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Autore: _ Arya _    23/10/2016    4 recensioni
Questa storia é il seguito di "On adventure with the Pirate" e riprende qualche mese dopo l'epilogo.
Rumplestiltskin ha dichiarato guerra ad Emma Swan, e di conseguenza a tutta la sua famiglia e il suo regno. La sua intenzione é quella di scagliare una maledizione simile a quella di Regina, ma peggiore: lasciare a tutti i propri ricordi, e far perdere ad Emma le persone che pié ama: suo marito e suo figlio.
La maledizione verrà lanciata... ma tutto andrà secondo i piani dell'Oscuro?
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[Dal Prologo]
-No! Killian no... non voglio perderti...- sussurrai quasi senza voce tra i singhiozzi, e lo guardai con disperazione in quello stato dal quale non poteva far nulla per liberarsi.
-Ti amo...- vidi le sue labbra pronunciare, prima di iniziare a contorcersi sotto il controllo del suo acerrimo nemico, che sembrava gli stesse causando dolore in ogni fibra del corpo. Era come se lo stesse causando anche a me, perché io e lui eravamo una cosa sola
Genere: Avventura, Drammatico, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Emma Swan, Killian Jones/Capitan Uncino, Un po' tutti
Note: AU, What if? | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Frustration, doubts and uncertainties









