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Autore: Blackvirgo    10/05/2009    7 recensioni
Inuyasha e Kikyo si sono detti addio. Cinquant'anni dopo lo hanno fatto di nuovo.
Scritto per la challenge Temporalmente (iniziativa de I criticoni).
Genere: Romantico, Triste | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Inuyasha, Kikyo
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Come se questo tempo non fosse passato mai… dove siamo stati, cosa siamo poi?" (Cose della vita – Eros Ramazzotti feat. Tina Turner)

 

 

Era passato tempo, troppo tempo. Eppure era come se non fosse passato affatto.

Aveva dormito a lungo, Inuyasha, in uno stato che più assomigliava all’oblio che al sonno. Perché mai sogni, ricordi o sensazioni lo avevano sfiorato, mai aveva percepito il calore del sole o il gelo della neve, la carezza del vento o lo schiaffo della pioggia.

Cinquant’anni gli erano passati accanto e lui, svegliato, li aveva misurati nelle rughe di una donna che aveva conosciuto bambina.

La rabbia per il tradimento della sacerdotessa che aveva amato e il dolore per la sua perdita non furono che due attimi: separati da un respiro nella sua mente, da mezzo secolo nella realtà.

***

Si era data a Inuyasha senza remore, la sacerdotessa: aveva sentito il mezzo demone a sè affine sin dal primo momento, dalla prima volta che lo aveva visto. Entrambi cacciavano demoni, entrambi cacciavano soli.

E, semplicemente, si trovarono.

Con la consapevolezza di potersi uccidere a vicenda, rinfoderarono artigli e frecce.

Sapevano bene che la vita era una lotta in cui solo i forti sopravvivevano.

Loro tentarono di vivere insieme.

Avevano cominciato con cautela, studiandosi da lontano, guardinghi, e poi Kikyo aveva trovato il coraggio di voltargli le spalle, decisa a porre fine a quella situazione di stallo: meglio conoscere se aveva fatto la scelta giusta a riporre la sua fiducia nel mezzo demone. Perché sarebbe stato  preferibile uno squarcio nella schiena piuttosto del dubbio che imprigionava un sentimento a cui non sapeva ancora dare un nome.

Ma l’attacco non giunse e la sacerdotessa venne posta di fronte alla possibilità di vivere i suoi sentimenti. Si sentì fragile, vulnerabile, ma sapeva di non poter tornare indietro. Alzò il capo e camminò verso il villaggio con lo sguardo fermo, il portamento altero e il passo lento.

Si erano avvicinati, passo dopo passo, da quel giorno: la tregua era diventata alleanza e poi si era trasformata in una strenua lotta per la pace. Per la loro pace: talmente importante da decidere di cambiare se stessi pur di ottenerla, di tradire la propria natura.

Di utilizzare un potere proibito per lasciarsi alle spalle ciò che erano stati fino a quel momento, senza rendersi conto che loro si erano innamorati proprio di ciò che stavano per lasciare e che quel mutamento li avrebbe posti davanti a nuovi dubbi, a persone diverse da quelle che avevano conosciuto. A nuovi se stessi.

A volte neanche l’amore potrebbe  resistere a tanto, ma in questo caso fu il tradimento di un brigante corrotto e lascivo, e non loro stessi, a porre fine alla loro storia.

***

Si era risvegliata in un corpo che non era suo, con un’anima che ormai apparteneva a un’altra fanciulla. Era tornata da dove non avrebbe dovuto.

Aveva passato mezzo secolo in un mondo che non poteva  ricordare, di cui non poteva raccontare nulla. Era morta da mezzo secolo ed era rinata con lo stesso sentimento nel cuore: l’odio.

E la rabbia per colui che l’aveva tradita, per colui che aveva causato la sua morte, prese il sopravvento sulla sua stessa natura: la sua prima vittima fu la strega che si era divertita una volta di troppo a giocare con la terracotta e le anime altrui.

La seconda sarebbe dovuta essere Inuyasha.

