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Autore: Give_me_only_kiss    17/10/2016    1 recensioni
In cui si hanno strane idee per un regalo, ognuno dice la sua, Kise fa solo casini e Akashi è supremo come suo solito.
Genere: Comico, Romantico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Yaoi | Personaggi: Atsushi Murasakibara, Daiki Aomine, Taiga Kagami, Takao Kazunari, Un po' tutti
Note: Missing Moments, OOC | Avvertimenti: nessuno
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Giuro che ne avevo iniziata una che comprendeva qualche personaggio di Haikyuu, una partita di pallavolo dall’esito sconosciuto e una sega avvenuta in un ambiente non proprio privato, ma non era nel mio stile. Deve far tagliare le vene oppure far vomitare arcobaleni, altrimenti non merita la mia firma. Questa fa vomitare arcobaleni, mi dispiace Ire. Niente angst, accontentati o ti prendo a calci. Ho tentato di rappresentare al meglio i personaggi, ma probabilmente li ho parecchio estremizzati e Aomine in particolare potrebbe essere leggermente OOC e per questo mi piange il cuore, ma amen.

Se non si fosse capito, a Irene, l’ennesima storia per il suo compleanno. Continuerò a scriverle anche quando ti sarai stufata delle mie cazzate o quando io mi sarò stufata del mal di schiena che mi viene ogni volta che ti bacio. Prenditi cura delle parti di me che mi hai strappato. Ti amo.

Per comprendere al meglio questa storia, si deve partire da un preconcetto preciso.
Questa storia non parla di nulla.


Mi chiamo Tetsu Kuroko e nella vita delle persone spesso sono invisibile. Sono la comparsa di cui nessuno ricorda nemmeno il nome, la persona più anonima che riusciate a immaginare. Magari mi avete notato per una frazione di secondo, giusto il tempo per rendervi conto che non valeva la pena ricordare il mio volto. Nella vita faccio il maestro d’asilo. Il mio lavoro mi piace parecchio. Ho un fidanzato, si chiama Ogiwara, è parecchio rumoroso, però lo amo. Non chiedetemi perché.
Non sono qui per parlare di me, comunque. In realtà, questo dovrebbe essere un regalo di nozze, e lo stiamo scrivendo in cinque. Hanno fatto iniziare me perché sono il testimone, ma sinceramente non ho capito il ragionamento, dato che anche Kise è il testimone di Aomine. Eppure sto iniziando io. Credo che si stiano approfittando della mia gentilezza, perché loro non sono capaci di scrivere. Non che io ne sia capace, ma a quanto pare sono un tipo “diretto” e “capace”, quindi tocca a me iniziare. Tradotto: lasciamo fare il lavoro scomodo a Kuroko, tanto lui non si lamenta. E davvero non lo farò, perché mi va di fare ciò che abbiamo prefissato: raccontare qualcosa sugli sposi.
Quindi, Aomine e Kagami. Che dire? Io che sono il migliore amico di entrambi, l’ombra che li ha seguiti per buona parte della loro vita, avrei mille cose da raccontare. Ora che devo sceglierne una, non mi viene in mente nulla. Forse una, o due cose. Forse sciocche, ma che mi hanno fatto comprendere come tra loro possa funzionare. Questo perché, davvero, nessuno si sarebbe mai immaginato che tra di loro funzionasse. Troppo simili per stare insieme. Kagami possiede l’energia per distruggere una montagna, Aomine quella per toccare il cielo. Insieme? Loro due avrebbero potuto travolgere il mondo, distruggerlo, spezzarlo. Oppure, spezzarsi a vicenda. È quello che hanno provato a fare, all’inizio, quando hanno cominciato a sfiorarsi una volta più del solito e meno casualmente durante le sessioni di allenamento devastanti a cui si sottoponevano in quel campetto che ha visto succedere troppe cose, quando Kagami mi chiamava la notte per dirmi che accanto ad Aomine si sentiva strano, perché c’era qualcos’altro oltre la voglia di vincere, qualcosa che gli chiudeva la bocca dello stomaco e che lo faceva smettere di respirare. Ricordo ancora la prima volta che successe: me lo ritrovai sulla porta di casa, i capelli spettinati e una montagna di hamburger tra le braccia. Indossava solo una canotta e dei vecchi pantaloncini, segno che era andato a correre o ad allenarsi da qualche parte, nel tentativo di scaricare la tensione.