EMMA POV

-Ok Swan, questo metro è davvero una cosa strana!- esclamò Killian, una volta fuori dalla stazione di Westminster. Avevo deciso di fargli fare un classico giro a vedere il Big Ben e la ruota panoramica, per poi passeggiare al parco di St. James, fino ad arrivare al palazzo della Regina. Ci sarebbe voluta più della mezz'ora consigliata dal dottore, ma se l'avessi visto stanco avrei trovato una scusa per fare una pausa. Nei parchi, le panchine non mancavano di certo.
-La metro, al femminile. Il metro è... per misurare. Tipo le miglia, ma lascia perdere...- tagliai corto, sapendo che se mi fossi messa a spiegargli tutto ci avrei impiegato ore. Quel pomeriggio volevo dedicarlo soltanto a lui, avevamo davvero bisogno di una passeggiata tranquilla da soli. Quando ero tornata da lavoro, lui e Ashley avevano già dato da mangiare ai bambini e avevano preparato il pranzo, poi avevamo riso delle impressioni del pirata sul film di Peter Pan. Tuttavia, quando mi ero ritrovata cinque minuti da sola con Ashley, questa mi aveva spiegato di quanto l'avesse trovato frustrato. Avevo sospettato che sarebbe successo, nonostante avessi fatto tutto il possibile per non fargli pesare le sue condizioni, e mi dispiaceva da morire. Così, avevo deciso che un paio d'ore all'aria aperta sarebbero state l'ideale per tirarlo su, soprattutto con l'allegra atmosfera natalizia che aleggiava sull'intera città da ormai un mese.
-Alza la testa, forza.
-Eh? Oh! La bussola gigante!- esclamò, realizzando fossimo sotto la grande torre con l'orologio che aveva intravisto dall'auto. Dal canto mio, non riuscii a non farmi scappare una risata: sospettavo non avrebbe mai smesso di chiamarla “bussola gigante”.
-Ci facciamo una foto? Quelle immagini che ti ho mostrato come fare col cellulare...- proposi, tirando il mio fuori dalla tasca. In ospedale avevo evitato di fargliene, ma sarebbe stato carino avere un po' di ricordi da stampare e portare a casa, per appenderli in camera con delle cornici.
-Va bene...- borbottò un po' perplesso, ma non tardò a ricambiare la mia stretta e premere la guancia contro la mia, mentre guardava stranito i nostri volti sullo schermo.
-Fai un bel sorriso però, quest'espressione da ebete non si addice a un pirata!
-Scusate vostra altezza- esclamò, per aprirsi in uno dei suoi bellissimi sorrisi mentre scattavo. La foto fu perfetta, così la impostai subito come sfondo.
-Beh, tra le varie diavolerie moderne, questa non mi dispiace!- disse, per poi stamparmi un bacio sulle labbra senza preavviso. La confusione però durò poco, poi ricambiai senza la minima esitazione, stringendolo forte per sentirlo il più vicino possibile. E perché faceva freddo.
-Vieni, andiamo fino al ponte... ti faccio vedere una cosa. Poi torniamo indietro e passiamo per un parco che arriva al palazzo della regina, che dici?
-D'accordo, sono curioso di vedere come sono qui i castelli.
-Niente a che fare coi nostri... ma penso potresti apprezzare, a me piace molto!
-Si può entrare?
-Mmh al momento no.
-Anche se siamo dei reali?
-Hook, per questo mondo noi siamo due persone normalissime... se andassimo in giro a dire che siamo principi, principesse e pirati ci prenderebbero per matti e non ci crederebbe nessuno, te l'ho spiegato.
-D'accordo, d'accordo. Che gente di malafede, non mi piace...- borbottò, cingendomi le spalle per riprendere il cammino. Io mi limitai a sorridere sotto i baffi, non riuscivo a farci niente: il suo approccio con questo nuovo mondo era davvero troppo buffo! In mare aperto e sulle isole deserte era completamente a proprio agio e aveva preso confidenza perfino con la vita a palazzo – anche se non ci avevamo mai trascorso troppo tempo. Qui, invece, era come un pesce fuor d'acqua.
-Hook, fermo!- esclamai afferrandolo per il braccio, vedendolo avanzare nonostante il semaforo rosso. Quello fece un salto e si voltò a guardarmi con un cipiglio confuso, mentre io non sapevo se ridere o tirare un sospiro di sollievo per essere riuscita ad evitare di farlo investire.
-Scusa, è colpa mia- feci, scuotendo la testa -Qui si può attraversare quando per noi c'è la luce verde. Se è rosso vuol dire che dobbiamo aspettare.
-Bastava dirlo subito, non voglio farci uccidere...- protestò, incrociando le braccia al petto offeso.
