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Autore: endif    10/05/2009    11 recensioni
"Il buio si fece più buio. Una voragine si spalancò nel mio petto. All’improvviso sentii il dolore, immenso, pulsante, invadermi la testa. «Non c’è più…» mormorai. Chiusi gli occhi e con tutto il fiato che avevo in gola urlai tutta la mia disperazione."
Genere: Dark, Romantico, Sovrannaturale | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Edward Cullen, Isabella Swan
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno | Contesto: New Moon
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Change'
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NOTA DELL’AUTRICE: Alleluia, alleluia!!! Per la prima volta ho ricevuto ben otto, no dico OTTO recensioni! E, a parte le mie fedelissime, anche nuove commentatrici, si aggiungono alla lista. Grazie, me felice …

Allora mi sono detta: M.Luisa, che fai non aggiorni? Vorrei rispondere con maggiore dettaglio alle vostre recensioni, ma stamane il tempo mi è contro. Mi sono alzata alle sei e ho preso subito a scrivere. Perdonatemi se non sono così accorta come voi …

keska, Giulia miao, Ale78, lory_lost_in_her_dreams: Raga, che dirvi, siete la mia gioia. Godetevi questo cap. è bello lungo. Kiss endif

Bellas, StElLiNa_LoSt, anna cullen: Su, non prendetevela con Jacob, è un lupacchiotto in fondo, in balia dei suoi ormoni impazziti … Senza di lui Edward sarebbe un po’ “moscetto”. Cmq abbiate fede, non vi deluderò. Baci endif

Gazy: Mia cara Rita, è vero su tuo consiglio faccio occhio a più dettagli. Grazie davvero. Non so bene come gestire il mio Jacob furioso, ma non ho per lui tutta la passione che invece nutro per Jasper. Hai ragione ancora una volta, secondo me è uno dei personaggi più affascinanti, criptici, tormentati e passionali della saga di zia Stephie. Mi serve per cambiare registro quando la storia si impantana un po’, è il mio Deus ex machina. Lo adoro letteralmente. Per ciò che riguarda la tua ficcy, non mi sento affatto costretta a leggerla solo perché mi commenti, e non ho pensato neanche per un istante che tu volessi farti pubblicità. Sei troppo corretta. Ma sai, leggendo i tuoi commenti mi sono chiesta “quanta passione alberga nel cuore di una ragazza così attenta e sensibile?” E sono andata alla ricerca delle tue storie. Ora sto preparando la mia recensione sferzante, non sarò clemente … Scherzo ma ho divorato la tua ff con voracità ed ora mi sento ubriaca …

Bacioni M. Luisa

CAP. 22

RAPIMENTO

 

ALICE

Non appena Jacob si era allontanato, i due lupi accasciati a terra si erano alzati e dopo essersi ritrasformati nel bosco poco distante da noi, erano subito ricomparsi sul luogo del misfatto.

Jasper si era fatto vicino ad Edward che aveva il viso livido dalla rabbia e dalla furia e non aveva ancora mosso un passo. Si era impietrito non appena Bella era stata afferrata da Jacob nel timore che quest’ultimo, sentendosi braccato, avrebbe potuto farle del male anche senza volerlo, ma tale decisione, seppur razionale l’aveva lasciato con un senso di impotenza e frustrazione più che comprensibili. Sentii Jasper che cercava di infondergli un briciolo di calma, ma lui si voltò verso di noi, con gli occhi neri e spalancati e con un rapido scatto si fiondò verso l’albero più vicino. Mise il palmo sinistro aperto sul tronco e con un grido di rabbia lo passò da parte a parte con l’altra mano chiusa a pugno.

I due Quileutes lo osservarono muovendosi un po’ agitati, ma non fuggirono via.

«Edward, la ritroveremo, vedrai …» cercai di consolarlo io.

«Puoi scommetterci. Non avrò pace fino a quando non staccherò la testa dal corpo di Jacob Black …» la sua voce era tetra, gutturale, gli occhi erano allucinati, non sembrava lui.

Mi girai verso i due giovani. Erano poco più che ragazzi.

«Sapete dove potrebbe essersi diretto?» chiesi con voce tagliente. Io ero completamente cieca in questo frangente e non avrei potuto vedere nulla neanche con la massima concentrazione.

