno. “Voleva ucciderti” le aveva detto Arvey, toccandole la testa, per accarezzarle i capelli, aveva una mano così grande contro il viso della ragazzina, “Era una persona, era stata una mia amica e le ho sfracellato il viso con i pugni” aveva pianto Bernie, nascondendo il viso nel suo petto, tremando come una foglia. “Era poco più di un mana” aveva commentato Arvey, continuando ad accarezzarle i capelli neri; “Lo sai che non è vero” aveva soffiato. “Era un'anima tormentata dai Capi della Pena, marcita fin nel profondo” aveva detto Arvey, sentendo il suo respiro sul petto ed i suoi singhiozzi. “Succederà anche a me … a noi ….” aveva mormorato lei, sollevandosi appena, per poterlo guardare nel viso, mentre Arvey continuava a tenerla stretta, “A me e Bells” aveva soffiato poi.
Il lestrigone avrebbe voluto baciarla in quel momento e dirle che fintanto lui avesse camminato su quella terra mai avrebbe dovuto preoccuparsi di ciò che sarebbe accaduto a lei – e alla sua gemella che avrebbe trovato se Bernie davvero lo avesse voluto – e poi anche.
Neanche Ade ed Orco l'avrebbero portata via da lui, le avrebbero fatto del male.
 

“Ho strane notizie!” aveva esclamato qualcuno attirando la loro attenzione, Arvey aveva allontanato veloce il viso da Bernie voltandosi verso chi era giunto, mentre la ragazza aveva chinato il capo per nasconderlo nel suo petto. Jake si era palesato, l'incarnato bronzeo sembrava lievemente ingrigito ora che le prime luci del sole cominciavano ad illuminare l'interno del canyon. “Cosa?” aveva chiesto lui, alzandosi dalla posizione seduta, portandosi dietro anche lei, che tremava e sanguinava, “Un castello” aveva rivelato lui, “Che vi giuro, ieri non c'era” aveva detto quello, lanciando uno sguardo agli spiragli della grotta.
Puma era ancora in giro.
“Non si vedeva, forse” aveva sussurrato Bernie, mentre si allontanava un po' da lui, per poter guardare quello che era venuto bene, “Un castello” aveva ripetuto invece Arvey.
Un castello che probabilmente era stato sotto un incantesimo che adesso si era sciolto, come era avvenuto a tutto il resto.
Un castello nei cui pressi nessuna magia può esistere.
Un castello intoccabile anche gli dei?
“Dobbiamo trovare Puma” aveva stabilito Arvey.

 

Dove gli dei sono banditi, i re cadono e gli eroi si imporporano le guance come fanciulle

 

 



(1) Allora, qui dovete concedermi una piccola licenza, il Quinx è un'arma che viene utilizzata nel Manga Tokyo Ghoul apposita per uccidere i Ghoul; solamente che questa battuta è un po' anacronistica perché questa storia si svolge più o meno negli stessi tempi di (SoN/)MoA/HoH/Boo che dovrebbero essere nella prima metà del 2010, mentre Tokyo Ghoul è stato serializzato nel 2011. Però, onestamente, non potevo non farlo.

   
 
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