-Hai ragione, scusa! Però rimettiti come prima che ho freddo, dai!- tagliai corto, tirandogli il braccio per rimetterlo attorno alle spalle e stringermi a lui. Non mi vestivo pesante perché lo trovavo scomodo, ma non ero una grande amante delle temperature troppo basse. Mi piacevano quando eravamo al chiuso, a scaldarci a vicenda davanti ad un bel fuoco acceso o solo coi nostri corpi.
Quando scattò il verde attraversammo insieme alla folla per poi ritrovarci sul ponte, fortunatamente non troppo affollato dai turisti.
-La vedi quella?
-Quella strana ruota gigante?
-Esatto. Ci si può salire, sai. Godersi il panorama dall'alto... ho sempre voluto andarci, da quando Ashley mi ha spiegato come funziona. Magari una sera mentre siamo ancora qui, potremmo salirci insieme... se ti va.
-Ma certo, Principessa. Tutto ciò che desiderate...- fece teatrale, con un sorriso sghembo -E comunque mi sembra una grande idea, anche al più temibile pirata dei sette mari piacciono le belle viste.
-Mah, temibile non lo so... io direi un cucciolo di pirata, piuttosto...- borbottai, per poi iniziare a correre ridendo, data la sua espressione minacciosa.
Tuttavia mi sentii afferrare da dietro prima ancora di arrivare a metà del ponte, ma quando la presa scivolò mi costrinsi a voltarmi a guardare. Era piegato, con una mano sulla schiena e l'espressione dolorante, e quasi mi mancò il respiro.
-Killian... dove ti fa male? Mi dispiace, è tutta colpa mia...- sussurrai mortificata, avvicinandomi per cercare di massaggiargli il punto in cui si teneva. Se gli fosse successo qualcosa di brutto per colpa mia, non me lo sarei mai perdonato.
-Swan, smettila, non è colpa tua.- tagliò corto, rizzandosi in un attimo -Sto bene. Sono un po' arrugginito temo, ma passerà.
-Torniamo a casa? Forse è meglio se ti riposi, per oggi hai camminato fin troppo...
-Non voglio tornare a casa! Sono stufo di stare chiuso e bloccato in un letto!
Non rimasi paralizzata perché non l'avevo mai sentito urlare, ma perché non aveva mai urlato in questo modo a me. Non aveva mai perso la pazienza con me. E probabilmente se ne accorse, dato che si contrasse in una smorfia mortificata.
-Oh dio, scusami. Scusa tesoro...- sussurrò, prendendomi le mani mentre io continuavo a guardarlo. Non ero spaventata. Non ero arrabbiata. Solo, mi dispiaceva per lui: stavo male da morire al pensiero che fosse tanto frustrato da perdere il controllo. Così decisi di non fare niente e lo abbracciai, abbracciai forte il mio bellissimo pirata, l'uomo che mi aveva insegnato cosa fosse l'amore e senza il quale non ero più in grado di vivere.
-Non ti preoccupare. Se te la senti andiamo dove ti dicevo. Mi piacciono i parchi qui. Nel primo che attraversiamo c'è anche un laghetto coi cigni...
-Me la sento. Penso che più movimento faccio e meglio è.
-Vuoi riconsiderare di prendere le medicine?
-Neanche per idea!- esclamò, prendendomi i fianchi -L'unica medicina che mi serve ce l'ho qui davanti. Una parte. L'altra parte è a casa.
E poi mi baciò in una maniera così dolce e appassionata contemporaneamente, che mi sciolsi e ricambiai, dimenticando di cosa stessi parlando. I suoi baci mi erano mancati così tanto che non ne avrei mai avuto abbastanza, probabilmente. Solo la paura che qualcosa andasse storto e lui si sentisse peggio, mi fermava dal trascinarlo da qualche parte e farlo mio in quello stesso istante.
-Va bene, basta, stiamo dando spettacolo- lo interruppi allontanandomi leggermente, anche se a malincuore -Andiamo, la passeggiata è lunga ed è il caso di tornare entro le sette, i bambini mangiano a quell'ora...
-D'accordo, andiamo. Magari domani usciamo con loro da qualche parte? Mi dicevi di quella bella fiera natalizia dove ti ha portato Ashley.
-Sì, certo! A Liam è piaciuta tanto! Di mattina però, il pomeriggio lavoro...
-Devi proprio? Insomma Swan, dobbiamo trovare un modo per tornare a casa... perché perdere tempo!
-Perché voglio anche ripagare Ashley del suo aiuto. Le bollette non si pagano da sole.
-Le che?
-Lascia perdere, andiamo!- esclamai ridendo e stampandogli un piccolo bacio sulle labbra. Ci sarebbe stato da divertirsi con tutte le stramberie che avrebbe trovato in giro.