«Possiamo essere in contatto mentale con lui solo quando è in forma di lupo. Adesso si è ritrasformato, è tutto inutile. Paul ed io non abbiamo potuto far nulla quando ci ha intimato di non interferire, siamo mortificati. Davvero.» disse il più grosso. Poi, rivolgendosi ad Edward aggiunse: «Mi chiamo Sam, ho guidato io Jacob nella sua trasformazione, ma lui è un alpha per diritto di nascita, se non ritorna in sé non potrò far molto per aiutarti. La sua volontà è per me un ordine a cui non posso sottrarmi. Ma farò qualunque cosa per evitare uno scontro tra le nostre fazioni. Conosco molto bene il patto e desideriamo rimanere in pace.»

Edward lo guardò con freddezza, con alterigia e disse con voce a malapena contenuta: «Io me ne infischio del patto, quando ritroverò quel cane lo ridurrò a brandelli con autentico piacere.» si voltò e sparì diretto verso casa.

Presi il cellulare e composi un numero mentre lo seguivo insieme a Jasper. Al secondo squillo una voce rassicurante rispose: «Ciao Alice, c’è qualcosa che non và?»

«Carlisle abbiamo un problema. Anzi due. Credo che faresti meglio a rientrare.» uno schianto tremendo sottolineò le mie parole, poi, un rumore di vetri infranti e aggiunsi repentinamente: «Jacob Black ha rapito Bella ed Edward stà demolendo casa.»

 

ESME

Ero rimasta in un angolo vedendo mio figlio rientrare come una furia da solo passando attraverso la portafinestra chiusa, mandando il doppio vetro in frantumi e cominciando a fare a pezzi i mobili di casa. Non avevo pronunciato nemmeno una parola, conoscevo abbastanza Edward da sapere che era inutile in questo momento cercare di calmarlo. Il cuore mi si spezzò quando il mio splendido tavolo di ebano intarsiato si accasciò di lato sotto un suo pugno.

Sospirai.

Ero ormai avvezza agli scoppi d’ira dei miei figli, e, nonostante sapessi che Emmet sarebbe ritornato da un giorno all’altro dall’Europa, ero riuscita a bearmi di un lungo periodo di pace. Scossi leggermente il capo afflitta. Ovviamente qualcosa era andato storto. Lui parve riscuotersi un attimo recuperando un barlume di lucidità e mi fissò.

Era il momento giusto.

«Edward …» lo chiamai con voce dolce, mi rattristava vederlo così in pena. « Le cose non sono andate bene con Bella?».

Pur desiderando la felicità dei miei figli li rispettavo troppo per interferire con le loro vite e mi ero mantenuta debitamente a distanza sapendo che lui e Bella erano andati a passeggiare oltre il giardino. Avevano bisogno di ritrovarsi, di perdonarsi a vicenda e troppe voci in mezzo non avrebbero fatto altro che rendere le cose più complicate di quello che erano già. La strada che avevano deciso di percorrere insieme era fino ad ora già stata dura e si prospettava ancora più irta per il futuro. Ma quei due giovani si amavano, ed Edward era rimasto solo così a lungo …

«Io lo ammazzo, lo ammazzo con le mie mani …» parlava molto velocemente segno della sua grande agitazione e saettava nervosamente da un lato all’altro del salone fermandosi di tanto in tanto per battere il pugno su qualche mobile o sui muri.

Cercai di mantenere la calma. Era un atteggiamento che avevo imparato ad usare da Carlisle in casi di emergenza, dove la confusione poteva definitivamente segnare le sorti di una situazione piuttosto che un’altra. Se mio figlio voleva uccidere qualcuno le mie urla isteriche non avrebbero certo contribuito a farlo ragionare.

Non mossi neanche un muscolo, ma non gli tolsi gli occhi di dosso. Era davvero sconvolto, sembrava impazzito.

«Edward, è successo qualcosa a Bella?» a parte la preoccupazione per lui, cominciai ad andare in ansia per lei. Solo una tale evenienza poteva spiegare lo stato in cui era mio figlio in questo momento.

«Sì maledizione, quel bastardo l’ha portata via contro la sua volontà! E poi, le ha … ferito un braccio.» parlava a fatica, cercando di deglutire il veleno che sapevo gli stava invadendo la bocca. «Se la tocca, se le fa del male, io …, io …». Si appoggiò al muro con una mano e si prese il capo nell’altra. Mi avvicinai silenziosamente e, appoggiandogli una mano sulla spalla, gli chiesi con un filo di voce un po’ tremula: «Chi l’ha portata via?»

