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Autore: cattivamela    25/10/2016    0 recensioni
Karol O'Connor è la figlia di una delle più importanti e prestigiose famiglie di Seattle, ma la ricchezza e il benessere materiale non possono guarire le ferite dell'anima. Da quando suo fratello gemello Kyle è morto, si è costruita attorno un muro fatto di pregiudizi e facciate di pura arroganza, nascondendo un pozzo di sofferenza. Nikolas Montgomery fa di tutto pur di salvaguardare e mandare avanti la sua famiglia, nonostante i scarsi risultati del lavoro di suo padre, e nonostante la malattia della madre che lo tormenta da cinque anni. Mondi opposti. Loro così diversi, così vicini e lontani allo stesso tempo, ma così necessari l'uno per l'altra.
Genere: Mistero, Sentimentale, Thriller | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Slash, FemSlash
Note: Lime | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago
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La sveglia suona rimbombando in tutta la stanza, e sobbalzo sul letto spalancando di scatto e dolorosamente gli occhi. Mugolo, contrariata.
Cazzo. 
Allungo la mano, spegnendo con una manata secca il vibrare costante del cellulare mentre mi stropiccio l'occhio ancora sporco di trucco e impastato dalla sera precedente.  
Il mio sguardo inevitabilmente cade sul ciglio della porta verniciata di bianco, e rimango ridicolmente delusa nel vederla chiusa, esattamente come l'avevo lasciata prima di andare a dormire. 
Sospiro, e il solito piccolo pungiglione al petto mi sveglia definitivamente, riportandomi alla realtà. 
Che cretina.. Davvero mi aspetto ancora di vederti davanti la porta della mia stanza? 
Seppellendo pensieri come un'automa, afferro qualche indumento abbastanza pesante per affrontare una delle tante giornate di gennaio, e chiudo la porta del bagno delicatamente, girando la chiave. Appena il getto d'acqua calda mi sfiora il viso, entro in quella sorta di stato che comunemente chiamato: riflessione, solitamente strettamente proporzionale al tempo impiegato sotto la doccia. 
Esattamente tra una settimana, io e Kyle avremo dovuto compiere ventiquattro anni. Due dei quali lui non aveva vissuto più con me, e con nessun altro. 
Strano come il tempo passasse così lentamente dopo la sua morte, e per come ogni anno il nostro compleanno - ormai solo mio - non ha più la stessa importanza di come lo aveva prima, quando Kyle era ancora vivo. Mamma avrebbe fatto di tutto, come al solito, pur di farmi festeggiare organizzando una di quelle solite e stupide feste pompose piene di uomini con la panciera e il petto gonfio di orgoglio senza meriti, e donne senza un filo di viso privo lineamenti plastici, dunque piena comunemente e pubblicamente: l'alta società.
Essendo figlia di uno dei più altolocati e richiesti avvocati di Seattle era logico, quasi stupido come definiva mia madre, non espormi alla società e dunque, non rendere pubblico ogni mio minimo spostamento o traguardo. Il mio ventiquattresimo compleanno non era un'occasione da perdere, per grazia di Dio. 
Che sciocca! Oggi mi sono scordata di far sapere al The Seattle Times che mi sono appena spezzata un'unghia. 
Non mi è mai importato comunque di queste frivole e totalmente inutili festicciole da apparenza, ma a Kyle piaceva, come piaceva essere al centro dell'attenzione continuamente elogiato e proclamato, d'altronde sarebbe diventato anche lui un avvocato allo stesso livello di nostro padre, e se lo sarebbe ampiamente meritato.
Il mio breve sproloquio mentale termina brutalmente al rumore della porta della mia camera, che si chiude con un tonfo. 
Gloria ha appena finito di sistemare la mia stanza, nonostante le avessi chiesto più volte di non farlo, che potevo cavarmela da sola. 
Quella ragazza è proprio cocciuta. Povera lei, costretta a sopportare mia madre e la badante di casa, Lucrezia. 
Mi vesto velocemente, truccandomi alla stessa velocità, senza particolare cura. Non ho molto tempo, e preferirei arrivare in ritardo piuttosto che fare ciò che faccio ogni mattina. 
Afferrata la borsa, sciarpa e cappotto mi fermo a mezzo passo dalla porta della camera di mio fratello, perfettamente parallela alla mia, alla destra delle scale che portavano al piano di sotto. Apro la porta, aspirando a pieni polmoni l'indistinguibile odore di muschio e menta. Il cuore perde un battito, come qualcuno che inciampa maldestro sul primo scalino di un'alta rampa di scale, facendomi mordere il labbro; lo stomaco vuoto in una morsa stretta. 
Ogni volta che entro in camera di Kyle, la storia è sempre la stessa. 
Mi chiudo la porta alle spalle, e mi accomodo sulla poltrona grigio topo, esattamente davanti al letto a una piazza e mezza, con la borsa in cuoio ancora stretta tra le dita. La luce dei primi raggi di sole entra da piccole fessure lasciate dalle pesanti tende bianco sporco, illuminando parzialmente la stanza dolorosamente in ordine e pulita, priva del tocco familiare del mio gemello. 
Un singhiozzo represso mi vibra nel petto, e prima di scoppiare a piangere apro nuovamente la porta, non scordandomi di guardarmi velocemente attorno quasi a voler controllare che non sia tutto un sogno. La chiudo alle mie spalle. 
Avvolgo la sciarpa attorno al corpo, cercando di  reprimere le lacrime che rischiano di uscire, e mi fermo di scatto quando le punte dei miei stivali neri incontrano le francesine lucide di Gloria, che sorpresa mi lancia uno sguardo colmo di pena. 
Che stupida che sei, Gloria. Mi vedi qui ogni giorno, ogni mattina, come fai ad avere tutti i giorni quell'espressione stampata in faccia? 
"Buongiorno Karol." Tenta di sorridermi arrossendo, ma le esce un piccolo sorriso timido e impacciato. È in imbarazzo. 
Sfoggio uno dei miei sorrisi migliori e raggianti, come se dentro non stessi cadendo a pezzi, e lei si tranquillizza immediatamente rizzando la schiena, prima leggermente curva. 
"Buongiorno a te, Gloria. Grazie per aver pulito la mia stanza, ma non ce n'era bisogno." 
Gloria scuote la chioma biondo miele racchiusa in un piccolo chignon ordinato. "È il mio dovere." 
"Potresti farmi un favore? Puoi cambiare le lenzuola della camera? Mi sembrano un po' impolverate. Magari apri la finestra, così circola un po' l'aria." Domando, sempre sorridendo. 
La mia domestica annuisce, tranquilla. "Come al solito, Karol." 
"Ti ringrazio." 
Detto ciò si dilegua alle mie spalle, chiudendosi dentro la stanza di mio fratello per pulirla, come fa da due anni a questa parte.
   
 
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