 

***


KILLIAN POV

Avremmo potuto trascorrere delle bellissime giornate, nonostante il ritardo nelle ricerche. In quella città festeggiavano il Natale in ogni angolo e avevo anche dovuto ammettere che la regina avesse un palazzo per niente male, nonostante la grande differenza rispetto al nostro. Era un vero peccato che Emma non avesse voluto permettermi di entrare a dare un'occhiata e magari recuperare qualcosina come ricordo, ma a sua detta mi avrebbero arrestato ancora prima che sfiorassi il portone d'ingresso. Io ne dubitavo altamente, ma avevo preferito non litigare con lei, così mi ero accontentato di guardare da fuori. La sera eravamo usciti tutti insieme a mangiare in un ristorante del centro, e si erano uniti a noi anche Jefferson e sua figlia: fortunatamente non c'era stato alcun rancore, nonostante il piccolo scontro in passato tra me e l'uomo. A parte l'indignazione delle donne, certo.
Dal giorno successivo, però, la situazione era degenerata: erano già tre giorni che Emma faceva i doppi turni per coprire una ragazza ammalata, usciva dopo pranzo e tornava a casa poco prima della mezzanotte. Avevamo potuto trascorrere insieme solo le mattine: entrambe le sere era tornata a casa troppo stanca per fare qualsiasi cosa. O almeno così aveva detto a me, dato che mi aveva fermato ogni volta che provavo a toccarla. Era assurdo.
Per essere un buon marito, però, avevo passato quei giorni a occuparmi dei bambini e provare a fare qualche ricerca insieme ad Ashley, Jefferson e Grace. Amavo i miei figli ed era una gioia poter passare il tempo con loro, ma avrei voluto che ci fosse anche Emma. Le ero mancato così tanto, che era sempre troppo stanca perfino per fare l'amore con me? Eppure quella mattina Ashley era stata al lavoro e Grace aveva portato i bambini a fare una passeggiata. Avevamo avuto due preziose ore da soli, invece se n'era uscita con la scusa che le prudeva la gola e non voleva rischiare di attaccarmi eventuali virus.
L'avevo coccolata, le avevo preparato il tè – pur bruciandomi un paio di volte per scaldare l'acqua – e le avevo fatto un massaggio. Mi aveva fatto piacere, ovviamente, solo che l'idea che fosse tutta una scusa non riusciva ad abbandonarmi. Cosa era cambiato? Perché non mi voleva? Quando era andata a cambiarsi per andare a lavoro l'avevo seguita in camera cercando di tirare fuori l'argomento, ma lei si era limitata a liquidarmi con un “Non dire sciocchezze. Ne riparliamo dopo o faccio tardi.” Tuttavia, non ero sicuro si trattasse di sciocchezze. Non ero mai stato una persona paranoica ed ero abbastanza certo di non esserlo neanche adesso.
E allora mi decisi: non potevo aspettare che tornasse, mancavano più di due ore e sarei scoppiato. Un paio di bicchierini di rum, e poi sarei andato a trovarla al lavoro: ero certo che cinque minuti da dedicarmi li avrebbe trovati, se avesse voluto.
-Ashley, ti dispiace se esco?- domandai quindi alla ragazza, immersa nella visione di uno strano programma con gente che cantava. Non sapevo dire bene cosa fosse, dopo dieci minuti la mia attenzione era andata a farsi benedire.
-Esci? A quest'ora? E dove vai?
-Voglio andare a bere qualcosa... poi prendo Emma da lavoro.
-Sai come arrivarci? Sennò ti chiamo un taxi...- borbottò dubbiosa, squadrandomi.
-Mmh sarebbe?
-Una macchina con conducente.
-Aaaah. Sì, va bene, magari. Non ho ben capito come funziona la metro.
-Perché non avevo dubbi?- ridacchiò -Vestiti e poi chiamo e ti do' i soldi.
-No, grazie tesoro, Emma me ne ha lasciati. I bambini dovrebbero dormire fino a che non torniamo, gli scorsi due giorni è stato così...
-Non ti preoccupare, se si svegliano ci penso io. Tu non bere troppo e fa' il bravo, Emma è molto stressata in questi giorni.
-Ti ricordo che sono un pirata di 200 anni, ragazzina, lo reggo l'alcol!

 

