Anime & Manga > Naruto
Ricorda la storia  |      
Autore: suni    10/05/2009    14 recensioni
La comunicazione a volte è carente, a volte profonda. Ci sono cose di cui è facile parlare, cose più dolorose, cose tragiche a cui si dovrebbe pensare meno ma che d’altra parte non andrebbero taciute.
E quando ci si chiama Naruto Uzumaki e Sasuke Uchiha, il dialogo è un oscillare tra il silenzio, la logorrea e l’aggressione. Verbale, ma anche fisica.
[Legata a Konoha, mattina, ecc…]
Genere: Generale | Stato: completa
Tipo di coppia: Yaoi | Personaggi: Kakashi Hatake, Naruto Uzumaki, Sakura Haruno, Sasuke Uchiha, Yondaime
Note: nessuna | Avvertimenti: Spoiler!
- Questa storia fa parte della serie 'Konoha, mattina' Questa storia è tra le Storie Scelte del sito.
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
Sasuke è immobile davanti allo specchio, ancora a torso nudo

 

 

Sasuke  è immobile davanti allo specchio, ancora a torso nudo.

Quando Naruto entra in bagno, credendolo in cucina a bere il suo tè mattutino, e lo trova così, per qualche secondo non si muove neanche, stupito. Sasuke è talmente assorto che nemmeno si accorge di lui, continua a guardarsi quasi febbrilmente. Si scruta con un’attenzione strana, si direbbe ansioso, sporge persino il capo un po’ in avanti per vedere più da vicino il proprio viso, come cercando di osservarne ogni dettaglio.

Naruto  esita per qualche altro istante, perplesso, poi ridacchia.

“Teme, ti s’è bruciato il cervello del tutto o ti sei innamorato di nuovo di te stesso?” lo provoca, sornione, addentrandosi nel bagno.

Sasuke non reagisce, nemmeno volta lo sguardo nella sua direzione ma continua a fissare ossessivamente il proprio riflesso, il viso impenetrabile e inespressivo, mentre Naruto s’avvicina.

“Sono cinque anni oggi,” inizia il genio con indifferenza, atono, “che mio fratello è morto.”

 

 

Nello specchio

 

 

 

Fortune, fame,

mirror vain,

gone insane.

But the memory remains.

 

[The memory remains – Metallica]

 

 

 

 

Il piede di Naruto si blocca a mezz’aria e lo specchio, curiosamente, gli rimanda il riflesso del proprio viso atteggiato a un’espressione che potrebbe essere d’improvviso sgomento. Apre e richiude la bocca e distoglie lo sguardo da se stesso, osservando l’immagine di Sasuke che però, ovviamente, non rinvia emozioni particolari.

“Vogliamo, mh, dare una festa d’anniversario?” azzarda nell’intento istintivo di sdrammatizzare, senza però riuscire ad avere un tono scherzoso ma piuttosto preoccupato. Sasuke sembra non sentirlo neanche, avvicina ancora il viso allo specchio e si sfiora gli zigomi con la punta delle dita, assorto.

“Aveva la mia età,” aggiunge, piatto.

Naruto tentenna per qualche secondo, senza sapere cosa dire né come vedere la cosa. Se Sasuke avesse manifestazioni un filino meno contenute forse lui saprebbe se deve preoccuparsi o meno. Invece quello se ne sta lì come una bella statuina, altrettanto comunicativo.

Si passa una mano nel biondo dei capelli, inspirando profondamente, poi accenna un sorriso incerto e gli s’avvicina ancora, strofinando distrattamente il naso contro la sua spalla.

“E?” tenta, cercando indizi utili.

Sasuke piega leggermente il capo di lato, ancora fissandosi.

“Credo di somigliargli molto,” commenta, il tono sempre piano e impersonale. “Ma comincio a non essere più così sicuro di come…” S’interrompe, serrando le labbra. “Me lo sto dimenticando. Li sto dimenticando tutti,” termina lento, abbassando la voce.

Naruto soffoca un sospiro contro la pelle della  sua spalla, poggiandogli le dita sul fianco.

“Quant’è che sei qui davanti?” chiede, dando voce a una domanda che gli gironzolava in testa dall’inizio della conversazione.

Sasuke scuote appena il capo, liquidandolo.

“Chissà se ho lo stesso sorriso. Sorrideva, quando è caduto a terra. Sembrava pesare quanto una foglia,” continua, distaccato.

Basta, pensa Naruto. Questo argomento non fa bene a Sasuke. Ma lo guarda e gli sembra che per lui sia importante. Poggia piano il mento nell’incavo del suo collo, guardando il suo riflesso per qualche istante.

“Prova a vedere,” suggerisce, cauto.

Sasuke solleva un sopracciglio, scettico.

“Dai, teme, sorridi,” insiste Naruto, serio.

Sasuke resta vagamente accigliato e lui gli fa un po’ di solletico sul fianco con le dita.

“Dai,” insiste lui, mentre Sasuke si divincola con un guizzo, afferrando imperioso la sua mano per fermarlo.

“Piantala,” intima brusco. “Non capisci.”

Naruto aggrotta la fronte, senza rispondere. La sua espressione si fa dura, rabbuiata, perché questa è una cosa che Sasuke gli ha detto troppe volte, e in momenti che non ha voglia di ricordare, e forse è anche vera. Non è tipo che rimescoli il passato, lui, ma a volte Sasuke riesce lo stesso a ferirlo in quel modo.

“Bene,” risponde tagliente. “Allora continua a rimuginare, io mi faccio un bagno.”

Gli volta le spalle e si sfila i calzoni senza aggiungere altro, aprendo al massimo il getto dell’acqua. Spera che Sasuke si giri e gli dica qualcosa, che riaggiusti il tiro e si riscuota, ma il silenzio assoluto gli indica che Sasuke sta ancora guardando lo specchio.

Chiude il getto dell’acqua con un gesto brusco, si sfila gli ultimi indumenti già con un piede a mollo e affonda nella vasca senza più girarsi verso il genio.

“Non sono proprio sicuro che sorridesse,” considera Sasuke a voce bassa. “Ero confuso.”

