Sasuke è immobile davanti allo specchio,
ancora a torso nudo.
Quando
Naruto entra in bagno, credendolo in cucina a bere il suo tè mattutino,
e lo trova così, per qualche secondo non si muove neanche, stupito.
Sasuke è talmente assorto che nemmeno si accorge di lui, continua a
guardarsi quasi febbrilmente. Si scruta con un’attenzione strana, si
direbbe ansioso, sporge persino il capo un po’ in avanti per vedere
più da vicino il proprio viso, come cercando di osservarne ogni
dettaglio.
Naruto esita per qualche altro istante,
perplesso, poi ridacchia.
“Teme,
ti s’è bruciato il cervello del tutto o ti sei innamorato di nuovo
di te stesso?” lo provoca, sornione, addentrandosi nel bagno.
Sasuke
non reagisce, nemmeno volta lo sguardo nella sua direzione ma continua a
fissare ossessivamente il proprio riflesso, il viso impenetrabile e
inespressivo, mentre Naruto s’avvicina.
“Sono
cinque anni oggi,” inizia il genio con indifferenza, atono, “che
mio fratello è morto.”
Nello
specchio
Fortune,
fame,
mirror
vain,
gone
insane.
But
the memory remains.
[The
memory remains – Metallica]
Il
piede di Naruto si blocca a mezz’aria e lo specchio, curiosamente, gli
rimanda il riflesso del proprio viso atteggiato a un’espressione che
potrebbe essere d’improvviso sgomento. Apre e richiude la bocca e
distoglie lo sguardo da se stesso, osservando l’immagine di Sasuke che
però, ovviamente, non rinvia emozioni particolari.
“Vogliamo,
mh, dare una festa d’anniversario?”
azzarda nell’intento istintivo di sdrammatizzare, senza però
riuscire ad avere un tono scherzoso ma piuttosto preoccupato. Sasuke sembra non
sentirlo neanche, avvicina ancora il viso allo specchio e si sfiora gli zigomi
con la punta delle dita, assorto.
“Aveva
la mia età,” aggiunge, piatto.
Naruto
tentenna per qualche secondo, senza sapere cosa dire né come vedere la
cosa. Se Sasuke avesse manifestazioni un filino meno contenute forse lui
saprebbe se deve preoccuparsi o meno. Invece quello se ne sta lì come
una bella statuina, altrettanto comunicativo.
Si
passa una mano nel biondo dei capelli, inspirando profondamente, poi accenna un
sorriso incerto e gli s’avvicina ancora, strofinando distrattamente il
naso contro la sua spalla.
“E?”
tenta, cercando indizi utili.
Sasuke
piega leggermente il capo di lato, ancora fissandosi.
“Credo
di somigliargli molto,” commenta, il tono sempre piano e impersonale.
“Ma comincio a non essere più così sicuro di
come…” S’interrompe, serrando le labbra. “Me lo sto
dimenticando. Li sto dimenticando tutti,” termina lento, abbassando la
voce.
Naruto
soffoca un sospiro contro la pelle della
sua spalla, poggiandogli le dita sul fianco.
“Quant’è
che sei qui davanti?” chiede, dando voce a una domanda che gli
gironzolava in testa dall’inizio della conversazione.
Sasuke
scuote appena il capo, liquidandolo.
“Chissà
se ho lo stesso sorriso. Sorrideva, quando è caduto a terra. Sembrava
pesare quanto una foglia,” continua, distaccato.
Basta,
pensa Naruto. Questo argomento non fa bene a Sasuke. Ma lo guarda e gli sembra
che per lui sia importante. Poggia piano il mento nell’incavo del suo
collo, guardando il suo riflesso per qualche istante.
“Prova
a vedere,” suggerisce, cauto.
Sasuke
solleva un sopracciglio, scettico.
“Dai,
teme, sorridi,” insiste Naruto, serio.
Sasuke
resta vagamente accigliato e lui gli fa un po’ di solletico sul fianco
con le dita.
“Dai,”
insiste lui, mentre Sasuke si divincola con un guizzo, afferrando imperioso la
sua mano per fermarlo.
“Piantala,”
intima brusco. “Non capisci.”
Naruto
aggrotta la fronte, senza rispondere. La sua espressione si fa dura, rabbuiata,
perché questa è una cosa che Sasuke gli ha detto troppe volte, e
in momenti che non ha voglia di ricordare, e forse è anche vera. Non
è tipo che rimescoli il passato, lui, ma a volte Sasuke riesce lo stesso
a ferirlo in quel modo.
“Bene,”
risponde tagliente. “Allora continua a rimuginare, io mi faccio un
bagno.”
Gli
volta le spalle e si sfila i calzoni senza aggiungere altro, aprendo al massimo
il getto dell’acqua. Spera che Sasuke si giri e gli dica qualcosa, che
riaggiusti il tiro e si riscuota, ma il silenzio assoluto gli indica che Sasuke
sta ancora guardando lo specchio.
Chiude
il getto dell’acqua con un gesto brusco, si sfila gli ultimi indumenti
già con un piede a mollo e affonda nella vasca senza più girarsi
verso il genio.
“Non
sono proprio sicuro che sorridesse,” considera Sasuke a voce bassa.
“Ero confuso.”
E
ci credo, risponderebbe Naruto schiettamente. Ma non lo fa, resta solo in
silenzio esaminando la punta del proprio piede che sbuca dall’acqua.
Soltanto dopo un po’, con riluttanza, solleva lo sguardo su Sasuke e lui
chiude gli occhi per qualche secondo, poi li riapre e finalmente si volta verso
di lui, restando ancora zitto per qualche secondo. Si morde lievemente le
labbra, con la fronte aggrottata.
“C’è
posto per due, lì dentro?” chiede poi, ruvido, di punto in bianco.
Naruto
si ritira verso il bordo della vasca.
“Vieni
qui,” risponde soltanto.
Sasuke
sfila i piedi dalle ciabatte ancora camminando e, prima che lui possa fare
qualunque cosa, si infila a mollo con
ancora i pantaloni addosso, incastrando le gambe tra le sue.
“Forse
se non fossi entrato tu in bagno lo avrei rotto,” borbotta tra sé.
“Cosa?”
chiede Naruto, sconcertato.
“Lo
specchio.”
Lui
scuote appena la testa, riordinando la mente e allontanando una genuina
amarezza prima di espellere un sorriso sornione.
