Libri > Il meraviglioso mago di Oz
Segui la storia  |       
Autore: artemisia la fee    18/10/2016    0 recensioni
Vi siete mai chiesti come sarebbe il meraviglioso mondo del Mago di Oz, se Dorothy non fosse una tenera bambina che un ciclone ha portato lontano, ma una giovane donna scappata di casa e in cerca di un luogo che possa chiamare casa. Se il Leone Codardo, Lo Spaventapasseri e il Boscaiolo di Stagno, non fossero i ridenti personaggi di cui siete abituati a leggere. Perché questa Oz non è quella di cui siete abituati a leggere. Nessuna fiaba e nessuna magia, solo la cruda realtà di una città governata da bande e streghe, tra decadimento e lusso sfrenato, in cui nessuno è quello che sembra.
Pronti a seguire i mattoni gialli nei bassifondi di Oz?
Genere: Avventura, Azione, Dark | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, FemSlash | Personaggi: Boscaiolo di Latta, Dorothy Gale, Leone Codardo, Spaventapasseri, Strega dell'Est
Note: AU, Lemon, OOC | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
 <<    >>
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A

Capitolo V

"Il Boscaiolo di Ferro"

 

 

Un singolo raggio di sole si insinuava tra le tende della finestra e accarezzava il viso di Dorothy, addormentata sul divano.

Si coprì gli occhi con la mano, infastidita dalla luce e si svegliò confusa, senza capire dove si trovasse.

Poi ricordò la foresta, la segheria e la casetta abbandonata. Alzò la testa e vide Ed ancora profondamente addormentato nella poltrona. Sembrava un ammasso di stracci informe.

Toto si svegliò con lei e le saltò in braccio leccandole tutta la faccia.

“Shhh. Toto, fa silenzio o sveglierai Ed”

Uscì dal salotto, con il cane che gli trotterellava accanto, e andò in cucina. Sbirciò fuori dalla finestra e non notò nulla di diverso. La segheria, che di giorno non sembrava meno spettrale che di notte, era ancora buia e spenta.

Girovagò per la cucina, curiosando nelle credenze semivuote e nei cassetti polverosi. Provò ad aprire il rubinetto e con sua grande sorpresa vide che l'acqua c'era ancora. Riempì una ciotola e la diede da bere a Toto. Poi le venne un'idea. Se c'era l'acqua e sapeva che c'era un bagno, avrebbe potuto farsi una doccia e sentiva proprio il bisogno di una doccia.

Camminò lungo il corridoio con Toto e superata la piccola stanza da letto entrò nel bagno, che era anche lui estremamente piccolo, ma possedeva tutto quello che serviva ed era inaspettatamente pulito.

Chiuse la porta, anche se non a chiave perché non ne aveva e trovò un asciugamano che le sembrava pulito.

Aprì l'acqua e fece scorrere le dita sotto il getto fino a che non divenne abbastanza caldo. Si spogliò ed entrò nella doccia.

“Ah” esclamò “Toto, è la cosa più bella del mondo. Non avrei mai pensato di meravigliarmi tanto per una doccia”

Toto infilò la testa nella tenda e si bagnò la punta del naso.

Rimase a lavarsi per almeno un quarto d'ora, rimuginando su quanto la sua vita avesse preso una strada così inaspettata. Eppure non si era mai sentita così in pace con se stessa, così viva, così felice e speranzosa come in quel momento, a chilometri e chilometri di distanza dalla città in cui era nata, a fare la doccia nella casa abbandonata di chissà chi, con un tossico che dormiva sul divano.

Rise da sola, con l'acqua calda che le scendeva lungo le spalle e sospirò, poi qualcuno urlò.

Fece un passo indietro e sbatté contro le piastrelle bagnate della doccia. Chiuse l'acqua e restò in ascolto, per un po non sentì nulla, poi distinse chiaramente un gemito.

Si avvolse l'asciugamano attorno al corpo e uscì dalla doccia. Il bagno era deserto. Si avvicinò alla finestra e sbirciò fuori, scostando di poco le tendine. Inizialmente non notò nulla, poi tra le ombre sotto un albero vide chiaramente la figura di un uomo accasciato contro il tronco.

Strabuzzò gli occhi e si allontanò dalla finestra.

“Ed” iniziò ad urlare “Ed”

L'attimo dopo la porta del bagno si spalancò e con la sua camminata da spaventapasseri entrò che evidentemente non si era aspettato di trovarla con solo un asciugamano addosso, quindi si fermò preso in contropiede a fissarla ovunque tranne che in faccia.