Perché sul mezzo demone aveva già riversato il suo amore tramutato in odio sulla punta di una freccia, ma non era stato abbastanza. Perché  lui era lì, davanti a lei, e la guardava come allora. Come nell’attimo in cui gli aveva scagliato il dardo maledetto.

Incredulo.

***

Non potevano stare insieme, ora, combattere insieme.

I vivi e i morti non dovevano percorrere gli stessi sentieri.

Si erano ripromessi di vivere assieme per il resto dei loro giorni, dopo un bacio a fior di labbra, al tramonto. Aveva inciampato, Kikyo, nel scendere da una barca e Inuyasha l’aveva accolta tra le proprie braccia, unico al mondo – assieme a Kaede – a conoscere la donna, la sua forza e la sua fragilità.

E poi Inuyasha aveva accettato di scendere con lei nel mondo dei morti, di seguirla ovunque ella avesse voluto. Sempre con un bacio a fior di labbra, rubato in una notte di luna e di spiriti.

Con quell’amore nel cuore, che una volta era stato in grado di acuire i suoi sensi e di rinvigorire la sua mente,  ora si stava lasciando andare a ricordi e speranze di un tempo remoto… e quel sentimento ora gli ottenebrava la mente, addormentava i suoi sensi.

Fu grazie al grido di rabbia e dolore di un’altra fanciulla che il mezzo demone e la sacerdotessa non si perdettero per sempre.

 ***

Era stata la sua ultima battaglia, Kikyo lo sapeva bene. Perché, alla fine, aveva rinunciato.

Così come, mezzo secolo prima, avrebbe rinunciato ad essere una sacerdotessa per vivere serenamente con Inuyasha, ora aveva rinunciato alla sua vendetta per permettere al piccolo cacciatore di demoni di vivere. Di vivere davvero.

Era serena. Aveva camminato da sola per molto tempo tra mille pericoli, aveva ingoiato il suo orgoglio quando aveva chiesto aiuto a quella ragazzina a cui la vecchia strega aveva rubato l’anima per farla rivivere, aveva cercato di riportare Inuyasha a sé ad ogni costo, fosse in quel mondo o nell’altro. E poi lo aveva allontanato.

Ma Inuyasha era sempre tornato. Ogni volta che aveva sentito nell’aria il suo odore. Ogni volta che si era trovata in difficoltà.

E ogni volta le aveva restituito una parte di se stessa, un frammento che Inuyasha aveva custodito con cura nel proprio cuore: un’espressione del viso, un moto dello spirito, un battito troppo veloce delle ciglia… e ogni volta lei tornava ad essere sempre più se stessa.

Fino al momento in cui la sacerdotessa che era stata era tornata: aveva vissuto per preservare la vita degli uomini, non per usarli come strumenti. Lei non era Naraku.

E quando ricordò completamente cosa significasse essere Kikyo, ella fece la sua scelta: la vendetta non era per i morti.

Era ora di passare il testimone.

***

Erano di nuovo soli, stretti in un abbraccio.

Avevano promesso di percorrere lo stesso cammino, prima nella vita, poi nella morte e non lo avevano fatto.

Avevano impiegato molto tempo ad avvicinarsi abbastanza perché le loro mani potessero toccarsi senza ferirsi, le loro labbra sfiorarsi senza mordersi. Si erano parlati con poche parole e molti silenzi.

Poi il tempo era passato senza di loro…

E di nuovo avevano impiegato molto tempo per avvicinarsi senza attaccarsi, per abbracciarsi senza odio, per baciarsi a fior di labbra.

Avevano percorso due volte la stessa strada, e alla fine di entrambe si erano detti addio.

Avevano preferito dimenticare il primo saluto: c’era stato troppo odio allora, troppo astio, troppe ferite. Troppo sangue.

C’erano state solo lacrime, la seconda volta, lacrime e dolcezza. E luce.

I vivi e i morti non possono percorrere le stesse strade, ma entrambi hanno il diritto di combattere affinché possano percorrerle in pace.

   
 
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