Al quinto giro di rum, avevo capito che avrei avuto bisogno di un po' di tempo per abituarmi a bere come una volta. Eppure, invece di smettere, avevo continuato fino a svuotare la bottiglia.
Nonostante dovessi camminare lentamente per non perdere l'equilibrio, tuttavia, ero lucido: forse un po' troppo lucido. Ora riuscivo a vedere tutto con chiarezza, il rum mi aveva aiutato a sciogliere quelli che avevo trasformato in dubbi per sentirmi meglio: Emma mi aveva evitato, e non era stato solo frutto della mia immaginazione. Molte cose erano cambiate, avevamo una famiglia allargata ed eravamo temporaneamente ospiti da una ragazza di un altro mondo, ma se fossimo stati sempre noi, avremmo trovato il modo di avere l'intimità che avevamo bisogno di ritrovare. O che almeno io, avevo bisogno di ritrovare. Lei? Non sapevo più dirlo. Lei era cambiata, a quanto pare, non mi sembrava più la principessa ribelle che avevo conosciuto e di cui mi ero innamorato. Quella principessa che si era innamorata di un pirata, diventando lei stessa, in parte, un pirata.
Che fosse cresciuta non c'erano dubbi, ed era giusto che fosse così: non era più la venticinquenne che avevo conosciuto, ora aveva 28 anni, due figli e un marito che era stato in coma per quasi un anno. Il problema era che forse ero stato lontano da lei così a lungo, che aveva dimenticato come si facesse a condividere il peso sulle spalle: lo faceva da sola. Faceva tutto da sola e non lasciava che le dessi una mano, per quanto ci provassi.
Dopo essermi scolato l'ultima goccia della mia bottiglia, mi alzai e mi decisi di uscire dal locale per dirigermi verso quello di fronte, dove lavorava la mia Emma. L'avrei affrontata e le avrei fatto capire che ero lo stesso uomo di prima, che di me poteva fidarsi. Che con me poteva condividere tutto, come aveva sempre fatto.
Una volta dentro mi ci volle un attimo ad individuarla: nonostante quella strana gonna nera che indossava sotto il grembiule bianco, era inconfondibile. Tuttavia, non mi piacque la scena che mi si presentò davanti. Non mi piacque affatto.
Era china ad un tavolo col suo vassoio e due uomini la guardavano con brama, mentre lei sorrideva. Conoscevo ogni sfumatura del suo sorriso, e quello non era sincero neanche lontanamente: avrei tranquillamente messo la mia unica mano sul fuoco. Aveva fatto questo per tutti quei mesi, per prendersi cura di me e dei nostri figli? Aveva lasciato che quelle bestie la guardassero – e speravo si fossero limitate a quello – come se fosse un pezzo di carne?
-Ehi amico. Occhi sul piatto, se non ti dispiace. Ma anche se ti dispiace.- lo minacciai, accorrendo in soccorso alla mia splendida principessa. Non avrei lasciato che nessuno le mancasse di rispetto, anche se si trattava solo di sguardi.
-Killian?! Che diavolo ci fai tu qui?!- esclamò lei, spalancando gli occhi nel vedermi.
-Dolcezza, è uno stalker che ti importuna? Posso sbarazzarmi io di lui per te.- ammiccò il biondo, alzandosi in piedi per fronteggiarmi scaltro.
-Non ti permetterò di chiamare “dolcezza” mia moglie. Scusati con la signora se vuoi svegliarti con tutti i denti.
-Tua moglie? Io la fede al suo dito non la vedo, magari non è tanto contenta di essere tua moglie.
-Killian, fermati!- esclamò Emma afferrandomi per un braccio, un istante prima che potessi colpire con un gancio destro quello sbruffone.
-Mi scusi signore- continuò poi, continuando a trattenermi -Mi dispiace davvero. Sistemo la questione e per scusarmi le porto un'altra birra a mie spese.
Prima che potessi controbattere, mi trascinò per il braccio fuori dal locale, per poi darmi un doloroso schiaffo sulla guancia. Allora avevo ragione! Non era più la mia Emma: la mia Emma, un tempo, avrebbe sfigurato quell'uomo che aveva osato fin troppo, non se la sarebbe presa con me.
-E' così, Swan? Ora te la fai con gli altri?
Un altro schiaffo. E io scoppiai a ridere.
-Sei cretino, Hook?! Cosa cazzo ti salta in mente! Non puoi venire ad aggredire i miei clienti!
-Oh, ora capisco. Non sono clienti della locanda, sono tuoi... clienti.
E lo schiaffo, questa volta, fu ancora più doloroso.