E ci credo, risponderebbe Naruto schiettamente. Ma non lo fa, resta solo in silenzio esaminando la punta del proprio piede che sbuca dall’acqua. Soltanto dopo un po’, con riluttanza, solleva lo sguardo su Sasuke e lui chiude gli occhi per qualche secondo, poi li riapre e finalmente si volta verso di lui, restando ancora zitto per qualche secondo. Si morde lievemente le labbra, con la fronte aggrottata.

“C’è posto per due, lì dentro?” chiede poi, ruvido, di punto in bianco.

Naruto si ritira verso il bordo della vasca.

“Vieni qui,” risponde soltanto.

Sasuke sfila i piedi dalle ciabatte ancora camminando e, prima che lui possa fare qualunque cosa, si infila a mollo con  ancora i pantaloni addosso, incastrando le gambe tra le sue.

“Forse se non fossi entrato tu in bagno lo avrei rotto,” borbotta tra sé.

“Cosa?” chiede Naruto, sconcertato.

“Lo specchio.”

Lui scuote appena la testa, riordinando la mente e allontanando una genuina amarezza prima di espellere un sorriso sornione.

“Poi io avrei rotto te,” risponde sfrontato, contorcendosi per riuscire a spostarsi in avanti. Si appoggia al petto di Sasuke e libera le gambe – è stretta, quella vasca, ed è complicato – andando a cercare le sue labbra con le proprie.

“Dove sei?” chiede piano, contro la sua pelle.

Sasuke spinge avanti la testa, concedendogli un bacio lento che finisce troppo in fretta.

“Non lo so, bene,” ammette serio. Naruto continua a sorridere con impegno, facendo scorrere la mano verso il suo ventre. Sasuke trattiene il fiato con uno scatto degli addominali, ma poi s’irrigidisce.

“No,” afferma deciso. “Non ne ho voglia,” aggiunge, allontanando la sua mano. “Voglio solo stare qua.”

A Naruto sembra stanco, sembra il Sasuke dell’inizio della loro relazione, ancora debole e senza energia, che non aveva slanci di nessun tipo, non reagiva quasi ed era stranamente inerme. Rannicchiato su se stesso per ritrovarsi.

Annuisce, riportando la mano verso l’alto, sui suoi capelli.

“La tua famiglia sono io, teme,” mormora, sfregando le labbra contro il suo mento.

“Me ne farò una ragione, dobe” risponde Sasuke meccanicamente. Naruto ridacchia rifilandogli un leggero pugno, prima di abbandonarsi a peso morto su di lui. Sbuffa a filo d’acqua, ascoltando il suo cuore che batte lento. Sasuke mugugna, ma non lo respinge

Non dicono nulla per un paio di minuti, restando solo lì aggrovigliati, ed è anche una posizione scomoda. Poi Sasuke prende un inspiro più profondo.

“Raccontami com’è andata la storia,” ordina, imperativo.

“Quale storia?” chiede Naruto perplesso, raddrizzando la testa per guardarlo in faccia. Sasuke osserva il soffitto, calmo.

“Minato Namikaze, tua madre, Kyuubi.”

Naruto spalanca gli occhi, colto alla sprovvista da quella domanda inaspettata. Socchiude le labbra prendendo fiato e lo osserva per un paio di secondi. Non ha mai mostrato interesse per l’argomento, prima.

“Veramente, non la so bene. Avevo chiesto al sensei di parlarmene, ma lo sai com’è fatto,” risponde ridacchiando. “Ha borbottato qualche frase tirata fuori con le tenaglie. Allora ho fatto un po’ di domande in giro e mi sono rivolto anche a Tsunade, ma nemmeno lei ha un quadro chiarissimo.”

“Quando?”

Naruto esita ancora, non riesce proprio a seguirlo, oggi.

Sasuke, intuendolo, sbuffa sprezzante.

“Quando hai fatto questa tua indagine?” spiega generosamente, scocciato.

“Oh,” bofonchia Naruto, illuminandosi di comprensione. “Non so, direi intorno ai tre anni fa.”

“Non me lo avevi mai detto, dobe.”

“Non me lo avevi mai chiesto, teme.”

Tacciono di nuovo. L’acqua inizia leggermente a raffreddarsi, ma nessuno dei due sembra farci caso.

“Allora, questa storia?” riprende Sasuke, brusco.

Naruto respira a fondo, spostandosi una ciocca di capelli bagnati dalla fronte, poi poggia la guancia sul petto di Sasuke. Forse, dopotutto, il teme ha bisogno di distrarsi e pensare a qualcos’altro. In ogni caso, è contento di parlargliene. Fosse per lui, a Sasuke parlerebbe di qualunque dannata cosa, anche la più stupida del mondo, e tanto più di questa.

“Beh…” borbotta, raccogliendo le idee.

 

Minato Namikaze era un vero prodigio.

Già da piccolo dava mostra di capacità del tutto fuori dalla norma. Jiraiya aveva visto giusto, scommettendo su quel bambino biondo e solare, giudizioso ma sempre vivace e di buonumore. A dieci anni Minato era un jonin di Konoha e spiccava in una guerriglia tra nazioni che durava da troppo tempo e minacciava di continuare a lungo, tra una tregua e l’altra. Durante una di esse, quando lui aveva già tredici anni, la nazione di Uzu si era avvicinata alla Foglia e uno dei suoi più rinomati esponenti, Kaito Uzumaki, aveva raggiunto il Fuoco per avviare una trattativa di pace stabile. Dal momento che la sua missione prometteva di durare a lungo e che lui era vedovo, aveva deciso, nonostante i rischi del viaggio, di portare con sé la figlia Kushina, dodici anni, genin.

E Minato, a quattordici anni, si era trovato con un’allieva provvisoria di soli due anni più giovane di lui.

 

“Un’allieva?” ripete Sasuke, vagamente stupito.

Naruto annuisce con sicurezza, sogghignando.

“Tsunade mi ha detto che aveva anche sollevato obiezioni con Jiraiya. Era sempre oberato di missioni e non aveva tempo a sufficienza da dedicare alla ragazzina,” spiega, divertito.

“Se le somigli, aveva tutta la mia comprensione,” commenta Sasuke, sarcastico.

Naruto gli schiaffeggia il petto, bellicoso.

“Ma vai a cagare, teme!”

“Continua, invece di darmi noia, che poi se no ti devo far male,” ribatte Sasuke truce.

Naruto lo guarda storto, minaccioso, ma poi sbuffa superiore.

