Jean Kirschtein era sempre incuriosito dai libri che Marco Bodt gli portava dal mondo babbano. Erano strani. Quello che per lui era sempre stata la normalità, per il mondo babbano erano leggende, mitologie, fantasticherie. Per i babbani erano tutte storie che iniziavano con un “C’era una volta in un regno lontano lontano”, quando il regno così tanto lontano in realtà non lo era affatto. Era solo celato agli occhi di non voleva crederci.

Marco era babbano solo a metà. Aveva avuto la benedizione di crescere in contatto con entrambi i mondi e poterne così apprezzare tutte queste differenze. Era cresciuto in una casa in cui fiabe e realtà si mescolavano, in una casa totalmente diversa dalla sua che era dominata solo dalla magia.

“Questi fratelli Grimm non me la raccontano giusta.” Jean aveva alzato lo sguardo dal libro per poter guardare Marco che era seduto di fronte a lui. Al giovane Serpeverde piaceva studiare stando seduto al tavolo dei Tassorosso, e nessuno gli aveva mai detto nulla. “Com’è possibile che sappiano tutte queste cose?”

“Perché forse il mondo magico e quello babbano non sono mai stati davvero separati come noi crediamo.”

“Sì, mi hai fatto leggere quel libro di storia sull’Inquisizione e la caccia alle streghe.” Aveva sbuffato riprendendo a leggere una delle fiabe. C’erano troppi elementi che non dovevano esserci. Elementi che dovevano essere nascosti.

“La gente ha improvvisamente smesso di credere alla magia con l’Illuminismo.” Marco gli aveva sorriso, sporgendosi un po’ verso di lui. “Tutto ciò che era magico era irrazionale e non più accettabile. La magia è rimasta presente nelle società rurali, dove ancora oggi seguono la luna per lavorare la terra. O festeggiano le vecchie feste magiche, mascherandole con festività religiose. I nostri due mondi sono ancora collegati più di quanto pensiamo, solo che in molti preferiscono ignorare tutto ciò.”

“E’ romantico che tu sia figlio di una babbana e un mago.” Jean era arrossito un po’ mentre lo diceva, nascondendo il viso dietro il libro.