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Autore: Lilith_and_Adam    22/10/2016    3 recensioni
Naruto è un ragazzo normale ossessionato dalla morte dei genitori e Sasuke è normale ragazzo invischiato nella Yakuza per colpa della sua famiglia. In una città che risucchia l'anima da ogni suo abitante si intrecceranno le storie di questi due ragazzi alle prese con una vita che non lascia spazio alla felicità.
Genere: Azione, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Yaoi | Personaggi: Hinata Hyuuga, Karin, Naruto Uzumaki, Sasuke Uchiha, Suigetsu | Coppie: Hinata/Naruto, Karin/Suigetsu, Naruto/Sasuke
Note: AU, Lime | Avvertimenti: Violenza | Contesto: Nessun contesto
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Capitolo 1. Le buie strade a volte iniziano a risplendere.


«Sono a casa.» Naruto lo disse quasi a bassa voce, non si aspettava di certo che qualcuno gli rispondesse.
«Bentornato!» Nagato uscì dalla cucina con il mestolo in mano. «Non è tardi? Dove sei stato?»
«Chiedi a me dove sono stato? Sei sparito per due giorni!»
«Scusa... Erano i primi giorni di lavoro, ho passato la notte in centrale.»
«Zio, sono serio, dovresti trovarti un lavoro normale!» Naruto assaggiò un po’ della zuppa che ribolliva sul fornello mentre immaginava lo zio vestito da classico colletto bianco. «Ahi! Scotta! Comunque è salata!»
«Non è vero! La mia zuppa è perfetta!»
«Si certo, come se tu sapessi cucinare!» Naruto iniziò a ridere ma venne fermato dal mestolo dello zio che lo aveva colpito in testa.
Tornare a casa, avere qualcuno con cui parlare, qualcuno che ti aspetta con il sorriso sulle labbra e ti fa sentire il calore di essere amato... fino a poco tempo prima Naruto non credeva che tutto quello fosse possibile.

Finita la cena andò dritto in camera sua, prese gli appunti dalla cartella e cercò invano di ricopiarli, ma fissarli solamente non li avrebbe fatti magicamente apparire sul quaderno. Girò la testa verso la cornice sulla scrivania. Gli piaceva vedere sua madre sorridere in quella foto e si calmava a vedere suo padre tenerle la mano. Non li aveva mai conosciuti ma era come se loro due fossero stati sempre al suo fianco. Era cresciuto in un piccolo orfanotrofio di campagna, fino a quando un vecchio amico di suo padre lo aveva preso con sé, purtroppo l’uomo era un po’ in avanti con gli anni così morì non molto dopo averlo conosciuto. Nagato era il fratello di sua madre, si era fatto vivo dopo la morte di Jiraya, era gentile e premuroso, lo aveva fatto sentire davvero all’interno di una famiglia, negli ultimi tre anni gli si era affezionato. Ma mancava sempre qualcosa. Aveva lavorato nell’esercito fino a pochi anni prima, quando iniziò a prendersi cura di lui. Ora lavorava per la polizia, spesso non tornava a casa per giorni, per non parlare del fatto che negli ultimi tempi lo avevano trasferito quasi ogni mese in una città diversa per un caso importante, ma questa si sperava essere la volta buona per fermarsi.

Nagato aprì la porta di colpo interrompendo i pensieri di Naruto che per lo spavento gli tirò il portapenne. «Bussa prima di entrare!»
Nagato sembrava estremamente serio, Naruto capì subito cosa l’uomo voleva dirgli, si girò verso la scrivania e fece finta  di scrivere qualcosa. «Va bene se devi andare...»
Nagato riusciva a vedere il ragazzo stringere la matita nella mano. All’inizio pensò semplicemente di lasciarlo stare, poi decise di entrare nella camera. Si avvicinò alla scrivania e prese in mano la cornice argentata, «Vedrai tornerò presto... Quello che faccio...»
«Lo so. Ti ho detto che va bene, comunque.» Nagato gli scompigliò i capelli come sempre e uscì.
Appena chiuse la porta, Naruto in uno scatto di rabbia scaraventò la matita contro la porta. Alla fine rimaneva solo lui, sempre.
Da sotto il letto quello zaino lo stava chiamando. Mise la sua giacca arancione con la cerniera ormai logora, stava iniziando anche ad essere un po’ stretta ma non gli importava, ci era troppo affezionato, senza nemmeno un motivo particolare. Prese le chiavi e uscì senza meta.

Le strade sembravano in bianco e nero, senza colori o emozioni. La gente camminava per strada a testa bassa, l’unica via sicura da quei falsi sguardi puritani erano gli stretti passaggi tra un edificio e l’altro. Lì le regole non esistevano, la strada era solo la pista di atterraggio per le anime perse e, in un mondo in cui nessuno da nulla per nulla, rimaneva sempre l’unica casa possibile. Quelle vie, tuttavia, erano diverse, quella città, sin dal primo momento in cui era arrivato, sembrava risucchiare ogni abitante, tirare via la linfa da ogni individuo.

L’odore della vernice spray gli dava assuefazione, cercava solo una tela vuota, un frammento di muro dove lasciare la sua traccia. Lo trovò sul retro di un locale. La musica elettronica e la confusione lo ispiravano trasformando la sua rabbia in vortici di colore. Quello era ciò che sapeva fare meglio, era il suo modo di lasciare il segno, per far in modo che il mondo fosse un po’ meno grigio e gli faceva sembrare il domani un po’ meno colorato di nero.
L’angolo in basso a sinistra era occupato dalla sua firma, ciò che rendeva i suoi disegni immuni da qualsiasi legge delle crew, immune dalle critiche, il solo vedere quella piccola volpe arancione faceva sì che chiunque lo guardasse ci vedesse dentro la sua anima.

Si era spostato così tante volte nel corso degli anni che ormai la strada lo aveva fatto diventare una specie di leggenda, come un fantasma metropolitano che lasciava la scia in giro per il paese.
Una volta finito, si sedette appoggiato al muro di fronte ad ammirare il suo ultimo capolavoro. Il lampione sopra la sua testa ronzava. Gli sembrava davvero pieno di rabbia, come mai prima, dovette ammettere che lo rendeva ancora più depresso guardarlo. Tolse il cappuccio della felpa e volse lo sguardo verso il cielo, gli aveva sempre dato fastidio il fatto che dalla città non si vedessero le stelle, d'altronde gli faceva male pensare che per poterle vedere doveva allontanarsi da quella giungla di ferro e vetro.

Aveva così tante domande, aveva bisogno di qualcuno che lo salvasse da quel terribile limbo. Era stanco di non sapere cosa lo aspettasse nel futuro. Un rombo spezzò i suoi pensieri.
La moto si fermò proprio di fronte a lui, i fari illuminavano il suo disegno facendo risplendere la vernice ancora fresca, sembrava il tocco che riusciva a completare l’opera.
Naruto strizzò gli occhi per vedere chi gli si era fermato di fronte, ma non riusciva a vedere molto, i fari ancora lo abbagliavano e il ragazzo aveva ancora il casco. Se lo tolse poco dopo facendo uscire i capelli un po’ lunghi ancora intrappolati. Naruto rimase con la bocca aperta nel vedere il suo vicino di banco svestito della sua solita aria da primo della classe.

Sasuke gli lanciò un’occhiata seccata, poi entrò dalla piccola porta verde in ferro che ancora conteneva un frammento del disegno.




 
   
 
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