 

Minato aveva avuto altre occasioni di lamentarsi, e più volte. La sua allieva aveva già sentito parlare di lui, prima di conoscerlo, come di uno shinobi dal precoce e dallo straordinario talento, e aveva immediatamente deciso che l’avrebbe battuto al più presto. Per giunta era una piantagrane esagitata che ne combinava una dietro l’altra, aveva la predisposizione naturale alle beffe di cattivo gusto e non eseguiva i suoi ordini manco a morire. Minato, sotto pressione per le azioni esterne, spesso sottoposto a scontri potenzialmente mortali, doveva anche sopportare, al villaggio, le sue provocazioni continue e le lamentele delle vittime di Kushina.

 

“Mi fa una pena…” osserva Sasuke, con l’aria di sottintendere che conosce bene il problema.

“Ah davvero?” sibila Naruto torvo.

“Beh, conosco altra gente che mascherava una sconfinata ammirazione con ostilità e atteggiamenti di sfida,” commenta l’altro, sarcastico.

Naruto distoglie lo sguardo e storce le labbra in una smorfia astiosa.

“Non so di che parli.”

”Come no…” infierisce Sasuke, maligno. “Continua, che è meglio.”

 

In effetti, Kushina ammirava moltissimo il suo giovane sensei temporaneo. La indispettiva profondamente il fatto che soli due anni di differenza di età coincidessero con un divario schiacciante nel combattimento. Tra lei e Minato non c’era nemmeno un possibile paragone: una genin e un jonin come pochi altri, neanche si poteva prendere in considerazione l’idea. Nei fatti, questo si traduceva in un’insolenza straordinaria. Minato, dotato per natura di una sconfinata pazienza, pensava anche che Kushina fosse simpatica: era divertente, sveglia e ironica, ma il suo comportamento lo sfibrava.

Aveva finito per trovarsi messo alle strette il giorno in cui erano usciti per una breve missione ricognitiva. Kushina, contravvenendo ai suoi ordini espliciti, si era allontanata approfittando di una discussione tattica tra lui e il suo compagno di team. Si era imbattuta in un drappello di spie nemiche e, se Minato non fosse sopraggiunto tempestivamente, con ogni probabilità sarebbe stata uccisa.

 

“Mi sento sollevato,” osserva Sasuke grave.

Naruto aggrotta la fronte, interrogativo.

“Per cosa? E’ ovvio che l’ha salvata, altrimenti non sarei nato,” replica, saccente.

“Poniamoci la domanda: sarebbe davvero un male?” replica Sasuke sprezzante. Naruto tenta di cacciargli la testa sott’acqua con una spinta decisa, cedendo poi al suo divincolarsi con un sorrisetto superiore.

“Stronzo.”

“Intendevo comunque che sono sollevato perché non sono l’unico che ha dovuto rimetterci per due, avendo a che fare con un cretino indisponente e avventato,” precisa Sasuke, altezzoso.

E questa volta, una bella sorsata d’acqua è d’obbligo. Riemerge sputacchiando indignato e Naruto lo guarda male. Soltanto quando un rivolo d’acqua cola dai capelli bagnati di Sasuke, scorrendogli sulle labbra, Naruto si ammorbidisce lambendole con un bacio.

“Comunque…” prosegue poi, tornando ad allungarsi su di lui.

 

Minato non si arrabbiava mai, ma quella volta aveva capito di non poter lasciar correre. Kushina aveva rischiato la vita in modo sciocco e messo potenzialmente a repentaglio anche la sua. Aveva deciso, quindi, che era venuto il momento di darle una lezione e l’aveva fatto in modo duro.

L’aveva ricondotta al villaggio in assoluto silenzio, senza una sola parola, ma Kushina aveva capito dal pallore fremente del suo viso, per una volta rigido, di aver esagerato. A Konoha, Minato le aveva detto semplicemente che, dal momento che sembrava convinta del fatto suo, non aveva che da dimostrarlo. L’aveva affrontata in un combattimento conclusosi in un battito di ciglia con una sconfitta indecorosa della ragazzina. Tsunade rideva, raccontando che per tre giorni la genin di Uzu non si era nemmeno presentata agli appuntamenti col sensei. Minato, con le sue tonnellate di buon cuore, aveva colpevolizzato tanto da finire per andarla a cercare nella sua residenza di Konoha, tirando un pacco clamoroso a Jiraiya che l’aspettava per pranzo – e che gliel’avrebbe rinfacciato, ridendo, per tutto il resto della vita del futuro Yondaime.

 

“La tendenza a non lasciare in pace la gente che non vuole vedervi è una tradizione di famiglia, noto,” commenta Sasuke rassegnato.

Naruto gli fa una smorfia grondante antipatia, avverso.

“E’ che siamo acuti e sappiamo che in realtà non è vero,” ribatte con un’occhiata eloquente.

“Quando uno cerca ripetutamente di uccidermi io penso che davvero non ne voglia sapere di me,” osserva Sasuke, asciutto.

Naruto assottiglia gli occhi con stizza, digrignando i denti, ma poi sorride sfacciato.

“Se è vero, cosa ci faccio nudo con te nella tua vasca da bagno?” chiede vittorioso.

Sasuke socchiude le labbra per rispondere ma resta zitto, evidentemente non trovando una replica credibile. Fissa il vuoto in silenzio per qualche secondo e arriccia il naso contrariato.

“Allora, la storia?” incita, sostenuto.

Naruto ridacchia, tronfio.

 

Kushina si era presentata alla porta con molta riluttanza, adducendo una brutta influenza come scusa per la sua latitanza. Minato, vedendola perfettamente in forze, si era lasciato sfuggire un sorriso bonario. Le aveva proposto di mangiare pranzo con lui per discutere dell’andamento da dare ai suoi allenamenti, perché, sosteneva, era troppo giovane per fare il sensei e non sapeva come procedere. Invece, davanti a un sontuoso ramen, le aveva detto senza giri di parole che non aveva motivo di sentirsi tanto vergognosa. Se l’aveva battuta così brutalmente era stato unicamente perché capisse che il suo atteggiamento non aveva senso. Ma gli avrebbe fatto piacere continuare ad allenarla, a patto però che lei lo aiutasse a farlo.