“Poi
io avrei rotto te,” risponde sfrontato, contorcendosi per riuscire a
spostarsi in avanti. Si appoggia al petto di Sasuke e libera le gambe –
è stretta, quella vasca, ed è complicato – andando a
cercare le sue labbra con le proprie.
“Dove
sei?” chiede piano, contro la sua pelle.
Sasuke
spinge avanti la testa, concedendogli un bacio lento che finisce troppo in
fretta.
“Non
lo so, bene,” ammette serio. Naruto continua a sorridere con impegno,
facendo scorrere la mano verso il suo ventre. Sasuke trattiene il fiato con uno
scatto degli addominali, ma poi s’irrigidisce.
“No,”
afferma deciso. “Non ne ho voglia,” aggiunge, allontanando la sua
mano. “Voglio solo stare qua.”
A
Naruto sembra stanco, sembra il Sasuke dell’inizio della loro relazione,
ancora debole e senza energia, che non aveva slanci di nessun tipo, non reagiva
quasi ed era stranamente inerme. Rannicchiato su se stesso per ritrovarsi.
Annuisce,
riportando la mano verso l’alto, sui suoi capelli.
“La
tua famiglia sono io, teme,” mormora, sfregando le labbra contro il suo
mento.
“Me
ne farò una ragione, dobe” risponde
Sasuke meccanicamente. Naruto ridacchia rifilandogli un leggero pugno, prima di
abbandonarsi a peso morto su di lui. Sbuffa a filo d’acqua, ascoltando il
suo cuore che batte lento. Sasuke mugugna, ma non lo respinge
Non
dicono nulla per un paio di minuti, restando solo lì aggrovigliati, ed
è anche una posizione scomoda. Poi Sasuke prende un inspiro più
profondo.
“Raccontami
com’è andata la storia,” ordina, imperativo.
“Quale
storia?” chiede Naruto perplesso, raddrizzando la testa per guardarlo in
faccia. Sasuke osserva il soffitto, calmo.
“Minato
Namikaze, tua madre, Kyuubi.”
Naruto
spalanca gli occhi, colto alla sprovvista da quella domanda inaspettata.
Socchiude le labbra prendendo fiato e lo osserva per un paio di secondi. Non ha
mai mostrato interesse per l’argomento, prima.
“Veramente,
non la so bene. Avevo chiesto al sensei di parlarmene, ma lo sai
com’è fatto,” risponde ridacchiando. “Ha borbottato qualche
frase tirata fuori con le tenaglie. Allora ho fatto un po’ di domande in
giro e mi sono rivolto anche a Tsunade, ma nemmeno lei ha un quadro
chiarissimo.”
“Quando?”
Naruto
esita ancora, non riesce proprio a seguirlo, oggi.
Sasuke,
intuendolo, sbuffa sprezzante.
“Quando
hai fatto questa tua indagine?” spiega generosamente, scocciato.
“Oh,”
bofonchia Naruto, illuminandosi di comprensione. “Non so, direi intorno
ai tre anni fa.”
“Non
me lo avevi mai detto, dobe.”
“Non
me lo avevi mai chiesto, teme.”
Tacciono
di nuovo. L’acqua inizia leggermente a raffreddarsi, ma nessuno dei due
sembra farci caso.
“Allora,
questa storia?” riprende Sasuke, brusco.
Naruto
respira a fondo, spostandosi una ciocca di capelli bagnati dalla fronte, poi
poggia la guancia sul petto di Sasuke. Forse, dopotutto, il teme ha bisogno di
distrarsi e pensare a qualcos’altro. In ogni caso, è contento di
parlargliene. Fosse per lui, a Sasuke parlerebbe di qualunque dannata cosa,
anche la più stupida del mondo, e tanto più di questa.
“Beh…”
borbotta, raccogliendo le idee.
Minato
Namikaze era un vero prodigio.
Già
da piccolo dava mostra di capacità del tutto fuori dalla norma. Jiraiya
aveva visto giusto, scommettendo su quel bambino biondo e solare, giudizioso ma
sempre vivace e di buonumore. A dieci anni Minato era un jonin di Konoha e
spiccava in una guerriglia tra nazioni che durava da troppo tempo e minacciava
di continuare a lungo, tra una tregua e l’altra. Durante una di esse,
quando lui aveva già tredici anni, la nazione di Uzu
si era avvicinata alla Foglia e uno dei suoi più rinomati esponenti, Kaito Uzumaki, aveva raggiunto il Fuoco per avviare una
trattativa di pace stabile. Dal momento che la sua missione prometteva di
durare a lungo e che lui era vedovo, aveva deciso, nonostante i rischi del
viaggio, di portare con sé la figlia Kushina,
dodici anni, genin.
E
Minato, a quattordici anni, si era trovato con un’allieva provvisoria di
soli due anni più giovane di lui.
“Un’allieva?”
ripete Sasuke, vagamente stupito.
Naruto
annuisce con sicurezza, sogghignando.
“Tsunade
mi ha detto che aveva anche sollevato obiezioni con Jiraiya. Era sempre oberato
di missioni e non aveva tempo a sufficienza da dedicare alla ragazzina,”
spiega, divertito.
“Se
le somigli, aveva tutta la mia comprensione,” commenta Sasuke,
sarcastico.
Naruto
gli schiaffeggia il petto, bellicoso.
“Ma
vai a cagare, teme!”
“Continua,
invece di darmi noia, che poi se no ti devo far male,” ribatte Sasuke
truce.
Naruto
lo guarda storto, minaccioso, ma poi sbuffa superiore.
Minato
aveva avuto altre occasioni di lamentarsi, e più volte. La sua allieva
aveva già sentito parlare di lui, prima di conoscerlo, come di uno
shinobi dal precoce e dallo straordinario talento, e aveva immediatamente
deciso che l’avrebbe battuto al più presto. Per giunta era una
piantagrane esagitata che ne combinava una dietro l’altra, aveva la
predisposizione naturale alle beffe di cattivo gusto e non eseguiva i suoi
ordini manco a morire. Minato, sotto pressione per le azioni esterne, spesso
sottoposto a scontri potenzialmente mortali, doveva anche sopportare, al
villaggio, le sue provocazioni continue e le lamentele delle vittime di Kushina.
