Anime & Manga > Il grande sogno di Maya
Segui la storia  |       
Autore: Raflesia Harlock    16/10/2016    4 recensioni
E se Maya e Masumi non fossero mai saliti sull’Astoria? Come sarebbero riusciti a superare anni di fraintendimenti e segnali distorti, e a mostrarsi l’un l’altro per quello che sono, mettendo in gioco veramente loro stessi e il loro legame? Può forse Maya illudersi di conoscere Masumi avendone sempre visto due facce, quella nascosta del donatore di rose, protettiva e rassicurante, e quella irriverente e cinica dello spietato affarista della Daito? O può forse Masumi credere di conoscere Maya, o persino se stesso, abituato a portare una maschera dall’età di 10 anni e cresciuto in condizioni di deprivazione affettiva che bloccano i suoi passi e non gli consentono di riconoscere facilmente né i propri sentimenti né quelli degli altri? In questa fanfiction ho sviluppato una ipotesi, cui il titolo allude. Ne deriverà un percorso insolito che metterà i due a dura prova, rendendoli infine più consapevoli, che spero vi piacerà.
Genere: Erotico, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Masumi Hayami, Maya Kitajima
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
 <<    >>
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A

Capitolo V

 

Chissà se sarebbe venuta davvero. E chissà cosa veramente cercava da lui. Non aveva cessato un istante di chiederselo in quei tre giorni. Adesso si trovava alla guida della sua auto, diretto al luogo del loro appuntamento, senza alcuna idea di quello che si sarebbe trovato di fronte. Non gli capitava mai di trovarsi in situazioni di cui non avesse già, o non potesse recuperare rapidamente, il controllo. Invece quella ragazzina lo spiazzava di continuo, costringendolo a mettersi costantemente in discussione. Era totalmente imprevedibile e per di più… irresistibile. Un cocktail micidiale capace di sconvolgergli la vita in qualsiasi momento. Lei non sapeva il potere che aveva su di lui – e per fortuna!

Fino a pochi giorni prima si era illuso che sarebbe riuscito in qualche modo a convivere con quel dolore sordo e costante che la sua lontananza gli procurava. In quel momento invece non sarebbe stato in grado di posticipare il loro incontro neanche di mezz'ora. Aveva bisogno di vederla. Aveva bisogno di quell'incontro / confronto / scontro, o qualunque cosa sarebbe stato. Come lei, stando alle sue parole.

Ritornò con la mente alla sera di tre giorni prima.  Non si aspettava proprio che l’avrebbe cercato di nuovo e mai e poi mai che gli avrebbe fatto una simile proposta. Chissà perché lo aveva fatto, chissà cosa aveva in mente…

Io la odio! Lei è la mia ossessione!!!

Rivedeva la sua espressione adirata mentre quelle parole gli risuonavano nel cervello, continuamente. Sospirò. Non c’era da stupirsi che veramente lo odiasse. Ma perché volerlo rivedere così? Di solito si vogliono evitare le persone che si odiano, non si cerca di frequentarle. Invece era andata da lui, con quel vestito, quel modo di fare… e sembrava sconvolta - e così piena di passione!

E se non lo odiasse affatto? Se fosse innamorata di lui, come aveva sospettato inizialmente? Quante volte aveva riconsiderato questa possibilità. Ma anche questa non reggeva. Maya lo aveva certamente detestato per lungo tempo, poi qualcosa era successo, forse nella valle dei susini. Prima di allora lei era sempre stata un libro aperto, dopo invece era cambiato tutto. Fino ad arrivare all’assurda richiesta di due giorni prima. Non riusciva più a capire cosa le passasse per la testa, ma di certo lo aveva odiato per anni e francamente lui non le aveva mai dato nessun vero motivo per cambiare idea. No, Maya lo odiava davvero, semmai avesse cominciato a provare un sentimento diverso per lui, non poteva essere sopravvissuto a un trattamento tanto meschino.

