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Autore: Notteinfinita    14/10/2016    2 recensioni
[Completa]
Una parola "Feeling", sette lettere e sette one-shot (più una bonus) incentrate sulla coppia Martin x Diana.
(raccolta di One-shot partecipante alla Dartin week indetta da EvelynWolfman)
Genere: Commedia, Fluff, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Diana Lombard, Martin Mystère
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Dartin Week 2016'
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Feelings - sentimenti




«Diana, ti prego, fammi questo favore!» esclamò Viviane, a mani giunte davanti alla figlia.

«Mamma anche se volessi aiutarti rimane un problema piuttosto grosso da risolvere» obiettò la ragazza.

«Ehilà, di casa, c'è nessuno?» urlò Martin, entrando dalla porta della cucina. «Ciao Diana! Viviane, al telefono mi hai detto di avere bisogno di un aiuto, di cosa si tratta?»

A quelle parole Diana lanciò un'occhiataccia alla madre sentendo la rabbia invaderla. Sua madre aveva finto di domandarle un favore ma in realtà aveva già organizzato tutto, certa che lei avrebbe accettato.

«Come vedi avevo già pensato a come risolvere il problema.» disse la donna, accennando a Martin.

«Bé ma non hai ancora la certezza che lui accetterà.» rimbeccò Diana, sorridendo soddisfatta mentre Martin, impossibilitato a capire cosa stesse succedendo, passava con lo sguardo dall'una all'altra.

«Accomodati Martin, faccio il caffè e ti spiego tutto con calma.» disse Viviane, andandosene in cucina.

Il ragazzo fece come lei gli aveva detto, avrebbe voluto chiedere spiegazioni alla sua amica ma vedendola abbandonata sul divano con il braccio sugli occhi desistette anche se cominciava a temere ciò che Viviane aveva intenzione di chiedergli.

«Ecco a te!» disse la donna, qualche minuto dopo, porgendogli una tazza fumante e mettendosi a sedere sul divano di fronte a lui. «Veniamo al punto. La mia amica Barbara, l'insegnate di tango, mi aveva chiesto un favore. Domani un famoso maestro di ballo verrà a visitare la sua scuola. Purtroppo la classe dei principianti è stata decimata dall'influenza e così aveva chiesto a me e ad altri nostri amici di fingerci allievi così da non far sembrare vuota la classe. Proprio domani, però, ho una cena di lavoro con dei colleghi europei a cui non posso mancare quindi mi chiedevo se tu e Diana poteste andare al posto mio.» spiegò.

«Ma se è una classe di adulti noterà che noi siamo dei ragazzi.» obiettò lui.

«Il problema non si pone perché in occasione della visita accorperà tutte le classi secondo il grado di preparazione. Quando eravate piccoli avete preso qualche lezione con lei. Essendo tra i principianti nessuno farà caso a eventuali errori.» rispose la donna.

Martin volse lo sguardo su Diana per cercare di capire cosa voleva che facesse.

«Che ne dite di un compromesso?» propose. «Voi mi fate questo favore e, in cambio, tu Diana riceverai i jeans su cui hai lasciato gli occhi durante il nostro ultimo giro al centro commerciale e tu, Martin, avrai pancake a volontà ogni week-end per il prossimo mese. Allora?»

«Diana, la scelta spetta a te. Che ne dici?» domandò Martin.

«Certo, bravo scarica a me la patata bollente così se non accetto passo io per la cattiva!» sbottò, furiosa, togliendosi il braccio da sopra gli occhi e fulminandolo con lo sguardo.

«Non è che voglia farti passare per cattiva, il problema è che di fronte all'offerta di pancake a volontà non riesco a ragionare lucidamente.» confessò, candidamente.

A quell'uscita, Diana scoppiò in una fragorosa risata.

Martin era un indagatore del mistero, uno scapestrato, un fallimentare dongiovanni ma in fondo era sopratutto un bimbo goloso ma a lei piaceva anche per questo.