“Mi
fa una pena…” osserva Sasuke, con l’aria di sottintendere che
conosce bene il problema.
“Ah
davvero?” sibila Naruto torvo.
“Beh,
conosco altra gente che mascherava una sconfinata ammirazione con
ostilità e atteggiamenti di sfida,” commenta l’altro,
sarcastico.
Naruto
distoglie lo sguardo e storce le labbra in una smorfia astiosa.
“Non
so di che parli.”
”Come
no…” infierisce Sasuke, maligno. “Continua, che è
meglio.”
In
effetti, Kushina ammirava moltissimo il suo giovane
sensei temporaneo. La indispettiva profondamente il fatto che soli due anni di
differenza di età coincidessero con un divario schiacciante nel combattimento.
Tra lei e Minato non c’era nemmeno un possibile paragone: una genin e un
jonin come pochi altri, neanche si poteva prendere in considerazione
l’idea. Nei fatti, questo si traduceva in un’insolenza
straordinaria. Minato, dotato per natura di una sconfinata pazienza, pensava
anche che Kushina fosse simpatica: era divertente,
sveglia e ironica, ma il suo comportamento lo sfibrava.
Aveva
finito per trovarsi messo alle strette il giorno in cui erano usciti per una
breve missione ricognitiva. Kushina, contravvenendo
ai suoi ordini espliciti, si era allontanata approfittando di una discussione
tattica tra lui e il suo compagno di team. Si era imbattuta in un drappello di
spie nemiche e, se Minato non fosse sopraggiunto tempestivamente, con ogni
probabilità sarebbe stata uccisa.
“Mi
sento sollevato,” osserva Sasuke grave.
Naruto
aggrotta la fronte, interrogativo.
“Per
cosa? E’ ovvio che l’ha salvata, altrimenti non sarei nato,”
replica, saccente.
“Poniamoci
la domanda: sarebbe davvero un male?” replica Sasuke sprezzante. Naruto
tenta di cacciargli la testa sott’acqua con una spinta decisa, cedendo
poi al suo divincolarsi con un sorrisetto superiore.
“Stronzo.”
“Intendevo
comunque che sono sollevato perché non sono l’unico che ha dovuto
rimetterci per due, avendo a che fare con un cretino indisponente e
avventato,” precisa Sasuke, altezzoso.
E
questa volta, una bella sorsata d’acqua è d’obbligo.
Riemerge sputacchiando indignato e Naruto lo guarda male. Soltanto quando un
rivolo d’acqua cola dai capelli bagnati di Sasuke, scorrendogli sulle
labbra, Naruto si ammorbidisce lambendole con un bacio.
“Comunque…”
prosegue poi, tornando ad allungarsi su di lui.
Minato
non si arrabbiava mai, ma quella volta aveva capito di non poter lasciar
correre. Kushina aveva rischiato la vita in modo
sciocco e messo potenzialmente a repentaglio anche la sua. Aveva deciso,
quindi, che era venuto il momento di darle una lezione e l’aveva fatto in
modo duro.
L’aveva
ricondotta al villaggio in assoluto silenzio, senza una sola parola, ma Kushina aveva capito dal pallore fremente del suo viso, per
una volta rigido, di aver esagerato. A Konoha, Minato le aveva detto semplicemente
che, dal momento che sembrava convinta del fatto suo, non aveva che da
dimostrarlo. L’aveva affrontata in un combattimento conclusosi in un
battito di ciglia con una sconfitta indecorosa della ragazzina. Tsunade rideva,
raccontando che per tre giorni la genin di Uzu non si
era nemmeno presentata agli appuntamenti col sensei. Minato, con le sue
tonnellate di buon cuore, aveva colpevolizzato tanto da finire per andarla a
cercare nella sua residenza di Konoha, tirando un pacco clamoroso a Jiraiya che
l’aspettava per pranzo – e che gliel’avrebbe rinfacciato,
ridendo, per tutto il resto della vita del futuro Yondaime.
“La
tendenza a non lasciare in pace la gente che non vuole vedervi è una
tradizione di famiglia, noto,” commenta Sasuke rassegnato.
Naruto
gli fa una smorfia grondante antipatia, avverso.
“E’
che siamo acuti e sappiamo che in realtà non è vero,”
ribatte con un’occhiata eloquente.
“Quando
uno cerca ripetutamente di uccidermi io penso che davvero non ne voglia sapere di me,” osserva Sasuke,
asciutto.
Naruto
assottiglia gli occhi con stizza, digrignando i denti, ma poi sorride
sfacciato.
“Se
è vero, cosa ci faccio nudo con te nella tua vasca da bagno?”
chiede vittorioso.
Sasuke
socchiude le labbra per rispondere ma resta zitto, evidentemente non trovando
una replica credibile. Fissa il vuoto in silenzio per qualche secondo e
arriccia il naso contrariato.
“Allora,
la storia?” incita, sostenuto.
Naruto
ridacchia, tronfio.
Kushina
si era presentata alla porta con molta riluttanza, adducendo una brutta
influenza come scusa per la sua latitanza. Minato, vedendola perfettamente in
forze, si era lasciato sfuggire un sorriso bonario. Le aveva proposto di
mangiare pranzo con lui per discutere dell’andamento da dare ai suoi
allenamenti, perché, sosteneva, era troppo giovane per fare il sensei e non
sapeva come procedere. Invece, davanti a un sontuoso ramen, le aveva detto
senza giri di parole che non aveva motivo di sentirsi tanto vergognosa. Se
l’aveva battuta così brutalmente era stato unicamente
perché capisse che il suo atteggiamento non aveva senso. Ma gli avrebbe
fatto piacere continuare ad allenarla, a patto però che lei lo aiutasse
a farlo.
Il
trucchetto psicologico aveva funzionato alla
perfezione. Tsunade era pronta a giurare che Kushina
si dovesse essere innamorata di lui in quel preciso momento. Comunque fosse, da
quel giorno il suo comportamento era cambiato completamente e quella che
dapprima era stata sbeffeggiante mancanza di rispetto era diventata aperta
stima. In più, per non sfigurare davanti al maestro, Kushina
aveva cominciato ad impegnarsi alacremente nell’allenamento e i risultati
erano stati evidenti in poco tempo.
“Sembra
più sveglia di te, dobe,” asserisce
Sasuke pensosamente.