Il trucchetto psicologico aveva funzionato alla perfezione. Tsunade era pronta a giurare che Kushina si dovesse essere innamorata di lui in quel preciso momento. Comunque fosse, da quel giorno il suo comportamento era cambiato completamente e quella che dapprima era stata sbeffeggiante mancanza di rispetto era diventata aperta stima. In più, per non sfigurare davanti al maestro, Kushina aveva cominciato ad impegnarsi alacremente nell’allenamento e i risultati erano stati evidenti in poco tempo.

 

“Sembra più sveglia di te, dobe,” asserisce Sasuke pensosamente.

“Se non la smetti con le cazzate non continuo, teme!” barrisce Naruto irritato. Ma non è vero, perché il genio sembra più tranquillo di mezz’ora fa e per questo Naruto sarebbe disposto a continuare a parlare anche per giorni.

“Ma è vero,” sentenzia Sasuke altero.

“Adesso ti affogo,” rumina Naruto minaccioso.

Sasuke lo guarda scettico e lui sbuffa sdegnoso, prima di prendere fiato.

 

Minato, col passare delle settimane, aveva imparato ad apprezzare il lato di Kushina che fino ad allora gli era stato precluso. Continuava ad essere una confusionaria e un cataclisma ambulante, ma la sua vitalità, le sue risate e la sua allegria lo contagiavano. Essendo anche lui di carattere solare, s’era trovato senza nemmeno accorgersene a passare le giornate sghignazzando, dimenticandosi almeno nelle ore che trascorreva con lei della triste situazione del mondo esterno. Jiraiya, sogghignando, aveva detto a Tsunade che c’era qualcosa nell’aria.

Kushina Uzumaki era rimasta a Konoha per quasi un anno. Poi la missione pacifica di suo padre si era conclusa e Kaito aveva deciso di tornare a Uzu. La figlia avrebbe reintegrato la sua squadra per qualche settimana e poi sostenuto l’esame da chunin. La notizia era inaspettata e la partenza tempestiva, sicché allieva e precoce sensei avevano avuto appena il tempo di salutarsi con un certo disorientamento. Si erano promessi di restare in contatto e vedersi prima possibile, così Kushina avrebbe potuto mostrare i suoi futuri miglioramenti.

Non si erano visti per più di tre anni. Durante quel tempo si erano scritti tre volte: la prima volta, Kushina aveva annunciato di essere diventata chunin, e Minato le aveva risposto con una lunga lettera di congratulazioni stesa accuratamente con l’aiuto di Jiraiya; la seconda lettera era misteriosa per i più. Tsunade sapeva che Minato l’aveva ricevuta, ma non aveva idea di cosa contenesse né di cosa lui avesse risposto. Nella terza, lui aveva annunciato a Kushina la morte della propria madre e il suicidio quasi contemporaneo di un amico di vecchia data suo e della sua famiglia, Sakumo Hatake. Il grande Zanna Bianca aveva lasciato un figlio orfano e Minato si era detto che fosse giunto il momento di diventare sensei una seconda volta, con un team vero e proprio di giovani e promettenti genin appena promossi, tra cui il piccolo Kakashi.

Kushina era arrivata a Konoha tre settimane dopo. Aveva sedici anni ed era diventata jonin da poche settimane. L’unico motivo della sua visita era fare le sue condoglianze a Minato Namikaze.

 

“Bella scusa,” commenta Sasuke ironico.

“Era preoccupata per lui. Tsunade dice che erano terribilmente innamorati,” ribatte Naruto, sulla difensiva.

Sasuke lo guarda penetrante, in silenzio.

“Non ho detto il contrario,” osserva, stranamente pacato.

Naruto annuisce cupo, accigliato. Non ci crede forse nemmeno lui, perché allora non ha senso che sua madre l’abbia abbandonato. È pur sempre il figlio avuto da quell’uomo che sosteneva di amare perdutamente.

“Beh?” lo riscuote Sasuke, facendo scivolare il dito indice sulla sua colona vertebrale.

 

La seconda visita di Kushina era durata appena due settimane. Kakashi la ricordava perché lei rideva tantissimo e, dopo il suo passaggio, Minato sensei era sembrato fiorire. E io con  lui, aveva aggiunto pacatamente, senza spendere altre parole in merito. Secondo lui, dopo, Minato aveva scritto e ricevuto lettere da Uzu con una frequenza forse mensile. Aveva visto la “sua amica Kushina”, come la chiamava, in una missione in collaborazione con Uzu ai confini di Suna e due ore dopo il suo ritorno Jiraiya raccontava sghignazzando che Minato camminava rasoterra e sorrideva come un beota. Tsunade non l’aveva mai visto così entusiasta da quando Orochimaru gli aveva regalato, sbuffando sprezzante un commento maligno sul suo analfabetismo, un set di pennelli da scrittura per il suo ventesimo compleanno, secoli prima.

 

“Non ci credo neanche morto,” afferma Sasuke lapidario.

Naruto ridacchia, divertito.

“Beh, non credo che camminasse davvero rasoterra, ma…”

“Non essere imbecille, se ce la fai,” lo zittisce Sasuke brusco. “Un set di pennelli? Fatti con cosa, ossa umane?”

Naruto sgrana gli occhi e scoppia a ridere di gusto, respirando contro il suo collo.

 

Trascurando il dettaglio della credibilità di Orochimaru che si presentava al compleanno del compagno di team con una scatola di pennelli, particolare capace apparentemente di rovinare, e non poco, la sua immagine agli occhi peraltro già non particolarmente ammirati di Sasuke, Kushina era ritornata a Konoha un’altra volta, in missione con il suo team per fare da scorta a un consigliere del governo di Uzu atteso ad un colloquio con il Sandaime. Doveva restare tre giorni: invece era rimasta nella nazione del Fuoco per i successivi sei anni. Nel frattempo, senza che nessuno lo sapesse, a Konoha qualcosa si muoveva: Minato Namikaze cominciava ad essere additato come prossimo Hokage, cosa che ad alcuni non stava bene. Danzou aveva apertamente protestato all’idea e, nell’ombra, Madara Uchiha doveva aver pensato che non ci poteva essere occasione migliore per portare a termine i suoi piani che approfittare della nomina di un Hokage così giovane e forse strategicamente sprovveduto, che non avrebbe saputo far fronte a una catastrofe.

 

“Kyuubi,” conclude Sasuke con sicurezza.

