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Autore: Federica_Peanut    15/10/2016    1 recensioni
Un ragazzo prima felice, rispettato da molti suoi coetanei, aveva scoperto la sua vere sessualità e la tenne segreta, solo per sé.
Giunto il momento in cui non ce la fece più a tenersi dentro questo segreto, decise di rivelarlo alla sua famiglia; la sua famiglia era molto rigida sulle regole della “normalità” e pretendevano un’educazione rigorosamente religiosa.
Come prenderanno la notizia dell’omosessualità di loro figlio? Quali saranno le conseguenze sul figlio stesso?
Genere: Drammatico, Malinconico, Triste | Stato: completa
Tipo di coppia: Shonen-ai
Note: nessuna | Avvertimenti: Tematiche delicate
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Quando vivere o morire non fa più differenza
 


Questa non sarà una storia con pizzi rosa, cioccolatini e cose sdolcinate in ogni frase. No, questa storia racconterà soltanto della realtà che circonda un “quasi” comune ragazzo di diciassette anni.
 
20 agosto 2014, quindici anni.
Iniziò tutto da questo giorno, quando rientrò a casa nel pomeriggio tardo e dopo poco si ritrovò a tavola con i suoi genitori e con sua sorella minore, pronti per cenare.
La sua famiglia era benestante, tutti molto religiosi, con un passato da studenti e persone modello; avevano la stoffa per fare i capi, dirigere aziende e incarichi; persino in sua sorella si notava un certo temperamento per queste cose. Sì, tutte persone eccezionali… tranne lui, la pecora nera della famiglia Mongiovi.
Mentre afferrava forchetta e coltello per poter mangiare la sua carne, le mani gli tramavano insieme alle gambe, il cuore batteva a mille, la mente fabbricava in continuazione pensieri incerti e impauriti carichi di ansie e preoccupazioni.
Doveva dirlo, non riusciva più a tenersi quel peso enorme sullo stomaco. Ora o mai più.
 Mise giù le posate, quel poco di cibo che era riuscito ad ingerire, si stava contorcendo nello stomaco, pronto ad uscire accompagnato da un conato di vomito.
Aprì la bocca per parlare, ma non ci riuscì, nessun suono gli voleva uscire. Le parole erano bloccate nel cervello, che si rifiutavano di rispondere ad ogni singolo comando: non sarebbero uscite da lì.
Ormai sia i genitori che la sorella, si erano accorti dello stato in cui si trovava Nick.
-Amore cosa ti succede? – chiese dolcemente la madre.
Nick sempre con la bocca semi aperta, non si accorse che calde lacrime spaventate gli stavano rigando il viso.
-Figliolo, hai preso un brutto voto e non sai come dircelo? – questa volta fu il turno del padre a peggiorare il caos nella sua testa.
No, era peggio di prendere un brutto voto a scuola. Era decisamente molto peggio.
-Nick… stai bene? – chiese la sorella.
No che non stava bene! Niente andava bene! Poteva andare peggio di così?
-Sono gay. –
Lo disse. Lo disse tutto d’un fiato, scoppiando poi in un sonoro singhiozzo, poi seguito da altri, non riuscendo a guardare nessuno in faccia.
Udì una sedia strisciare sul freddo pavimento; con gli occhi fissi sul pavimento vide una figura che si stava avvicinando a lui, poi sentì solo il suono dell’aria squarciata e un sonoro ciaff sulla sua guancia. Buio, tutto totalmente buio. Ora non sentiva più nulla, non vedeva nulla; percepiva soltanto un senso di leggerezza, come se stesse fluttuando… o semplicemente dormendo. Che fosse svenuto?
Quando il suo cervello riprese un minimo di coscienza, la prima cosa che avvertì fu il dolore lancinante che sentiva allo zigomo, probabilmente con la pelle squarciata. Al dolore si affiancò anche una sensazione di freddo, e col tatto delle mani avvertì che quello su cui era seduto fosse ancora il pavimento. Anche l’udito ricominciò a funzionare e udì il vociare molto forte dei suoi genitori: stavano discutendo nell’altra stanza e non si erano nemmeno preoccupati di chiudere la porta. Aprì lentamente gli occhi e all’inizio non riuscì mettere a fuoco la figura accovacciata vicino a lui, poi ci riuscì, la vista decise di collaborare anch’essa: sua sorella stava armeggiando con una bacinella e un asciugamano a pochi centimetri da lui. Lo stesso pezzo di tessuto morbido che aveva visto venir immerso nella bacinella d’acqua, ora si stava adagiando sul suo zigomo gonfio e sanguinante.
-Andrà tutto bene Nick, non ti preoccupare, mamma riuscirà a calmare papà, troveremo una soluzione. –
Nick non rispose, si preoccupò solo di ascoltare la discussione tra i suoi genitori.
-Non puoi continuare a difenderlo, è infettato del Diavolo! –
-Carlo, quello è tuo figlio! Come puoi parlarle di lui così? –
-Ginevra, apri gli occhi, quello non è più nostro figlio! Ma non ci pensi quante volte avrà baciato qualche… ragazzo e poi ha baciato noi sulle guance?! Oppure quante volte si sarà strusciato addosso a qualche altro figlio del Diavolo e poi ci ha abbracciati?! Lui ormai è diventato un figlio del Male! –
 