Non sapeva neanche lei quando avesse iniziato a vederlo in modo diverso.

Era stato un cambiamento graduale, piccoli gesti che ogni giorno l'affascinavano e l'attraevano verso di lui finché si era resa conto di vederlo come qualcosa di più di un semplice amico, anche se si era guardata bene dal dirglielo.

Non avrebbe sopportato l'imbarazzo generato da sentimenti non ricambiati.

«E sia. Ci andremo.» capitolò. «Mi sentirei troppo in colpa a privarlo dei suoi pancake.»

«Sii, che bello!» urlò Martin, balzando in piedi e iniziando a saltellare per la stanza.

«Ti rendi conto che dovrai vestirti elegante e ballare il tango?» chiese Diana, vedendolo troppo su di giri.

«Oh cavolo, a questo non avevo pensato!» ammise lui, fermandosi di colpo e grattandosi leggermente una tempia.

Diana e Viviane non poterono trattenere le risa e presto anche Martin si unì a loro.

«Dai facciamo una prova, giusto per essere certi che ricordate almeno qualche passo.» propose Viviane, appena riuscì a smettere di ridere.

I due si guardarono in faccia con aria perplessa.

Le uniche lezioni che avevano preso risalivano a quasi dieci anni prima, impossibile ricordare qualcosa.

«Ho capito, urge un ripasso.» affermò la donna, alzandosi in piedi. «Su Martin, avvicinati.»

Dopo aver posizionato le mani del ragazzo lo guidò nella sequenza base, ripetendola più e più volte finché non lo vide prendere sicurezza.

Finito con lui, agguantò la figlia e fece lo stesso.

«Ok, io adesso devo andare, voi esercitatevi ancora un po'.» annunciò Viviane, poco dopo, baciando entrambi sulle guance e correndo via.

«Scattante come sempre!» commentò Martin, appena la donna si fu richiusa la porta alle spalle.

«Un vulcano in piena eruzione, impossibile starle dietro.» affermò Diana, lasciandosi andare sul divano.

«Hey, ma che fai, non dovevamo esercitarci?» chiese Martin.

«Tu fai ciò che vuoi. Io ho una ricerca di storia da completare per lunedì quindi adesso mi rilasso due minuti e poi vado a studiare.»

«E il favore per tua mamma?»

«Andrò da Barbara e mi dimenerò un po' sulla pista ma nulla di più. Se qualcuno mi dirà qualcosa potrò sempre rispondere che ho iniziato da poco o che mi ha costretto mia madre ad iscrivermi.»

«Non temi un eventuale brutta figura?»

«È una classe di principianti, ci sarà gente messa peggio di noi. In fondo i passi base li conosciamo.»

Con un'alzata di spalle Martin si arrese alla decisione della sua amica e così, dopo averla salutata, se ne tornò a casa.

Avrebbe approfittato del pomeriggio libero per recuperare i numeri arretrati del fumetto che stava leggendo.





«Sei matta? Io non uscirò mai di casa conciata così!» urlò Diana, chiusa in camera sua insieme alla madre.

«Diana, Viviane, c'è nessuno?» urlò Martin entrando in casa.

Aveva suonato diverse volte ma, non ricevendo risposta, aveva deciso di controllare che fosse tutto ok.

«Oh Martin, fortuna che sei arrivato!» esclamò Viviane, uscendo dalla camera della figlia. «Hai appena il tempo di cambiarti. In camera mia troverai il vestito e le scarpe.»

Il ragazzo cercò di chiedere delucidazioni ma ebbe appena il tempo di aprire la bocca che lei era già sparita dietro la porta del bagno dopo avergli urlato che doveva sbrigarsi o avrebbe fatto tardi per la cena di lavoro.

Appena entrato nella camera padronale vide,poggiato sul letto, un completo da tango composto da pantaloni lucidi e camicia di pizzo aperta sul petto entrambi neri e a terra un paio di mocassini lucidati a specchio.