Naruto annuisce assorto, serrando le labbra.

Non aggiunge nulla, né Sasuke pronuncia una parola. Stanno pensando entrambi alla stessa cosa, probabilmente: non così sprovveduto da non saper fare fronte a una catastrofe, non così fortunato da superarla vivo.

Soltanto dopo parecchi secondi Naruto percepisce gli occhi neri di Sasuke osservarlo con malinconica circospezione. Accenna malamente un sorriso stiracchiato.

“Un colpo magistrale, bisogna dirlo,” commenta senza riuscire a scherzare.

Sasuke scuote lentamente la testa, meditabondo.

“Vuoi andare avanti?” mormora, e questa volta è una domanda.

Naruto esita per qualche secondo, prima di annuire con gli occhi nei suoi.

 

Kushina Uzumaki e Minato Namikaze erano una delle coppie più riuscite del villaggio di Konoha. Battibeccavano dal mattino alla sera, scoppiando puntualmente a ridere come bambini alla conclusione delle loro bagarre – nelle quali, secondo Kakashi, era sicuramente lei la contendente più agguerrita. Minato si divertiva a stuzzicarla col suo fare più posato, e Kushina s’infiammava facendo onore alle sue chiome tiziane. Lei aveva ventun anni quando si erano sposati, ma non aveva voluto naturalizzarsi cittadina di Konoha. Probabilmente, a sentire Tsunade, conservava in fondo al cuore la speranza che un giorno o l’altro sarebbe riuscita a portare il suo meraviglioso marito nella sua terra natale, dove ancora viveva il padre.

Invece, a venticinque anni, Minato era stato nominato Yodaime Hokage. Poche settimane dopo, Kushina si era scoperta incinta. Il bambino si sarebbe chiamato Naruto, come il protagonista dell’unico romanzo serio di Jiraiya. Il nome l’aveva scelto Minato.

E poi, la trappola era scattata.

 

“I nostri migliori shinobi erano quasi tutti fuori dal confine, era un periodo molto teso con Suna e Kiri e non mancavano scontri violenti. Io avevo tre settimane, tu tre mesi e mezzo. Quel giorno c’era sole e il villaggio era calmo, non arrivavano brutte notizie da giorni. È arrivato da un momento all’altro, come sbucando dal nulla. Iniziava ad imbrunire e Kakashi sensei era al quartier generale, sulla terrazza ad approfittare di un momento libero. Mi ha detto che ha sbadigliato, strizzando l’occhio per qualche secondo. Quando l’ha riaperto, d’improvviso ci sono stati fiamme e boati, e un mostro che sembrava grande come una collina.”

Naruto s’interrompe, deglutendo a fatica. Questa parte della storia è la più difficile da raccontare.

Sasuke lo guarda senza dire niente. Hanno un fremito nello stesso momento, quasi accorgendosi solo ora che stanno lì a mollo da più di un’ora.

“L’acqua è gelata,” osserva Sasuke atono.

Lui annuisce appiattendosi contro di lui, Sasuke gli frega distrattamente la mano sulla spalla e tira su di naso, ha la pelle ghiacciata. Non lo sprona in nessun modo, ma Naruto appoggia di nuovo la testa e ricomincia a parlare.

“Kakashi è schizzato verso l’interno del palazzo per chiamare lo Yondaime, ma non ha finito di scendere nemmeno la prima rampa di scale: mio padre aveva visto il fumo dalla finestra del suo ufficio e poi l’edificio aveva tremato, stava già salendo sul tetto per vedere cosa succedesse. Quando sono arrivati lassù, la foresta bruciava e Kyuubi devastava tutto. Il muro del villaggio crollava e le case iniziavano ad andare in pezzi, sembrava un terremoto. Sono rimasti fermi per qualche secondo, poi Minato ha detto che quello era un bijuu e che bisognava fare presto. Gli ha detto di radunare tutti gli shinobi, compresi gli ANBU, la Radice e la polizia intanto che lui andava verso la porta del villaggio. Che chiedesse se erano arrivate notizie sull’atteso rientro di Jiraiya e poi lo raggiungesse con Fugaku Uchiha.”

Sasuke aggrotta la fronte, cupo.

“Non c’è andato?”

Naruto scuote la testa.

“Quando sono arrivati lo Yondaime aveva già cercato quattro o cinque volte di avvicinare il mostro per capire come neutralizzarlo, ma Kyuubi era intoccabile. Era ferito, ma non gravemente, e c’erano già parecchi morti, civili terrorizzati, feriti, danni ingenti. Ma Minato li ha rimandati indietro.”

“Chi?”

“Ha chiesto a tuo padre cosa ne pensasse e lui ha risposto che non aveva idea di come fosse possibile. Allora Minato gli ha detto: va bene, tornate indietro e organizzate i soccorsi secondo la procedura. Poi si è girato verso il sensei e gli ha detto…”

Smette di parlare per più d’un minuto, mordendosi le labbra.

“Cosa?” mormora Sasuke.

“Potresti andare a prendere… Naruto per me?” esala lui, controvoglia. Inspira forte. “Kakashi ha ripetuto: Naruto? e lui: Naruto, sì. Non fare domande, non è il momento. Così Kakashi è tornato indietro e ha incontrato mia madre che mi portava in braccio per mettermi al sicuro nel rifugio dei civili. Lei ha urlato chiedendo dove fosse Minato e lui ha risposto che stava affrontando Kyuubi e che gli aveva detto di prendere me.” Fa un’altra pausa, penosa. “Kushina non voleva, diceva che non aveva il minimo senso portarmi nell’epicentro della catastrofe. ma Kakashi ha detto che era un ordine dello Yondaime e che bisognava eseguirlo. Lei, furiosa, gli ha risposto di tenerselo, il figlio di quel cretino incosciente. Era sconvolta, si stava preoccupando,” la giustifica, istintivamente.

Sasuke si muove delicatamente, cambiando un po’ posizione, così lui si permette un’altra breve pausa.

