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Autore: HatoKosui    23/10/2016    1 recensioni
Nishiyoshi Mayori è una studentessa dello Yosen. Dalla fervida immaginazione e dal carattere diretto e diffidente, se ne sta sempre sulle sue, fa poca attenzione al mondo che la circonda ed ancora di meno ai ragazzi che le parlano. A malapena ricorda i loro nomi.
O almeno questo accadeva prima di conoscere Kise Ryouta. Travolta dal modello durante un viaggio in bus si ritrova a dover resistere ai suoi corteggiamenti... e come se non bastasse, sembra che la coach del club di basket della sua scuola la voglia in squadra ad ogni costo come manager.
Mayori è una ragazza semplice.
O almeno credeva di esserlo prima di innamorarsi di... di chi, esattamente?
Genere: Erotico, Romantico, Sportivo | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Atsushi Murasakibara, Nuovo personaggio, Ryouta Kise, Tatsuya Himuro
Note: OOC | Avvertimenti: nessuno
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Premessa :*

 

Allooora, premetto subito subito che ho citato città e luoghi che non conosco con precisione. Ho citato prefetture, ma non sono mai stata né in Giappone (magari...) né in un treno giapponese, quindi ho unito qualche ricerca alla mia inventiva sperando di non creare il paese degli unicorni volanti (?!) ma una cosa il più “fattibile” possibile. Qualsiasi appunto sulla geografia o sulle prefetture è ben accetto :)

Ho immesso anche dei richiami ad altri anime e manga, chi di voi li riconosce? Sono un paio, giusto giusto...

Per il resto, è un capitolo di passaggio quindi è un pochino (una pagina, più o meno) più corto rispetto agli altri. Spero che non vi annoi troppo e che non faccia pietà xD

Buona lettura

 

HK

 

 

 

 

Capitolo 12: Treni e Stress

 

 

 

“Ha avuto un incidente stradale”

Quelle parole mi rimbombano nella testa. Per lunghi attimi rimango ferma in silenzio, con gli occhi sbarrati che piano piano iniziano a bruciare e seccarsi. Dovrei sbattere le palpebre, ma non ci riesco.

-Capisco il tuo sgomento, ma ti pregherei di non chiamare più poiché in questo momento la tua presenza non è necessaria.

La voce del ragazzo mi arriva come un suono lontano. Lascio che il telefono mi cada dalle mani. Finalmente abbasso lo sguardo ed ora i miei occhi bruciano perché perdono lacrime. Le perdono silenziosamente.

-Io... io non capisco. Com'è potuto succedere? Akashi... Akashi-san, lei può parlarmi?

Dico, piano, ma so la risposta. Mi è già capitato. Mi è capitato quella volta, quel giorno.

-No. Non può parlarti. Mayori, ascoltami bene.

Io prendo il telefono con due mani, anche se tremanti. Rimango in ascolto.

-Hibiki ha tutto ciò che le serve. Mi hai capito?

Sento nel suo tono una serietà non indifferente, mista a freddezza e concretezza. Non so chi sia, ma trasmette inquietudine anche telefonicamente.

-Tu...- Prendo aria- Non puoi aspettarti che io lasci Hibiki nelle mani di uno sconosciuto. Non mi ha mai parlato di te. Io non so chi tu sia e da dove tu prenda tutta questa sicurezza. Come fai a sapere che non ha bisogno di me? Eh?!

La mia voce risulta forse molto più calma di come io sia in realtà. Gli occhi mi bruciano, ma quello che sento dentro è mille volte più doloroso.

-Non credo che tu possa aiutarla. Non sei forse ad Akita? Le tue possibilità economiche non ti permettono di poter rappresentare un punto di riferimento per lei.

Aggrotto le sopracciglia.

-Senti, Akashi. Io... io vengo li. Ci vengo per vedere come sta. Non la posso lasciare sola...

-Mayori, sei testarda, non è vero? Dovresti imparare a portare rispetto e sopratutto ad ubbidire quando ti si dice qualcosa. Non venire, sai anche tu che la tua presenza le causerebbe solo fastidio.