Pur se perplesso, si svestì e mise quei vestiti.

A cambio ultimato si diede un'occhiata nello specchio a figura intera dell'armadio.

Si sentiva ridicolo; senza contare che quei pantaloni erano così attillati da mettere tutto in mostra.

Se Billy o Java lo avessero potuto vedere l'avrebbero preso in giro per il resto dei suoi giorni.

Rassegnato, uscì dalla stanza proprio nel momento in cui anche Diana abbandonava il suo rifugio.

Per lunghi attimi rimasero immobili a fissarsi l'un l'altra stupiti da ciò che avevano davanti.

Diana non riusciva a credere che quel damerino tirato a lucido fosse il biondo scapestrato che conosceva da una vita e, cosa ancora più sconvolgente, quel costume che avrebbe reso molti ridicoli e ambigui rendeva lui ancora più mascolino ed eccitante.

Martin, dal canto suo, non riusciva a distogliere gli occhi dallo spettacolo che si era trovato davanti.

Diana indossava un vestito da ballo in pizzo nero da cui traspariva il raso rosso posto al di sotto.

Era allacciato al collo, cosa che evidenziava la scollatura, ed oltre ad un vertiginoso spacco sulla coscia sinistra aveva la schiena quasi completamente scoperta.

Inutile dire che quell'abito era stato creato per esaltare la sensualità di chi lo indossava e che, visto su Diana, ebbe per Martin un effetto sconvolgente.

Vestito MartinVestito Diana

«Bene, vedo che vi siete vestiti!» esclamò Viviane, sbucando fuori dal bagno già pronta per la cena di lavoro. «Su, avete poco tempo per arrivare alla scuola di ballo.»

«Adesso potrei sapere perché mi sono dovuto conciare così?» chiese il biondo, strattonando un polsino

«Vista l'importanza della serata, Barbara ha chiesto a tutti di presentarsi in tenuta da esibizione. Voi naturalmente non avevate l'abbigliamento adatto così ve lo ha fornito lei.» spiegò la donna, tranquillamente.

«Ma non può pretendere che ce ne andiamo in giro così!» sbraitò Diana. «Almeno a Martin sta bene ma io sono ridicola!»

«A dire il vero sei stupenda.» si lasciò sfuggire Martin, pentendosi di aver parlato appena due paia di occhi, uno sorpreso e l'altro soddisfatto si posarono su di lui.

«A quanto pare tra di voi vi trovate carini vestiti così ed anch'io vi trovo fantastici, quindi le vostre sono solo paranoie.» constatò Viviane, con voce compiaciuta.«Perciò adesso tu Martin prendi la giacca che ho lasciato all'ingresso, Diana prende lo scialle e andate alla serata. Fate finta di star recitando una parte. Su, da bravi.»

Ancora in imbarazzo per gli involontari complimenti reciproci, i due non seppero controbattere e, rassegnati, fecero come la madre di Diana aveva detto loro.




«Bé, speriamo che almeno offra un buon rinfresco!» esclamò d'un tratto Martin, mentre era alla guida.

«Possibile che pensi sempre a mangiare?» lo rimproverò scherzosamente Diana.

«Conduco una vita molto attiva, brucio moltissime calorie.» si giustificò lui.

«Ieri se mia madre non ti avesse chiesto di venire da noi ti saresti fuso con l'amaca dove hai passato tutta la giornata insieme ai tuoi fumetti.» lo smentì lei.

«Innanzitutto ci tengo a precisare che la mia è una tecnica, accumulo energie per quando il Centro ci chiamerà in missione e, secondariamente, che fai, mi spii?»

A quella domanda Diana ringraziò il cielo di trovarsi all'interno di una macchina al buio altrimenti lui avrebbe di certo visto il rossore che le aveva colorito le guance.