«E’ stato quel cane di Jacob Black e non abbiamo potuto fare nulla per impedirlo.» mi rispose Jasper buio entrando in salone dalla nuova apertura creata da Edward e calpestando i frammenti di vetro sparsi a terra. Osservai Alice che lo seguiva a testa bassa e pur non disponendo di alcun potere capii subito che si sentiva tremendamente in colpa per l’accaduto.

«Oh Alice, tesoro, non è colpa tua. Quando ci sono i licantropi sai bene di non riuscire ad avere visioni e di non poter cogliere gli eventi futuri con un anticipo discreto. Non affliggerti così, aspettiamo che arrivi Carlisle, lui saprà cosa fare.»

Nei seguenti dieci minuti ringraziai Jasper e il giorno in cui aveva incontrato Alice, poiché il più incontenibile dei miei figli presenti era rimasto immobile sul divano con lo sguardo perso nel vuoto e la mascella serrata, senza minacciare la sua incolumità, la nostra e quella del mobilio sopravvissuto a questo uragano.

Quando mio marito entrò e si diede una rapida occhiata intorno, con la calma e la freddezza di nervi che lo contraddistinguono disse ad Edward e a Jasper di seguirlo nel suo studio. Non che questo servisse a dare loro riservatezza, ma permetteva a me e ad Alice di riportare una parvenza di ordine nella casa, mentre loro cambiavano aria e decidevano il da farsi.

Ci mettemmo subito all’opera e dopo circa mezz’ora loro riemersero dallo studio.

Edward sembrava aver ripreso un po’ di lucidità, ma con la vicinanza di Jasper non potevo immaginare il contrario. Subito dopo Carlisle uscì di casa con la sua valigetta lanciando una lunga occhiata in direzione del figlio che annuì impercettibilmente e con fare rassegnato. Jasper lo seguì dopo un istante. Non avevamo potuto cogliere tutta la conversazione dato che ad Edward si erano rivolti con il pensiero, ma dalle parole di Jasper e Carlisle era chiaro che in quel frangente quest’ultimo avrebbe dovuto agire in prima persona.

Edward non si trattenne neanche un secondo dopo che suo padre e suo fratello erano usciti, e a passo umano lo vidi avviarsi lungo le scale diretto in camera sua.

Non avrei potuto piangere, ma guardandolo andar via a capo chino, sentii ugualmente il mio cuore stritolarsi in una ferrea morsa di dolore.

 

CARLISLE

Avevamo preso la Mercedes e avevo lasciato che mio figlio si mettesse alla guida. Rimpiansi la mancanza di Edward ma solo per un attimo. Le sue capacità ci sarebbero state davvero utili, ma non potevo fare completamente affidamento su di lui perché era troppo coinvolto e furioso con il giovane Black.

L’auto scivolava silenziosa lungo l’autostrada.

Ritornai con la mente al giorno in cui stipulammo il patto proprio con l’antenato di Jacob, Ephraim Black.

“Quel giorno di circa settanta anni prima ci eravamo spinti a caccia fino alla riserva di La Push. Era un ottimo posto per cacciare soprattutto per Emmet, perché da neonato qual era da poco, aveva una forza e velocità impressionanti e lì c’era davvero un’ampia scelta di animali da cacciare che potevano tenerlo occupato per un po’. Ricordai con un sorriso la sua espressione quando aveva avvertito l’odore del sangue umano per la prima volta, proprio lì alla riserva. I suoi occhi da rosso diluito per la recente e abbondante caccia erano diventati neri e aveva annusato l’aria con ingordigia. Edward ed io ci eravamo guardati con ansia, perché sapevamo che non avremmo potuto far nulla per fermarlo se si fosse lanciato al seguito della scia. Nello stesso tempo anche noi due e Rosalie che ci aveva accompagnati ci sentivamo tentati, ma non quanto avremmo dovuto in quelle circostanze.

La caccia, la perdita della razionalità ed il sopravvento dell’istinto più puro … Qualcosa non andava, che non fosse sangue umano?

La risposta venne al nostro cospetto subito dopo. Si trattava di licantropi.

Ero l’unico tra di noi ad averne mai visto uno grazie alla mia permanenza a Volterra e all’odio che Caius provava nei loro confronti, e sapevo che erano i soli esseri in grado di poterci ferire o uccidere, a parte i vampiri stessi.

