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Autore: Ilarja    15/10/2016    2 recensioni
Il giorno in cui mi sono innamorato di te è stato il giorno in cui ho firmato la mia condanna a morte.
È l'unica debolezza che non sono stato in grado di evitare, e mai riuscirò a perdonarmi.
Genere: Drammatico, Introspettivo, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Shonen-ai | Personaggi: Naruto Uzumaki, Sasuke Uchiha | Coppie: Naruto/Sasuke
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Dopo la serie
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Come back, come back,
my dear friend,
my only friend,
come back.
I swear I shall be kind.
If I was cross with you,
 it was a joke which
I was obstinately
determined to carry on;
 I repent of it more
than can be said.
Come back,
it will be quite forgotten.
How terrible that
you should have taken
 that joke seriously.
For two days
I have not stopped crying.
Come back.
Be brave, dear friend.
Nothing is lost.
All you have to do
 is make another journey.
We’ll live here again,
very brave and very patiently.
Oh! I beg you!
It’s for your good, besides.
 Come back, you’ll find
all your things here.
I hope you realize now
that there was nothing real
in our argument.
That frightful moment!
But you – when I signaled to you
to get off the boat –
why didn’t you come?
Have we lived together
for two years to come to this?
What are you going to do?
If you won’t come here,
would you like me to come
and meet you where you are?
Yes, I was in the wrong.
Oh, you won’t forget me, will you?
No, you can’t forget me.
As for me, I still have you, here.
Listen,
answer your friend,
must we not live together anymore?
Be brave.
Answer this quickly.
I can’t stay here much longer.
Do not read this
except with goodwill.
Quick, tell me if
I must come to you.
Yours, all my life.
 
 
 


 
Il giorno in cui mi sono innamorato di te è stato il giorno in cui ho firmato la mia condanna a morte.
È l'unica debolezza che non sono stato in grado di evitare, e mai riuscirò a perdonarmi.
 
È un’afosa giornata di agosto. Il sole cocente aggredisce con violenza la pelle diafana esposta.
Il sentiero di breccia scricchiola sotto i miei passi stanchi ed al tempo stesso decisi.
Ho ormai smesso da tempo di girovagare a caso, questa volta ho fretta.
Questa volta ho una destinazione ben precisa.
 
Avverto una gocciolina di sudore farsi strada lungo la mia schiena, percorrerla in tutta la sua lunghezza, per poi estinguersi in un punto imprecisato. Ho caldo, decisamente troppo. Ciononostante non ho la minima intenzione di spogliarmi del pesante mantello nero che mi abbraccia il corpo esile. Si tratta sicuramente di un abbigliamento bizzarro per cui optare nel bel mezzo dell'estate.
A breve mi sarà utile e non rimpiangerò di averlo indossato, penso.
 
Ed ho ragione. Una volta inoltratomi nel villaggio dove ogni mia sofferenza ha avuto inizio e poi fine, le solite occhiate di disprezzo e repulsione mi mozzano il fiato. La gente bisbiglia, mi lancia penetranti e silenziose accuse taglienti come lame affilate. Qualche madre afferra saldamente per la spalla il proprio figlio, lo stringe a sé. Lo protegge, da me.
 
La mia espressione priva di alcuna emozione resta ferrea.
Non posso dire lo stesso del mio cuore. Lo sento stringersi su se stesso, vacillare, affondare.
 
Quando ho chinato il capo?
Quando i miei occhi hanno cominciato ad inumidirsi?
No, non posso.
Non voglio che mi vedano.
 
Proseguo per la mia strada, deciso. E mi sembra un tragitto senza fine, posso ancora percepire i loro sguardi perforarmi la nuca.
 
Ma poi, il mio cuore traballa meno, trova il suo punto di equilibrio.
Sollevo finalmente il capo, sono davanti al tuo ufficio.
Resto a soppesare il peso del mio corpo prima su un piede, poi sull'altro.
Dovrei bussare.
Forse sei in riunione.
Magari hai impegni, al momento.
 