“Fastidio...”

Penso a tutte le volte che Hibiki mi ha sopportata, anche quando lavorava, quando aveva da fare, quando la chiamavo nel bel mezzo dei colloqui di lavoro. Ha sempre sorriso. E sempre mi ha sorretta, non mi ha mai sgridata. A lei andava bene. Andavo bene così, no?

-Tu non puoi saperlo... non puoi. Tu...

-Io lo so. Io sono assoluto, Mayori. Non venire, qui ci sono io.

Sento la cornetta cadere ed il suono martellante di quel “Tu tu tu” mi spaventa. A casa non c'è nessuno e probabilmente non torneranno prima di sera tardi. Il mio cuore prende a martellare del petto.

“No. Io non posso rimanere qui. Io devo andare. Io devo...”

Mi alzo di scatto e la sedia barcolla. Porto la mi cartella in camera, accendo la luce ed apro l'armadio. Prendo, sotto i vestiti invernali, nascosto nei meandri di altre scatole, quel borsone rosso che utilizzavo quando facevo basket. Lo prendo e lo apro.

“Mi dispiace ma proprio non posso starmene qui come le mani in mano”

Penso mentre inizio a riempire il borsone con vestiti a caso, tirati giù direttamente dalle stampelle. Prendo qualche calzino, mi dimentico la biancheria, mi porto lo spazzolino e dimentico un giacchetto pesante. Mi cambio ed indosso una gonna nera, l'unica cosa che è rimasta fuori dal borsone. Una gonna nera ed una camicia a quadri bianca e verde scuro. Un paio di calze nere, degli anfibi lucidi, qualche risparmio e gli occhiali da sole.

“Non ho molto, vado e torno.”

Penso, ma non credo di avere bene in mente che cosa fare. Il mio corpo si muove da solo. Come faccio ad arrivare d Hibiki? Comprerò una mappa una volta arrivata alla stazione. Con i soldi che ho non posso permettermi un volo aereo e l'unico modo possibile è quello di prendere un treno. Magari una linea con scalo, più economica. Faccio le scale, non guardo dove metto i piedi e mi precipito fuori dalla porta.

Più tardi scriverò un messaggio ai miei fratelli, saranno loro a dirlo ai miei genitori.

Chissà cosa diranno.

Esco fuori, alzo il viso ed osservo il cielo.

Piove.

 

°°°

 

Il treno è scomodo, non ha molte persone, ma è scomodo e freddo. Mi rannicchio nel tessuto della camicia di cotone e volgo lo sguardo al panorama. Il treno è fermo alla stazione di Akita. Fuori fa freddo e tira vento, il cielo è coperto e plumbeo, ma la pioggia ha smesso da un po' di scendere. Sospiro ed apro il libro nuovo di zecca comprato in offerta al botteghino della stazione. Sapevo che c'era una mappa al suo interno!

Infondo è un libro per turisti, una di quelle cose che in mano ad un giapponese sembrano diventare una barzelletta. Qualcuno che non conosce la sua terra è paragonabile ad un uccellino allergico al polline.

Povero uccellino, costretto a nascondersi in antri bui e umidi, in attesa che scenda la pioggia ed il nulla.

“Ok, Akita è qui. Tokyo è la tappa principale, il capolinea del viaggio del treno. Da Tokyo dovrei arrivare a Kyoto prendendone un altro... ma...”

Il mio sguardo finisce inevitabilmente verso quelle piccole goccioline che iniziano a macchiare il vetro del treno.

“Piove. E si sta facendo buio. Probabilmente arriverò domani mattina e dovrò soggiornare a Tokyo. Ma... Tokyo è grande. Ed è cara.”

Prendo il mio portafoglio.

“Ho abbastanza soldi per il treno, ma per l'Hotel... non ce la faccio. Maledizione! Se solo avessi dei parenti. Amici... A Tokyo, degli amici, forza Mayori, pensa!”