Si sentì invadere dalla malinconia mentre il ricordo dei pochi momenti di completa intimità passati con lei si insinuava fra le pieghe sfilacciate dei suoi pensieri. Sospirò ancora, ricacciandoli indietro e cercando invece di concentrarsi su quello che avrebbe dovuto fare. Ma la verità era che non ne aveva idea, non sapeva cosa Maya veramente volesse da lui, non sapeva cosa aspettarsi, non sapeva neanche cosa sarebbe stato meglio per lei. Si augurò di capirlo alla svelta, perché una cosa era chiara: avrebbe rischiato di perdere il controllo in ogni istante. Sarebbero stati soli, lontani dal resto del mondo, e se lei avesse osato anche solo in minima parte quello che era stata in procinto di fare nel suo ufficio, per lui resistere sarebbe stata una tortura.

E poi chissà se resistere é la cosa più giusta… Lei era così giovane, per qualche oscuro motivo era stata attratta proprio da lui e forse aveva solo bisogno di conferme, di sentirsi desiderata dall’uomo cui per primo si era donata. Invece doveva averla profondamente ferita col comportamento odioso che aveva tenuto.

Possibile che fosse semplicemente questo il motivo? Forse. Eppure, anche questa spiegazione non lo convinceva appieno.

 

Davanti alla porta esitò per un attimo. Dall’interno non proveniva alcun rumore. Non sei venuta alla fine… non sei venuta… La porta si aprì emettendo il classico ronzio. La spalancò varcando la soglia e imboccando il corto corridoio a passo svelto, col cuore in gola.

Lei era seduta sul letto, vestita in jeans, maglietta e stivaletti. I gomiti appoggiati sulle ginocchia. Alzò uno sguardo severo su di lui, riabbassandolo subito.

 “Sei venuta davvero, allora” la guardò, sinceramente sollevato, accennando un sorriso.

“Anche lei” constatò, l’aria vagamente imbronciata.

“Io non avrei rinunciato per nulla al mondo” aggiunse serio, mantenendo quell’aria spavalda che le dava i nervi.

“Davvero? Cambia idea molto facilmente” commentò lei, dura, evitando ancora di guardarlo.

“Facilmente no. Non direi proprio” rispose a voce bassa, studiandola attentamente. Poi si avvicinò e le si sedette accanto mentre lei lo osservava di sottecchi, nervosa.

“Sono contento che tu sia qui” le sussurrò, mentre la sua mano prese ad accarezzarle la guancia e poi il collo.

La vide spalancare gli occhi e irrigidirsi ancora di più, al che lui le sollevò il viso verso di sé e le rivolse il suo sorriso più disarmante.

“Tranquilla, non sei obbligata a fare niente…” la rassicurò “Ecco cosa faremo: c’è un centro termale molto bello in questo albergo, ti va di andarci?” le propose speranzoso.

“Ma non ho portato nulla, non ho un costume…” obbiettò lei, con uno sguardo smarrito che a lui parve irresistibile.

“Va bene la taglia 40? Ti ho preso una cosa nella boutique dell’albergo, prima di salire, guarda se ti sta… altrimenti puoi sempre cambiarlo” le sorrise porgendole un pacchetto. Per fortuna aveva previsto, fra le varie possibilità, un impasse del genere, e forse aveva indovinato anche come porvi rimedio.

Lei lo aprì arrossendo e trattenendo il fiato. E` solo un costume, solo un costume da bagno… si ripeté.  All’interno, un costume intero dalla linea semplice, impreziosito da una piccola cintura argentata appuntata al fianco; rimase a guardarlo interdetta.

“Suvvia puoi accettarlo, non è un regalo molto impegnativo. A meno che tu non preferisca venire nuda, in tal caso non ho obiezioni” la sfidò.

“Può scordarselo” rispose seria, punta sul vivo. Poi sussurrò “La taglia va bene” rigirandoselo ancora fra le mani, stupita che ci avesse azzeccato e ancora emozionata all’idea che avesse pensato di farle un regalo.

“Gra-grazie” balbettò arrossendo. “Prendo gli asciugamani!” si alzò di scatto, anche solo per uscire dal suo sguardo indagatore.

“Non serve nulla, troveremo tutto giù” le assicurò alzandosi e tendendole una mano. Maya lo fissò un istante, interdetta, poi lo seguì.