«Ma che dici! Non è colpa mia se ho la scrivania sotto la finestra e da lì si vede il tuo giardino!» si giustificò lei.

Naturalmente si guardò bene dal dirgli come invece si fosse soffermata sulla sua figura stesa in totale relax e sui muscoli tonici e definiti che aveva ammirato in assenza della maglietta.

«Invece di dire sciocchezze pensa a parcheggiare. Lì c'è un posto libero.» affermò, indicandolo.

Scesi dall'auto i due si guardarono l'un l'altra con aria sconsolata.

Il parcheggio era quasi al completo, il che voleva dire che molte più persone di quelle che pensavano avrebbero assistito alla loro figuraccia.

«Mi sono lasciato corrompere troppo facilmente, avrei dovuto chiedere almeno tre mesi di pancake a tua madre.» constatò Martin, avviandosi verso l'ingresso.

A quell'affermazione Diana non riuscì a reprimere una risata.

«Vedremo di ricattarla al nostro ritorno.» propose Diana, facendogli l'occhiolino. «Intanto entriamo e, appena possibile ci dileguiamo senza farci notare. Ok?»

«Il continuo frequentarmi ti sta facendo male. Stai diventando una discolaccia.» la rimproverò scherzosamente.

Recuperato un po' di buon umore, i due entrarono nella scuola di ballo.

«Diana, Martin, benvenuti!» esclamò Barbara, andando loro incontro e stritolandoli in un abbraccio simultaneo.

Entrambi non poterono fare a meno di pensare che quella donna piccoletta, magrolina e dall'aspetto fragile era, in realtà, una forza della natura e, a giudicare da come li stava stringendo sarebbe stata capace di spostare una montagna.

«Ragazzi, state benissimo.» affermò dopo averli lasciati andare, squadrandoli da capo a piedi. «Io rimango ancora un po' all'ingresso a fare accoglienza. Voi potete andare nella prima aula a sinistra.»

«Va bene, grazie Barbara.» risposero i due, educatamente, anche se avrebbero voluto strozzarla per la situazione in cui li aveva messi.

Rassegnati, i due si avviarono verso la loro destinazione.

Appena ebbero varcata la soglia rimasero stupiti dalla scena che si presentò ai loro occhi.

Si erano aspettati di trovarsi in una aula spoglia con poche sparute coppie intente ad incerti passi di danza. Invece ciò che videro fu una perfetta riproduzione di una sala da ballo con le luci soffuse e anche alquanto affollata di coppie intente ad eseguire passi semplici ma aggraziati. Diana si pentì immediatamente di non aver fatto qualche altra prova ma ormai era tardi e poteva solo limitare i danni.

Dopo aver dato un veloce sguardo intorno, individuò il punto più buio della sala e vi si rifugiò trascinandosi dietro anche Martin, sperava almeno che così avrebbero notato di meno la loro impreparazione.

«Che ne dici, iniziamo a ballare?» propose Martin, qualche minuto dopo.

«Forse è meglio, non sarebbe carino farci trovare appoggiati alla parete.»

Un po' titubanti, i due si allontanarono dalla parete e si posizionarono per ballare.

Con movimenti impacciati iniziarono a muoversi sul posto, sperando che nessuno li notasse.

Nonostante il viso impassibile, Martin si sentiva turbato.

Era strano, lei era sempre Diana ma era anche qualcosa di completamente diverso.

Con quel vestito che gli permetteva di accarezzarle la schiena nuda e quella pettinatura raccolta che metteva in risalto il suo lungo collo, quasi un invito a baciarlo, emanava una sensualità a cui non era per nulla abituato.

«Tutto bene?» chiese ad un tratto Diana, vedendo che Martin era alquanto rigido e teneva lo sguardo fisso davanti a se.

«Si, cercavo solo di capire se fosse arrivato il famoso maestro.» mentì lui, non poteva certo dirle che era colpa di quel vestito se doveva tenere lo sguardo alto, visto che la sua attenzione era pericolosamente attratta dalla sua scollatura.