-Non ti rompo il naso solo perché sei ubriaco! Smettila di dire sciocchezze, ora ti chiamo un taxi e ti faccio riportare a casa. Perché sei venuto qui in questo stato?!
Risi ancora, prendendola saldamente per i polsi e guardandola negli occhi. Come poteva chiedermelo? Non ci arrivava proprio da sola?
-Sai Swan, è da quando sono qui che mi chiedo se mi sto immaginando le cose o se tu non mi desideri più! Un tempo ti piaceva fare l'amore con me. Ti piaceva farti baciare, farti amare fino a non avere più fiato... e poi farti stringere in un abbraccio fino al mattino, quando mi svegliavi con un bacio. Da quando sono tornato a casa, invece, non fai che evitarmi! Ti nascondi continuamente dietro a delle sciocche scuse, e io sono stato tanto stupido da crederti.
-Killian, ti prego, mi fai male... lasciami e ne parleremo poi a casa, te lo prometto...- sussurrò, ma i sentimenti repressi che si erano trasformati in una belva non mi permisero di esitare, nonostante le lacrime che stavano riempiendo i suoi occhi.
Così, mentre lei indietreggiava e cercava di liberare i polsi, continuai.
-Abbi almeno il coraggio di ammetterlo, Swan! Abbi il coraggio di ammettere che non mi vuoi più! Mi ferirai? Sì! Ma credimi se ti dico che questa tua indifferenza mi ferisce molto di più, questa tua messa in scena... dillo che non mi ami più! Dillo che ti prendi cura di me solo perché sono il padre dei tuoi figli e perché ti dispiace per ciò che ho passato! Dillo e ti libererò della mia presenza!- urlai, e fu in quel momento che gridò anche lei, ma non per il mio stesso motivo.
Non mi ero reso conto che fossimo arrivati ad un palo di cemento, e che lei, per allontanarsi da me, era andata a sbattere con la guancia direttamente su una sporgenza appuntita.
Non so se fu il sangue, il dolore nei suoi occhi o la paura, a farmi mollare la presa e rimanere impalato a guardarla, come risvegliatomi da uno stato di trance.
Neanche mi opposi quando una figura mi spinse da parte, e prese le mani di una Emma terrorizzata come non avevo mai visto.
Per colpa mia.
Poi, le voci mi giunsero come un eco.
-Emma! Ti ha fatto male? Vuoi che chiami la polizia?
-No, no, Albert... lui è... è mio marito. Lui non... non è in sé... lui...
-Va bene, va bene... stiamo tutti calmi adesso. Vieni, ti disinfetto e poi... poi puoi staccare, non è troppo pieno stasera, ce la caviamo io e Jane.
-No... no, è solo un graffio.
E poi, quando la ragazza avanzò per raggiungermi, pian piano sentii il mondo tornare sotto i miei piedi e il senso di colpa mi colpì in pieno volto, come un potente schiaffo.
La mia Emma aveva un lungo taglio sulla guancia, ed era stata colpa mia. Mai, mai nella mia vita avevo fatto del male a una donna, a lei ancor meno, e adesso si era ferita per colpa mia.
-Oh dio, Emma... tesoro, mi dispiace...
-Lo so! Lo so che ti dispiace. Io non so cosa cazzo ti è preso questa sera...- singhiozzò -Ma io ti amo. Se mi sono trattenuta è perché me l'ha consigliato il dottore. All'inizio volevo ignorarlo ma poi ho visto quanto effettivamente sei instabile, e ho pensato che se qualcosa fosse andato storto avresti potuto rimanerci male... e già stavi male. Io lo vedo che sei frustrato, non volevo peggiorare le cose. Ma mai- continuò, ora con voce ferma -Non provare mai più a mettere in dubbio ciò che provo per te. Un graffio non è niente, sono stata incauta io e... è solo un graffio. Ma questo mi ferisce. Come una lama. Quindi ora ti prego, prendi un taxi e torna a casa. Io devo finire il mio turno. Se vuoi che ti perdoni, vattene a casa a dormire perché è di questo che hai bisogno. E puzzi, quindi evita di avvicinarti in questo stato ai bambini. Lavati e poi subito a letto. Parleremo domani quando sarai più lucido. Sono stata chiara?!
Annuii, incapace perfino di parlare per la vergogna. Provai ad allungare la mano per asciugare il sangue che le colava lungo la guancia, ma lei me la allontanò e mi voltò le spalle.
-Albert, ti dispiacerebbe chiamargli un taxi che lo porti a casa? Tieni 20 sterline, questo coglione potrebbe aver speso tutto in rum, conoscendolo.