“Tetsu, quando è troppo vicino mi dimentico come si gioca a basket.” Fu la cosa più vicina a un “mi piace” che gli abbia mai sentito dire. Eppure per Kagami era fondamentale: mi spiegò che non ce la faceva, che giocare contro Aomine era diventato strano, che non facevano altro che punzecchiarsi in modo più malizioso del solito, sorridersi e spintonarsi, andando contro le regole, perché l’importante era toccarsi, sentire l’altro vicino, il calore dei loro corpi a contatto. Oppure c’era solo silenzio, e il ritmo del gioco era talmente serrato da trasformarsi in una danza senza fine, elegante e azzardata, studiata e piena del basket di entrambi, che si incontravano e facevano l’amore, senza sosta, al posto loro, perché liberi dall’orgoglio che invece li soggiogava. Mi parlava del rumore della palla sul selciato, del fruscio della rete del canestro, delle ginocchia dolenti, di come fosse tutto un espediente per ignorare Aomine che era ovunque, ovunque intorno a lui.
“Sta diventando un’abitudine, Kuroko. Ci vediamo ogni giorno, giochiamo fino a sentirci male e poi rimaniamo a parlare. Anche per ore. Io porto da mangiare. Gli piacciono i sandwich, quelli che mi porto quando siamo in trasferta: mi obbliga a metterci dentro quasi mezzo barattolo di burro d’arachidi, perché gli piace da morire. Odia la maionese e se per sbaglio gli do il mio panino comincia ad urlare e a sbraitare e mi fa promettere di portargli altri tre panini col burro d’arachidi. Le sue minacce ormai mi fanno solo ridere e non capisco come un tempo abbia potuto farmi paura: sembra un criceto irritato la maggior parte del tempo e ormai gli unici che possono batterlo siamo io e lui stesso.” Ricordo che aveva ridacchiato nervosamente, sorridendo ebete, senza sapere il perché di tutto quel monologo infinito comprendenti i gusti alimentari ed eventuali paragoni con animali riguardanti Aomine. “Ride per le cose più sciocche e quasi sempre, quando racconta qualcosa, questa comprende Momoi: vuole davvero bene a quella ragazza, anche se non lo ammetterà mai. Adora il caffè e a volte lo prendo in giro, dicendo che se ne beve ancora un po’ diventerà ancora di più nero di quanto già non sia. Che poi perché un giapponese dovrebbe essere nero, accidenti!”
Aveva continuato a ridere e a singhiozzare insieme, fino a crollarmi tra le braccia, e a quel punto non so se mi facesse più tenerezza lui o Aomine, il cui nome illuminava lo schermo del mio telefono almeno per la tredicesima volta nel corso della serata, disperato perché “Kagami mi fa dimenticare come si gioca a basket.” E appunto, troppo simili. Due uragani, due malati di basket: come possono compensarsi senza farsi male? Per questa ragione all’inizio ho preferito rimanere in silenzio.
Il mondo a volte le sottovaluta le persone. Ne ignora i colori, dando per scontato che siamo tutti grigi, nati dal cemento. Cresciamo, ma non lo facciamo: in gran parte siamo solo piante finte. Ogni tanto però nasce una macchia di colore. Una persona fragile, morbida, che non è indifferente, così colorata dentro che fuori non traspare nulla. Che è forte, che è ingenua, che è irascibile e tutti i concetti che riuscite a immaginare portati all’estremo. Perché delle volte il mondo esagera, vorrebbe specchiarsi in noi e alcuni di noi nascono così immacolati che glielo lasciano fare. È così che nascono le forze della natura, persone come voi due. Non credo che il mondo abbia mai immaginato che due dei suoi capolavori potessero innamorarsi, anche se guardata da un’altra prospettiva sembra quasi scontato: serve più di un colore per un quadro stupefacente – no, non sto esagerando. Vi ho seguiti per anni e più la vostra luce splendeva più la mia ombra diventava scura. Siete persone meravigliose e Midorima per favore, impara a nascondere le lacrime in tempo per il matrimonio. E soprattutto smetti di leggere da sopra le mie spalle!
All’inizio però nessuno riusciva a vederlo. Che vi piacevate, che sareste stati bene insieme. A parte me, ovviamente. Il resto della Generazione dei Miracoli, diciamocelo, è composta da idioti. Voi due compresi. Perciò quando vi siete baciati per la prima volta, avete sorpreso un po’ tutti. Scommetto che ricordate come è successo, ma a me piace raccontarlo. Probabilmente, lo ricordo meglio di voi, visto che nel momento in questione eravate ubriachi fradici.