Pian piano che la serata andava avanti, i due riuscirono a rilassarsi, al punto da provare anche qualche passo più difficile e ridere dei loro immancabili errori anche se il fatto di divertirsi non li distraeva dal chiedersi che fine avesse fatto l'ospite d'onore.

«Buonasera a tutti!» disse ad un tratto un uomo bassino e parzialmente pelato, venendo fuori da una zona in ombra della sala e portandosi al centro della pista con passo fiero. «Sono Josè Sandoval e sono felice di essere qui a conoscere tutti voi e ad ammirare il lavoro della cara Barbara.» spiegò, lasciando tutti sgomenti.

«Vi chiedo scusa, ma il maestro ci teneva a vedervi quando siete spontanei, senza la pressione di qualcuno che vi osserva.» intervenne Barbara, avvicinandosi all'uomo.

«E ciò che ho visto mi è molto piaciuto, ti faccio i miei complimenti.» riprese lui, stringendole le mani, soddisfatto.

«Grazie maestro Sandoval!» esclamò Barbara, commossa, rivolgendo uno sguardo fiero e soddisfatto ai suoi allievi. «Adesso ci sposteremo tutti nel salone centrale dove il maestro ci darà una piccolo assaggio della sua bravura prima del banchetto.»

Tutti seguirono Barbara ed il maestro commentando a bassa voce quanto accaduto.

Arrivati al salone, il maestro Sandoval prese per mano una donna attempata dal fisico asciutto e la portò con se sul palco.

Appena fece un cenno a qualcuno in fondo alla sala, una musica calda e sensuale si diffuse nell'aria.

Incredibilmente fu come se i due sul palco si trasformassero sotto i loro occhi.

Non erano più una coppia di mezz'età, erano sensualità e fascino allo stato puro. Distogliere lo sguardo dalle loro evoluzioni era praticamente impossibile.

Appena l'esibizione ebbe termine, un applauso scrosciante riempì la sala per diversi minuti.

La coppia s'inchinò, sorridente.

«Vi presento Carmen, mia compagna nel ballo e nella vita.» disse, portando avanti la donna che fece un secondo inchino e che gli allievi accolsero con un altro applauso.

«Ho apprezzato molto ciò che ho visto stasera nelle diverse classi ma c'è una cosa che mi preme spiegarvi.» continuò, appena l'applauso ebbe termine. «Oggi, anche a causa della competitività durante le gare, si dà sempre maggior peso alla tecnica, ai passi, dimenticando l'origine di questo ballo. Il suo nome deriva dal verbo latino tangere che significa toccare e in origine era mal visto proprio per la sua prorompente sensualità. Fare tango davvero vuol dire sprigionare il proprio eros sulla pista da ballo. Quando si danza il tango con cuore e passione autentica non ci si limita ad eseguire i passi ma si fa l'amore con il proprio partner. Ogni gesto, ogni figura, ogni sfioramento è come un preliminare, deve dire “io ti desidero”.» spiegò, infervorandosi ad ogni parola.

«Per spiegarvi meglio il concetto vi ho ripreso con una telecamera nascosta nella speranza di trovare una coppia che rendesse chiaro il mio concetto e, per fortuna, la mia ricerca ha dato i suoi frutti. Non ho scelto qualcuno dell'ultimo anno ma due allievi del primo livello proprio perché ancora inesperti di passi e tecniche e quindi più spontanei.»

«Robert, puoi partire col filmato.» ordinò in direzione del fondo della sala.

Subito tutte le luci si spensero e le immagini apparirono sul pannello dietro di lui.

«Osservate come la trattiene alla vita, con delicatezza ma anche con possessività.» spiegò Sandoval, commentando la scena che stavano vedendo in cui era visibile solo una porzione della schiena della donna e la mano del suo compagno che la cingeva.

