Libri > Trilogia di Bartimeus
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Autore: Mayo Samurai    24/10/2016    2 recensioni
Raccolta di One shot tutte BartNat, seguendo la traccia amorevolmente offerta da internet, alias la "100 word challenge".
Cento capitoli per cento prompt.
Sperando di riuscire a completare la sfida, vediamo almeno di iniziarla!
Buona lettura!
Genere: Comico, Generale, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Shonen-ai | Personaggi: Bartimeus, Nathaniel
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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★Iniziativa: Questa storia partecipa al contest “Halloween Party – La Grande Zucca” a cura di Fanwriter.it! 
★Numero Parole: 1713
★Prompt/Traccia: “Londra, epoca vittoriana. La nebbia è fitta, le figure non si distinguono. Le strade sembrano piene di bisbigli inconsistenti, ogni tanto qualcosa si muove e si nasconde. A ha i brividi e spera che B arrivi presto.”
 
 
 
 
Disastro
 
Bartimeus si strinse la sciarpa al collo, accoccolandosi nella giacca troppo grande per lui.
Nathaniel gli aveva chiesto di aspettarlo lì con una vocina flebile flebile, quasi sull’orlo dello spezzarsi, nascosto dal cespuglio di astri dai boccioli chiusi.
Anche dopo un anno, non era riuscito a dirgli di no.
Era abituato a fare quello che voleva, ed ottenere più o meno tutto ciò che desiderava, ma Nathaniel rimaneva sempre una sorpresa, un’incognita.
Forse perché dopo tutto quel tempo, udire la sua voce fu come tornare a casa.
Faceva freddo e Londra non era una città dolce ed accogliente: il gelo della notte uccideva e il tanfo stordiva gli sventurati, lasciandoli barcollanti per le strade buie.
Londra faceva proprio schifo.
Con un sospiro che si mescolò con la fitta nebbia, Bartimeus calciò un sassolino in mezzo alla strada, in attesa.
Per la prima volta si sarebbero visti fuori dal giardino di Nathaniel.
Sarebbero stati alla mercè della città, delle vie, degli occhi indiscreti nascosti ovunque.
Bartimeus si sentì la testa girare, come se dopo anni potesse nuovamente affondare i denti nei biscotti che sua nonna gli preparava, tanto dolci da attirare vespe e insetti e convincere dei bambini a lottare tra di loro pur di averne uno.
Il ricordo gli scaldò il petto, ma fu la vista di una carrozza scura tagliare in mezzo alla foschia a fargli balzare il cuore in gola.
Il carro si fermò di fronte a lui e il cocchiere non lo degnò di uno sguardo, stringendosi nel mantello.
Timidamente la porticina si aprì con uno scricchiolio, e la testa di Nathaniel fece la sua comparsa dietro il legno scuro.
A Bartimeus mancò il fiato, ma non avrebbe mai ammesso quanto gli fosse mancato, di come fosse ancora in grado di farlo sentire leggero.
Nathaniel rimase imbambolato per qualche secondo, poi sbattè le palpebre e scese, rimanendo a pochi passi dall’altro ragazzo.
Non era cambiato di una virgola, gli stessi capelli neri e mossi, gli stessi occhi freddi e attenti, e lo stesso viso affilato che un anno prima lo aveva intrigato.
Il cocchiere si schiarì la gola e Nathaniel trasalì, avvicinandosi per pagarlo e dargli ulteriori informazioni.
Quando la carrozza voltò l’angolo, si voltò verso Bartimeus, rimasto in silenzio ad osservarlo.
“… Ciao.”
L’egiziano sbattè le palpebre e storse il naso:” Ciao?” Sputò:” Tutto qui? Ciao? Non ti fai vivo per un anno intero e mi dici ciao?”
Nathaniel sussultò e fece un passo indietro, la colpa disegnata sul suo volto come delle macchie di fuliggine.
Si guardò attorno, ma riuscì solo a chinare il capo, mortificato.
“Io… Non so che dire, io…”
“Chiedi scusa per prima cosa.”
Alzò la testa e deglutì, con la stessa faccia di chi aveva inghiottito una lumaca.
“… Scusa.”
Bartimeus sbuffò:” Lascia stare, se questo è tutto quello che sai fare all-“ si voltò per andarsene: non che volesse veramente farlo, ma non sapeva che fare, e rimane a fissarsi come dei cretini ascoltando scuse fasulle mentre gli gelavano le chiappe non era di certo  nei suoi programmi.
Nathaniel scattò in avanti e Bartimeus trasalì quando lo afferrò per un braccio, non aspettandosi di averlo addosso in modo così fulmineo.
“Ma-“
“Mi dispiace.” Sbottò Nathaniel guardandolo negli occhi.
Erano grigio fumo ora, quasi neri, cerchiati da delle leggere occhiaie e oscurati dai ciuffi più lunghi.
Bartimeus tentò di liberarsi dalla presa ma la mano dell’altro rimase salda.
Non si ricordava fosse così forte.
“Mi dispiace.” Ripetè con un sussurro il moro, facendosi più vicino:” P-puoi… Potrai mai perdonarmi?”
L’egiziano lo guardò negli occhi, cercando di leggerli come faceva tempo prima, cercando di capire cosa gli passasse veramente per la testa.
Ma non riuscì a leggervi nulla se non una profonda tristezza.
Sbattè le palpebre, e sospirò.
 