“Ehi” lo riproverò schioccando le dita e stringendosi saldamente al corpo l'asciugamano “Io sono quassù”

“Oh, scusa” si affrettò a dire imbarazzato alzando lo sguardo “Che succede?”

“C'è un uomo qua fuori. Forse è ferito, o almeno spero sia solo ferito”

Ed sbirciò anche lui e richiuse subito la tendina.

“Cosa facciamo?” le chiese preso dal panico.

“Fammi vestire, poi andiamo ad aiutarlo”

Dorothy si rivestì in fretta e legò i capelli ancora bagnati in una treccia, poi uscì e trovò Ed ad aspettarla in corridoio, con una faccia da funerale.

Uscirono nell'aria fresca del mattino e lo trovarono accasciato contro l'albero, con la testa reclinata verso il basso. Non sembrò accorgersi di loro, per cui si avvicinarono lentamente.

“Ehi” tentò Dorothy, ma non ottenne risposta.

Fu in quel momento che si accorse dell'ascia accanto a lui, del sangue che gli colava lungo il braccio sinistro e dei profondi solchi lungo il tronco dell'albero.

“E' ferito. Ed, è ferito” urlò quasi Dorothy.

“Cosa facciamo?” le chiese lui.

“Dobbiamo portarlo in casa e cercare un kit di pronto soccorso o qualcosa del genere”

“Non so chi voi siate, ma andatevene subito via e lasciatemi solo”

Dorothy e Ed voltarono la testa di scatto verso l'uomo che lentamente alzava la testa e puntava due occhi di ghiaccio su di loro.

Era giovane ma non troppo, di un'età indefinita tra i venticinque e i trenta o poco più, con capelli neri tagliati corti dietro e quasi a zero sul lato sinistro, dove sul cranio correva una cicatrice biancastra, mentre sugli occhi azzurri e slavati ricadeva un ciuffo. Indossava un gilet di pelle nera e una camicia a quadri con le maniche arrotolate a scoprire un brutto taglio sul braccio sinistro. Il destro invece era completamente tatuato.

“Come stai?” gli chiese Dorothy, notando in quel momento gli occhi arrossati e lucidi. Sembrava avesse pianto.

“Bene” rispose lui con la voce bassa e roca, ma velata di sarcasmo.

“Sei ferito” insistette Dorothy.

Lui si limitò a guardarla inespressivo poi, con uno sforzo che dovette costargli parecchie energie, cercò di alzarsi in piedi. Dorothy gli toccò il braccio ma lui la allontanò bruscamente.

“Non mi toccare. Ce la faccio da solo”

Una volta in piedi raccolse la sua ascia e usandola come bastone barcollò fino all'ingresso della casetta.

“Dorothy” le disse Ed, mentre guardava ancora sbalordito il punto in cui l'uomo era sparito “Credo che la casa sia sua”

Si guardarono, poi quasi correndo ritornarono nella casetta.

L'uomo era seduto al tavolo della cucina, la camicia giaceva sul pavimento attorno a macchioline di sangue, mentre l'ascia era accanto a lui sul ripiano di legno. Aveva la pelle chiara e la muscolatura di chi si tiene sempre in allenamento. Il braccio destro era interamente ricoperto da un tatuaggio, un susseguirsi di bulloni e saldature, che davano l'illusione che il suo braccio fosse meccanico. Il resto del corpo era disseminato di cicatrici, alcune ormai vecchie altre più recenti. Cercava di aprire una cassetta del pronto soccorso con una sola mano, ma senza successo. Dorothy accorse in suo aiuto.

“Faccio io” disse strappandogli la cassetta dalle mani, ma lui oppose resistenza. Anche ferito e con un braccio solo era piuttosto forte, ma alla fine vinse Dorothy per testardaggine. Gli aprì la cassetta e distribuì il contenuto sul tavolo.

“Posso farlo da solo” disse lui bruscamente.

Dorothy alzò un sopracciglio e lo ignorò continuando a trafficare con garze e cerotti.

“Comunque” continuò lui “Chi siete e cosa ci fate nella mia proprietà?”

Dorothy e Ed si lanciarono un'occhiata furtiva e imbarazzata, senza sapere cosa dire.

L'evidente proprietario della casa notò lo sguardo, poi notò le coperte sul divano e la ciotola sul pavimento.

“Avete occupato casa mia?” domandò aggrottando le sopracciglia.