Lo sfondo che ha visto il vostro amore celebrarsi per la prima volta certo non è stato dei migliori: stavamo festeggiando la vostra entrata nella juniores nazionale di basket, e Kise aveva organizzato tutto. Con questo, per chi conosce bene Kise e le sue disastrose doti da organizzatore di eventi, che lui tanto decanta, credo di aver detto tutto, ma se mai questa lettera cadrà in mano di chi non era presente alla festa sorpresa del ventesimo compleanno di Kasamatsu – che ha compreso una gallina, alcune caprette e un geco impazzito, ma no, non fate domande – ecco, il livello organizzativo di Kise è il seguente: ricorderà di chiamare gli invitati la sera stessa, affitterà il locale più economico e, di conseguenza, squallido della città, si autonominerà dj per una sera e porterà fiumi di alcool a buon mercato per far dimenticare a tutti i presenti la presenza del topo che sicuramente sta rosicchiando le loro giacche nella cabina armadio. E tanti saluti alla dignità e al rispetto della Generazione dei Miracoli – nome che ormai non utilizza più nessuno, se non lo stesso Kise nel denominare l’ennesimo gruppo whatsapp quando si tratta di organizzare una rimpatriata. Cosa che facciamo almeno una volta ogni due mesi, ma quell’idiota continua a creare nuovi gruppi, tutti con lo stesso nome.
Tornando a noi, eravamo tutti ubriachi, quella sera. Midorima e Takao pomiciavano in un angolo, ormai senza pudore, Murasakibara aveva recuperato un sacco da non si sa dove e aveva cominciato a bussare alle spalle della gente chiedendo caramelle, in una sua versione “moderna” di Halloween, Akashi vaneggiava su un altro se stesso mentre un incantato Furihata pendeva dalle sue labbra. Io sono astemio, ma Ogiwara no, perciò avevo comunque il mio da fare, con Momoi praticamente attaccata a una gamba che mi pregava di “riconvertirmi alla religione della figa”, ma comunque. Poi c’eravate voi due, i veri protagonisti, gli unici – con Atsushi che, pensandoci bene, non avrebbe potuto fare nient’altro se non forse il commesso in un negozio di caramelle - che avessero continuato con il basket tra tutti i noi, spinti da una passione travolgente e intramontabile. E una passione dello stesso tipo vi ha travolto quella sera, quando, ubriachi al limite del possibile, vi siete guardati negli occhi mentre ballavate. Vi stavo guardando. Non volevo fissare, ma sono rimasto incantato: vi siete avvicinati come ipnotizzati l’uno dall’altro, sfiorandovi e scoprendovi lentamente, quasi spaventati dal tocco dell’altro che vi destabilizzava tanto, che “vi faceva dimenticare come si gioca a basket.”
Vi siete spalmati l’uno sull’altro, i vostri bacini perfettamente a contatto e Dio solo sa cosa stesse succedendo là sotto, ma io ho solo visto le braccia di Daiki stese sulle spalle di Kagami, le mani a giocare con i suoi capelli che “Secondo me li ha tinti, Tetsu, davvero. Sono davvero troppo rossi, se capisci cosa intendo. E morbidi. Non possono essere rossi e morbidi insieme, accidenti!” E davvero non lo capivo, quando me ne parlava. Ho invece capito Kagami, quando mi ha parlato di quel bacio che vi siete dati dopo esservi cercati per quelle che devono esservi sembrate ore, accarezzandovi con i rispettivi respiri, sorridendo a occhi chiusi, con una tale gioia che non esito a credere che quando finalmente avete lasciato che le vostra labbra si incontrassero i vostri cuori siano quasi esplosi e che la stanza sia stata illuminata per un attimo, dimentica anche lei stessa della propria decadenza, perché quel bacio con cui vi siete divorati le anime “Sapeva di vodka, di dolcezza e di ambizione. Dio Tetsu, quando lo bacio mi sento come se in mano avessi dieci anelli dell’NBA in mano” e lo dice ancora oggi che di anelli ne ha due “come se avessi raggiunto la vetta e nulla potesse fermarmi. Quell’uomo sa di basket e di forza, di tutto quello che amo e il sentimento è quasi amplificato perché so che lo ama anche lui, e cozziamo ma andiamo bene, perché insieme potremmo conquistare il mondo. E lo faremo, Tetsu, lo faremo.” Lo avete fatto. Forse non tutto il mondo, ma gli anelli che portate al collo – due per Daiki, tre per Taiga, perché accanto a quello di Himuro, sul quale non si risparmiano le scenate di gelosia, che si concludono sempre allo stesso modo – testimoniano ciò che la vostra unione rappresenta. Sono orgoglioso di voi e sono onorato di essere stato la vostra spalla, anche se per poco. Sono fiero di essere testimone del vostro amore e vi auguro tutta la felicità del mondo.