 

23 Dicembre, oltre la barriera di Talebrooke

Erano passati tre giorni da quando il gruppo formato da Charles, Philip, Aurora, Mulan e August si era riunito per cercare una soluzione per lasciare quell'isola e andare a recuperare Emma. Non sapevano se Hook fosse sopravvissuto, ma lei e Liam dovevano essere da qualche parte, e loro dovevano trovarli.
Tutti avevano passato le giornate in perlustrazione per trovare eventuali altri dispersi e a costruire un'imbarcazione più potente. Charles, invece, se non per mangiare e dormire non faceva che sfogliare e contemplare il libro magico. A quanto pare, toccarlo e porgli una domanda non bastava per ricevere la risposta. O forse, più semplicemente, non aveva il cuore puro come pensava. Forse l'aveva macchiato senza neanche sapere come.
Continuava a leggere e rileggere le storie, c'era anche quella di sua sorella e Hook, ma tutto si fermava al momento della maledizione. Dopo, solo pagine bianche. La cosa era frustrante, perché quel maledetto libro avrebbe potuto essere la loro unica possibilità.
-Ragazzino, di questo passo dovrai mettere gli occhiali ancor prima di compiere tre anni!
-Mulan!- esclamò, spaventato dalla ragazza che l'aveva colto alla sprovvista, sedendosi accanto a lui con due tazze fumanti.
-Tieni. È un infuso caldo alle erbe col limone. Ti scalderà.
-Grazie...- borbottò, afferrandone una e mandando subito giù un sorso. Si sentì immediatamente meglio, gli ci voleva proprio: non si era neanche accorto di avere le unghie blu per il freddo.
-E' quasi Natale...- mormorò poi -E sarà un natale di merda. Siamo tutti separati... e magari entro due giorni saremo morti, chi lo sa.
-Ehi! I bambini non dovrebbero dire le parolacce.
-Come vedi non sono un bambino, non più!
-Sì. Ma prima crescevi a vista d'occhio. Invece in questi tre giorni non sei cambiato di una virgola, te ne sei accorto?
-Cosa?
-Ah, ragazzino... tua sorella è più sveglia!
Charles ci rimase male e corrugò la fronte, ma decise di non rispondere e bevve un altro sorso del suo infuso. Non ci aveva fatto caso, a dire il vero, era stato troppo occupato a pensare a quello stupido libro. Quindi, oltre la barriera, la maledizione non aveva più effetto... almeno non del tutto, dato che aveva mantenuto le sembianze di un ventenne, non era tornato bambino. Ma fuori dai confini dell'isola, cosa sarebbe successo? Se l'era chiesto più volte, ma non aveva la minima idea di quale potesse essere la risposta.
Poi, prima che potessero aggiungere altro, un fruscio tra le foglie catturò la loro attenzione, e si voltarono all'istante, in allerta.
-Chi va là! Esci subito fuori!- esclamò la ragazza, saltando in piedi in una frazione di secondo, sguainando subito la spada. Charles ammirava moltissimo quella giovane donna; era una grande guerriera, intraprendente e sempre pronta. Si ricordava poco di lei da prima della maledizione, era stato troppo piccolo... sapeva che era una delle migliori amiche di Emma, ma l'aveva conosciuta poco. A a Talebrooke, invece, aveva visto di che pasta era fatta e gli piaceva davvero tanto.
-Ehi, stiamo calmi! Credo che un po' di magia potrebbe farvi comodo, no?
-Trilli!















 

Angolo dell'autrice;
Ciao! Lo so, se non per la prima parte, questo non è uno dei capitoli più allegri, anzi... Emma ha deciso di fare un giro turistico a Killian e a parte un piccolo incidente è andato tutto bene e si sono divertiti... e scambiati un po' di effusioni in pubblico xD
Il fatto che Emma lavori, però, non piace molto a Killian... soprattutto che ha i doppi turni. Trova sia una perdita di tempo dato che dovrebbero tuffarsi nelle ricerche a tempo pieno, e da una parte non ha tutti i torti... dall'altra, Emma vuole ripagare Ashley com'è giusto che sia.
E dopo tre giorni in cui l'ha vista pochissimo, e quando c'era ha sempre trovato "scuse" per evitare di andarci a letto... lui non ce l'ha più fatta e ha voluto sfogarsi andando a bere. Solo che le cose gli sono sfuggite parecchio di mano e la situazione è degenerata, tanto che Emma ha finito per farsi male. Anche se, sono state più dolorose le parole che gli ha rivolto... e ora dovrà trovare un modo di farsi perdonare.
Aspetto con ansia OUAT, finalmente è la puntata dove Emma dovrà dire la verità sulle visioni... che ansia. Ma sono anche curiosa! Jekyll e Hyde eliminati dopo 4 puntate, invece... non me l'aspettavo proprio! Però ora vedremo Jasmine e Aladdin *_*
Grazie a tutti come sempre e a presto, un abbraccio :*
   
 
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