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Autore: Suzerain    24/10/2016    4 recensioni
Odiava così tanto, la maniera in cui l’amava.
{459 parole | dazai/akutagawa}
Genere: Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Yaoi | Personaggi: Osamu Dazai, Ryuunosuke Akutagawa
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
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Titolo:Fere libenter homines id quod volunt credunt.
Autrice: Suzerain
Fandom: Bungou Stray Dogs (文豪ストレイドッグス)

Rating: Arancione.
Pairing: DazAku.
Personaggi: Ryuunosuke Akutagawa, Dazai Osamu.
Desclaimer: I personaggi di Bungou Stray Dogs non mi appartengono, essendo sotto il copyright della Kafka Asagiri e i loro design sotto quello di Sango Harukawa. L'icon utilizzata è di mia proprietà; il titolo, che può essere tradotto in “Gli uomini credono volentieri ciò che desiderano sia vero” è tratto dal De Bello Gallico di Giulio Cesare.
Ambientazione: Non specificata all'interno della serie.
Note dell'autrice: Io e Bungou Stray Dogs non siamo più amici e non penso lo saremo mai più, ma avevo quest’idea in cantiere da un po’ ed avevo bisogno di prendermi una pausa dalla storia a cui sto attualmente lavorando con qualcosa di più leggero. Akutagawa è (era) il mio personaggio preferito, ed ho un po’ sempre avuto una predilezione per la Dazai/Akutagawa (e figuriamoci, sono abbonata alle coppie scagate, dopotutto).
La frase di Cesare è stata una manna dal cielo. Me ne sono innamorata sin dal primo istante, e quando ancora la serie mi piaceva molto avevo considerato di basarci una fic molto più lunga ed elaborata. Mi spiaceva non utilizzarla, quindi niente, cosette inutili che non ho nemmeno riletto più di tanto (L).


Sa di polvere e di sangue e quasi gli viene da tossire. Tiene gli occhi socchiusi Ryuunosuke, fissi sul muro dinanzi a sé, un bianco sporco ch’in più parti ha perso pezzi d’intonaco. L’aria gli manca, ed i polmoni l’implorano cerca di guadagnarne una boccata, due, il corpo ch’infiamma come s’ardesse vivo sotto il tocco di mani callose e ruvide. Rabbrividisce, l’aria gelida della notte contro quelle parti di pelle ora scoperta ed esposte alla luce d’una luna che nel profondo sa giudicarlo, mentre fioca illumina quella strada abbandonata, sudicia. Gli si addice lo pensa per un attimo, mentre sulle labbra va a formarsi un sorriso lieve, appena accennato; è in un vicolo come quello ch’era sicuro in passato avrebbe trovato la morte, un cane randagio ch’ulula al buio. Forse in quel momento accade: trova la sua morte Akutagawa, mentre la mano di Osamu lo tocca, percorre un’intimità mai prima d’allora sfiorata e s’accompagna a spinte profonde ed irregolari; trova la morte nella consapevolezza che suo sia soltanto nel corpo, che mentre si fa strada in lui ed all’orecchio avverte i suoi gemiti pensi ad altro ad altri.
Il bisogno che si fa strada, il piacere che scuote le sue carni e lo porta a stringere la mano a pugno, mentre la fronte s’appoggia contro quella stessa parete ch’aveva sino ad allora fissato con gli occhi grigi; lo disgusta. Il modo in cui chiama il suo nome, il bisogno nella voce s’illudeva con le proprie mani, concedeva più di quanto avrebbe dovuto.
Odiava così tanto, la maniera in cui l’amava.
«Dazai-san...» e gratta la voce contro la gola, una corda tesa sino al punto di rottura. Gratta contro la gola, mentre la mano con cui sino a poco prima l’altro l’aveva masturbato si porta alle sue labbra, le accarezza e vi si insinua all’interno. Le succhia, rivoli di saliva a sporcare una pelle che sapeva di piacere non ti vergogni, di cosa sei diventato?
«Non parlare.» sussurra, e il tono quasi l’inganna. Per un attimo, un istante singolo e fine a se stesso, Akutagawa si sente amato; gli parla con il tono d’un amante Dazai, con la voce sporca d’una libido che lo porta a trattenere il respiro, a gemere di più. In quell’aria che sa di nulla, in quel vicolo anonimo, quando viene e lo sperma macchia il pavimento quasi ci crede; che stia pensando a lui mentre ancora spinge, quando le mani gli agguantano i fianchi ed il suo ansito segue i propri. Che stia guardando lui quando gli prende il volto e poggia le labbra sulle sue, la lingua ad insinuarsi nella bocca sino a portargli via anche l’ultimo respiro.
Ci crede?
Ci crede.

 
   
 
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