“Se
non la smetti con le cazzate non continuo, teme!” barrisce Naruto
irritato. Ma non è vero, perché il genio sembra più
tranquillo di mezz’ora fa e per questo Naruto sarebbe disposto a continuare
a parlare anche per giorni.
“Ma
è vero,” sentenzia Sasuke altero.
“Adesso
ti affogo,” rumina Naruto minaccioso.
Sasuke
lo guarda scettico e lui sbuffa sdegnoso, prima di prendere fiato.
Minato,
col passare delle settimane, aveva imparato ad apprezzare il lato di Kushina che fino ad allora gli era stato precluso.
Continuava ad essere una confusionaria e un cataclisma ambulante, ma la sua
vitalità, le sue risate e la sua allegria lo contagiavano. Essendo anche
lui di carattere solare, s’era trovato senza nemmeno accorgersene a
passare le giornate sghignazzando, dimenticandosi almeno nelle ore che
trascorreva con lei della triste situazione del mondo esterno. Jiraiya,
sogghignando, aveva detto a Tsunade che c’era qualcosa nell’aria.
Kushina
Uzumaki era rimasta a Konoha per quasi un anno. Poi la missione pacifica di suo
padre si era conclusa e Kaito aveva deciso di tornare
a Uzu. La figlia avrebbe reintegrato la sua squadra
per qualche settimana e poi sostenuto l’esame da chunin. La notizia era
inaspettata e la partenza tempestiva, sicché allieva e precoce sensei
avevano avuto appena il tempo di salutarsi con un certo disorientamento. Si
erano promessi di restare in contatto e vedersi prima possibile, così Kushina avrebbe potuto mostrare i suoi futuri
miglioramenti.
Non
si erano visti per più di tre anni. Durante quel tempo si erano scritti
tre volte: la prima volta, Kushina aveva annunciato
di essere diventata chunin, e Minato le aveva risposto con una lunga lettera di
congratulazioni stesa accuratamente con l’aiuto di Jiraiya; la seconda
lettera era misteriosa per i più. Tsunade sapeva che Minato
l’aveva ricevuta, ma non aveva idea di cosa contenesse né di cosa
lui avesse risposto. Nella terza, lui aveva annunciato a Kushina
la morte della propria madre e il suicidio quasi contemporaneo di un amico di
vecchia data suo e della sua famiglia, Sakumo Hatake.
Il grande Zanna Bianca aveva lasciato un figlio orfano e Minato si era detto
che fosse giunto il momento di diventare sensei una seconda volta, con un team
vero e proprio di giovani e promettenti genin appena promossi, tra cui il
piccolo Kakashi.
Kushina
era arrivata a Konoha tre settimane dopo. Aveva sedici anni ed era diventata
jonin da poche settimane. L’unico motivo della sua visita era fare le sue
condoglianze a Minato Namikaze.
“Bella
scusa,” commenta Sasuke ironico.
“Era
preoccupata per lui. Tsunade dice che erano terribilmente innamorati,”
ribatte Naruto, sulla difensiva.
Sasuke
lo guarda penetrante, in silenzio.
“Non
ho detto il contrario,” osserva, stranamente pacato.
Naruto
annuisce cupo, accigliato. Non ci crede forse nemmeno lui, perché allora
non ha senso che sua madre l’abbia abbandonato. È pur sempre il
figlio avuto da quell’uomo che sosteneva di amare perdutamente.
“Beh?”
lo riscuote Sasuke, facendo scivolare il dito indice sulla sua colona
vertebrale.
La
seconda visita di Kushina era durata appena due
settimane. Kakashi la ricordava perché lei rideva tantissimo e, dopo il
suo passaggio, Minato sensei era sembrato fiorire. E io con lui, aveva
aggiunto pacatamente, senza spendere altre parole in merito. Secondo lui, dopo,
Minato aveva scritto e ricevuto lettere da Uzu con
una frequenza forse mensile. Aveva visto la “sua amica Kushina”, come la chiamava, in una missione in
collaborazione con Uzu ai confini di Suna e due ore dopo il suo ritorno Jiraiya raccontava
sghignazzando che Minato camminava rasoterra e sorrideva come un beota. Tsunade
non l’aveva mai visto così entusiasta da quando Orochimaru gli
aveva regalato, sbuffando sprezzante un commento maligno sul suo analfabetismo,
un set di pennelli da scrittura per il suo ventesimo compleanno, secoli prima.
“Non
ci credo neanche morto,” afferma Sasuke lapidario.
Naruto
ridacchia, divertito.
“Beh,
non credo che camminasse davvero rasoterra, ma…”
“Non
essere imbecille, se ce la fai,” lo zittisce Sasuke brusco. “Un set
di pennelli? Fatti con cosa, ossa umane?”
Naruto
sgrana gli occhi e scoppia a ridere di gusto, respirando contro il suo collo.
Trascurando
il dettaglio della credibilità di Orochimaru che si presentava al
compleanno del compagno di team con una scatola di pennelli, particolare capace
apparentemente di rovinare, e non poco, la sua immagine agli occhi peraltro
già non particolarmente ammirati di Sasuke, Kushina
era ritornata a Konoha un’altra volta, in missione con il suo team per
fare da scorta a un consigliere del governo di Uzu
atteso ad un colloquio con il Sandaime. Doveva
restare tre giorni: invece era rimasta nella nazione del Fuoco per i successivi
sei anni. Nel frattempo, senza che nessuno lo sapesse, a Konoha qualcosa si
muoveva: Minato Namikaze cominciava ad essere
additato come prossimo Hokage, cosa che ad alcuni non stava bene. Danzou aveva apertamente protestato all’idea e,
nell’ombra, Madara Uchiha doveva aver pensato
che non ci poteva essere occasione migliore per portare a termine i suoi piani
che approfittare della nomina di un Hokage così giovane e forse strategicamente
sprovveduto, che non avrebbe saputo far fronte a una catastrofe.
“Kyuubi,”
conclude Sasuke con sicurezza.
Naruto
annuisce assorto, serrando le labbra.
Non
aggiunge nulla, né Sasuke pronuncia una parola. Stanno pensando entrambi
alla stessa cosa, probabilmente: non così sprovveduto da non saper fare
fronte a una catastrofe, non così fortunato da superarla vivo.
Soltanto
dopo parecchi secondi Naruto percepisce gli occhi neri di Sasuke osservarlo con
malinconica circospezione. Accenna malamente un sorriso stiracchiato.