Avevo lasciato i miei figli, così li avevo sempre considerati, un po’ in disparte e mi ero fatto  innanzi per parlare al capobranco, sperando di riuscire in tempo ad evitare uno scontro. Con la coda dell’occhio avevo visto Rosalie ed Edward pararsi di fronte ad Emmet. I miei ragazzi avevano coraggio, era innegabile.

Ephraim Black mi aveva guardato con circospezione. Al suo seguito c’erano altri due licantropi in forma di lupo che tremavano tesi rimanendo in disparte. Lo osservai anche io con sguardo fermo. Era inutile chiedere se fosse lui il capo.

Aveva l’espressione autoritaria a fiera di chi aveva molto combattuto senza risparmiarsi mai e l’atteggiamento protettivo nei confronti della sua gente, che lo rendeva disposto anche al sacrificio pur di difenderli. Non aveva spinto i lupi innanzi per intimidirci, no si era fatto lui avanti, e per giunta in forma umana. Lo apprezzai per questo.

Avevo chiesto mentalmente ad Edward se riuscivano a tenere Emmet e lui aveva annuito impercettibilmente.

Io ed Ephraim avevamo parlato per poco tempo e a debita distanza. Il patto fu una scelta conveniente per entrambi: noi saremmo potuti rimanere a Forks e anche ritornarci, i quileutes avrebbero mantenuto il loro diritto sovrano all’interno di La Push e salvaguardato l’incolumità degli umani. Ovviamente avremmo dovuto rispettare entrambi un confine di separazione ed evitare gli scontri tra le nostre due specie.  

Ci stavamo allontanando comunque con circospezione dai lupi quando mi ero chiesto cosa fosse riuscito a trattenere Emmet dall’attacco. E, dopo avermi letto nel pensiero Edward mi aveva risposto così: «Ha pensato che se questo è l’odore degli umani, non gli dispiace poi tanto diventare vegetariano …».”

Mi riscossi accorgendomi che eravamo entrati a La Push.

Era stato deciso di recarci a casa di Billy Black, valicando il confine in via eccezionale, e avevamo già preso accordi con Sam per organizzare l’incontro. Sapevo che Jacob non avrebbe fatto del male a Bella intenzionalmente, ma sapevo anche che adesso era ferita e che era necessario che la visitassi. Una volta sul posto avrei cercato di far ragionare il giovane quileute con calma, sperando che la corsa gli avesse già schiarito le idee.

Parcheggiammo l’auto dietro l’abitazione dei Black. La porta in veranda era socchiusa. Entrammo, eravamo attesi e trovammo Billy sulla carrozzina con sguardo afflitto, Sam e Paul seduti in cucina che ci fissavano tesi.

«Billy, ragazzi …»feci io a mò di saluto. I giovani mormorarono un saluto un po’ imbarazzati, Billy non si mosse. Attendemmo fin quando Sam disse: «Billy sa dove è andato suo figlio, ma ha deciso di non dirci nulla se non gli promettete che sarà solo lei, dottor Cullen, ad andare lì.»

Guardai Jasper e velocemente lui uscì.

Mi voltai verso l’anziano quileute e dissi «E sia, lo prometto.»

Alzò verso di me i suoi occhi acuti immersi nel viso arso dal sole e pieno di rughe profonde. Mi scrutò attentamente probabilmente chiedendosi se poteva fidarsi e sospirando disse in fine:

«E’ sulle montagne di Goat Rocks.» Poi aggiunse con sforzo evidente: «Non fargli del male, è soltanto giovane e crede di amarla.»

«Non è mai stata mia intenzione, hai la mia parola». Dissi io deciso.

Mi voltai e mi diressi all’auto dove sapevo che Jasper mi stava aspettando. Aveva sentito tutto naturalmente e salimmo in macchina insieme partendo alla volta della strada per le montagne rocciose. Alla prima diramazione sotto l’insegna Forks – Goat Rocks lo feci scendere.

Dovevo proseguire da solo.

Non erano trascorsi neanche cinque minuti che il telefono cominciò a squillare. Lessi sul display il nome di Alice. Non era affatto un buon segno.

«Carlisle, devi sbrigarti. Edward mi ha letto nella mente la visione di te che lasciavi Jasper all’incrocio con la strada per Goat Rocks e si è fiondato fuori dalla finestra. Non siamo riuscite a trattenerlo, mi dispiace.» la sua voce agitata mi fece capire che la presenza di Jasper in casa avrebbe forse avuto maggior utilità che a La Push in quel frangente.

Strinsi i denti e spinsi a fondo l’acceleratore.   

   
 
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