A mia madre
Una
pagina vuota. Una desolante pagina vuota. Cosa doveva fare per
riempirla? Proprio non lo sapeva, di sicuro gli suscitava un senso di
antipatia.
Ai
margini del foglio aveva già scarabocchiato
un’infinità di volte.
Nell'angolo sopra a destra spuntava un innocente margheritina di blu
inchiostro, con tante rifiniture. Perfetta, se solo si fosse trattato
di un
capitolo e non di un disegno che persino un bambino dell'asilo avrebbe
saputo
fare meglio. Ecco, se si fosse trattato di un disegno di suo fratello
sarebbe
stato un bel combattimento, disegnato con cura e bravura da lasciare a
bocca
aperta.
Sbuffò.
Voleva scrivere assolutamente qualcosa per la festa della mamma.
Fino al giorno prima Augustus si era sentito uno scrittore provetto,
imbattibile, mentre la festa della mamma capitava nel giorno sbagliato.
La più
brutta crisi dello scrittore che gli fosse mai venuta. Aveva strappato
una
massa di storie e si era arreso.
Lui
non sapeva scrivere, c'erano tanti scrittori mille volte più
bravi di
lui pronti a dare al mondo quel qualcosa che a lui mancava. Aveva messo
via la
sua matita preferita, quella con la pietruzza rossa regalatagli da suo
padre.
Lui ascoltava sempre le sue storie, lo incoraggiava e il giovane non
aveva
avuto il coraggio di dirgli della sua tristezza: lasciando andar via
forse
l'unica cosa che poteva tirarlo fuori.
Avevo
scritto per tutti, per amici, padre, fratello e per la sua adorata
mamma non riusciva a buttar giù due righe. Doveva
semplicemente vergognarsi e
andarsi a nascondere da qualche parte. Gli venne in mente quella volta
che sua
madre si sedette sul letto. Aveva le gambe gonfie, aveva lavorato tutto
il
giorno. Eppure lo stesso si mise ad ascoltarlo, mentre gli raccontava i
suoi
meravigliosi giochi, abbelliti dalla sua fervida fantasia, avvenuti con
gli
amichetti nel cortile.
Di
fantasia ne aveva sempre avuta tanta e gli sembravano meravigliose le
storie che ad immagini gli attraversano la mente, a anche una volta
messe su
carta, a lui continuavano a sembrare stupende; al resto del mondo,
invece,
apparivano volgari e brutte. Se avesse raccontato di quell'aneddoto
avrebbero
riso tutti e nessuno avrebbe capito che donna incredibile fosse sua
madre.
Una
donna così bella che da ragazza tutti si giravano al suo
passaggio,
senza sapere che dietro c'era suo padre ben intenzionato a uccidere chi
solo si
fosse avvicinato. Una donna così intelligente che poteva
prendere non una, ma
cento lauree e tutte con i massimi dei voti. Una donna buona, una
grande
lavoratrice. Altro che la "Lucia" del Manzoni, a lei quel personaggio
si sarebbe dovuto inchinare.
La
sua mamma, da lei non aveva preso niente apparentemente. Il caos
congenito di suo padre, l'aspetto di suo padre, il carattere di suo
padre,
l'orgoglio di suo padre. Insomma, era la fotocopia di suo padre
all'apparenza.
Eppure la velocità nel mangiare era di lei; le fossette
nelle ossa delle spalle
erano di lei; il sorriso era di lei. Piccoli dettagli che sfuggivano
agli occhi
dei più.
La
cosa inversa con la sua piccola sorellina. Identica alla madre, ma a
osservarla attentamente ecco emergere le caratteristiche paterne. Il
fratello,
invece, aveva di entrambi i genitori.
Sua
madre gli mancava da morire, avrebbe voluto dirlo in quell'orrida
pagina bianca. Forse non glielo avrebbe mai detto in quel modo.
Però,
quella sera, tornando a casa, le avrebbe raccontando la sua giornata
seduto accanto a lei. Lei lo avrebbe abbracciato a sorpresa,
stampandogli un
grande bacio sulla fronte, mentre lui arrossendo si sarebbe lamentato.
Non era
un mistero che non amasse le effusioni.
Eppure
dentro di sé avrebbe sentito quel calore e le avrebbe detto
felice:
"Buona festa della mamma, mamma".