“Un
colpo magistrale, bisogna dirlo,” commenta senza riuscire a scherzare.
Sasuke
scuote lentamente la testa, meditabondo.
“Vuoi
andare avanti?” mormora, e questa volta è una domanda.
Naruto
esita per qualche secondo, prima di annuire con gli occhi nei suoi.
Kushina
Uzumaki e Minato Namikaze erano una delle coppie
più riuscite del villaggio di Konoha. Battibeccavano dal mattino alla
sera, scoppiando puntualmente a ridere come bambini alla conclusione delle loro
bagarre – nelle quali, secondo Kakashi, era sicuramente lei la
contendente più agguerrita. Minato si divertiva a stuzzicarla col suo
fare più posato, e Kushina s’infiammava
facendo onore alle sue chiome tiziane. Lei aveva ventun
anni quando si erano sposati, ma non aveva voluto naturalizzarsi cittadina di
Konoha. Probabilmente, a sentire Tsunade, conservava in fondo al cuore la
speranza che un giorno o l’altro sarebbe riuscita a portare il suo
meraviglioso marito nella sua terra natale, dove ancora viveva il padre.
Invece,
a venticinque anni, Minato era stato nominato Yodaime
Hokage. Poche settimane dopo, Kushina si era scoperta
incinta. Il bambino si sarebbe chiamato Naruto, come il protagonista
dell’unico romanzo serio di Jiraiya. Il nome l’aveva scelto Minato.
E
poi, la trappola era scattata.
“I
nostri migliori shinobi erano quasi tutti fuori dal confine, era un periodo
molto teso con Suna e Kiri
e non mancavano scontri violenti. Io avevo tre settimane, tu tre mesi e mezzo.
Quel giorno c’era sole e il villaggio era calmo, non arrivavano brutte
notizie da giorni. È arrivato da un momento all’altro, come
sbucando dal nulla. Iniziava ad imbrunire e Kakashi sensei era al quartier
generale, sulla terrazza ad approfittare di un momento libero. Mi ha detto che
ha sbadigliato, strizzando l’occhio per qualche secondo. Quando
l’ha riaperto, d’improvviso ci sono stati fiamme e boati, e un
mostro che sembrava grande come una collina.”
Naruto
s’interrompe, deglutendo a fatica. Questa parte della storia è la
più difficile da raccontare.
Sasuke
lo guarda senza dire niente. Hanno un fremito nello stesso momento, quasi
accorgendosi solo ora che stanno lì a mollo da più di
un’ora.
“L’acqua
è gelata,” osserva Sasuke atono.
Lui
annuisce appiattendosi contro di lui, Sasuke gli frega distrattamente la mano
sulla spalla e tira su di naso, ha la pelle ghiacciata. Non lo sprona in nessun
modo, ma Naruto appoggia di nuovo la testa e ricomincia a parlare.
“Kakashi
è schizzato verso l’interno del palazzo per chiamare lo Yondaime, ma non ha finito di scendere nemmeno la prima
rampa di scale: mio padre aveva visto il fumo dalla finestra del suo ufficio e
poi l’edificio aveva tremato, stava già salendo sul tetto per
vedere cosa succedesse. Quando sono arrivati lassù, la foresta bruciava
e Kyuubi devastava tutto. Il muro del villaggio crollava e le case iniziavano
ad andare in pezzi, sembrava un terremoto. Sono rimasti fermi per qualche
secondo, poi Minato ha detto che quello era un bijuu e che bisognava fare
presto. Gli ha detto di radunare tutti gli shinobi, compresi gli ANBU, la
Radice e la polizia intanto che lui andava verso la porta del villaggio. Che
chiedesse se erano arrivate notizie sull’atteso rientro di Jiraiya e poi
lo raggiungesse con Fugaku Uchiha.”
Sasuke
aggrotta la fronte, cupo.
“Non
c’è andato?”
Naruto
scuote la testa.
“Quando
sono arrivati lo Yondaime aveva già cercato
quattro o cinque volte di avvicinare il mostro per capire come neutralizzarlo,
ma Kyuubi era intoccabile. Era ferito, ma non gravemente, e c’erano
già parecchi morti, civili terrorizzati, feriti, danni ingenti. Ma
Minato li ha rimandati indietro.”
“Chi?”
“Ha
chiesto a tuo padre cosa ne pensasse e lui ha risposto che non aveva idea di
come fosse possibile. Allora Minato gli ha detto: va bene, tornate indietro e
organizzate i soccorsi secondo la procedura. Poi si è girato verso il
sensei e gli ha detto…”
Smette
di parlare per più d’un minuto, mordendosi le labbra.
“Cosa?”
mormora Sasuke.
“Potresti
andare a prendere… Naruto per me?” esala lui, controvoglia. Inspira
forte. “Kakashi ha ripetuto: Naruto? e lui: Naruto, sì. Non fare
domande, non è il momento. Così Kakashi è tornato indietro
e ha incontrato mia madre che mi portava in braccio per mettermi al sicuro nel
rifugio dei civili. Lei ha urlato chiedendo dove fosse Minato e lui ha risposto
che stava affrontando Kyuubi e che gli aveva detto di prendere me.” Fa
un’altra pausa, penosa. “Kushina non
voleva, diceva che non aveva il minimo senso portarmi nell’epicentro
della catastrofe. ma Kakashi ha detto che era un ordine dello Yondaime e che bisognava eseguirlo. Lei, furiosa, gli ha
risposto di tenerselo, il figlio di quel cretino incosciente. Era sconvolta, si
stava preoccupando,” la giustifica, istintivamente.
Sasuke
si muove delicatamente, cambiando un po’ posizione, così lui si
permette un’altra breve pausa.
“Kakashi
ha raggiunto mio padre, portandosi dietro anche me. Mi ha lasciato a lui e si
sono avvicinati ancora a Kyuubi, insieme a qualche altro shinobi, così
sono riusciti ad allontanarlo un po’ dal villaggio. Minato ha mandato via
tutti, ma Kakashi non se ne voleva andare. Me l’ha ripetuto tre volte, io non volevo andarmene, non volevo proprio,
non volevo. Gli ha chiesto cosa c’entrassi io e lui ha risposto che
io c’entravo eccome, e che se ce l’avesse fatta sarei diventato un
eroe del Fuoco come nessun altro. È stato poi proprio Kakashi a dire
questo al Sandaime, che stava mettendo i cittadini al
sicuro. Comunque,” e si schiarisce la voce, “gli ha detto che non
serviva a nulla che restasse lì, ma anzi che aveva un incarico assolutamente
vitale per lui: tornare al villaggio per trenta minuti e poi raggiungerlo di nuovo lì. Poi gli ha sorriso e
gli ha accarezzato la testa, quindi l’ha spinto via ed è andato
avanti da solo.”