La condusse verso un ascensore privato che li avrebbe condotti direttamente in una hall, su cui si aprivano gli spogliatoi.

“Troverai tutto quello che ti serve all’interno dello spogliatoio. Ti aspetto all’uscita sul retro”.

 

Si sentiva strana. Lui era di nuovo gentile, sembrava volesse compiacerla. Perché era così mutevole? Avrebbe tanto voluto poterlo odiare davvero. Chissà se ci sarebbe mai riuscita.

Uscì dalla parte che dava sull’area termale, trovandolo ad aspettarla. Si sentì improvvisamente in imbarazzo con quel costume. Alzò appena gli occhi su di lui e li spalancò: oddio, era bellissimo! Distolse lo sguardo immediatamente. Ecco, ora era sicura di essere arrossita come una stupida, eppure lui l’aveva vista molto più discinta di così, e del resto anche lei. Quel pensiero la fece avvampare ancora di più.

“Vieni, ragazzina” la guardò rapito. Quel costume e le guance imporporate la rendevano irresistibile.

“Non c’è nessuno qui…” commentò Maya guardandosi intorno, più che altro per cercare di distrarsi.

“No, l’ho riservata solo per noi, per un’ora, ma ovviamente se non vuoi restare possiamo andare via in qualsiasi momento” la rassicurò sorridendo per quell’insicurezza che ancora dimostrava.

“No, va bene” rispose con poco più che un sussurro.

Non riusciva a spiccicare parola. Si maledisse mentalmente mentre cercava di dominare il lieve senso di panico che sentiva montare dentro di lei. Lasciò che lui le cingesse lievemente il fianco con il braccio mentre la sospingeva verso l’enorme vasca idromassaggio che occupava il centro di una sala enorme, riccamente decorata con marmi multicolore.

 

Le porse la mano per incoraggiarla a scendere le scale ed immergersi. Maya sembrava ancora sulle sue, ma accettò la sua mano e non poté trattenere un sorriso e un gridolino quando l’acqua calda cominciò a riempirsi di bolle man mano che si spostavano nella grande vasca.

Era così bello vederla di nuovo sorridere, avrebbe dato qualsiasi cosa per rivedere quello stesso sorriso ancora e ancora.

 

Tornarono in camera dopo un bel po’, gli accappatoi stretti addosso e i capelli umidi. Maya sembrava finalmente essersi un po’ più rilassata.

“Hai fame? Ordino qualcosa, hai preferenze?” chiese Masumi gentilmente.

“Non saprei… non ho molta fame a dire il vero” gli confidò titubante. Sentiva lo stomaco sottosopra e l’ultima cosa che voleva era aggiungerci qualcosa dentro.

“Davvero? Mi preoccupi” Masumi sollevò un sopracciglio, incredulo “Comunque qualcosa dovremmo pur mangiare. Dai un’occhiata a questa, magari ti stuzzicherà l’appetito” aggiunse porgendole la brochure in cui erano illustrate le portate del menu per il servizio in camera. Digitò poi un numero sul telefono interno dell’albergo posto sul comodino.

Maya prese a sfogliarla più che altro per curiosità, ma pochi istanti dopo si ricoprì di brividi per il freddo. Raggiunse il bagno, tolse il costume e si sciacquò rapidamente sotto la doccia. Rimise l’accappatoio e cominciò ad asciugarsi i capelli. La porta era parzialmente socchiusa e dalla fessura riflessa sullo specchio poteva intravedere la sagoma di lui seduta sul letto. Spense il phon e si avvicinò allo stipite della porta scostandola per osservarlo. Era ancora al telefono, probabilmente col servizio ristorante. Piccole gocce gli cadevano dai capelli rigandogli il viso. Prese il phon, salì in ginocchio sul letto dalla parte opposta, lo accese al minimo e poi gli si avvicinò prendendogli una ciocca di capelli fra le mani tremanti. Quanto era bello, non poteva fare a meno di pensarlo. E l’aveva sempre aiutata. Come avrebbe fatto a cancellarlo dal suo cuore? Eppure non c’era altro da fare…

“Aspetti, la richiamo io” tagliò corto Masumi. Un brivido gli era sceso lungo la schiena non appena aveva avvertito il tocco inaspettato delle sue dita fra i capelli. Abbassò la cornetta e si voltò a guardarla: aveva gli occhi rossi e sembrava persa in chissà quali pensieri. Gli si strinse il cuore.