PREPARATEVI GENTE, ORA INIZIA LA FESTA. Ora che Kurokocchi ha finito con la sua robaccia smielata possiamo iniziare con le cose serie, ovvero: la rubrica de Le tre volte in cui vi ho sorpreso a fare sesso, di Ryota Kise, genio indiscusso dei regali nuziali. Il mio Yukio adorato ha provato a dirmi in modo molto cortese e tranquillo – sì, tradotto vorrebbe dire che mi ha tirato uno schiaffo, ma non essere sempre così pignolo, Midorimacchi – che forse è una rubrica un po’ inopportuna per un regalo di nozze, ma io so che Aominecchi la apprezzerà. E comunque quando la leggerà io ormai sarà lontano. Magari in Burundi, e mi chiamerò Pablo Antonio Ramirez.
Bando alle ciance, cominciamo.
Qui Ryota Kise, genio indiscusso del basket, dell’organizzazione di eventi, dello stile, dell’amore, del sesso – vi basta chiedere al mio fidanzato adorato – della moda, campo in cui lavoro e da oggi, anche della scrittura. Forse dovrei provare ad intraprendere la carriera di giornalista, potrebbe andarmi bene. Mi è stato detto di dover raccontare degli aneddoti sulla coppia di novelli sposi, di cui io ovviamente sono testimone. Della parte figa della coppia, senza ombra di dubbio. Perciò, direi che è ora.
Cominciamo dal mio preferito: quando li ho beccati a scopare sul divano. Luogo non molto originale, purtroppo bisogna dirlo, ma la scena è stata comunque piuttosto eccitante. Il motivo per cui mi trovavo nel loro appartamento a circa mezz’ora di macchina dal mio? Semplice: mi serviva un frullatore e il mio si era rotto. Dovevo fare una torta, perché sono un genio indiscusso anche in cucina. Okay, in realtà volevo curiosare, perché ormai Aominecchi e Kagamicchi sono per una buona parte dell’anno in America per l’NBA e a me Aominecchi manca. Volevo solo stare un po’ in sua compagnia. E magari farmi i fatti loro. A mia discolpa, avevano lasciato la porta aperta, anche se forse in realtà l’avevo aperta io con la chiave di riserva che sapevo stare sotto il vaso all’angolo del pianerottolo. Sempre a mia discolpa, i rumori si sentivano già dall’ingresso. Aominecchi è piuttosto rumoroso quando scopa, e anche Kagamicchi non scherza. Nell’aria si respiravano solo gemiti e urla sommesse, lo scricchiolio del mobile stressato dal peso del corpo su di esso poggiato.
Ed ecco la risposta alla domanda che tormenta gli animi di voi tutti miei fedeli lettori.
Sì, è Kagamicchi il passivo. Lui dice che fanno a turno, ma io so riconoscere un mio simile quando lo vedo, Kagamicchi. Ammetti la tua passività, non c’è nulla di male nel farlo. Sta di fatto che sono rimasto ipnotizzato. Non solo perché due dei miei migliori amici stavano facendo sesso completamente nudi davanti a me sul divano di casa loro, uno in piedi e l’altro disteso sul bracciolo, accaldati e sudati, stretti in un abbraccio soffocante. Anche per quello ovviamente, senza contare che siete comunque due giovanotti oggettivamente attraenti e che io sono completamente e passivamente gay, e che la prima cosa che ho pensato è stata “potrei girare un porno e guadagnare un sacco di soldi.”
La seconda cosa che ho pensato però, è stata “Wow.” Ci sono coppie che, amandosi, semplicemente compongono opere d’arte. Quando voi due fate l’amore sprigionate una forza assoluta, una carica suprema, ipnotizzereste chiunque si fermi un attimo ad ammirare il mondo perfetto in cui i vostri corpi si incastrano, il piacere estremo dipinto sui vostri volti, le urla che si mischiano e diventano sussurri e i movimenti che si fanno sempre più scattanti, in una lotta armoniosa, il corpo di Kagamicchi che trema e che si inarca sotto le spinte sempre più dinamiche di Aominecchi, e un altro bacio, che li unisce ancora, fin che non vengono entrambi. Un unico suono ha riempito il silenzio dell’appartamento, insieme a quello della porta che con un piccolo scatto si è chiusa, ed era la voce di Kagamicchi, affannata e tremante:
“Ti amo” ha sussurrato. Posso dire con certezza di aver percepito Aominecchi sorridere e stringerlo a sé.