Mi accascio sul sedile, porto la testa indietro e mi copro gli occhi. Cerco di fare mente locale, cerco di riorganizzare le persone che conosco. Posso andare da MIZU!

Prendo il telefono e la chiamo subito.

Squilla.

-Pronto?

-Ehm, Mizu-chan, sono Mayori.

-Cosa? Mayori? Mayori.... NON CI POSSO CREDERE!

La sua voce sembra molto contenta, ma ha una strana nota di malinconia. Non ricordo che scuola prese Mizu dopo le medie, ma ricordo che abitava, una volta, dalle parti di Tokyo.

-Mizu-chan, mi dispiace chiamarti così di fretta, ma devo chiederti un favore. Hai saputo di Hibiki?

Dall'altro capo del telefono c'è silenzio. Lo ha saputo.

-Si.

-Sai qualcosa sulle sue condizioni?

Mizu ha sempre parlato molto, ma per un attimo la sento mantenere il respiro e poi rispondermi:

-No. Io... andavo a scuola con lei fino a poco tempo fa, ma poi ho perso i contatti.

-Cosa? Perché?

-Mi sono trasferita. Niente di che... cosa ti serve, Mayori?

-Una sistemazione, dalle parti di Tokyo. Sto andando a trovare Hibiki e...

-Non posso aiutarti...

-Perché?

D'un tratto un rumore sordo dall'altra parte del telefono in lontananza. Un piatto che si rompe? Lo riconosco bene, quel suono. Aggrotto le sopracciglia e cala il silenzio. Sento delle urla, forse la madre di Mizu, qualcosa di mostruoso.

-Scusami Mayori, ora devo scappare. Mi dispiace. Appena sai qualcosa scrivimi, ti prego.

Il suo tono è cambiato, si è abbassato, è diventato confuso e sbrigativo. Non dico nulla, molto delusa, ma proprio quando penso che stia per riagganciare, lei mi dice veloce:

-Comunque a Kanagawa dovrebbe esserci Kasamatsu. Magari potresti andare da lui... fammi sapere. Ciao.

E riaggancia.

 

°°°

 

Arrivo a Kanagawa naturalmente con molto ritardo sulla mia tabella di marcia. Sono le tre di pomeriggio. Mi sono persa cinque volte prima di arrivare a Tokyo perché sono scesa erroneamente ad uno scalo nella prefettura di Miyagi. Ho incontrato una strana coppia di ragazzi che mi hanno travolta correndo ed urlando in modo spaventoso e sono finita a vagabondare per le strade di montagna. Fortuna che ho trovato un'accademia gigantesca dove poter chiedere aiuto e ritornare sui miei passi*. Beh, comunque, nella stazione di Tokyo ho rischiato di essere travolta dalla mandria di gente ben dodici volte e sto letteralmente patendo la fame per risparmiare ogni centesimo. Da Tokyo il treno per Kanagawa è passato dopo tre ore – o forse ho sbagliato io binario un paio di volte?

Quando poggio il piede a terra, finalmente nel territorio della prefettura di Kanagawa mi sento come Cristoforo Colombo che scopre l'America. Sospiro ed avverto l'aria umida. Qui vicino ci dovrebbe essere il monte Hakone, che qualche volta ho visto in TV per le gare ciclistiche... dovrebbe essere frequentata, la scuola sul monte, da una tipa minuscola che veniva alle medie con me, con gli occhiali ed i capelli scuri, sempre raccolti in due atipici codini bassi**. Esco dalla stazione e chiamo un taxi. Ho riesumato non so da dove l'indirizzo di Kasamatsu poiché mi era capitato di dovergli far recapitare un regalo per il suo compleanno da parte di Hibiki. E allora, prego i Kami che alloggi ancora in quella casa di tre anni fa.

Il taxi mi lascia davanti alla villetta alle sei e mezza di sera. Il sole non è del tutto sceso, ma il cielo si tinge di rosa. Ad Akita il cielo è sempre nero, o grigio, o non hi tempo di guardare perché piove. O nevica. Che bel paese, il nostro.