Sollevo indeciso il braccio, l'unico rimastomi. Mi sono deciso a colpire con delicatezza la superficie lignea che mi separa da te.
 
Non me ne dai l'occasione. La porta si spalanca. Riesco ad intravedere soltanto un guizzo azzurrino, prima di essere travolto dal peso dal tuo corpo.
E di nuovo, il mio cuore affonda.
Questa volta straripa di un qualcosa che somiglia pericolosamente alla felicità.
Le tue braccia mi stringono il busto con una naturalezza che mi spiazza.
Abbasso le palpebre, poggio il mento sulla tua spalla e mi perdo contro di te.
Il tuo profumo è sempre lo stesso, non è cambiato affatto.
Ti annuso piano, non voglio che te ne accorga.
E non so come, non so quando, anche il mio braccio destro ha avvolto la tua vita.
 
Sono a casa.
 
Adoro questo momento. Mi piace sapere che è dedicato unicamente a me e che adesso ci sono soltanto io, nei tuoi pensieri. La sensazione del tuo corpo dopo lunghi mesi di distanza mi fa vacillare. Ed ora mi maledico per aver indossato questa lugubre coltre così spessa, pare quasi distanziarci.
 
Restiamo così per interminabili minuti, poi tu sciogli l'abbraccio. Studi con attenzione il mio viso, un velo di preoccupazione traspare dagli occhi turchini. Il tuo sorriso luminoso si affievolisce visibilmente.
 
Perdo qualche battito.
Le mie gote sono diventate rosee?
Hai percepito i sobbalzi del mio cuore?
I miei occhi hanno parlato troppo?
 
« Ti vedo sciupato, teme. Mangi a sufficienza? »
 
Un tremante sospiro di sollievo si fa strada fra le mie labbra schiuse. Raccolgo piano i pezzi sparsi di me, prendo del tempo per ritrovare la pacatezza che tanto mi contraddistingue.
 
« Sto bene, dobe » - pronuncio queste parole in maniera automatica e mi chiedo a chi stia mentendo, se a te oppure a me.
 
Non mi credi, ne siamo consapevoli entrambi. Mi fai cenno di seguirti, mi inviti a sedermi dinanzi alla scrivania straripante di scartoffie. Ma nessuno dei due prende posto. Restiamo ancora ad osservarci in silenzio l'uno in cerca di qualche cambiamento nell'altro.
 
Poi, un'idea sembra traversarti la mente. Sollevi un braccio con decisione, il destro.
Prima che io possa reagire, scosti con delicatezza il ciuffo che mi copre buona parte del viso.
 
Spalanco gli occhi. Allontano il viso dalla tua mano.
La mia agitazione non ti sfugge, ma insegui il mio volto fino a posare il palmo sulla mia guancia sinistra.
 
No.
Ti prego, non guardarmi in quel modo.
 
Non guardarmi come se fossi la cosa più preziosa per te.
Non lo sono, nella tua vita c'è posto unicamente per lei.
 
Non guardarmi dritto nel mio punto debole.
Spesse volte mi attraversa il pensiero di strapparmi quel mostruoso occhio, il condensato di tutto il dolore che ti ho inferto.
 
Non accarezzarmi proprio con quel braccio, che è soltanto legno pallido e di te non ha più niente.
 
Quel pezzo di carne te l'ho strappato io.
Sono stato io a versare il tuo sangue.
Allora perché continui a fissarmi in quella maniera?
 
Una lacrima mi sfugge - per ironia della sorte - dall’occhio violaceo che tento in ogni modo di nascondere. Te ne accorgi, la catturi con il pollice. I miei occhi restano ad osservare incantati la piccola chiazza salata espandersi sulla benda che ti avvolge la mano in candide spirali.
 
« Per quale motivo lo nascondi? Io penso sia bellissimo. »
 
Un tonfo sordo al cuore. Delle dita si posano piano sul mio mento, lo sollevano. Ed i miei occhi si incatenano nuovamente ai tuoi. Questa volta non mi preoccupo di nascondere le emozioni che strabordano da essi. Non mi importa più. Forse voglio che tu capisca, che te ne accorga per una buona volta.
 