“Pure io.” Magico. Forse mi sono commosso, ma non ricordo bene. Ma passiamo a parlare nel pompino negli spogliatoi. Risale a quella volta in cui questo mitico organizzatore pensò bene che una delle rimpatriate dovesse prevedere una partitella di basket, mischiando Generazione dei Miracoli e rispettivi fidanzati. A volte ci rifletto su con Akashi: a costo del nostro talento, ci è stato rimosso il gene, o qualsiasi altra cosa sia, dell’eterosessualità? Perché altrimenti non si spiega. Ecco, successe che mi sono fermato un po’ più degli altri, osservando la palestra con viso nostalgico, la mente attraversata da mille flashbacks, proprio come in quei drammatici anime sportivi. Purtroppo non ho pianto, altrimenti sarebbe stato a dir poco perfetto. Concluso il mio momento da personaggio leggermente effeminato ma bellissimo di un anime tormentato, mi sono diretto negli spogliatoi. Sarei dovuto rimanere in palestra, perché così mi sarei risparmiato la vista di Aominecchi in ginocchio che succhia il cazzo di Kagamicchi – no Midorima, non sono volgare, è esattamente quello che è successo e non lascerò che la voce della verità venga zittita da dispotiche censure!
Beh, Aominecchi sembrava essere piuttosto bravo (probabilmente grazie ai miei consigli) perché il viso di Kagamicchi era completamente devastato, le gote rosse e i capelli scompigliati, gli occhi rossi praticamente liquidi e pieni di piacere, invocava continuamente il nome di Aominecchi. Devo ammettere che superato lo stupore iniziale, ho recuperato il cellulare e ho scattato una foto. Foto che verrà trasmessa al ricevimento. No, non ringraziatemi, il mio essere meraviglioso è completamente gratis. La cosa che ha lasciato però che io ricordassi perfettamente questo momento, oltre l’assurdità dello stesso, è la dolcezza di Aominecchi dopo che Kagamicchi gli è venuto in bocca. Si era alzato, dopo aver ingoiato – sì, decisamente grazie ai miei consigli – e gli aveva preso il viso accaldato e distrutto tra le mani, accarezzandolo dolcemente e baciandolo con una delicatezza che non gli aveva mai visto manifestare. Poi gli aveva pizzicato scherzosamente i fianchi, facendolo saltare sul posto e imprecare.
“Smettila, baka” aveva implorato Kagamicchi, con la stessa convinzione con cui io dico “basta” al mio Yukio che mi scopa con violenza contro qualsiasi superficie piana. Aominecchi di risposta aveva infatti riso, continuando a punzecchiarlo e a baciargli le labbra gonfie, per poi prenderlo in braccio e caricarselo sulle spalle, manco fosse leggero quanto un bambino. Ed era proprio questo che sembravano, due bambini, immersi nel loro mondo, tanto da ignorare tutto il resto, perché il baciarsi o punzecchiarsi era abbastanza.
Ora mi rivolgo direttamente a te, Kagamicchi. So che delle volte ti faccio impazzire. Faccio impazzire un po’ tutti in realtà, ne sono perfettamente consapevole, e a volte esagero, ma sapete che lo faccio per farvi ridere, perché non mi piacciono i visi tristi. La persona che diverto di più è Yukio, anche se è quella che meno lo dà a vedere. Yukio mi ama proprio per questo: perché non cambio mai, perché sono lo stesso ragazzino che al liceo gli faceva saltare i nervi e che lo ha baciato per gioco. Io amo Yukio perché mi tiene con i piedi per terra, perché è la razionalità e la forza di cui ho bisogno. Io so che Aominecchi ti ama perché tu riesci a riportarlo a prima. A prima che cominciassero a chiamarlo mostro, a evitarlo. Con te ritorna piccolo, ha eternamente tredici anni e non trenta, non sente il peso della vita e del suo talento ed è semplicemente Aominecchi. Ecco, so che state insieme praticamente da quindici anni, che non foste fatti per stare insieme vi sareste lasciati molto prima, che questa premessa avrei dovuto fartela molto tempo fa, ma quando è iniziata il rapporto tra me e Aominecchi non si era ancora del tutto rinsaldato, perciò lo dico ora: fallo soffrire e ti taglio il pene a fettine. Dico sul serio.