“Ehm...Ehm” balbettò Dorothy “Ci dispiace, ci siamo persi e pensavamo che la casa fosse disabitata. Avevamo solo bisogno di un riparo per la notte”

“Mi serve una birra” commentò l'uomo accasciandosi sulla sedia.

“Non c'è nulla in casa” disse Dorothy “Abbiamo controllato. Deve essere un bel po che non ci torni”. L'uomo la guardò esasperato.

“Sotto il lavandino c'è uno scomparto segreto” si limitò a dire guardando Ed, che era rimasto sulla soglia.

Si precipitò a cercare le birre e tornò con una confezione da sei.

“Servitevi pure” disse. Ed distribuì e aprì una birra a ciascuno. Dorothy intanto iniziò a ripulire la ferita al braccio.

“Non per farmi gli affari tuoi” iniziò “Ma come hai fatto?”

L'uomo voltò la testa e e fissò il fondo della sua bottiglia di birra.

“D'accordo, se non vuoi dirmelo a me va bene. Non è profonda, ma forse ci sarà bisogno di qualche punto”

“Mi è sfuggita l'accetta di mano” rispose, senza alzare gli occhi dalla sua birra.

“Questo l'avevo capito” rispose Dorothy cercando ago e filo.

“L'hai mai fatto prima?” le chiese indicando l'ago.

“Ehm, no” ammise lei “Non deve essere così difficile, a scuola ho fatto un corso di cucito”

“Lascia fare a me” disse prendendo l'ago “L'ho già fatto”

“Vedo” disse guardando le cicatrici sul suo corpo “Sicuro?” aggiunse poi.

“Non può essere peggio di quello che avresti fatto tu” ribatté con quello che sarebbe potuto sembrare un sorriso, se non fosse stato per la sua perenne espressione scontrosa.

Detto questo iniziò a ricucirsi il braccio e nonostante la difficoltà, fu piuttosto abile e ne uscì un lavoro pulito, che Dorothy fasciò con un benda sterile.

“Comunque io mi chiamo Dorothy, lui è Ed” Ed fece timidamente ciao con la mano dal suo angolo.

“Piacere” ribatté senza enfasi.

“Dovresti dire il tuo nome ora” fece finta di suggerire a bassa voce.

L'uomo sembrò offeso ma alla fine si presentò. Si chiamava Adam, ma tutti lo chiamavano il Boscaiolo di Ferro.

“Ti chiamano così per quello?” chiese Dorothy, indicando il tatuaggio.

“No” ribatté con un tono che non ammetteva repliche.

“Siamo diretti alla Città degli Smeraldi per parlare con Oz” continuò Dorothy.

“Che cazzo ci andate a fare da Oz?” chiese sorpreso.

“Bé... Ed ha qualche problemino di dipendenza che gli causa qualche altro problemino al cervello. Mentre io sono scappata di casa e chissà, magari può aiutarmi a capire chi sono e qual'è il mio posto nel mondo”

Adam rimase assorto nei suoi pensieri con un'ombra malinconica sul volto.

“Tutto bene?” gli chiese Dorothy.

Lui si ridestò e annuì riaffondando il viso nella sua birra.

“Una volta stavo per andare anche io da Oz” ammise, quasi con vergogna, sempre sprofondato nei suoi pensieri con gli occhi distanti in chissà quale ricordo.

“Per quale motivo?” provò a chiedere Dorothy.

“Il mio cuore ha...qualche problema”

“Sei malato?”

“No” rise sommessamente “Ma a volte credo di non averlo”

“Perché non vieni con noi?” intervenne Ed con voce squillante interrompendo i cupi pensieri di ognuno di noi. Guardò Dorothy in cerca di conferma e supporto, lei si riprese e gli diede man forte.

“Certo, vieni con noi” disse col suo sorriso migliore “Non c'è due senza tre”

Adam sembrò rifletterci su, poi li guardò con aria cupa e tracannò quello che restava della sua birra.

“Non sarei di buona compagnia”

“Ehi” lo interruppe Dorothy “Non so sei hai visto con chi dovresti viaggiare, non siamo esattamente la miglior compagnia neanche noi. Io non parlo se non devo, mentre Ed parla fin troppo. Tra strani ci si trova. Potresti trovarti bene”

Il Boscaiolo la guardò storto. Evidentemente non gli aveva fatto molto piacere essere considerato strano.