L'oscurità più densa si fonde all'azzurro cristallino, al punto da non sapere più quali siano le mie iridi e quali le tue.
 
Ora capisco alla perfezione perché in passato io sia fuggito più e più volte da te.
Sin da bambino la mia vita si è legata indissolubilmente alla morte e alla disperazione.
Mi sono aggrappato con le unghie alle tenebre per assicurarmi di non essere un involucro vuoto.
 
Tu hai sempre vegliato sulla mia persona, ne sono stato consapevole sin dal principio.
Ogni volta che mi voltavo nella tua direzione per poi scoprire che il tuo sguardo era già posato su di me, la felicità mi pervadeva quel petto arido.
Avrei potuto aggrapparmi a te e scegliere la strada più luminosa.
Quante volte tale pensiero ti ha consumato fino al sorgere del sole?
La verità è che non ne sarei mai stato in grado.
 
Siamo l'uno lo specchio capovolto dell'altro,
la reciproca ossessione,
il proprio punto di partenza e traguardo.
È qualcosa di talmente grande che non ha nome,
qualcosa che dilania e che ho cercato in ogni modo di troncare
perché altrimenti mi avrebbe consumato,
più della stessa sete di vendetta.
Perché quest'ultima spiana la strada del dolore e del male,
della sicurezza.
Al contrario, il nostro legame è terrificante,
mi rendi instabile e vulnerabile.
Non potevo permettermelo,
ero terrorizzato al solo pensiero che tu mi facessi star così bene.
 
Ora so che tu sai. Te l'ho già detto una volta, mentre speravo silenziosamente che tu mi sconfiggessi.
 
Conosco il tuo cuore e tu il mio, Naruto.
 
Ed ora questo cuore da quattro soldi me lo strapperei dal petto e te lo porgerei, pulsante e sanguinante, se solo servisse a renderti mio. Perché io tuo lo sono da così a lungo che non ne ho più memoria.
 
A cosa stai pensando, adesso?
Perché continui a scavarmi nell'anima?
Ne conosci già l'angolo più dimenticato e polveroso, più di quanto conosca te stesso.
 
Voglio che tu la smetta, voglio afferrarti il palmo gentile che è ancora posato sul mio zigomo sinistro e scaraventarlo via. Voglio voltarti le spalle e allontanarmi da te a lunghe falcate.
 
Vorrei. Non ne sono in grado.
È una vita intera che tento di strapparti dal mio cuore, anche a costo di sanguinare, ma ormai sei così intricato dentro di me che non so più dove io finisca e dove tu cominci.
Moriremmo entrambi dissanguati.
 
« ... Usuratonkachi. »
 
È la prima volta che sei tu a pronunciare questa parola.
Ma del resto, chi sei tu, se non me?
 
Il momento in cui annulli le distanze e catturi dolcemente le mie labbra con le tue, non sono sorpreso. Forse perché l'ho desiderato anch'io al punto tale da aver preso inconsciamente questa decisione assieme.
 
Non sono sorpreso, ma muoio dentro. Le fiamme divampano sul mio viso arrossato e le viscere mi si attorcigliano. Il mio braccio si è aggrappato al tuo collo, le tue mani sono salde sui miei fianchi.
 
Ogni cosa è al suo posto. E quando ci distacchiamo per riprendere fiato, hai dipinta sul viso un’espressione che non ti ho mai visto addosso. Probabilmente la stessa che adesso è disegnata sul mio.
 
Nessuno dei due osa proferir parola, abbiamo entrambi il terrore di rovinare questo momento così surreale. I tuoi occhi sono diventati opachi, colmi di qualcosa che mi è ancora estraneo.
 
Le tue labbra ora sfiorano il profilo della mia mascella definita, lo accarezzano, se ne appropriano. Colto alla sprovvista, mi son lasciato sfuggire un gemito e mi sembra di morire dall’imbarazzo. Ma tu ti perdi ancor di più in me ed allora decido che non ha importanza.
 