Mi perdo per un attimo ad osservare la villetta ben ordinata. Uno stile classico, un giardino piccolo e curato, il campanello azzurro come il tetto e la porta di legno d'acero. Una cosa che dovrebbe essere confortante. Osservo che solo la luce del salone di sotto è accesa, il che vuol dire che c'è qualcuno.

“Devo farlo per Hibiki. Mayori, puoi sopportare questa umiliazione. Puoi farlo, ok? Non c'è nulla di male nel chiedere aiuto. Ricorda: non puoi fare lo stesso errore che hai commesso con Aika.”

Prendo un bel respiro e schiaccio il campanello. Una, due volte. La porta si apre.

-Ciao

Dico subito, alzando la mano ed inscenando un sorriso al momento. Kasamatsu mi guarda molto sorpreso. Indossa una maglia bianca, un paio di pantaloni comodi blu scuro come i suo occhi spalancati ed i capelli neri sono arruffati. Porta le ciabatte ai piedi ed è sicuramente cambiato dall'ultima volta che ci siamo visti, quattro o cinque anni fa. Ora è alto, non so quanto, ma è più alto. Ha messo su molto muscoli e la cosa è piuttosto evidente anche con i vestiti indosso. Il suo copro è maturato.

“Beato a lui”

-Nishiyoshi?

-Posso... posso entrare?

Dico, lui apre il cancelletto. Io entro. La casa profuma di pulito, il parquet è scintillante e le scarpe all'ingresso sono ordinate.

“Tutto quest'ordine mi disturba”

Penso e noto che non siamo da soli perché c'è un altro paio di scarpe maschili. Forse il padre? Un fratello? Non so molto su di lui.

-Prego, mettiti queste.

Dice e mi porge delle ciabatte bianche.

“No, voglio stare scalza... il parquet è così bello da scalzi!”

Aggrotto le sopracciglia, forse faccio un'espressione di disgusto perché lui mi guarda serio ed aspetta che io infili i piedi nel morbido cotone. Lo guardo. Guardo le ciabatte.

“Ricorda: per Hibiki”

Infilo le ciabatte e mi sforzo di sorridere. Posso farcela. Devo solo contenermi, non sarà poi così difficile.

-Che cosa ti porta qui, da Akita?

-Hai saputo di Hibiki?

Lo seguo mentre mi fa strada in soggiorno.

-No, che ha combinato quella stupida?

-Non lo so di preciso. So solo che-

Le parole mi muoiono - per la centesima volta in quel periodo - in gola. Dall'angolo della cucina compare la figura snella di Kise, in pantaloni e camicia scolastica, con una tazza di tè in mano ed una fascia a tenergli i capelli indietro, lasciando il volto scoperto.

Cala il silenzio.

-Oh, fantastico...

“Mi ero dimenticata che si conoscevano. Non ci ho pensato minimamente.”

Mi sento mancare le forze.

“Non posso gestire anche questo, non ho la forza, non dopo tutto ciò!”

Il mio corpo riceve degli impulsi così tanto forti che la testa inizia a girarmi, piano piano mi viene in mente il bacio di Himuro sul collo, quello di Murasakibara, la pioggia fredda che mi fa colpita per strada, il treno, la stazione di Tokyo, le persone, Hibiki, le strade errate che ho preso, la notte in bianco sul treno, le urla di mio fratello per telefono, Akashi e Kasamatsu e....

-Kise.

Dico, poi mi lascio andare alla stanchezza ed allo stress.

-Mayori...?

-Nishiyoricchi....!

Tutto diventa buio, perdo conoscenza.

 

 

 

*Richiamo ad un altro anime sportivo...

**Richiamo ad un altro anime sportivo, che forse è ovvio.

Chi li riconosce? Non è difficile ho dato un sacco di info! Hahahaha, ok lo ammetto mi diverto a ficcarci dentro queste cose. Che posso fare? Ognuno ha le sue stranezze (?) :D

 

 

 

 

  
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