“Lascia che faccia io adesso…” le prese il phon dalle mani e la fece voltare di spalle.

Maya si sentì di nuovo scossa da brividi intensi, non per il freddo questa volta, ma per l’emozione suscitata dai suoi tocchi dapprima leggeri, poi sempre più intenzionali e sensuali.

No, devo chiarire la situazione, prima che accada di nuovo! Deve spiegarmi tutto, perché è successo, perché poi non mi ha più cercata… io non sarei in grado di sopportarlo di nuovo…

Sentì una morsa nello stomaco e sospirò amaramente.

Ma cosa c’è da spiegare, me lo ha già detto che non c’è niente fra noi, che non potrà esserci niente, eppure sono qui, con lui, su questo letto…

“Vedo che hai freddo, lascia che te lo tolga…” le sussurrò lui mentre abbassava l’accappatoio lentamente, liberando prima le sue spalle e poi la schiena, accostandosi poi di più a lei.

I brividi aumentarono ancora e riconobbe quelle sensazioni, già provate la volta precedente: il gonfiore improvviso delle labbra, l’indurirsi dei capezzoli, il calore che si espandeva fra le sue gambe mentre il cuore batteva all’impazzata. Fu presa dal panico. Cosa avrebbe fatto adesso? Lui se ne sarebbe accorto, si accorgeva di ogni cosa! Ma se l’avesse allontanato l’avrebbe considerata una stupida… era lei che l’aveva costretto a venire lì!

 Non ebbe più tempo di formulare alcun altro pensiero di senso compiuto.  L’unica cosa che sentiva erano le sue labbra sulle spalle, sul collo, sulla schiena, di nuovo sul collo, mentre le sue mani le stringevano le braccia, le cingevano le spalle e scendevano a sfiorarle il seno. Non riusciva a muoversi, ipnotizzata da quella eccitazione crescente che le ottenebrava la mente.

Quando le sfilò la cintura dell’accappatoio dai fianchi e la ebbe voltata verso di sé, adagiandola sul letto, quando vide i suoi occhi accesi dal desiderio fissarla e sentì il suo nome sussurrato a fior di labbra, allora seppe con certezza che non avrebbe potuto rifiutargli niente, neanche quella volta.

 

Si risvegliò all'improvviso, mentre la sua mano, abituata al tepore di lei, ancora si muoveva a cercarla fra le coperte.

“Maya…?” per un attimo raggelò sentendo lo spazio vuoto, poi la vide: era in piedi, davanti alla porta finestra, una coperta a farle da vestito. Una luce soffusa la illuminava parzialmente, doveva essere quasi l'alba. Lo guardava, seria. Lui si alzò a sedere, poggiando la mano sul letto, indeciso se avvicinarsi o no.

“Dimmelo, coraggio… dimmi cosa stai pensando. Non farti problemi” la incalzò spezzando quel silenzio opprimente.  

Lei si rigirò verso la finestra, sospirando, il tono triste e assorto. Sembrava tutto così incredibilmente perfetto quando facevano l’amore, e invece non significava nulla, ormai lo sapeva, ognuno sarebbe tornato alla sua vita ed era meglio non farsi illusioni. Ma perché non lo accettava? Perché il suo cuore la spingeva a cercarlo ancora… cosa mai la teneva ancora lì? Aprì la bocca come per parlare, ma non ne uscì alcun suono. Di tutte le cose che le passavano per la testa, nessuna era ripetibile di fronte a lui. Deglutì e poi scandì lentamente, con fatica: “E’ tutto qui…?” dando voce con quelle poche parole alla sua più intima paura.

Masumi sentì una morsa immediata nello stomaco. No, non l’avrebbe resa felice, non così, lo sapeva già, eppure quanto avrebbe voluto poterci provare davvero.

