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Autore: Gwen Chan    24/10/2016    0 recensioni
Un fandom e tre settimane per scrivere quante più storie possibili per celebrare la notte dei fantasmi. Vediamo dove arriviamo, shall we?
Presenza di AU.
Questa raccolta partecipa al contest “Halloween Party – La Grande Zucca” a cura di Fanwriter.it!
Genere: Generale, Horror, Mistero | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Un po' tutti
Note: AU, Raccolta | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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• Iniziativa: Questa storia partecipa al contest “Halloween Party -La Grande Zucca “a cura di Fanwriter.it!
• Numero Parole: 844
• Prompt/Traccia: Pozzo dei desideri

Beware what you wish for

Emil si sporse a fissare il fondo del pozzo, le mani poggiate sulla grata messa a protezione per evitare che qualche sprovveduto ci lasciasse le penne.
“Non sembra un pozzo magico” borbottò verso il fratello che lì l’aveva condotto. Già, pareva un pozzo per attingere l’acqua identico a centinaia di altri. Anche il fatto che si trovasse al limite di una foresta perdeva buona parte del suo fascino quando bastavano pochi passi per essere di nuovo inghiottiti dal paese. Non dubitava che un tempo i villani avessero dovuto camminare per chilometri per raggiungere il pozzo, ma ora qualche fermata del bus era sufficiente. Il fascino si disgregava così tra le dita.
“Le apparenze ingannano.”
Emil si strinse nelle spalle, allontanandosi. “La mamma ti ha letto troppe fiabe.”
Questo succedeva tre anni prima, quando Emil ancora non immaginava che il desiderio di non aver mai avuto un fratello sarebbe diventato così forte da fargli perdere la ragione. Lo soffocava. Il fatto che lo trattasse come un poppante nonostante fosse ormai un adulto lo mandava in bestia, accecava i suoi pensieri. Il furioso litigio di un paio di giorni prima era stata la goccia necessaria far traboccare il vaso. Emil era rimasto per ore a fissare il soffitto, livido di rabbia, finché un ricordo non si era fatto strada nella sua coscienza.
Il pozzo.
Di colpo tutto era diventato così limpido e chiaro da cancellare ogni incertezza. Come in trance, Emil era sgusciato fuori casa, infilando un giaccone sopra il pigiama e gli stivali di gomma.

La pioggia batteva con violenza sui vetri della macchina, il forte vento rendeva difficile rimanere sulla strada. A tratti un lampo illuminava la via. Emil premette sull’acceleratore, le mani strette sul volante. Quando gli abbaglianti colpirono il pozzo, il giovane frenò sollevando un’ondata di fango ed erba. Come in preda alla frenesia, aprì la portiera e si gettò fuori. Le dita stringevano già una moneta. Emil si sporse sull’orlo del pozzo , come la prima volta che Lukas lo aveva portato lì, ma questa volta gli occhi sotto i ciuffi bagnati avevano la determinazione della follia. Le dita si aprirono. Il pozzo inghiottì la moneta e il desiderio.
Che Lukas sparisse dalla sua vita.

Del viaggio di ritorno a casa, Emil ricordava poco. Era sicuro di aver guidato fino all’appartamento che condivideva con Lukas la testa vuota, come se una volta sfogata la rabbia in lui non fosse rimasto nulla.
“Sono a casa!” annunciò. Non ricevette risposta. “Sono a casa!” disse ancora, un poco più forte, togliendosi gli stivali umidi e poggiando le chiavi sul tavolo di una cucina troppo silenziosa. Mancava l’abituale aroma del caffè che lo accoglieva ogni mattina. Eppure la stanza aveva sempre profumato di caffè, da quando ne aveva memoria.
Emil aprì di scatto l’armadietto dove Lukas era solito conservare il barattolo di caffè in polvere. Solo che il contenitore era scomparso.
La tazza di Lukas: introvabile.
Il suo cappotto: sparito.
Emil cominciò a correre per la casa, aprendo cassetti e ribaltandone il contenuto, senza trovare un singolo oggetto che provasse l’esistenza del fratello, col petto oppresso da quel silenzio innaturale. Uno scherzo, già doveva trattarsi di uno scherzo. Uno scherzo di Halloween molto ben congeniato. L’avrebbe fatta pagare a Lukas, sì, non appena lo avesse trovato. Già. Una bella strigliata. Perché non era possibile che il suo folle desiderio si fosse avverato. no? Quella del pozzo era solo una leggenda, una stupidissima leggenda.
Una leggenda.
“Lukas! Fratello!” chiamò ancora e ancora, con voce sempre meno ferma, mente l’ansia saliva verso la gola. Chiamò con maggiore intensità. Gridò fino a sgolarsi, tanto da attirare l’attenzione dei vicini.
“Emil, cosa succede?”
“Mio fratello, l’avete visto?”
I vicini si guardarono con le fronti aggrottate come davanti a un pazzo. “Emil, tuo fratello è morto anni fa. Ce lo hai detto tu. Non ti ricordi?”
Emil indietreggiò verso la porta di casa. Voleva allontanarsi da quelle persone. Doveva allontanarsi da loro e dalle loro bugie.
“D’accordo, basta scherzare. Dov’è mio fratello.”
La signora grassoccia della porta accanto gli andò incontro. “Emil, tuo fratello non c’è più da quando eravate ragazzi. è morto con i tuoi genitori. Hai vissuto da solo da allora.”
Emil scosse la testa così forte da temere che il cervello si sarebbe spappolato. No. Non era possibile! Mentivano. Mentivano tutti.
Rientrò in casa, sbattendo la porta. Poi si lasciò cadere sul pavimento, col viso sepolto nelle ginocchia, le mani che stringevano ciuffi di capelli chiari.
Il pozzo!
Sollevò lo sguardo umido verso il vuoto. Il pozzo! Era così ovvio. Avrebbe sistemato tutto. Tutto. Il pozzo, doveva solo tornarci. Solo che si accorse di non ricordarsi dove si trovava. Doveva uscire dal paese verso nord e poi … poi? Girare a sinistra. No, destra. Almeno credeva.
Si fermò. Di colpo si sorprese delle proprie lacrime. Piangeva per una persona che non era mai esistita. O forse era esistito in un tempo molto lontano. Suo fratello? Aveva avuto un fratello? Sì, ma erano passati così tanti anni. Solo che a volte ne sentiva ancora la mancanza e allora si immaginava cose che non c’erano. Il dottore aveva parlato di allucinazioni. Sì, ora ricordava.
“Lukas, domani verrò al cimitero.”

Note: queste storie sembrano la brutta copia de “I piccoli brividi”.
   
 
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