 
 
Camminavano vicini per schermarsi dal freddo, tenendosi nelle zone d’ombra e lontani da occhi indiscreti.
Londra era affogata nella nebbia e piccoli rumori e scricchiolii li seguivano incessanti, come tanti ratti affamati.
All’inizio fu strano, e imbarazzante, nessuno dei due riusciva a pronunciar parola e si ritrovarono a girovagare in silenzio e senza una meta precisa.
Nathaniel fu il primo a spezzare il silenzio, schiarendosi la gola e sbirciando Bartimeus con la coda dell’occhio.
“Dopo che… Che non ti ho più risposto, cosa hai fatto?” Domandò in un sussurro, accoccolandosi nella giacca.
Bartimeus prese il suo tempo prima di rispondere, aggrottando appena le sopraciglia.
“Sono andato in Turchia. Dei miei amici avevano bisogno di aiuto con qualche affare e sono partito per aiutarli.”
“Oh… Non erano affari illegali, vero?”
L’egiziano grugnì una risata:” Credevo ti piacessero i ragazzi cattivi.”
Nathaniel sbattè le palpebre e distolse lo sguardo, affondando il mento nella giacca.
“Non dire stupidate.” Borbottò stringendosi nelle spalle.
Bartimeus ridacchiò.
“E tu invece? Che hai fatto per un anno intero?”
L’inglese sembrò bloccarsi: un piccolo sospiro di sorpresa rimase impigliato tra le sue labbra, e con lo sguardo fisso di una statua rimase in silenzio, immobile tra le ombre delle case.
Bartimeus si voltò verso di lui, più avanti di pochi passi.
“Nathaniel?”
Il ragazzo sembrò uscire dalla sua stasi, con un’espressione indecifrabile sul volto:” Nulla. Ho studiato, come al solito.”
L’altro annuì lentamente, e l’osservò mentre s’avvicinava con la mascella rigida e gli occhi offuscati di chi è perso nel propri pensieri.
“Nathaniel.”
“Uhm?”
“… Perché non mi hai più risposto?” Mormorò.
Il ragazzo trasalì, fermandosi una seconda volta.
Si voltò lentamente verso Bartimeus, osservando le nuvole di fumo fuoriuscire dalla sua bocca schiusa come il soffio di un drago (il Drago ti verrà a prendere), facendo scorrere lo sguardo sul suo naso storto fino ai suoi occhi neri, luminosi come stelle anche in mezzo alla nebbia (la nebbia ha occhi e orecchie, mio sciocco fratello).
Nathaniel cacciò giù nel profondo la verità, schiacciandola in un angolino della sua anima per tenerla al sicuro, chiusa e invisibile a chiunque non la condividesse.
Non poteva dirglielo, non poteva mostrarglielo, non poteva fargli una cosa del genere.
Un mugolio afflitto scappò dalle sue labbra, e la curiosità di Bartimeus venne sostituita da una leggere preoccupazione.
“Nathaniel?”
Il ragazzo scosse la testa, fissando a terra: sentiva la bilancia scricchiolare e cigolare impazzita, le schegge scure affondargli tra le mani, nel viso, ricoprendo qualsiasi cosa di sangue viscoso ma freddo come melma.
Non poteva dirglielo, non poteva fargli questo –mordi- non poteva impazzire la bestia avrebbe preso ciò che voleva e –mordi- avrebbe lasciato solamente mo-
Mordi, mordi, mordi!
“Nathaniel!”
Alzò di scatto la testa, ricordandosi di respirare: Bartimeus gli stava stringendo la mano, l’altra poggiata sull’altro braccio.
“Nathaniel…?” Ripetè.
Il ragazzo deglutì a vuoto, trovando la calma negli occhi di Bartimeus, nelle pagliuzze d’oro che amava così tanto.
“Tutto a posto?”
Nathaniel annuì, leccandosi le labbra.
“Scusami. Ogni tanto… Ogni tanto mi succede, scusami.” Mormorò con voce flebile, chinando il capo.
Bartimeus aprì la bocca per rispondere, ma il suono di passi per la via lo interruppe.
Un signore avvolto in un pesante cappotto fece la sua comparsa all’inizio della strada, e con passo svelto li superò, senza degnare i due di uno sguardo.
Rimasero mano nella mano ancora per pochi attimi, e quando Bartimeus si rimise in tasca i pugni, si rese conto di quanto fredde fossero le mani di Nathaniel.
“Vuoi continuare a passeggiare?” Domandò piano, sfregando le punte delle dita tra di loro, sentendo l’enorme vuoto che le mani dell’altro avevano lasciato.
Nathaniel scrollò le spalle ed estrasse il suo cipollotto, guardando l’ora.
“Abbiamo ancora poco prima che passi la tua carrozza. Andiamo.”
Bartimeus lo guardò sorpreso ma non chiese nulla, affiancandolo quando riprese a camminare.
Non parlarono più, ma il silenzio non era fastidioso come prima, e la nebbia sembrava meno fitta.
 