E ora cosa le avrebbe detto? Lui non aveva indossato alcuna maschera stavolta. Era stato se stesso: il corpo, lo sguardo, la voce, non era riuscito a controllarli. Si era lasciato travolgere dal sentimento potente che provava, al contrario di lei che invece gli era parsa meno spontanea, e non c’era da stupirsene.

Credeva di essersi scoperto troppo e invece lei non si era accorta di nulla.

Maya, se fossi un po’ più smaliziata avresti già capito. O forse chissà, in qualche modo lo hai percepito, per questo sei così turbata. Ora basta però. Non posso rischiare di ferirti di nuovo.  

Abbozzò una mezza risata, guardandola con aria disarmata.

Tutto qui? Hai appena affossato per sempre la mia vanità maschile” sospirò enfaticamente, alzandosi dal letto.

"Basta, lei proprio non può prendermi sul serio!" reagì Maya risentita, ma con sua sorpresa, la sua rabbia scemò immediatamente come nebbia spazzata dal vento. La risposta irriverente di lui l'aveva strappata da un crescendo di sensazioni negative, ed era un bene, perché non voleva piangere di nuovo, non lì, davanti a lui.

Masumi prese la vestaglia dall'armadio e le si avvicinò.

Hai chiesto il mio aiuto Maya, e ti aiuterò.

“Cos’è che ti turba esattamente, Maya? Vorrei che me lo dicessi” si appoggiò alla scrivania ad un passo da lei.

"Perché siamo qui? Perché` io stessa sono qui? Non lo capisco. Sarebbe più logico starle lontana e invece… non ci riesco… E’ stupido, no?" non sapeva se era un bene parlargli così a cuore aperto, non sapeva quanto esattamente gli avrebbe detto, eppure non riuscì a fermarsi.

“Non lo so, Maya, forse non è logico, come tu dici, ma non è così strano… non siamo macchine totalmente razionali e controllate, e se te lo dico io, che mi alleno ad esserlo da sempre, puoi crederci” le rispose con un sorriso appena accennato.

“Non ha senso…” insisté Maya.

“Beh, potresti almeno accettare l’idea di provare dell’attrazione fisica per me – inequivocabilmente ricambiata”

Che situazione ironica, pensò. Una giovane donna è attratta proprio dal suo peggior nemico e non sa perdonarselo, e un folle è disposto a tutto pur di proteggerla persino da se stessa.

“E questo basta, secondo lei, a giustificare tutto? E’ l’attrazione che ci tiene qui? Nonostante non possa esserci nulla di più? Nonostante lei stia per sposarsi?”

Il tono esasperato di queste domande non gli sfuggì. Masumi trattenne un sospiro e si sforzò di concentrarsi sulla risposta che avrebbe dovuto darle, augurandosi di non sbagliare.

“L’attrazione fisica è una forza molto potente, non l'avevi  mai provata prima? Questo un po’ mi consola” disse provando a sorriderle e spostandole una ciocca di capelli dal viso.

“E’ alla base della vita su questo pianeta – continuò Masumi – Sembrerebbe istintiva e misteriosa, ma la scienza ha scoperto che è scatenata da sostanze chimiche che abbiamo dentro di noi: ferormoni, dopamina, testosterone…  Non é molto romantico però è così che siamo fatti, è grazie a quel meccanismo che esistiamo, noi e gli altri mammiferi” la guardò ancora con lo stesso sorriso disarmante. “E’ così terribile ai tuoi occhi?”

Maya lo fissò con gli occhi dilatati. Possibile che sia la stessa cosa anche per me, solo attrazione fisica… ma allora perché mi sento così… Può essere veramente solo chimica e ormoni? Maledizione non so niente di queste cose!

“No, ma è… è frustrante” rispose infine, sconfitta.

“Frustrante?”

“Sì. Voglio dire, non capire cosa si vuole  davvero. Anche prima, mentre…” arrossì “Insomma, lo volevo, è vero, ma sapevo che sarebbe stata l'ultima volta e allora pensavo che sarei dovuta andarmene subito, però poi non l’ho fatto. E anche ora mi sento… nervosa, eppure… sono ancora qui a parlare con lei… Non riesco neanche a spiegarmi bene…” Si interruppe, mordendosi le labbra: cosa avrà capito? Penserà che sono una sciocca.