Adesso,
gli sembra davvero di non avere più voce, e per fortuna le dita di
Sasuke sono strette sulle sue spalle.
“Non
si sono più visti, giusto?” mormora il genio, grave.
Naruto
fa soltanto segno di no con la testa.
Sasuke
inspira a fondo, annuisce.
“E
tua madre?”
“Poco
dopo il tramonto la situazione era sotto controllo. Tutti i sopravvissuti erano
stati evacuati dalle case pericolanti, sapevano che Kyuubi era neutralizzato e
sigillato dentro di me, è stato il Sandaime a
capirlo dal sigillo, e che lo Yondaime Hokage era
morto per loro. Ma Kushina Uzumaki era sparita. Forse
è morta nelle esplosioni. Parecchi corpi erano irriconoscibili, poteva
essere una di loro. Qualcuno l’indomani ha anche detto che gli era
sembrato di vederla allontanarsi verso l’esterno del villaggio, sola,
poco dopo che le notizie erano state diffuse.”
“Chi?”
“Non
lo so,” risponde Naruto piano. “Kakashi non se lo ricorda e Tsunade
non era a Konoha quella notte, come Jiraiya. Ma con tutto quel caos, poteva
essere una qualunque persona coi capelli rossi, o magari nemmeno è vero.”
“Tornata
a Uzu?” ipotizza Sasuke, perplesso.
Naruto
scrolla le spalle. Non lo sa.
“Perché
ti avrebbe lasciato qua?”
Naruto
ridacchia dolorosamente.
“Sembra
sia quello che fate tutti quanti, prima o poi. Mi piantate qui come un
sacchetto della spazzatura da buttare via,” esclama, ilare, ma la voce
gli trema. “Ma io me la cavo, alla faccia vostra,” aggiunge con
baldanza artificiosa.
Ha
i polmoni stretti, la domanda che gli rimbalza in testa – da tempo,
ormai. Persino sua madre, piuttosto che avere a che fare con un jinchuuriki,
potrebbe aver preferito abbandonare il proprio figlio neonato.
“Te
lo meriti, dobe,” sentenzia Sasuke sprezzante,
ma il suo braccio gli avvolge il collo con delicatezza.
Naruto
fa per ridere, ma incomprensibilmente gli sfugge invece un singhiozzo. Lo soffoca
direttamente addosso Sasuke e, diamine, l’acqua è proprio gelida
adesso.
“Siamo
due casi sociali, teme,” ridacchia, ricacciando indietro il magone che
gli chiude la gola.
Sasuke
non risponde, sbuffa soltanto, facendo scorrere le labbra contro il lato della
sua testa.
“Hai
freddo?” borbotta. “Io ho freddo,” precisa subito, sostenuto.
Naruto
gli sfrega ancora il viso contro la pelle e poi annuisce, adoperandosi per
riuscire a tirarsi fuori di lì. Scivola, sguazzando, finché non
arriva faticosamente a tirare fuori una gamba, poi si riassesta sulle gambe
mentre anche Sasuke sguscia fuori dall’acqua. Si infilano negli accappatoi
tremando, Sasuke si libera dei pantaloni fradici a strattoni e si avvolge
stretta nel tessuto, batte persino i denti ed effettivamente ha le labbra
vagamente bluastre. Con quella pelle così chiara, sembra un cadavere.
Deve
pensarlo anche lui, perché sorride truce gettando una nuova occhiata
nello specchio.
“Adesso
sì che gli somiglio,” commenta con tono uniforme. “Un
morto.”
Naruto
aggrotta la fronte e gli si avvicina, ma Sasuke in quel momento si volta e
allunga le mani verso di lui, sporgendosi a baciarlo. In silenzio assoluto
barcollano strattonandosi verso la sua stanza, fino a rimbalzare sul letto.
Assiderati.
“Fa
freddissimo,” borbotta Naruto riprendendo fiato. “Che cazzo di
idea, questo bagno.”
“Almeno…”
inizia Sasuke, poi aggrotta la fronte. “Perché non mi hai mai
raccontato?” chiede secco, di nuovo.
Naruto
sbuffa, vagamente colpevole.
“Non
credevo ti interessasse. Non mi hai mai chiesto niente.”
“Non
sapevo avessi fatto domande in giro. Pensavo sapessi poco o nulla,”
ribatte Sasuke, tagliente. “Tu parli troppo e soltanto per dire
stronzate, ma una cosa seria morire se me la dici.”
Naruto
s’irrigidisce, indispettito. Lo strascico emotivo della narrazione lo
accende, si tira a sedere di scatto con una sorta di ringhio.
“Ma
vaffanculo, non è vero. Ma non si può
parlare con te, sembra non te ne freghi mai di niente e quando apri bocca
è per le tue menate da eroe sfortunato con un passato tragico. Scusa se
non ci tengo a fare anche io il depresso!” sbotta astioso. Sasuke
assottiglia le palpebre, irato, spintonandolo indietro.
“Almeno
io non faccio sempre finta che vada tutto bene come un imbecille. È
quello che fai con qualunque fottuta cosa, tu non affronti il dolore, fai solo
finta che non esistano i problemi come se avessi sei anni!” ribatte in un
ringhio, glaciale.
“E
funziona, pezzo di stronzo!” sbraita Naruto furioso.
“E
allora perché cazzo mi stai urlando in faccia, eh?” ruggisce
Sasuke rifilandogli un’altra spinta.
Naruto
esita per un secondo e poi si tira rabbiosamente in piedi, sul punto di implodere.
“Perché
sei un bastardo,” ringhia aggressivo. “Cosa cazzo ti dovevo dire,
eh? Mia madre mi ha abbandonato, anche
lei, e non riesco a farmene una ragione! Sono una cosa che non è del
tutto umana e non mi ricordo le facce dei miei genitori e, ehi, a proposito di facce
e drammi, tu non assomigli a tuo fratello, e sì, trovo folle che passi
due ore a guardarti allo specchio come un maledetto pazzo ossessivo rimuginando
sul tuo fratricidio!”
