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Autore: fumoemiele    22/10/2016    5 recensioni
Al termine di quella giornata al freddo aveva venduto due quadri, entrambi acquistati per pietà da due allegre famiglie. Avrebbe voluto anche lei una famiglia, qualcuno in grado di aiutarla, ma aveva perso i rapporti con chiunque e non le restava niente, solo la sua arte incompresa.
Genere: Angst, Introspettivo, Triste | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: Tematiche delicate
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Chi pensa mai all'arte?
 
 
 
                   
Stava sprofondando nel periodo più tetro della sua vita mondana e questo la spaventava, l'irrequietezza di ogni notte non le faceva prender sonno ed era dimostrabile dai solchi violacei sotto quegli occhi pallidi. Mentre le notti fredde si allungavano come le ombre sulle finestre dai vetri umidi, lei sospirava e si cullava con il fiato caldo nel tepore di quell'ammasso di coperte; le mancavano i riscaldamenti, non aveva abbastanza soldi per pagare l'affitto, quel mese, e non aveva nemmeno le forze per alzarsi e cercare di guadagnarsi qualcosa vendendo quegli stupidi quadri.
L'arte le aveva rovinato la vita.
Piangeva spesso e mentre le gocce le rigavano le guance e rotolavano sui maglioni troppo grandi rispetto al suo corpo esile, ripensava alle parole di sua madre quando le diceva che studiare sarebbe stato meglio, che vendendo arte non ci paghi l'affitto e non tiri avanti se non recuperi nemmeno i soldi per comprare colori nuovi. Probabilmente, avrebbe dovuto acquistare dei colori in grado di colorarle la vita e renderla migliore, ma purtroppo nessuno aveva mai inventato nulla di simile. E così passava il periodo peggiore di quell'esistenza languida: nell'incertezza, nell'oblio, nel buio di quella stanza senza luce; da qualche mese perfino la lampadina aveva smesso di funzionare e non aveva nemmeno i soldi per sistemarla. 
Andava avanti così, ma in fondo non andava avanti davvero.
Bussarono forte alla porta, quattro o cinque pugni pesanti. Fu allora che iniziò a piangere, quella mattina come più o meno ogni giorno da quando ne aveva memoria; era sommersa dai debiti, alcuni fra i più sciocchi; il portafoglio era vuoto e non aveva nessuna voglia di sentirsi su gli occhi in bilico fra disperazione e rabbia della gente. A breve, avrebbe dovuto pagare l'affitto e se non lo avesse fatto sarebbe stata cacciata via anche dalla sua piccola casa sommersa da fogli, tele e colori. Pianse forte per ore, poi si alzò e senza cambiarsi i vestiti - aveva solo tre cambi e non aveva più un pigiama -, si spazzolò i lunghi capelli scuri e afferrò qualcuno dei suoi quadri più carini, portandoli giù in strada e sistemandoli qua e là, in attesa che passasse qualcuno e ne apprezzasse uno. Avevano un prezzo così basso che chiunque avrebbe potuto comprarli, ma chi ci pensa mai all'arte?
Aspettò lì tutto il giorno, con il vento freddo che di tanto in tanto la costringeva a rincorrere un quadro volato via; uno le finì dritto in una pozzanghera e lo spezzò e lanciò accanto al cassonetto dei rifiuti a pochi metri di distanza dalla sua postazione. Era pure un bel lavoro quello che stava dietro a quel disegno, che raffigurava due persone confuse, sfumate tanto da unirsi quasi completamente con lo sfondo grigio; le dava un senso d'angoscia così intenso da farle ricordare, ogni volta, quanto la sua vita fosse inutile e quanto sarebbe stato bello trovare un posto nella società, piuttosto che restare lì a cercare di vendere arte. Da mesi aveva perso le speranze, arrivando sempre più al declino.
Al termine di quella giornata al freddo aveva venduto due quadri, entrambi acquistati per pietà da due allegre famiglie. Avrebbe voluto anche lei una famiglia, qualcuno in grado di aiutarla, ma aveva perso i rapporti con chiunque e non le restava niente, solo la sua arte incompresa.
Non sapeva più che fare, non sapeva come salvarsi; probabilmente poteva solo arrendersi a quello che era il destino e sopportarlo, stringendo i denti, fino al calare della dolce morte e del suo sadico bacio.

Qualche giorno dopo la sfrattarono di casa; aveva qualche spicciolo in tasca che le consentì di mangiare il suo ultimo pasto. Buttò tutti i suoi quadri, i fogli, le tele bianche e dipinte, i suoi amati pennelli, le matite; buttò via tutta la sua vita fatta di sogni impossibili e in cui aveva creduto troppo, senza realismo. Senza capire che le cose non vanno mai bene come te le aspetti, senza sapere che la vita non è semplice.
Aspettò il fischio del treno, aveva portato con sé solo un foglio e una penna e su quella panchina disegnò per una decina di minuti; voleva dare vita al suo ultimo brandello d'arte. Lo lasciò lì, e forse volò via; forse restò lì per sempre, forse qualcuno lo trovò per caso... ma che importanza aveva?
Si suicidò e fu meglio così.
In seguito la gente iniziò a cercare i suoi quadri e tutti iniziarono a volerne uno.
Si sa, finché non sei morto nessuno apprezza la tua arte.
 

 

   
 
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