“Inoltre” aggiunse Ed “Sei grande, grosso e minaccioso. Ci sono alcune zone di Oz che non sono molto sicure, ci farebbe comodo qualcuno come te”

Adam si fermò un altro po a pensare, poi lentamente si alzò trascinando la sedia sul pavimento e prese l'ascia, la puntò dritto davanti a se, con i muscoli del braccio tatuato guizzanti, come per guardare quanto fosse affilata la lama e infine parlò.

“Ok, verrò, anche se sarà una perdita di tempo e sia chiaro, lo faccio per me e non per voi”

Il resto della mattina lo passarono a preparare il viaggio. Rimpinguarono le loro scorte di cibo dalle dispense segrete di Adam. Motivo per cui non avevano trovato quasi nulla al loro arrivo. Adam doveva fidarsi così poco delle persone da nascondere tutto, persino il cibo. Mentre il boscaiolo affilava la sua ascia, da cui non si separava mai.

Si misero in viaggio, con Ed allegro come non lo era mai stato. Saltava, correva e inciampava nelle buche sulla ritrovata strada di mattoni gialli con Toto alle calcagna. Mentre Dorothy e Adam camminavano in silenzio dietro di lui.

Adam fu da subito utile, perché dopo solo una mezz'ora di viaggio circa si ritrovarono la strada sbarrata da rami e rovi intricati. Li tagliò via tutti a colpi di accetta e in men che non si dica furono pronti a riprendere il cammino. Dorothy pensò che in fondo non era stata una così cattiva idea prenderlo con se, ma solo perché ancora non sapeva chi realmente fosse.

 

 

 

“Allora” disse Dorothy affiancando Adam lungo il cammino “Adesso posso saperlo perché ti chiamano Boscaiolo di Ferro?”

“No” rispose ancora.

“Se dobbiamo viaggiare insieme è meglio conoscersi, no?”

“No”

“Anche io sono curioso” intervenne Ed “E' un nome figo, quindi deve avere anche una storia figa”

“Non c'è niente di figo nella mia storia e se ve la raccontassi non mi vorreste più con voi”

“Non fare il melodrammatico” ribatté Dorothy “Qui abbiamo tutti un passato schifoso, il tuo non può essere peggiore”

Adam si fermò di colpo a guardarli e un ombra gli passò sul volto.

“Volete sapere la mia storia? D'accordo ve a racconterò” disse minaccioso, stringendo la presa sul manico dell'ascia.

“Sono nato in quella segheria, avevo un padre e una madre. Poi un giorno lui morì e io deciso di assumermi ogni responsabilità e prendermi cura di mia madre, ma morì anche lei.

Così rimasi solo con me stesso e iniziai a fantasticare di avere una famiglia tutta mia; una moglie, dei figli, un cagnolino magari.

Mi innamorai di una ragazza, bella come poche ne avevo viste, che viveva nel quartiere dei Munchkins. Decisi che l'avrei sposata non appena avessi avuto abbastanza soldi per darle una vita dignitosa. Ma non l'avrei solo sposata, l'avrei anche salvata dalla vecchia malvagia con cui era costretta a vivere che la schiavizzava e le rendeva la vita un inferno.

Quello che non sapevo era che la vecchia fosse in combutta con la Strega dell'Est e quando venne a sapere del mio intento di sposare la ragazza, andò su tutte le furie e pregò la Strega di fare qualcosa. Mandò in piena notte un gruppo di suoi scagnozzi per farmi fuori. Gli ho ammazzati tutti, ma non prima di aver saputo chi li mandava. Così ho preso la mia ascia ancora sporca di sangue e ho deciso di farla finita una buona volta con quella storia. Ripagare il sangue col sangue”

Il Boscaiolo fece una pausa per riprendere fiato. Non guardava più Dorothy e Ed, che si erano avvicinati l'uno all'altro, fissava la punta affilata della sua ascia con lo sguardo ancora perso nel passato.

“Sono andato a casa della vecchia” continuò “E l'ho fatta a pezzi nel suo letto davanti alla donna che amavo e che credevo mi amasse, ma a quanto pare la vista di quel... come aveva detto? “Mostro senza cuore”? Qualcosa del genere. Ha dissipato tutto quell'amore, il suo e il mio. Io avevo fatto tutto questo per lei ed è così che mi ripagava, dandomi del mostro. La mia ascia ha fatto tacere anche lei.

Da quel giorno ho deciso che i sentimenti e l'amore, non portano nulla di buono. Ho spento il mio cuore, si potrebbe dire.