Sì, Midorimacchi, ho finito, non mettere fretta all’artista mentre compone la sua opera!
L’ultimo passo della rubrica riguarda ieri sera, quando li ho beccati a fare sesso in auto prima di andare a ritirare le fedi – ovviamente all’ultimo momento, ovviamente a causa mia – ma non mi soffermerò molto su quest’ultima scena. Uno, perché il sesso in macchina è squallido, due perché beh, mi avete beccato. Solo io, Yukio e il dottore che mi ha messo i punti sa com’è andata a finire. Si conclude così per questo avvenimento la mia rubrica.
Vi auguriamo un felice matrimonio.
Ci vediamo per la prossima rubrica, al divorzio!


A parlare è Shintarou Midorima. Non oso immaginare cosa Ryota abbia scritto prima di me e non mi scomoderò nemmeno nel tentare di decifrare la scrittura da pazzo di quell’idiota. Ipotizzando giustamente che non abbia fatto altro che parlare della vita sessuale della coppia che sta per convolare finalmente a giusto matrimonio, l’aneddoto che ho scelto di raccontare è di natura casta. Era il San Valentino di qualche anno fa e Aomine era a corto di idee. Ecco, non so esattamente come e perché, ma Takao e Kagami, negli ultimi anni, hanno stretto una strana amicizia e ogni tanto escono assieme. Approfittando delle loro strane uscite, che per lo più comprendono un campetto sperduto, il bowling o un film splatter al cinema, Aomine ha scelto me, proprio me – che di certo non sono una persona romantica, per carità – per aiutarlo nella scelta del regalo da fare a Kagami. A quanto ne sapevo, non era solito fargli regali per quel tipo di circostanze, perciò mi sono preoccupato per l’andazzo della loro relazione, pensando a un tentativo maldestro di rammendare uno stupido sbaglio commesso. Eppure Aomine, nonostante il perfezionismo che sembrava averlo conquistato nella ricerca del regalo, appariva calmo e tranquillo, purtroppo ancora capace di fare battute di cattivo gusto sulla vita sessuale mia e di Takao – che per inciso è molto attiva, se vi interessa – oppure sul mio portafortuna del giorno, un portachiavi a forma di riccio colorato di rosa. Sì, il mio segno era l’ultimo nella classifica dell’oroscopo, quel giorno. Forse Aomine aveva incominciato a seguirlo, perché non faceva altro che toccare tutti tasti dolenti che sa benissimo capaci di farmi infervorare, ma continuava imperterrito, mentre elencava una serie di opzioni bocciate a priori nel momento stesso in cui venivano pronunciate.
“Perché hai chiesto che ti accompagnassi se non chiedi nemmeno il mio parere?” gli ho chiesto, seccato. Aomine aveva sorriso. Non ghignato, sorriso. Ryota lo dice spesso, che Kagami fa sì che Aomine ritrovi l’ingenuità e la spensieratezza che aveva un tempo. Io aggiungo anche Kagami lo rende più stupido. Più goffo, imbarazzato e logorroico, terribilmente logorroico. Illogico, quasi quanto Atsushi.
“Una volta, da ubriaco, hai detto che quando fai qualcosa, anche di piccolo o apparentemente insignificante, per Takao, lui assume un’espressione dolcissima: quasi illuminata, grata e innamorata.”
“Non l’ho mai detto.”
“Fai meno la Tsundere, Shin-chan. Quello che voglio dire è che anche Kagami ha quell’espressione, quando faccio qualcosa di irrimediabilmente stupido per lui: i suoi occhi si allargano e sembra che abbia inghiottito la luna e che il suo viso non voglia fare che splendere, splendere sempre di più. Ultimamente però, la luna è come scomparsa. Non c’è più: Tai è stressato per la prossima stagione e io non so come farlo star meglio. Le mie solite idiozie hanno perso d’efficacia e l’unica cosa che mi è venuta in mente di fare è stata di andare oltre il mio livello di stupidità facendo qualcosa mai provato prima. Non abbiamo mai festeggiato San Valentino, ma ho pensato di provare. Voglio vedere la luna inghiottirlo ancora. So che sembra eccessivamente sdolcinato, soprattutto se detto da me, ma non posso farci niente. Quel ragazzo è una seccatura e mi scombussola tutto, ora come quando avevamo quindici anni. Ho chiesto aiuto a te perché sai cosa vuol dire sentire caldo perché la persona che ami è felice e sorridere stupidamente al solo pensiero. Perciò aiutami, razza d’idiota, ti stai rivelando inutile quasi quanto il tuo stupido portachiavi da checca.”