Alzò lo sguardo a cercare i suoi occhi che trovò fissi su di lei con un espressione dolce e languida che la confuse.

“Lei crede davvero che sia tutta colpa di quegli ormoni fuori controllo?” aggiunse Maya quasi sussurrando, mentre il cuore cominciava a batterle all’impazzata.

Masumi fece uno sforzo immane per non chinarsi a baciarla subito. Doveva rimanere lucido e fare in modo che lei ritrovasse fiducia in se stessa. Era quella la cosa più importante.

Si sedette sulla sedia antistante e prese le piccole mani di lei fra le sue, cercando al contempo il contatto con i suoi occhi.

“Certo. E’ tutto spiegabile. Il desiderio di ripetere l’incontro è naturale perché l'esperienza positiva vissuta si imprime nel sistema nervoso come un ricordo piacevole da riprovare” il tono dolce era rassicurante “E poi la noradrenalina determina una trepidazione e un'agitazione generale. Fa passare l'appetito – le sorrise ammiccante - e provoca un aumento del battito cardiaco e della pressione sanguigna, da cui ha probabilmente origine il delizioso rossore che ora hai sul volto”.

Maya arrossì ancora di più e abbassò lo sguardo, confusa.

In effetti sei strana, ragazzina, valutò Masumi, sembra che tu non abbia alcuna voglia di smettere...

"Comunque sia ho la soluzione" disse Masumi aprendo la sua agenda elettronica “Allora, vediamo… Quanti giorni mancano a…” stava per dire, al matrimonio "… alla rappresentazione della dea scarlatta?” domandò, come parlando fra sé e sé “Sono sei settimane. Sei lunedì. A proposito, tu hai impegni di giovedì sera?” le chiese con disinvoltura.

“Impegni…? Io ho solo le prove…” replicò Maya senza capire cosa stesse facendo.

“Bene, allora diciamo che in questo periodo avrò bisogno di allenamenti intensi” borbottò fra sé. “Dunque, sei lunedì e sei giovedì. Li ho fermati nella mia agenda” Alzò su di lei lo sguardo sicuro del Presidente della Daito. “A questo punto mi aspetto che, almeno nelle prossime dieci volte che ci incontreremo, se vorrai continuare a farlo, non avrai ragione di pensare che sarà l'ultima volta, giusto? Io rispetto sempre i miei appuntamenti” promise serio come se veramente stesse parlando di lavoro.

Maya si fermò a considerare quello che tutto ciò significava: lui voleva vederla ancora, sei lunedì e sei giovedì, cioè altre dodici volte. Era serio? Ma poi non doveva  sposarsi?

“Ma… veramente vuole dedicare tutto questo tempo a me? E i suoi allenamenti?” domandò senza fiato e senza comprendere realmente i suoi scopi.

Allenamenti? Stai scherzando” sorrise “Brucio più energie con te che in due ore di squash! Per non parlare dell'impegno mentale per starti dietro, ragazzina!” ribatté con energia senza darle tempo di rispondere. Le si avvicinò cingendole le spalle.

“Ma… e la signorina Shiori?” sussurrò Maya abbassando la voce.

Lo sentì irrigidirsi impercettibilmente, quindi aggiungere serio “Il nostro contratto prematrimoniale impone solo un minimo di due incontri a settimana, in questa fase”

“Contratto prematrimoniale?”

“Sì, certo. Nei matrimoni combinati l’elemento fondamentale è il contratto prematrimoniale. E’ tutto definito nei minimi dettagli. I negoziatori di entrambi le famiglie lo hanno affinato per mesi”

“Negoziatori… addirittura? E cosa prevede?” domandò realmente incuriosita da quanto fossero complicate quelle assurde procedure.