Ho passato un po di tempo in un ospedale psichiatrico dopo quella volta, a quanto pare non ero abbastanza sano di mente da meritarmi la galera. Ora mi guadagno da vivere facendo il sicario, mettendo la mia freddezza e la mia ascia al servizio del miglior offerente. E' inutile che fate quella faccia terrorizzata, non vi farò del male, nessuno mi ha pagato per farvi fuori, state tranquilli. Quindi per concludere, mi chiamano il Boscaiolo di Ferro perché la mia ascia abbatte le persone come abbatte gli alberi e come il ferro sono freddo e duro da scalfire”

Adam fece un profondo respiro liberatorio e per la prima volta sorrise veramente, si mise l'accetta su una spalla e li guardò in attesa della loro reazione finale.

“Vattene” sibilò Dorothy spingendo dietro di se Ed.

“Perché?” chiese semplicemente Adam.

“Perché sei un assassino”

“Ho già pagato per quel gesto, di cui non mi pento minimamente, ma che mi sono lasciato alle spalle. E come ho già detto, se ti è chiaro il concetto di sicario, non vi farò del male”

“Dorothy?” intervenne Ed tirandole la manica della giacca per attirare la sua attenzione.

“Cosa vuoi?” chiese minacciosa.

“Posso parlarti in privato?” e la trascinò lontano da Adam nel fitto della boscaglia.

“Teniamolo con noi” le disse con quel suo genuino sorriso.

“Sei impazzito? Non hai sentito quello che ha detto? Me lo sentivo io che aveva qualcosa di sbagliato. Anche io ho ucciso una persona, ma per sbaglio e non vado di certo in giro a vantarmene”

“Non mi sembra che se ne vanti, anzi mi sembra molto triste e solo, nascondendo tutto questo dietro a quell'aria da duro”

“Ed, uccide le persone per lavoro” disse scandendo dettagliatamente ogni parola.

“Anche io ne ho uccise tante”

Dorothy lo guardò interrogativa.

“La droga che vendevo ha ucciso molte persone”

“E' diverso”

“No, non è diverso. La morte è sempre morte”

Dorothy si voltò, assorta nei suoi pensieri e confusa dallo strano comportamento di Ed, che non riusciva a comprendere.

“Tu hai detto che vedevi speranza in me” le disse, ricomparendo nel suo campo visivo “Forse io ne vedo in lui. Vuole andare da Oz, per migliorare e questo è un gesto da apprezzare. Siamo più simili a lui di quanto tu non creda, quelli che nessuno vuole e che se solo ne avessero la possibilità farebbero grandi cose”

Dorothy sentì gli occhi pungerle e bruciarle, stava quasi per piangere colpita dalle parole dell'ultima persona al mondo che pensava avrebbe potuto farle un discorso del genere.

In quel momento si ricordò di una cosa. Quando aveva trovato Adam contro quell'albero, lui stava piangendo e sul tronco c'erano tanti segni, come se si fosse accanito sul legno per sfogare tutta la sua rabbia e realizzò anche un'altra cosa. Benché avesse detto il contrario, quella non era una ferita accidentale, ne aveva già viste di simili in passato su persone che credevano di non aver più nulla da dare a questo mondo, per capire che se l'era procurata da solo.

“Torniamo da lui” disse Dorothy semplicemente.

Adam era rimasto in attesa lungo il sentiero e quando li vide tornare riprese l'atteggiamento da duro con cui li aveva lasciati.

“Puoi restare” dichiarò Dorothy cercando di essere impassibile.

“A cosa è dovuto questo cambio di bandiera?” chiese incrociando le braccia sul petto.

“A quanto pare abbiamo appurato che tutti qui hanno ucciso qualcuno, quindi non vediamo il motivo per non accettare anche te”

“Mi sembra corretto” ribatté annuendo soddisfatto.

“Ora rimettiamoci in cammino e troviamo un bel posto dove fermarci a mangiare. Tutto questo parlare mi ha messo fame”

Così ripresero il cammino l'uno accanto all'altro. Adam non lo avrebbe mai ammesso, ma era contento di averli incontrati. Sperava tanto che Oz sarebbe stato in grado di aiutarlo, perché era stanco di essere quello che era, il freddo e letale Boscaiolo di Ferro, a volte voleva solo essere Adam, un uomo che provava gioie e dolori senza temerli.

 

 

  
Leggi le 0 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<    >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Libri > Il meraviglioso mago di Oz / Vai alla pagina dell'autore: artemisia la fee