La nota d’acidità finale e gratuita mi rassicurò: quello era ancora Daiki Aomine, nonostante le parole dolci che avevano preceduto l’insulto finale. Allora era proprio vero: Daiki aveva un cuore, ma lo aveva per una sola persona e quella persona era Taiga Kagami. Più assurdo di così.
“Kagami non mangia come un bufalo? Cucinagli qualcosa, no?” avevo azzardato “Un bel grembiulino ed è fatta.” Aomine si era scurito e aveva trattenuto quello che aveva tutta l’aria di un insulto pesante.
“A casa cucina Tai, io non sono capace.” Mi ero sistemato gli occhiali sul naso, ridacchiando sotto i baffi.
“Segui un programma di cucina, non è difficile. Hai detto di volerlo vedere felice, allora fai la brava mogliettina.” Mi sono spostato giusto in tempo per evitare il gancio destro di Aomine, che mi fece sussultare, ma sinceramente era esattamente la reazione in cui speravo: tutta quella dolcezza mi aveva leggermente destabilizzato e volevo veder riemergere il vecchio e stronzo Daiki.
“No, seriamente, provaci, apprezzerà il gesto” avevo rincarato, sinceramente convinto.
“Ma va’ al diavolo.” Se n’era andato, com’era prevedibile.
Ero comunque curioso di sapere cosa avrebbe fatto. La mia curiosità è stata soddisfatta prima di quanto mi aspettassi: due giorni dopo, la risata estremamente rumorosa di Kazunari aveva attirato la mia attenzione. Non che fosse strano che Kazunari stesse ridendo, no: Kazunari non fa altro che ridere, ridere e infilare Shin-chan in qualsiasi frase lui pronunci per farmi saltare i pochi nervi che mi sono rimasti, ridere ed essere terribilmente bello, ridere e fare l’amore con me – qualcuno di voi ha un correttore? Ho fatto un errore, devo correggerlo e cancellare una parte del discorso. Cristo, ma siete tutti quanti inutili!
Tornando a noi, ha attirato la mia attenzione perché Kazunari era da solo sul divano e stava parlando al telefono con Kagami. L’unico che può far ridere Kazunari in quel modo sono io, accidenti, perché di solito quella è la risata che riserva a chi si rende ridicolo in qualche modo. Tipo me, almeno secondo lui.
Io non sono mai ridicolo.
“Si può sapere perché ridi in questo modo?” gli ho chiesto. Lui mi aveva fatto cenno di aspettare, finendo di ascoltare cosa gli stava raccontando Kagami, aveva chiuso la chiamata e mi aveva fatto sedere vicino a lui.
“A quanto pare Aomine ha tentato di cucinare una torta per Tai-chan, ma per poco non ha mandato a fuoco tutta la casa! Ce lo vedo proprio, col il grembiulino mentre bestemmia contro il forno Perché l’unico che può cucinare meglio di me sono io!” Quando ride è così bello.
“Un’idea assurda” avevo commentato brevemente, sorridendo tra me e me.
“Sì, ma credo che sia stato carino: quello che conta è il pensiero e mentre me lo raccontava Tai-chan sembrava davvero allegro. Era tanto che non lo sentivo così felice, Aomine ha uno strano potere.”
Siamo rimasti un attimo in silenzio, riflettendo su questa vostra unione, inaspettata e strana, ma che funziona, solo che lo fa a modo vostro. Quindi in modo idiota.
“SHIN-CHAN” aveva esclamato tutt’un tratto Kazunari “perché non fai anche tu qualcosa per me?!” E con questo, ho finito.


Scrivere. Perché dovrei scrivere? È una cosa stupida. Questa lettera verrà letta una sola volta e poi lasciata a marcire su un comodino, probabilmente vicino a un pallone da basket. Casa di Daiki e Taiga è piena di palloni da basket. Non fanno altro che giocare a basket. I loro vicini si lamentano sempre, perché fanno troppo chiasso quando si mettono a giocare per casa, oppure quando fanno sesso: sono sempre rumorosi. I loro vicini siamo Muro-chin e io: abbiamo preso due appartamenti vicini, così che io non mi possa perdere. Se Muro-chin non c’è, mi accompagna Taiga o Daiki. Ormai ho imparato la strada, ma la tradizione è rimasta e un po’ di compagnia, sulla strada per la palestra, non mi dispiace mai. Taiga non fa altro che lamentarsi di Daiki; Daiki invece prende in giro qualsiasi cosa, che sia io o Taiga, che non c’è, ma in realtà c’è sempre. Stare con uno dei due è come stare con entrambi, perché l’uno parla sempre dell’altro.