30 settembre 2014, quindici anni.
Non seppe come riuscì a trascinarsi per tutti quei giorni, ma era grato che riiniziò la scuola, almeno poteva distrarsi un pochino durante la mattinata.
Suo padre insistette con sua madre che fosse mandato a vivere dalla sorella di Ginevra, ma sua sorella Vanessa si metteva sempre in mezzo e lo difendeva con i denti e con le unghie. Facevano così anche quando lui era presente nella stessa stanza, ma a nessuno importava davvero che lui ascoltasse o meno. Suo padre lo voleva fuori di casa o in qualche clinica psichiatrica soltanto perché era un fedele della religione cristiana, sua madre non lo voleva fuori di casa, ma era evidente che questa cosa la scioccava ancora molto, non si sarebbe mai aspettata che suo figlio potesse essere omosessuale. Sua sorella invece era l’unica persona che gli fosse veramente rimasta vicina, era anche l’unica amica. A lei non importava nulla della religione, fingeva solo di interessarsi per compiacere i genitori; se ne infischiava anche dei canoni da seguire, se una famiglia è religiosa, non è detto che anche i figli debbano esserli, e così via. Sì, forse lei sarebbe stata l’unica persona che l’avrebbe mai difeso e protetto, l’unico appiglio sicuro che aveva in questo mondo.
 
10 gennaio 2015, quindici anni.
La voce della sua vera sessualità si estese per tutta la comunità cristiana, giunse alle orecchie dei figli, si sparse per tutta la scuola… ormai era un inferno vivere. Anche la scuola che gli donava distrazioni, aveva avuto l’effetto contrario in poco tempo.
Ormai i genitori fecero del tutto finta che lui non esistesse. Era come un fantasma che tutti potevano vedere, ma che nessuno osava avvicinarlo o parlargli.
Allontanò ancora di più tutti da sé, compresa la sorella: la respingeva, le diceva di andarsene, di voler stare solo. Alla fin fine si trovava bene nella sua solitudine, ma non si accorgeva che lo stava portando anche all’autodistruzione, insieme alle persone con cui doveva condividere grandi momenti della sua vita.
 
17 marzo 2015, sedici anni.
Passò il compleanno da solo, senza un messaggio di auguri, senza una misera voce che gli cantasse quella stupida canzoncina, senza un regalo, senza un misero dolcetto… era solo lui.
Sì, camminava in mezzo a molte persone e ne era costantemente circondato quando non si richiudeva in camera sua, ma in realtà quelle persone non esistevano. Si sentiva solo, nonostante oltre a lui ci fossero sette miliardi di persone nel suo stesso mondo. Lui in realtà era sospeso tra due mondi, camminava su quello fisico e viveva in quello mentale. Ma questo si poteva chiamare davvero vivere?
 