«E adesso guardate la dolcezza con cui lei allontana la mano dalla nuca di lui. Più che un passo di danza è una carezza.»

Ad ogni nuova immagine la coppia era sempre più riconoscibile facendo aumentare in maniera esponenziale un dubbio che si era andato formando nella mente di Martin e Diana.

Quando un paio di occhi castani e uno verdi apparvero sullo schermo il dubbio divenne un'allarmante certezza; quelli sullo schermo erano loro due.

«Notate ora il loro sguardo. Anche se la bocca non è inquadrata si intuisce perfettamente che stanno sorridendo ed è altrettanto visibile il desiderio che hanno l'uno dell'altra.» continuò l'uomo imperterrito mentre i diretti interessati lanciavano sguardi di fuoco in direzione di Barbara che con gli occhi chiedeva loro di perdonarla.

«Direi che è il momento di fare salire sul palco questa splendida coppia!» esclamò nel momento in cui sullo schermo appariva la loro immagine a figura intera e lo sguardo di tutti veniva calamitato su di loro.

Istintivamente Diana si fece più vicina a Martin che, per farle coraggio, le prese la mano e, mentre lei giurava a se stessa che sua madre avrebbe dovuto comprarle ben più di un paio di jeans nuovi per ripagarla della serata da incubo, insieme si avviarono verso il palco; anche se dalla faccia che avevano avrebbero potuto tranquillamente essere diretti al patibolo.

«Posso sapere i vostri nomi?»

«Io sono Martin e lei è Diana.»

«E da quanto state insieme?»

A quella domanda il viso di Diana si tinse di un rosso acceso.

«Veramente non stiamo insieme. Siamo molto legati ma siamo solo amici.» rispose Martin, iniziando ad innervosirsi.

«Davvero?» disse il maestro, scettico. «Il feeling fra voi è così forte che ero certo che foste una coppia.»

Vedendo la mano di Martin stringersi convulsamente a pugno Barbara si decise ad intervenire, non voleva certo che la serata venisse rovinata da uno stupido battibecco.

«Bé, ciò che conta è che il concetto si sia capito. Ragazzi, potete scendere.» disse, portandosi tra Sandoval e i due ragazzi.

Senza farselo ripetere, Martin trascinò Diana giù dal palco inveendo a mezza bocca in direzione dell'uomo.

«Signore e signori, ringraziamo il maestro Sandoval per i suoi preziosi consigli.» incitò Barbara, sollecitando un applauso. «E adesso continuiamo la serata al buffet. Buon divertimento!»

Appena l'applauso fu scemato tutti si accalcarono verso i tavoli del rinfresco ridendo e ciarlando.

Approfittando della distrazione di tutti, Martin e Diana scivolarono fuori dalla sala per poi correre in direzione del parcheggio alla massima velocità consentita dai tacchi di lei.

Entrati in macchina tirarono un sospiro di sollievo e si lasciarono andare sui sedili.

«Quello è tutto matto!» esclamò Martin, ridendo mentre avviava il motore.

«Puoi dirlo forte!» rispose Diana, ridacchiando a sua volta ma appena ebbe alzato lo sguardo il suo sorriso annegò nel mare di emozioni che sentiva dentro nel guardare il suo amico e ricordare la serata appena trascorsa.

Non voleva e non poteva ammetterlo, almeno non con lui, ma ballare insieme l'aveva emozionata, sentire le sue mani che la sfioravano le aveva fatto scorrere dei brividi caldi lungo la schiena e temeva che adesso non sarebbe più riuscita a guardarlo come prima.

Per sua fortuna in quel momento Martin era concentrato ad immettersi nel traffico e non notò il lieve rossore che le aveva colorito le guance.

Da quel momento decise di rimanere zitta, temeva che la sua voce potesse tradire la confusione che provava nel cuore e nella mente.

Sentendola così silenziosa, Martin le lanciò uno sguardo.