“Sono noiosi” ho detto un giorno a Muro-chin. Lui ha sorriso sotto i suoi capelli troppo lunghi, che sono troppo lunghi e gli coprono il viso tanto dolce che ha, ma a me piacciono.
“Sono innamorati.”
Per questo non voglio scrivere: scrivere dell’amore è una cosa stupida. Muro-chin dice che sono bravo a scrivere, perché sono molto diretto e dico quello che mi passa per la testa. Ma so che scrivere questa lettera sarà faticoso e non ho molta voglia, le luci colorati davanti a me sono così interessanti e questo foglio di carta bianco è così monotono. Non credo nemmeno che ne valga la fatica, perché io non riuscirei mai a tradurre in parole quello che provo per Muro-chin: lui mi fa sentire a casa, si prende cura di me e compra sempre le mie caramelle preferite. Visto? Queste parole non dicono nulla. Potrei dire che Dai-chin è cioccolato bianco e Tai-chin è cioccolato al latte e che stanno bene insieme, ma come la mettiamo con le persone a cui piace il cioccolato fondente? Non sarebbe giusto. Non è giusto. Dai-chin e Tai-chin si amano, punto. Mido-chin e Takao-chin si amano. Kise-chin e Kasamatsu si amano. Aka-chin e Furi-chin? Non lo so, ma a modo loro lo fanno, almeno credo. Perché si parla sempre troppo, dell’amore? Quando giocano uno contro uno, il campo splende. A casa in America, le persone si bloccano a guardarli e davanti a loro c’è un grande arcobaleno colorato e sfolgora di lucciole che ballano nella notte della campagna e tutto profuma di torta di mele, perché le torte di mele sono buone e sanno di pace e di semplicità. Eppure quella sera di campagna sa anche di sudore e di una giornata faticosa e di tanti cioccolatini al whiskey. Muro-chin non mi fa mai mangiare quei cioccolatini, perché dice che se lo faccio dico solo stupidaggini. Una volta gli ho detto che mi piaceva l’odore del sole. Intendevo l’odore di casa di Dai-chin e di Tai-chin, ma lui all’inizio non ha capito. Non mi sembrava tanto complicato, sinceramente: sono sempre cosciente quando dico questo genere di cose, perché in realtà ci rifletto un sacco su. Se Muro-chin e Tai-chin sono fratelli è perché sono il sole e la luna: ma a Tai-chin piace solo il sole. Per questo ha scelto Dai-chin. Hanno dei bei colori, come quelle caramelle alla frutta, e Dai-chin dice sempre che Tai-chin ha un buon sapore. Una volta ho detto di volerlo assaggiare e Muro-chin mi ha dato una botta in testa: mi devo far andare bene solo il suo, di sapore, che è buonissimo, però ero curioso, accidenti. Spero che al matrimonio ci siano un sacco di dolci: Tai-chin mi ha promesso un sacco di dolci, quando me ne ha parlato. Sono stata la prima persona a cui ha detto che ora che potevano avrebbe voluto sposare Dai-chin. Era tutto imbarazzato e ancora più piccolo del solito. Tai-chin è molto piccolo, anche se fa il grande.
“La prenderà come una buffonata e mi dirà che sono un idiota.”
“Ha detto che hai un buon sapore. Per una persona che ha un buon sapore si fanno anche le cose più stupide.” Giuro che rifletto, quando dico queste cose. Anche se non sembra.
Tai-chin mi capisce sempre: ha sorriso e mi ha ringraziato.
Quindi sì, spero che ci siano molti dolci.


A parlare è Seijouro Akashi. Voglio augurarvi le mie migliori felicitazioni per il vostro matrimonio e per la vostra vita insieme.
Vorrei chiuderla qui, ma Furihata mi ha detto che devo essere meno esaustivo, perciò tenterò di allungare inutilmente il discorso.
Sono fiero di voi, in particolare di Aomine, da me allenato, e di Kagami, che grazie a Kuroko, di cui ho coltivato il talento, è riuscito a far sbocciare il suo. Dopotutto, è solo grazie a me se siete arrivati dove siete. È anche grazie a me, ora che ci rifletto, se vi siete messi insieme. Stupidi idioti, ringraziatemi: la vostra esistenza dipende da me, perché ricordate.
Io sono supremo.
 
  
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