“Kakashi ha raggiunto mio padre, portandosi dietro anche me. Mi ha lasciato a lui e si sono avvicinati ancora a Kyuubi, insieme a qualche altro shinobi, così sono riusciti ad allontanarlo un po’ dal villaggio. Minato ha mandato via tutti, ma Kakashi non se ne voleva andare. Me l’ha ripetuto tre volte, io non volevo andarmene, non volevo proprio, non volevo. Gli ha chiesto cosa c’entrassi io e lui ha risposto che io c’entravo eccome, e che se ce l’avesse fatta sarei diventato un eroe del Fuoco come nessun altro. È stato poi proprio Kakashi a dire questo al Sandaime, che stava mettendo i cittadini al sicuro. Comunque,” e si schiarisce la voce, “gli ha detto che non serviva a nulla che restasse lì, ma anzi che aveva un incarico assolutamente vitale per lui: tornare al villaggio per trenta minuti e poi raggiungerlo  di nuovo lì. Poi gli ha sorriso e gli ha accarezzato la testa, quindi l’ha spinto via ed è andato avanti da solo.”

Adesso, gli sembra davvero di non avere più voce, e per fortuna le dita di Sasuke sono strette sulle sue spalle.

“Non si sono più visti, giusto?” mormora il genio, grave.

Naruto fa soltanto segno di no con la testa.

Sasuke inspira a fondo, annuisce.

“E tua madre?”

“Poco dopo il tramonto la situazione era sotto controllo. Tutti i sopravvissuti erano stati evacuati dalle case pericolanti, sapevano che Kyuubi era neutralizzato e sigillato dentro di me, è stato il Sandaime a capirlo dal sigillo, e che lo Yondaime Hokage era morto per loro. Ma Kushina Uzumaki era sparita. Forse è morta nelle esplosioni. Parecchi corpi erano irriconoscibili, poteva essere una di loro. Qualcuno l’indomani ha anche detto che gli era sembrato di vederla allontanarsi verso l’esterno del villaggio, sola, poco dopo che le notizie erano state diffuse.”

“Chi?”

“Non lo so,” risponde Naruto piano. “Kakashi non se lo ricorda e Tsunade non era a Konoha quella notte, come Jiraiya. Ma con tutto quel caos, poteva essere una qualunque persona coi capelli rossi, o magari nemmeno è vero.”

“Tornata a Uzu?” ipotizza Sasuke, perplesso.

Naruto scrolla le spalle. Non lo sa.

“Perché ti avrebbe lasciato qua?”

Naruto ridacchia dolorosamente.

“Sembra sia quello che fate tutti quanti, prima o poi. Mi piantate qui come un sacchetto della spazzatura da buttare via,” esclama, ilare, ma la voce gli trema. “Ma io me la cavo, alla faccia vostra,” aggiunge con baldanza artificiosa.

Ha i polmoni stretti, la domanda che gli rimbalza in testa – da tempo, ormai. Persino sua madre, piuttosto che avere a che fare con un jinchuuriki, potrebbe aver preferito abbandonare il proprio figlio neonato.

“Te lo meriti, dobe,” sentenzia Sasuke sprezzante, ma il suo braccio gli avvolge il collo con delicatezza.

Naruto fa per ridere, ma incomprensibilmente gli sfugge invece un singhiozzo. Lo soffoca direttamente addosso Sasuke e, diamine, l’acqua è proprio gelida adesso.

“Siamo due casi sociali, teme,” ridacchia, ricacciando indietro il magone che gli chiude la gola.

Sasuke non risponde, sbuffa soltanto, facendo scorrere le labbra contro il lato della sua testa.

“Hai freddo?” borbotta. “Io ho freddo,” precisa subito, sostenuto.

Naruto gli sfrega ancora il viso contro la pelle e poi annuisce, adoperandosi per riuscire a tirarsi fuori di lì. Scivola, sguazzando, finché non arriva faticosamente a tirare fuori una gamba, poi si riassesta sulle gambe mentre anche Sasuke sguscia fuori dall’acqua. Si infilano negli accappatoi tremando, Sasuke si libera dei pantaloni fradici a strattoni e si avvolge stretta nel tessuto, batte persino i denti ed effettivamente ha le labbra vagamente bluastre. Con quella pelle così chiara, sembra un cadavere.

Deve pensarlo anche lui, perché sorride truce gettando una nuova occhiata nello specchio.

“Adesso sì che gli somiglio,” commenta con tono uniforme. “Un morto.”

Naruto aggrotta la fronte e gli si avvicina, ma Sasuke in quel momento si volta e allunga le mani verso di lui, sporgendosi a baciarlo. In silenzio assoluto barcollano strattonandosi verso la sua stanza, fino a rimbalzare sul letto. Assiderati.

“Fa freddissimo,” borbotta Naruto riprendendo fiato. “Che cazzo di idea, questo bagno.”

“Almeno…” inizia Sasuke, poi aggrotta la fronte. “Perché non mi hai mai raccontato?” chiede secco, di nuovo.

Naruto sbuffa, vagamente colpevole.

“Non credevo ti interessasse. Non mi hai mai chiesto niente.”

“Non sapevo avessi fatto domande in giro. Pensavo sapessi poco o nulla,” ribatte Sasuke, tagliente. “Tu parli troppo e soltanto per dire stronzate, ma una cosa seria morire se me la dici.”

Naruto s’irrigidisce, indispettito. Lo strascico emotivo della narrazione lo accende, si tira a sedere di scatto con una sorta di ringhio.

“Ma vaffanculo, non è vero. Ma non si può parlare con te, sembra non te ne freghi mai di niente e quando apri bocca è per le tue menate da eroe sfortunato con un passato tragico. Scusa se non ci tengo a fare anche io il depresso!” sbotta astioso. Sasuke assottiglia le palpebre, irato, spintonandolo indietro.

“Almeno io non faccio sempre finta che vada tutto bene come un imbecille. È quello che fai con qualunque fottuta cosa, tu non affronti il dolore, fai solo finta che non esistano i problemi come se avessi sei anni!” ribatte in un ringhio, glaciale.

“E funziona, pezzo di stronzo!” sbraita Naruto furioso.

“E allora perché cazzo mi stai urlando in faccia, eh?” ruggisce Sasuke rifilandogli un’altra spinta.

Naruto esita per un secondo e poi si tira rabbiosamente in piedi, sul punto di implodere.

