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Autore: Echocide    23/10/2016    5 recensioni
Dai lombi fatali di questi due nemici
toglie vita una coppia d'amanti avventurati,
nati sotto maligna stella,
le cui pietose vicende seppelliscono,
mediante la lor morte...

Agreste e Dupain sono due famiglie nobili di Paris, una città ricca di mistero e magia.
Una notte, il patriarca degli Agreste condanna i Dupain alla morte e dalla strage della famiglia, una bambina si salva: il suo nome è Marinette.
Genere: Drammatico, Fantasy, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Adrien Agreste/Chat Noir, Altri, Marinette Dupain-Cheng/Ladybug
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
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Titolo: Inori
Personaggi: Adrien Agreste, Marinette Dupain-Cheng, Altri
Genere: fantasy, romantico, drammatico
Rating: PG
Avvertimenti: longfic, AU
Wordcount: 1.212 (Fidipù)
Note: E sì, eccomi qua con una nuova storia dall'atmosfera decisamente allegra (sì, sono altamente ironica, sì.). Scherzi a parte, questa è una storia inspirata all'ultimo lavoro di ceejles che, a sua volta, è inspirato a Romeo X Juliet (e sì, il titolo l'ho rubato alla opening dell'anime, altrimenti non avrei saputo come chiamare questa storia, se non Marinette X Adrien, quindi...) e quindi...
Beh, non aspettatevi niente di allegro (o, almeno, io ci provo a scrivere qualcosa di triste e ricco di pathos).
Detto questo, vi lascio immediatamente al capitolo, ringraziando chiunque commenterà e/o inserirà questa storia in una delle sue liste.
Grazie grazie grazie.
E buona lettura!



Due famiglie, nobili del pari, nella bella Verona,
ove è la scena, per antica rivalità, rompono in una nuova lite
e il sangue dei cittadini imbratta le mani dei cittadini.
Dai lombi fatali di questi due nemici
toglie vita una coppia d'amanti avventurati,
nati sotto maligna stella,
le cui pietose vicende seppelliscono,
mediante la lor morte,
la guerra d'odio dei loro genitori.
[Intro – Romeo e Giulietta]