Sasuke
lo osserva in totale silenzio per qualche secondo, livido. Distorce il viso in
una smorfia d’odio e si tira a sedere, rigido.
“Credi
che sia l’unico spostato? Vogliamo parlare di uno che ha così
tanta paura della solitudine da perseguitare per anni gente che non chiede
altro che di vederlo sparire, fino a sfinirla, e s’incolla come maledetta
carta moschicida?” Si tira in piedi, afferrando altri pantaloni per
iniziare a infilarseli mentre lui cerca invano d’interromperlo. “O
di come cazzo mi hai costretto di nuovo qui, soltanto perché sei troppo
egoista e terrorizzato per accettare che qualcuno non voglia restarti
vicino?” aggiunge rabbioso, agguantando un kimono dall’armadio
socchiuso.
“Non
ti ho certo chiuso in una prigione, razza di… E dove cazzo vai?”
sbraita Naruto, bloccandosi nel vederlo poi infilare la porta ancora mezzo
svestito, prima di seguirlo.
“Fuori,
lontano da te,” sibila Sasuke velenoso, marciando giù per le
scale.
“Guarda
che questa è casa tua, genio!” lo insegue Naruto dal primo
gradino, malevolo.
“E
così capirai quanta voglia ho di ammazzarti!” ringhia Sasuke
furibondo, prima di sparire oltre la porta, che sbatte con violenza.
Il
pugno dato da Naruto contro il muro è così forte che
l’intonaco si crepa.
Due
giorni di silenzio.
Naruto
ha evitato il più possibile di muoversi negli orari e nei posti in cui
avrebbe potuto incontrare Sasuke, e il genio deve aver fatto lo stesso.
È
ancora talmente arrabbiato che, pensa, forse è meglio così. Le
parole di Sasuke gli rimbalzano ancora in testa, come piccole lame affilate,
facendogli salire ogni volta un’ondata di collera. Se lo vedesse, forse
sarebbe anche peggio.
È
quindi per puro caso che s’incrociano nel corridoio del quartier
generale, ciascuno per i fatti suoi. Naruto ha quasi un tuffo al cuore ma serra
le labbra e si trattiene, la rabbia fresca nelle vene. Sono accuse ingiuste,
quelle di Sasuke, che aleggiano sempre e se messe in superficie sono troppo
brucianti.
Lo oltrepassa con un cenno freddo a cui
Sasuke nemmeno risponde.
“Vogliamo
parlarne?” scandisce invece il genio altero, appena un passo oltre lui.
Naruto
si volta con incertezza e un leggero stupore, poi s’imbatte nella sua
espressione superiore, aggressiva, e stringe i pugni spontaneamente.
“Non
ho niente da dirti, né m’interessa ascoltarti. Prova a parlare con
l’immagine che vedi nello specchio, credo sia l’unica persona che
ti starebbe a sentire. Ah, già, peccato che tu l’abbia
uccisa,” risponde d’impeto, con istintiva cattiveria.
Si
gira e si allontana senza nemmeno più guardarlo.
È
già arrivato fuori dall’edificio quando realizza quanto sia meschino
quel che ha detto, e soprattutto che non è da lui.
Quando
apre la porta spera suo malgrado, disperatamente, di sbattere gli occhi in
luminosi capelli biondi. Invece, sono rosa.
“Sakura,”
mormora neutro.
Lei
sorride dolcemente, piegando appena la testa.
“Ciao,
spero di non disturbare,” esordisce affettuosamente. “Sono passata
a prendere notizie, sei latitante da qualche giorno. E ti sei dimenticato il
controllo oculistico semestrale,” precisa materna, con vaga
severità.
Sasuke
sbatte gli occhi, sorpreso. In effetti, l’aveva completamente rimosso
dalla memoria. Esita per qualche secondo, colto dal desiderio irrefrenabile di
cacciarla perché non ha voglia di vedere nessuno, ma Sakura non sembra
comunque molto propensa ad andarsene.
“Vuoi
un tè?” chiede brusco, sperando ardentemente in un declino.
“Oh,
grazie,” risponde Sakura, piacevolmente stupita. “Ottima
idea.”
Sasuke
sospira dopo averle dato le spalle, precedendola in casa, forse meno
infastidito di quanto vorrebbe perché ha passato la giornata da solo aspettando.
Qualcun altro, ma almeno sentirà una voce. Lei lo segue silenziosa,
installandosi davanti al tavolo con una strana circospezione, più
esitante del normale.
“Ho
sentito che hai litigato con Naruto…” azzarda infine a voce bassa,
incerta.
Sasuke
aggrotta la fronte.
“Hai
sentito?” ripete, scettico.
Sakura
distoglie lo sguardo, torcendosi le mani.
“Naruto
mi ha detto che avete litigato,” si corregge a voce bassa, annuendo.
“Hai
già organizzato i festeggiamenti?” ribatte lui, maligno.
“Non
essere cretino,” lo riprende Sakura, irrigidendosi.
Sasuke
sbuffa scostante, mettendo l’acqua a scaldare.
“E
sei venuta per questo?” chiede freddamente.
“No.
Te l’ho detto, la visita. Ho pensato che…avessi altro per la testa
e te ne fossi scordato,” risponde la dottoressa, compresa.
“Che
straordinaria empatia,” osserva lui, asciutto.
Sakura
sbuffa spazientita.
“E’
inutile che te la prenda con me, adesso,” osserva, ragionevole.
“Comunque, per essere del tutto onesta, sono stata mandata in
avanscoperta. Devo controllare che tu stia mangiando, che non soffra
d’insonnia e non ti sia tagliato le vene, cito testualmente.”
“Non
può venire a chiedermelo da solo?” risponde Sasuke stizzito, con
un irritante senso di sollievo al pensiero che Naruto sia inquieto quanto lui.
“E comunque sto benissimo,” precisa, altero.
Sakura
annuisce comprensivamente, assecondandolo in modo palese.
“Gli
trasferirò il suggerimento,” commenta, prendendo la tazza che lui
gli porge con un breve sorriso.
“Domani
abbiamo una missione.”