Mi rendo conto che la mia mano si è fatta strada fra le tue vesti soltanto nel momento in cui incontro la pelle bollente di un petto che non è il mio.
 
Ti fermi, ti allontani quanto basta per guardarmi in volto.
 
« Sasuke.. io - »
 
Ti trema la voce.
A me trema il cuore.
E ti impedisco di terminare la frase, lasciando ancora una volta combaciare le nostre labbra.
 
Sono sufficienti un timido bussare alla porta ed un dolce « Naruto-kun » a pervadermi di un dolore devastante.
 
Ci blocchiamo entrambi, per motivi differenti. E questa volta non sono in grado di raccogliere i cocci della mia anima da terra ed accettare la sconfitta con dignità.
 
Un bruciore lancinante mi trafigge, il respiro diventa affannoso e non sono in grado di fermare le lacrime che cominciano a rigarmi il volto devastato.
 
Non ho idea di che espressione tu abbia in questo momento, perché non sono in grado di affrontare il tuo sguardo. Se solo vi leggessi un briciolo di rimorso, potrei non essere in grado di reggere la situazione.
 
Scelgo di ritirarmi, di allontanarmi quanto più velocemente possibile da un posto in cui io sono completamente estraneo.
Scelgo di farlo adesso, adesso che non sono ancora del tutto in frantumi.
 
Mi dirigo verso la porta a lunghe falcate, pronto a scappare da te per l’innumerevole volta.
 
Mi blocchi, mi afferri per il polso. Cerco con tutte le mie forze di strattonarmi e liberarmi, ma la tua stretta me lo impedisce.
Poi, mi cingi il petto con le braccia e appoggi il tuo viso contro la mia schiena.
 
Cerco di ignorare la sensazione di calore che mi pervade.
 
Aspetto che tu dica qualcosa, ma non parli.
Allora mi armo di parole taglienti, cerco di ferirti per indurti a lasciar la presa, ancora una volta, un’ultima volta.
 
La stretta, però, non si allenta.
 
Quando la tua voce soffocata scaccia via il silenzio assassino, mi rendo conto che il più dilaniato dei due sia proprio tu.
 
« Non lo hai ancora capito? L'unica persona che voglio al mio fianco sei tu. »
 
Un verso strozzato lascia la mia gola; « E lei? »
 
« Non essere idiota. Non puoi essere geloso di un sentimento che non esiste. E poi, lei sa. Credo si sia arresa all'evidenza anni e anni addietro. »
 
« Nonostante questo, continua a restarti affianco » ; aggiungo diffidente.
 
« Proprio così » ; rispondi tu, innaturalmente calmo. « Ti prego, Sasuke, resta con me » ; aggiungi poi, implorante, serrando i pugni contro la stoffa del mio mantello.
 
Mi volto piano, questa volta sono io a racchiudere il tuo mento tremante fra le dita.
 
« Come se potessi permetterle di vincere questa battaglia. La mia, di battaglia. »
 
Ti poso un casto bacio all’angolo della bocca. I miei movimenti sono un po’ impacciati, ma decisi.
I tuoi occhi si sciolgono contro i miei, di nuovo, ma c'è qualcosa di differente.
 
L'aleggiare di una certezza.
Lì, in mezzo a noi, ed unicamente nostra.
 
 
 
 
Note dell’autrice: eccomi qui con questa piccola sciocchezzuola; qualche giorno fa, mentre viaggiavo sul pullman, mi è partita una scintilla. Stamattina si è riaccesa ed ecco il risultato.
Tengo di cuore a precisare che le iniziali parole in inglese  appartengano ad una lettera scritta da Rimbaud a Verlaine nel 1873, in uno dei tanti, troppi, momenti di rottura tra i due. Inutile dire che io abbia immediatamente pensato si sposasse alla perfezione con questi due piccini. Inoltre, questa citazione mi ha consentito di inserire il POV di Naruto, che nella fic vera e propria è assente. Spero di non aver combinato un completo disastro e che sia riuscita a toccare le corde di qualche cuore. A presto!
  
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