25 dicembre 2015, sedici anni.
La sua famiglia era andata a trascorrere le vacanze natalizie dai nonni e nemmeno si erano presi il disturbo di chiedergli se volesse andare con loro o se sarebbe riuscito a cavarsela a casa da solo. No, semplicemente un mattino partirono e lo lasciarono lì a morire lentamente di solitudine, abbandonato a sé stesso.
Il natale fu un giorno come tutti -gli altri.
 
17 marzo 2016, diciassette anni.
Il suo diciassettesimo compleanno. Un compleanno passato ancora senza che qualcuno se ne ricordasse. E infondo anche lui si stava abituando all’idea di essere un fantasma.
Se voleva fare un pasto decente, doveva alzarsi lui, apparecchiare per sé stesso e cucinare per sé. A malapena si degnavano di lasciargli qualche soldo sul tavolo per la scuola. Ma proprio il giorno del suo compleanno non trovò nessun soldo… forse era stato fatto apposta, semplicemente per ricordargli che nessuno su questo pianeta voleva festeggiare il suo compleanno.
Si guardò allo specchio: vide due occhi verdi ricoperti da un velo opaco, segno che erano spenti e stanchi di questa vita, le labbra ormai avevano assunto la stessa forma di tutti i giorni, con gli angoli leggermente all’ingiù… la sua espressione era indecifrabile, l’unica cosa che trasmetteva era freddezza ed era ottima per tenere alla larga le persone. Questo si poteva davvero chiamare vivere o stava semplicemente aspettando che arrivasse l’ultimo dei suoi giorni, l’ultimo dei suoi respiri e l’ultimo dei suoi battere di ciglia? Forse la morte era l’unica soluzione al suo fingere di vivere.
 
16 settembre 2016, diciassette anni.
“Chiedevo solo di non essere giudicato, di essere amato dalla mia famiglia, di avere tantissimi amici, di essere circondato di amore, magari anche di trovare la persona della mia vita.
Vanessa, ti ringrazio di essere stata al mio fianco quella sera, ti ringrazio per aver combattuto per me quando papà voleva mandarmi a vivere dalla zia. Hai la stoffa giusta per dirigere l’azienda di famiglia. Mi dispiace di averti allontanata da me, mi dispiace per non esserci stato per te, mi dispiace di non essere stato un buon fratello e una figura da seguire.
Mamma, nonostante il tuo attaccamento alla chiesa e alla religione, sei riuscita lo stesso a non vedermi con gli stessi occhi di papà ed a non considerarmi un figlio del Demonio. E per questo ti ringrazio.
Papà, ti ringrazio solo per i bei momenti che mi hai fatto passare quando ero più piccino. Ma non ti ringrazierò mai per avermi rovinato la vita.
Non è colpa vostra se sono nato così e se ho deciso di fare questo drastico gesto.
 
Nick, vostra pecora nera della famiglia Mongiovi.”
 
Quel giorno quella famiglia si rese conto cosa significasse perdere un loro membro tanto importante; la disperazione colse persino il padre, rigelato dalle poche parole che il figlio lasciò per lui.
La morte a volte è l’unica cosa che possa salvarti dall’inferno della vita.



Angolo Autrice
Salve gente! Rieccomi tornata con una storia!
Come si può ben notare da quest'opera, non è un bel periodo e spesso tendo ad incidere le mie emozioni sul testo che sto scrivendo.
In realtà questa storia è nata per essere pubblicata solo sul giornalino scolastico, ma mi hanno fatto censurare le parti in cui parlavo della religione, quindi eccomi qui a pubblicare l'originale!
Ringrazio un mio caro amico, che è stato il primissimo lettore di questa storia e con mia grande sorpresa ha espresso un parere positivo, quindi spero possa piacere anche a voi. c:
Se la storia vi è piaciuta, volete qualche chiarimento su qualcosa che non vi è chiaro, volete fare critiche costruttive o cos'altro, lasciatemi una recensione o inviatemi un messaggio privato! ^_^
   
 
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