“Perché sei un bastardo,” ringhia aggressivo. “Cosa cazzo ti dovevo dire, eh? Mia madre mi ha abbandonato, anche lei, e non riesco a farmene una ragione! Sono una cosa che non è del tutto umana e non mi ricordo le facce dei miei genitori e, ehi, a proposito di facce e drammi, tu non assomigli a tuo fratello, e sì, trovo folle che passi due ore a guardarti allo specchio come un maledetto pazzo ossessivo rimuginando sul tuo fratricidio!”

Sasuke lo osserva in totale silenzio per qualche secondo, livido. Distorce il viso in una smorfia d’odio e si tira a sedere, rigido.

“Credi che sia l’unico spostato? Vogliamo parlare di uno che ha così tanta paura della solitudine da perseguitare per anni gente che non chiede altro che di vederlo sparire, fino a sfinirla, e s’incolla come maledetta carta moschicida?” Si tira in piedi, afferrando altri pantaloni per iniziare a infilarseli mentre lui cerca invano d’interromperlo. “O di come cazzo mi hai costretto di nuovo qui, soltanto perché sei troppo egoista e terrorizzato per accettare che qualcuno non voglia restarti vicino?” aggiunge rabbioso, agguantando un kimono dall’armadio socchiuso.

“Non ti ho certo chiuso in una prigione, razza di… E dove cazzo vai?” sbraita Naruto, bloccandosi nel vederlo poi infilare la porta ancora mezzo svestito, prima di seguirlo.

“Fuori, lontano da te,” sibila Sasuke velenoso, marciando giù per le scale.

“Guarda che questa è casa tua, genio!” lo insegue Naruto dal primo gradino, malevolo.

“E così capirai quanta voglia ho di ammazzarti!” ringhia Sasuke furibondo, prima di sparire oltre la porta, che sbatte con violenza.

Il pugno dato da Naruto contro il muro è così forte che l’intonaco si crepa.

 

 

Due giorni di silenzio.

Naruto ha evitato il più possibile di muoversi negli orari e nei posti in cui avrebbe potuto incontrare Sasuke, e il genio deve aver fatto lo stesso.

È ancora talmente arrabbiato che, pensa, forse è meglio così. Le parole di Sasuke gli rimbalzano ancora in testa, come piccole lame affilate, facendogli salire ogni volta un’ondata di collera. Se lo vedesse, forse sarebbe anche peggio.

È quindi per puro caso che s’incrociano nel corridoio del quartier generale, ciascuno per i fatti suoi. Naruto ha quasi un tuffo al cuore ma serra le labbra e si trattiene, la rabbia fresca nelle vene. Sono accuse ingiuste, quelle di Sasuke, che aleggiano sempre e se messe in superficie sono troppo brucianti.

 Lo oltrepassa con un cenno freddo a cui Sasuke nemmeno risponde.

“Vogliamo parlarne?” scandisce invece il genio altero, appena un passo oltre lui.

Naruto si volta con incertezza e un leggero stupore, poi s’imbatte nella sua espressione superiore, aggressiva, e stringe i pugni spontaneamente.

“Non ho niente da dirti, né m’interessa ascoltarti. Prova a parlare con l’immagine che vedi nello specchio, credo sia l’unica persona che ti starebbe a sentire. Ah, già, peccato che tu l’abbia uccisa,” risponde d’impeto, con istintiva cattiveria.

Si gira e si allontana senza nemmeno più guardarlo.

È già arrivato fuori dall’edificio quando realizza quanto sia meschino quel che ha detto, e soprattutto che non è da lui.

 

 

Quando apre la porta spera suo malgrado, disperatamente, di sbattere gli occhi in luminosi capelli biondi. Invece, sono rosa.

“Sakura,” mormora neutro.

Lei sorride dolcemente, piegando appena la testa.

“Ciao, spero di non disturbare,” esordisce affettuosamente. “Sono passata a prendere notizie, sei latitante da qualche giorno. E ti sei dimenticato il controllo oculistico semestrale,” precisa materna, con vaga severità.

Sasuke sbatte gli occhi, sorpreso. In effetti, l’aveva completamente rimosso dalla memoria. Esita per qualche secondo, colto dal desiderio irrefrenabile di cacciarla perché non ha voglia di vedere nessuno, ma Sakura non sembra comunque molto propensa ad andarsene.

“Vuoi un tè?” chiede brusco, sperando ardentemente in un declino.

“Oh, grazie,” risponde Sakura, piacevolmente stupita. “Ottima idea.”

Sasuke sospira dopo averle dato le spalle, precedendola in casa, forse meno infastidito di quanto vorrebbe perché ha passato la giornata da solo aspettando. Qualcun altro, ma almeno sentirà una voce. Lei lo segue silenziosa, installandosi davanti al tavolo con una strana circospezione, più esitante del normale.

“Ho sentito che hai litigato con Naruto…” azzarda infine a voce bassa, incerta.

Sasuke aggrotta la fronte.

“Hai sentito?” ripete, scettico.

Sakura distoglie lo sguardo, torcendosi le mani.

“Naruto mi ha detto che avete litigato,” si corregge a voce bassa, annuendo.

“Hai già organizzato i festeggiamenti?” ribatte lui, maligno.

“Non essere cretino,” lo riprende Sakura, irrigidendosi.

Sasuke sbuffa scostante, mettendo l’acqua a scaldare.

“E sei venuta per questo?” chiede freddamente.

“No. Te l’ho detto, la visita. Ho pensato che…avessi altro per la testa e te ne fossi scordato,” risponde la dottoressa, compresa.

“Che straordinaria empatia,” osserva lui, asciutto.

Sakura sbuffa spazientita.

“E’ inutile che te la prenda con me, adesso,” osserva, ragionevole. “Comunque, per essere del tutto onesta, sono stata mandata in avanscoperta. Devo controllare che tu stia mangiando, che non soffra d’insonnia e non ti sia tagliato le vene, cito testualmente.”

“Non può venire a chiedermelo da solo?” risponde Sasuke stizzito, con un irritante senso di sollievo al pensiero che Naruto sia inquieto quanto lui. “E comunque sto benissimo,” precisa, altero.

Sakura annuisce comprensivamente, assecondandolo in modo palese.

“Gli trasferirò il suggerimento,” commenta, prendendo la tazza che lui gli porge con un breve sorriso.

 

 

“Domani abbiamo una missione.”

Naruto sobbalza vistosamente, voltandosi di scatto per incrociare lo sguardo distaccato di Sasuke.

“Lo so,” risponde, prendendo un lungo respiro.