Vedendola mollemente abbandonata sul sedile con il viso rivolto al finestrino pensò che si fosse addormentata ed un sorriso intenerito gli solcò le labbra almeno finché non notò l'abbondante porzione di pelle che lo spacco dell'abito lasciava scoperta.

Si ritrovò a deglutire a vuoto ripensando a quanto era stato bello ed eccitante stringerla a se senza dover fuggire da nessun mostro, potendo assaporare la morbidezza della sua pelle e il profumo dei suoi capelli.

Istintivamente strinse più forte il volante tra le mani mentre malediceva quel ballerino da strapazzo e le sue assurde teorie anche se una parte di lui si chiedeva se davvero erano state le parole di quell'uomo a suggestionarlo o se semplicemente avevano portato a galla qualcosa che già c'era.

Il resto del viaggio, per altro breve, proseguì in silenzio.

Arrivato davanti casa, Martin parcheggiò l'auto nel suo vialetto.

Visto che Diana non si muoveva si sporse leggermente verso di lei per chiamarla ma prima che potesse anche solo sfiorarla lei si era già alzata a sedere incrociando il suo sguardo che sperò non fosse troppo famelico.

«Pensavo dormissi.» si giustificò, tornando al suo posto.

«Mi stavo solo rilassando un po'.» spiegò lei. «Ti auguro buonanotte e grazie di tutto.» aggiunse, scendendo dall'auto.

«Ti accompagno.» propose lui, raggiungendola.

«Abito nella casa a fianco, non c'è bisogno.»

«Un cavaliere accompagna sempre la propria dama a casa dopo una serata. Non vuoi mica che il maestro Sandoval mi rimproveri!» esclamò Martin per stemperare l'atmosfera tesa che si era creata.

Fortunatamente Diana reagì alla battuta regalandogli uno di quei sorrisi che lui adorava.

Con un lieve batticuore, Martin l'accompagnò sulla porta.

«Buonanotte Diana.» sussurrò, sentendosi stranamente teso.

«Buonanotte Martin e grazie di tutto.» rispose Diana, recuperando le chiavi dalla borsa ma lasciandole cadere a causa del lieve tremolio alle mani.

Istintivamente entrambi si chinarono a raccoglierle così, quando alzarono lo sguardo, i loro visi si ritrovarono a pochi centimetri l'uno dall'altra.

Incapace di resistere ancora all'impulso che sentiva crescergli dentro, Martin portò una mano alla guancia di Diana e l'attrasse a se.

Le loro labbra stavano quasi per sfiorarsi quando la luce sul portico si accese.

Ebbero appena il tempo di rialzarsi prima che il portone si spalancasse.

«Ragazzi, mi era sembrato di sentire la vostra macchina!» esclamò Viviane, sorridente, ignara di ciò che aveva interrotto. «Andata bene la serata?»

Martin volse lo sguardo su Diana, in cerca di un indizio su cosa doveva rispondere.

«Diciamo di si, a parte il fatto che il maestro di Barbara è un pazzo.» rispose lei per entrambi.

«Martin allora ci vediamo domani mattina per i pancake. Buonanotte e grazie.» lo salutò la donna, facendosi di lato per far passare la figlia.

«Ah si, ok!» rispose lui, un po' distratto. «Buonanotte.»

«Ciao.» mormorò Diana, sparendo dietro la porta.

Mentre i due si allontanavano, una per andare in camera sua, l'altro per raggiungere la sua casa, non potevano fare a meno di chiedersi cosa sarebbe successo se quella luce non si fosse accesa, se quel portone non si fosse aperto e, a quel pensiero, sentivano il cuore battere più forte, mille confusi pensieri attraversagli la testa e una flebile speranza crescere e farsi spazio nei loro cuori.



Fine


Angolo dell'autrice: Con questa One-shot si conclude la mia Dartin Week. Spero che

le mie storie vi siano piaciute.

Un abbraccio.

Notteinfinita.


  
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