Naruto
sobbalza vistosamente, voltandosi di scatto per incrociare lo sguardo
distaccato di Sasuke.
“Lo
so,” risponde, prendendo un lungo respiro.
“Volevo
solo mettere in chiaro che, come da te auspicato, non è necessario che
ci parliamo. Ma vorrei assicurarmi che evitassi scenate e comportamenti puerili
con il team,” aggiunge il genio, rigido.
Naruto
sbuffa, condiscendente, poi lo osserva in silenzio per qualche secondo.
“Volevi
dirmi altro?” chiede infine racimolando l’energia. Avrebbe davvero
voglia di fare due passi ed abbracciarlo, più di tutto, e annusargli il
collo.
Sasuke
resta immobile e impostato, voltando la testa di lato.
“No,”
smozzica brusco, senza tuttavia muovere un passo. Deglutisce visibilmente,
combattuto. “…Tu?” soffia sottovoce, mostrandosi ostile.
A
Naruto sfugge una risatina liberatoria, mentre un peso immenso gli cade dalle
spalle.
“Devo
assolutamente finire di scrivere questa roba, sono in ritardo di tre giorni.
Posso passare da te verso le sei?” risponde, cercando di dominare
l’imbarazzo.
Sasuke
storce le labbra, come pensandoci su.
“Va
bene,” borbotta, prima di girare i tacchi e svignarsela.
Sasuke
si chiede se non sia completamente impazzito, perché mai nella sua vita
si è comportato in modo così frivolo. Ha passato un’ora
nella vasca, si è sbarbato e spuntato i capelli, ha sparpagliato in giro
per la stanza tutti i vestiti che possiede, se n’è provati
un’infinità e alle sei, quando sentendo scattare la serratura di
casa imbocca le scale per scendere ad accogliere Naruto, è di gran lunga
l’uomo più attraente che Konoha possa vantare.
Dal
suo punto di vista, un perfetto imbecille, insomma.
“Ciao,”
smozzica composto, e lo sguardo che Naruto gli fa scorrere addosso gli
suggerisce che forse non è stata poi una cattiva idea, quella di
affinare le armi di seduzione. Se lo farà strisciare ai piedi come
nemmeno un lombrico, quel demente di un dobe.
“Ciao,”
risponde Naruto, accennando un sorriso cortese.
Poi,
mentre Sasuke già comincia a elaborare la lunga sequela di maniere in
cui si farà schifosamente desiderare per le prossime tre ore almeno, il
jinchuuriki si tuffa in avanti, lo afferra per il collo del kimono e aggredisce
le sue labbra in un bacio famelico, strattonando il tessuto per svestirlo.
Sasuke, dandosi prova di manchevole coerenza, gli si abbandona con uno scarto
di tre secondi scarsi, spintonandolo immediatamente al muro. Si avventa sulla
sua felpa scardinando letteralmente la cerniera dalla sua collocazione, mentre
la manica del suo kimono si lacera con uno strappo.
Si
avvinghiano l’uno all’altro respirandosi tra le lingue, continuano
a stracciarsi via i vestiti nemmeno toglierli fosse tecnicamente impossibile,
si esplorano freneticamente, con più violenza del solito, con la pelle
che scotta libera dal tessuto. Naruto gli afferra i capelli e li tira con forza
verso il proprio bacino e Sasuke oppone ferma resistenza, mordendogli poi il
fianco tanto da strappargli un lamento di dolore, prima di cedere alla
pressione con le unghie piantate nella sua schiena. Si graffiano e si spingono
anche durante l’amplesso, sbattendosi uno contro l’altro in un ansimare
continuo e incomprensibili balbettii. Naruto tira una testata al muro da restarci
secco ma non se ne accorge neanche – ha la zucca dura, in ogni modo
– e Sasuke ha gamba schiacciata tra il suo corpo e la gambe della
credenza, contro cui continua a tirare gomitate ad ogni movimento, ma non
rallenta finché un gemito irrefrenabile gli sgorga dalle labbra, lungo,
seguito a breve da quello dell’orgasmo di Naruto.
Ci
mette qualche secondo per riuscire a respirare, stordito.
“Mi
hanno detto…di passare di persona,” ansima Naruto rauco, senza
fiato.
“Ti
hanno detto?” ripete Sasuke, addossandosi stancamente alla parete.
Naruto
ridacchia.
“Sakura
mi ha detto di passare,” precisa. “Ma l’avrei fatto comunque,
vista la mia uscita dell’altro ieri.”
Si
sporge di lato, ritrovando le sue labbra. Sasuke si ritrae, guardandolo in
silenzio.
“Dimmi
un’altra volta cose del genere,” afferma, grave, “e ti giuro
che non vedrai mai più la mia faccia nemmeno se mi cercherai per
trent’anni."
Naruto
si acciglia, con sfida.
“Attaccami
un’altra volta in quel modo e ti sarai liberato per sempre del problema
alla radice, perché non ti rivolgerò più la parola,”
ribatte deciso.
Si
osservano ancora per qualche secondo, poi Naruto allunga la mano infilandola
nei suoi capelli.
“Andiamo
forte. Tu sei un vittimista deprimente che drammatizza e butta tutto in
tragedia,” e Sasuke si acciglia ulteriormente, “e io sono un
coglione esagitato che dice un sacco di scemenze poco serie.”
Il
genio sbuffa, trattenendo un sorriso. Tecnicamente, è esatto.
“E’
vero che sei un coglione…” borbotta, per darsi un tono.
Ma
Naruto sorride, ignorandolo.
“Funzioniamo,
teme,” aggiunge, soffiando le parole contro le sue labbra. “Nello
specchio ci siamo noi,” conclude, prima che Sasuke, definitivamente, lo
zittisca.
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Pffff…
Incredibile
ma vero, ce l’ho fatta.
Dunque,
che dire… Intanto, che io non so praticamente nulla di Minato e Kushina, quindi ho inventato di sana pianta. Avrò fatto
errori temporali e stravolto cose, ma è accidentale e involontario.
E
penso sia l’informazione più significativa che vi posso fornire.
Per
il resto, niente di che. Spero no sia stata una lettura noiosa, e alla
prossima.
suni
(A
qualcuno che me l’aveva chiesto: sì, anni fa leggevo fin troppo assiduamente
Benni e ho ancora tendenza a non tralasciare i suoi libri quando escono,
perché li gusto sempre moltissimo.)