“Volevo solo mettere in chiaro che, come da te auspicato, non è necessario che ci parliamo. Ma vorrei assicurarmi che evitassi scenate e comportamenti puerili con il team,” aggiunge il genio, rigido.

Naruto sbuffa, condiscendente, poi lo osserva in silenzio per qualche secondo.

“Volevi dirmi altro?” chiede infine racimolando l’energia. Avrebbe davvero voglia di fare due passi ed abbracciarlo, più di tutto, e annusargli il collo.

Sasuke resta immobile e impostato, voltando la testa di lato.

“No,” smozzica brusco, senza tuttavia muovere un passo. Deglutisce visibilmente, combattuto. “…Tu?” soffia sottovoce, mostrandosi ostile.

A Naruto sfugge una risatina liberatoria, mentre un peso immenso gli cade dalle spalle.

“Devo assolutamente finire di scrivere questa roba, sono in ritardo di tre giorni. Posso passare da te verso le sei?” risponde, cercando di dominare l’imbarazzo.

Sasuke storce le labbra, come pensandoci su.

“Va bene,” borbotta, prima di girare i tacchi e svignarsela.

 

 

Sasuke si chiede se non sia completamente impazzito, perché mai nella sua vita si è comportato in modo così frivolo. Ha passato un’ora nella vasca, si è sbarbato e spuntato i capelli, ha sparpagliato in giro per la stanza tutti i vestiti che possiede, se n’è provati un’infinità e alle sei, quando sentendo scattare la serratura di casa imbocca le scale per scendere ad accogliere Naruto, è di gran lunga l’uomo più attraente che Konoha possa vantare.

Dal suo punto di vista, un perfetto imbecille, insomma.

“Ciao,” smozzica composto, e lo sguardo che Naruto gli fa scorrere addosso gli suggerisce che forse non è stata poi una cattiva idea, quella di affinare le armi di seduzione. Se lo farà strisciare ai piedi come nemmeno un lombrico, quel demente di un dobe.

“Ciao,” risponde Naruto, accennando un sorriso cortese.

Poi, mentre Sasuke già comincia a elaborare la lunga sequela di maniere in cui si farà schifosamente desiderare per le prossime tre ore almeno, il jinchuuriki si tuffa in avanti, lo afferra per il collo del kimono e aggredisce le sue labbra in un bacio famelico, strattonando il tessuto per svestirlo. Sasuke, dandosi prova di manchevole coerenza, gli si abbandona con uno scarto di tre secondi scarsi, spintonandolo immediatamente al muro. Si avventa sulla sua felpa scardinando letteralmente la cerniera dalla sua collocazione, mentre la manica del suo kimono si lacera con uno strappo.

Si avvinghiano l’uno all’altro respirandosi tra le lingue, continuano a stracciarsi via i vestiti nemmeno toglierli fosse tecnicamente impossibile, si esplorano freneticamente, con più violenza del solito, con la pelle che scotta libera dal tessuto. Naruto gli afferra i capelli e li tira con forza verso il proprio bacino e Sasuke oppone ferma resistenza, mordendogli poi il fianco tanto da strappargli un lamento di dolore, prima di cedere alla pressione con le unghie piantate nella sua schiena. Si graffiano e si spingono anche durante l’amplesso, sbattendosi uno contro l’altro in un ansimare continuo e incomprensibili balbettii. Naruto tira una testata al muro da restarci secco ma non se ne accorge neanche – ha la zucca dura, in ogni modo – e Sasuke ha gamba schiacciata tra il suo corpo e la gambe della credenza, contro cui continua a tirare gomitate ad ogni movimento, ma non rallenta finché un gemito irrefrenabile gli sgorga dalle labbra, lungo, seguito a breve da quello dell’orgasmo di Naruto.

Ci mette qualche secondo per riuscire a respirare, stordito.

“Mi hanno detto…di passare di persona,” ansima Naruto rauco, senza fiato.

“Ti hanno detto?” ripete Sasuke, addossandosi stancamente alla parete.

Naruto ridacchia.

“Sakura mi ha detto di passare,” precisa. “Ma l’avrei fatto comunque, vista la mia uscita dell’altro ieri.”

Si sporge di lato, ritrovando le sue labbra. Sasuke si ritrae, guardandolo in silenzio.

“Dimmi un’altra volta cose del genere,” afferma, grave, “e ti giuro che non vedrai mai più la mia faccia nemmeno se mi cercherai per trent’anni."

Naruto si acciglia, con sfida.

“Attaccami un’altra volta in quel modo e ti sarai liberato per sempre del problema alla radice, perché non ti rivolgerò più la parola,” ribatte deciso.

Si osservano ancora per qualche secondo, poi Naruto allunga la mano infilandola nei suoi capelli.

“Andiamo forte. Tu sei un vittimista deprimente che drammatizza e butta tutto in tragedia,” e Sasuke si acciglia ulteriormente, “e io sono un coglione esagitato che dice un sacco di scemenze poco serie.”

Il genio sbuffa, trattenendo un sorriso. Tecnicamente, è esatto.

“E’ vero che sei un coglione…” borbotta, per darsi un tono.

Ma Naruto sorride, ignorandolo. 

“Funzioniamo, teme,” aggiunge, soffiando le parole contro le sue labbra. “Nello specchio ci siamo noi,” conclude, prima che Sasuke, definitivamente, lo zittisca.

 

 

 

 

 

 

 

 

______________________________________________

 

 

 

 

Pffff

Incredibile ma vero, ce l’ho fatta.

Dunque, che dire… Intanto, che io non so praticamente nulla di Minato e Kushina, quindi ho inventato di sana pianta. Avrò fatto errori temporali e stravolto cose, ma è accidentale e involontario.

E penso sia l’informazione più significativa che vi posso fornire.

Per il resto, niente di che. Spero no sia stata una lettura noiosa, e alla prossima.

suni

 

(A qualcuno che me l’aveva chiesto: sì, anni fa leggevo fin troppo assiduamente Benni e ho ancora tendenza a non tralasciare i suoi libri quando escono, perché li gusto sempre moltissimo.)

 

 

   
 
Leggi le 14 recensioni
Ricorda la storia  |       |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Torna indietro / Vai alla categoria: Anime & Manga > Naruto / Vai alla pagina dell'autore: suni