“Un po’ di tutto. Alcuni aspetti finanziari legati alla fusione, ma anche gli obblighi della vita matrimoniale e della fase prematrimoniale. Il numero minimo di incontri, le case dove abiteremo, gli impegni sociali, anche una clausola di recesso: qualora una parte dovesse recedere prima della stipula del contratto definitivo – prima del matrimonio, intendo – dovrà pagare all’altra parte venti milioni di dollari, a titolo di compensazione forfettaria per danni di varia natura” spiegò succintamente, come se si trovasse in una delle sale riunioni della Daito e stesse delucidando delle slide su un progetto di acquisizione.

“Ven-ti milioni di dollari…?” Maya sussultò: era una cifra che non riusciva neanche a concepire, figurarsi pensarla come una compensazione per recedere da una promessa di matrimonio.

“Già, è un po’ inusuale, ma lo abbiamo accettato” ammise Masumi come se la cosa non lo riguardasse davvero.

“Ma… perché…?” non voleva apparirgli ingenua, ma le sembrava tutto veramente incredibile.

“In cambio abbiamo ottenuto il via libera per un pacchetto di misure finanziarie, ad esempio un certo rapporto di cambio fra le azioni delle due società. Credo la controparte ci tenesse molto ed é stato ritenuto un prezzo congruo. Ma non so come sia stato definito nel dettaglio, come dicevo non conduco io le trattative, ed è mio padre che ne approva l’esito” aggiunse tradendo il nervosismo con un gesto spazientito con la mano. Ricordò il momento in cui era stato costretto a lasciare a suo padre il controllo completo sulle trattative, e con loro ogni possibilità di uscire da quella trappola, ottenendo in cambio di tenerlo lontano da Maya.

“Capisco… ma si tratta anche della sua vita, no?” azzardò.

“Già” commentò amaramente “Ma è gestita come un affare, un affare sul quale io ho un controllo minimo fra l’altro”

“Ma… come può sopportarlo?” insisté, più sorpresa che scandalizzata.

Lui sorrise amaramente.

“Non è facile da spiegare, Maya… è che ho sempre saputo che il mio matrimonio sarebbe stato gestito alla stregua di un affare. Fin da bambino sono stato educato a raggiungere determinati scopi, senza curarmi né degli altri né tantomeno di me stesso. Poi in realtà i miei veri obiettivi non sono necessariamente quelli che altri credono… è un discorso lungo. Resta il fatto che non mi sono mai molto curato di me stesso o della mia felicità”.

“Dovrebbe cominciare a farlo, non è mica troppo tardi…” valutò lei guardandola con aria preoccupata.

Era sincera e trasparente come sempre. La strinse più forte a sé e lei appoggiò la testa sul suo petto, sciogliendosi nel suo abbraccio protettivo.

“Non lo so, Maya, ma temo di sì, invece” chiuse gli occhi per un attimo, avrebbe voluto fermare il tempo rimanendo così abbracciato a lei e non pensare a niente per sempre. Ma si ridestò, non doveva indulgere troppo, non doveva turbarla.

“A proposito, se non ci sbrighiamo fra poco sarà tardi davvero. Cosa ne dici se ci facciamo portare un’abbondante colazione? Ieri mi hai fatto saltare la cena…” le disse, sogghignando.

“Io? Non è vero!! E’ stato lei a…” reagì prima di rendersi conto che la stava provocando.

“Come ti scaldi subito! Chiamo e la faccio portare qui, va bene?” si sedette sul letto e prese il telefono, ma prima di comporre il numero si girò di nuovo a guardarla, l’aria fintamente preoccupata “Non mi assalire alle spalle come fai di solito...”

“Ma insomma! La smette…” se la prese lei, arrossendo completamente.

Masumi rise di gusto, prima di abbracciarla e baciarla sulla fronte, poi aggiunse fissandola dolcemente.

“Ora fa' la brava e mangia. Non voglio che la mia dea arrivi alle prove senza reggersi in piedi” la guardò con uno splendido sorriso, lasciandola senza parole e senza fiato.

 

NDA: a questo punto della storia consiglierei questo brano, che ci sta a fagiolo (anche perché mi ha in parte ispirato il capitolo). Eh sì quando ho scritto la ff ascoltavo molto un certo LP :-)

 

   
 
Leggi le 4 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<    >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Anime & Manga > Il grande sogno di Maya / Vai alla pagina dell'autore: Raflesia Harlock