 
 
Camminarono ancora per un po’, tornando sulla strada principale, dove un paio di ubriachi erano riusciti a trascinarsi.
Si fermarono ad un angolo male illuminato, il lampione sopra le loro teste difettoso.
Si tennero più vicini di quello che fosse necessario, o socialmente accettabile, continuando a sfregare tra di loro i gomiti e le braccia, entrambi alla ricerca di calore.
Quando la carrozza fece la sua comparsa in fondo alla via Bartimeus fece un passo indietro, con un unico pensiero nella testa.
“Sei sicuro di voler rimanere da solo?” Chiese invece, cercando gli occhi di Nathaniel.
L’altro annuì senza rispondere, spostando il peso da un piede all’altro nervosamente.
La carrozza si fermò e Nathaniel gli aprì lo sportello, ma Bartimeus non si mosse, aggrottando le sopracciglia.
“Nathaniel, vieni anche tu, non vorrai mica tornare a casa a piedi.”
Il moro sbuffò e Bartimeus dovette reprimere un sorriso, ricordandosi di quanto infantile diventasse l’altro quando irritato.
“Non torno a casa a piedi, c’è una carrozza che mi aspetta tra cinque minuti, Sali e torna a casa, per favore.”
Il tono era affrettato, urgente, e l’egiziano sbattè le palpebre sorpreso, quasi spaventato dal comportamento dell’altro.
Salì, ma non permise a Nathaniel di chiudere lo sportello, premendocisi contro e chinandosi verso di lui.
“Nat.”
Quando l’altro alzò lo sguardo e lo guardò negli occhi, qualcosa nel profondo di Bartimeus si spezzò, rendendosi conto di quanto gli era mancato poterlo chiamare in quel modo.
Voleva tornare indietro, quando non c’erano problemi e poteva accoccolarsi contro Nathaniel quando faceva freddo, discutendo di qualsiasi cosa gli passasse per la testa, trascorrendo la notte ad osservare la luna e la sua luce, persi nel loro piccolo mondo tranquillo e silenzioso.
Poteva leggere negli occhi di Nathaniel quanto stesse soffrendo, quel semplice soprannome aveva portato con sé molto più che un semplice ricordo.
Deglutì, trovando la forza di scostarsi, di allontanarsi da quel viso affilato e tanto triste.
Si schiarì la gola e s’esibì in un piccolo sorriso strafottente, com’era abituato a fare.
“Buonanotte, vedi di non farti rapire o trascinare in qualche vicolo buio.”
Gli fece l’occhiolino e Nathaniel roteò gli occhi, scuotendo la testa.
“Buonanotte Bartimeus.”
Il ragazzo chiuse lo sportello e l’egiziano gli regalò un ultimo saluto, agitando appena la mano.
La carrozza partì con uno schiocco secco, ma nonostante i divani fossero comodi e l’abitacolo caldo, Bartimeus non riuscì a rilassarsi, e sbirciando la figura di Nathaniel non potè far a meno di pensare d’averlo abbandonato nella sua ultima ora, il terrore di averlo visto per l’ultima volta un amaro, pesante groppo in gola mentre la nebbia e il buio inghiottivano il ragazzo fermo all’angolo.
 
 
 
 
 
 
 
 
ARH ARH ARH
 
 
SONO TORNATA?
 
Forse.
Per questo capitolo sì.

Devo ringraziare Sidra per aver creato il contest di scrittura di halloween altrimenti non avrei scritto su sti due ancora per molto.
Il contest lo trovate qui, è già iniziato ma avete tempo, scade il 31 ottobre, svelti svelti!!
 
 
 

E gli astri sono questi fiori bellissimissimi <3
 
 
 
 
 
 
Giuro che riprendo a scrivere.
 
 
 
Promesso-
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
Echissàcos’èNathanielahahahahanonloscopriretemai(???)
   
 
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