Il rumore delle spade giungeva fino alla stanza patronale, assieme all’odore acre del fumo: Sabine si strinse nella cappa rossa, che il marito le aveva messo amorevolmente sulle spalle, quando si era alzato ed era uscito dalla camera; la balia stava cullando la sua bambina, il cui pianto sommesso si univa ai suoni della battaglia.
Cosa stava succedendo?
Perché Tom non tornava?
«Mia signora…» mormorò la donna, allungandole timidamente la piccola, avvolta nella copertina cremisi e il cui volto era rigato dalle lacrime: «Forse, stare fra le braccia della madre calmerà Marinette.»
«Sì, grazie.» bisbigliò la donna, prendendola la figlia e stringendola forte contro il seno generoso: «Tua figlia dov’è, Marlena?» domandò, ricordandosi solo in quel momento che anche la balia aveva una bambina, di qualche mese più grande della sua Marinette: «E tuo marito? Oh, Marlena…»
«Mia signora, si calmi.» mormorò Marlena, posandole timidamente le mani sulle spalle e sorridendo dolcemente: «La mia Alya è da mia madre, giù a Paris, mentre mio marito…» si fermò, voltandosi verso la pesante porta che le separava dall’inferno che c’era fuori e scosse il capo: «Prego che la nostra Protettrice lo protegga, come proteggerà sempre chiunque appartiene ai Dupain.»
Sabine annuì, posando le labbra sul capino scuro della bambina: «Che la nostra Protettrice vegli su chiunque stanotte.» dichiarò, inspirando profondamente e stringendo la figlia contro di sé, quando il rumore di passi pesanti le giunse alle orecchie.
Chi poteva essere arrivato fin lassù?
Chi…
Aumentò maggiormente la presa sul fagotto che teneva fra le braccia, mentre Marlena le si parava davanti, pronta a proteggerla da chiunque avesse varcato la soglia della stanza; la pesante maniglia di ottone si girò e la figura imponente di Tom Dupain, patriarca di una delle tre famiglie più importanti di Paris, fece il suo ingresso: l’uomo entrò con la giubba e i pantaloni sporchi di sangue, la spada ben salda nella mano destra; si guardò un attimo attorno e, infine, posò lo sguardo sulla moglie e la serva: «Dobbiamo scappare, Sabine.» dichiarò spiccio, scuotendo con quelle poche parole le due donne: «Ora.»
Marlena annuì e recuperò un mantello, mettendolo sulle spalle della sua signora e sospingendola verso l’esterno della camera; Sabine si fece guidare fuori, ascoltando il clangore delle spade e le urla degli uomini, che giungevano dai piani inferiori: «Tom, cosa sta succedendo?» domandò, osservando la figura del marito davanti a lei: «Chi…»
«Gabriel Agreste.» un nome, pronunciato con odio, uscì dalle labbra di Tom: «Ci ha attaccato.»
«Ma perché? Gli Agreste…»
«Non lo so, Sabine. L’unica cosa che so è che metterò in salvo nostra figlia e te.» dichiarò l’uomo, voltandosi e allungando una mano, carezzando la guancia della moglie: «Non permetterò che ti succeda niente. Che non vi succeda niente.»
Sabine annuì, tirando su con il naso e impedendosi di piangere: doveva dimostrarsi forte, come signora dei Dupain e moglie di Tom; un sorriso piegò le labbra del marito e, voltandosi in avanti, riprese la sua marcia fino alle scale, che conducevano al piano inferiore, dove l’inferno si era scatenato: «Aspettate qui.» ordinò l’uomo, indicando alle due donne una rientranza del muro poi, spada alla mano, scese velocemente i gradini.
Sabine e Marlena rimasero in silenzio, timorose di venire scoperte da un soldato nemico o che la piccola potesse da un momento all’altro iniziare a piangere, ma Marinette con i grandi occhioni celesti si guardava attorno seria, quasi conscia che non doveva assolutamente fare nessun rumore: «E’ una bambina intelligente.» bisbigliò la balia, carezzando il capino nero e sobbalzando al rumore di passi, che anticiparono la venuta di Tom.
«La via è libera.» dichiarò l’uomo, tenendo una mano sul fianco e sorridendo alle due donne: «Dovremmo prendere il passaggio che porta alla cucina.»
Marlena annuì, seguendo il suo signore giù per le scale e subito imitata da Sabine: il sangue sulle vesti di Tom era aumentato, segno che aveva dovuto uccidere o ferire altri soldati per permettere a tutti loro di uscirne illesi; con la spada insanguinata, quell’immagine di Tom cozzava con l’uomo dolce e gentile che lei aveva in mente.
Il buon signore, amato dai paesani di Paris, dalla risata sempre pronta e dal cuore gentile.
Perché? Perché Gabriel Agreste aveva costretto un uomo come lui a combattere e uccidere per proteggere la sua famiglia?
Cosa voleva Gabriel Agreste?
«Di qua, mia signora.» la voce di Marlena la riscosse, mentre la donna le indicava una direzione alla fine delle scale e Sabine si affrettò sugli ultimi gradini, trattenendo il respiro e osservando la morte presente nel corridoio: quelle mura dove i bambini si rincorrevano e le sguattere chiacchieravano allegre, adesso erano disseminate di cadaveri.
«Oh mio…»
«Dammi Marinette, Sabine.» le ordinò Tom, allungando le mani e prendendo la piccola dalle braccia della madre, tenendola contro il petto muscoloso e sorridendo alla piccola, mentre avanzava a passo deciso nella prima stanza del piano: «Marlena, il passaggio.» comandò, voltandosi un attimo verso la balia che, alacremente, entrò nella camera e si avvicinò alla porta nascosta nel muro, tornando poi da Sabine e sospingendola verso l’ingresso del passaggio.
Tom annuì, tornando a osservare la figlia e sorridendole dolcemente: «Ho sempre pensato che saresti diventata una fanciulla bellissima, sai? Hai preso così tanto da tua madre e niente da me, ma di questo sono grato: tua madre è bellissima, mentre io no.» dichiarò, avvicinando le labbra al capo della figlia e baciandolo: «Avrei tanto voluto vederti crescere, Marinette. Vedere la donna che diventerai, ma ciò non mi è concesso…»
«Tom?»
«Proteggi tua madre. Sempre.» L’uomo sorrise mestamente, avvicinandosi all’entrata e osservando la moglie: «Ti amo, Sabine.» dichiarò, passando la figlia alla donna e, una volta che questa l’ebbe presa fra le braccia, allungò una mano, carezzandole il volto: «Fin dalla prima volta che ti ho vista, ti ho amata mia Sabine.»
«Tom, cosa…»
«Marlena, proteggi mia moglie e mia figlia. Io te le affido.»
«Mio signore?»
Tom inspirò profondamente, sospingendo le due donne dentro e chiudendo la porta del passaggio, addossandosi poi contro: «Che la nostra Protettrice vi protegga.» dichiarò, ascoltando i rumori dietro di sé e voltandosi, con lo sguardo carico d’odio, mentre il suo nemico entrava nella stanza: alto ed elegante, Gabriel Agreste non sembrava uscito da un massacro: «Perché, Gabriel?» domandò Tom, osservando i soldati dell’uomo circondarlo: «Le nostre famiglie erano in pace, Gabriel. Perché?»
Tom inspirò profondamente, mentre l’altro uomo rimaneva in uno stoico silenzio e osservò i soldati nemici caricare contro: combatté, fermando gli assalti dei nemici, bloccando ed evitando i fendenti che giungevano da ogni dove, ma le ferite che aveva riportato, mentre combatteva per la sua vita e quella della sua famiglia, furono svantaggio; presto cadde in ginocchio e la spada di un soldato, lo trafisse inesorabile: «Pe…per…ché…Ga…ga…briel?» mormorò, mentre si accasciava a terra, la lama infilzata nello stomaco e lo sguardo carico di odio e domanda: «Per…»
Gabriel Agreste osservò la vita abbandonare Tom Dupain: mentre l’imponente figura crollava a terra e il sangue macchiava il pavimento,  lo sguardo indirizzato verso di lui, una mano allungata e quella domanda ferma fra le labbra.
Perché? Perché stava facendo tutto quello? Perché…
«Perché è l’unico modo per riavere ciò che ho perso, Tom.» mormorò all’uomo senza vita, voltandosi e uscendo dalla stanza: «Uccideteli tutti. Uccidete ogni Dupain. A Paris non deve rimanerne nessuno.»

   
 
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